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Il progetto costituzionale e l’arrivo di Saliceti: un clima di tensione

DALLA REGGENZA PROVVISORIA AUSTRIACA (LUGLIO 1799) ALLA COSTITUZIONE DEL

IV.3 La Costituzione lucchese del

IV.3.1 Il progetto costituzionale e l’arrivo di Saliceti: un clima di tensione

Con il ritorno dei francesi, gli esponenti del movimento democratico risollevarono le proprie speranze di riconquistare un ruolo egemone nel contesto politico lucchese, animati da una volontà di rivalsa nei confronti di una nobiltà che, nonostante uscita

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sconfitta in conseguenza della ritirata austriaca e della fine della Reggenza Provvisoria, tutto sommato non dava segni di arrendevolezza.

Fra il luglio del 1799 e il dicembre del 1801 l’accavallarsi degli avvenimenti politici e militari contraddittori e tumultuosi non fecero altro che scavare maggiormente le differenze e le rivalità in seno a questi due gruppi contrapposti14.

All’indomani della pace di Lunéville del 9 febbraio 1801 e del trattato di Madrid del 21 marzo 1801 tra Francia e Spagna, Lucca si trovava certamente in una situazione assai delicata. La presenza della Toscana ora ordinata in Regno d’Etruria, della Repubblica Ligure e della Repubblica Cisalpina (che si era allargata grazie all’acquisizione di nuovi territori rispetto al passato e che il 26 gennaio 1802 avrebbe mutato il nome in Repubblica Italiana), posero la piccola Repubblica lucchese nell’ “ingrata posizione del vaso di coccio a contatto con vasi di ferro”15

. Napoleone si dimostrò inizialmente abbastanza vago sulla sorte della città, dando notevoli preoccupazioni ai politici lucchesi di veder privata l’autonomia e l’indipendenza del proprio paese causa una probabile annessione agli Stati confinanti.

In effetti, nonostante le forti e aspre divergenze tra i movimenti politici lucchesi, pareva regnasse a Lucca, tra la maggioranza delle persone, la comune aspirazione all’indipendenza, retaggio di una politica secolare e da sempre caratteristica del territorio.

Non tutti, comunque, erano dell’avviso che si dovesse a tutti i costi difendere l’indipendenza del paese. Paolo Lodovico Garzoni, nobile che come abbiamo visto ricoprì un ruolo fondamentale nel primo governo democratico, dimostrava, in una lettera del 4 novembre 1801 scritta al marchese Girolamo Lucchesini, il suo timore per il destino di Lucca ed esternava la sua convinzione di un’annessione al Regno d’Etruria: “[…] ultimamente varie voci ci minacciano un diritto d’Indipendenza […] la situazione cui è ridotto lo Stato Lucchese, sì per il disordine massimo nella Testa, come per la rovina delle Finanze, […] dev’essere persuasa che ove si volesse adesso ricreare il

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G. Tori, I partiti lucchesi al momento della costituzione repubblicana del 1802, in Tognarini I. (a cura di), La toscana nell’età rivoluzionaria e napoleonica, Napoli, ESI, 1985, p.158.

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Paese nostro Repubblica separata, sarebbe questa la sua maggior disgrazia. […] L’unione alla Toscana di cui propriamente fa parte lo Stato lucchese è quella che gli conviene per ogni riguardo. Il Paese di Lucca non può rimanere più a sé”16

.

La convinzione di far parte della Toscana e il desiderio di essere riuniti, espresso da Garzoni e sicuramente appoggiato da altri, era chiaramente antitetico alla cultura e alla mentalità lucchese di tutti i tempi. Ciò pareva spiegabile sicuramente con lo stato di grave disordine sociale ed economico in cui la Repubblica si era trovata da diversi anni. Sembra, però, che sia anche un segno tangibile di uno scollamento fra interessi propri ed ideali di indipendenza che avevano sin qui guidato il comportamento politico della maggior parte dei nobili, per lo spazio di almeno quattro secoli17.

Dalla parte della borghesia si stava sempre più rafforzando la figura di Francesco Belluomini, verso il quale, però, non mancarono critiche al suo operato nel governo tra 1799 e 1801.

Un primo progetto della nuova Costituzione lucchese fu redatto il 21 agosto 1801 ed è conservato a Parigi nell’Archivio del Ministero degli Affari Esteri di Francia18

. Pare che nella stesura del documento sia intervenuto direttamente anche Napoleone Bonaparte. Il documento, costituito da 20 articoli, deve essere considerato un primo abbozzo sulla cui base si giunse poi al secondo progetto costituzionale, quello quasi definitivo.

Il 14 ottobre 1801 il Ministro degli Esteri francese Charles Maurice de Talleyrand- Périgord (1754 – 1838) per ordine di Napoleone trasmise alla revisione di Saliceti, suo connazionale e personalità politica rinomata, il testo del secondo progetto costituzionale lucchese che lo stesso Bonaparte si era adoperato ad ampliare e sistemare19.

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ASL, Archivio Garzoni n. 96, fasc. 7; questa parte della lettera è anche riportata alla nota n°6 in G. Tori, La Costituzione lucchese del 1802, in «Actum Luce», 1981, cit., p.50.

17

Cfr. G. Tori, I partiti lucchesi al momento della costituzione repubblicana del 1802, p.160.

18

Ministero degli Affari Esteri di Francia (MAEF), Lucques n. 1, cc. 283-285; vedi anche nota n°14 in G. Tori, La Costituzione lucchese del 1802, p.54.

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Come sostiene Giorgio Tori in un interessante studio sulla Costituzione lucchese del 1802: “Bonaparte dunque […] intervenne in maniera determinante e massiccia sulla sostanza del primo progetto e il secondo documento del 1 settembre (14 fruttidoro) fu redatto tenendo ben presenti le sue direttive. Ecco che la parte avuta da Saliceti nella preparazione del progetto costituzionale appare di gran lunga meno importante di quanto non fosse dato pensare in un primo momento”. A tale proposito rimando a G. Tori,

La redazione finale del secondo progetto, con alcune modifiche ispirate alle osservazioni di Saliceti viste e approvate da Bonaparte, fu inviata da Talleyrand allo stesso Saliceti il 26 ottobre 1801, quattro giorni prima del decreto col quale il Primo Console francese ordinava al politico originario della Corsica di recarsi a Lucca per instaurare nella Repubblica il nuovo governo costituzionale20.

Pare che la “missione” a Lucca di Saliceti fosse stata accelerata dal clima di tensione che si respirava nel paese e che vedeva contrapposti esponenti della nobiltà meno compromessi con l’antico regime (come Paolo Lodovico Garzoni, Cesare Lucchesini e Ascanio Mansi ) ai rappresentanti del movimento democratico, che insieme ad alcuni borghesi intellettuali più temperati costituivano il Governo Provvisorio capeggiato da Francesco Belluomini.

Infatti, ad una petizione inviata il 7 ottobre 1801 da alcuni esponenti della nobiltà lucchese (chiamati adesso “ex-nobili” come durante il primo governo democratico) al generale francese Murat per segnalare la “tirannia del governo provvisorio democratico”21, rispose l’appello del 21 ottobre operato dal governo provvisorio di

Lucca nel quale si chiedeva a Bonaparte non tanto la conservazione dello status quo, “bensì una decisione definitiva sull’esistenza politica della repubblica e una carta costituzionale sulla base della quale erigere il nuovo Stato”22

.

Saliceti, dunque, giunse a Lucca il 19 dicembre 1801 e uno dei suoi primi pensieri fu quello di circondarsi di alcuni diplomatici lucchesi per procedere alla riorganizzazione istituzionale della piccola repubblica. L’abate Jacopo Chelini descrive bene l’arrivo del politico francese nel suo Zibaldone : “arrivato in Lucca Saliceti cercò primieramente del sig. Cesare Lucchesini, del sig. Paolo Garzoni e del sig. Raffaele Mansi co’ quali tenne separatamente lungo discorso”23

.

20

Ibid., p.52.

21

In originale il testo era in francese e precisamente : “pour lui signaler la tyrannie du gouvernement democratique provvisoire”. Vedi P.Marmottan, Bonaparte et la République de Lucques, Paris, 1896, p. 37. Vedi inoltre G. Tori, La Costituzione lucchese del 1802, pp. 62-63.

22

Cfr. MAEF, Lucques n. 1, cc. 298. Cfr. anche G. Tori, La Costituzione lucchese del 1802, p. 64.

23

Pare che vennero scelti questi tre personaggi per il loro passato come collaboratori del governo francese e per la loro affidabilità. Garzoni aveva collaborato con il generale Sérurier, con opportuni consigli, alla formazione e all’instaurazione del governo democratico nel gennaio - febbraio 1799.

Lucchesini era stato a Parigi come inviato straordinario del vecchio governo oligarchico nel 1798 e, nonostante la sua qualifica di nobile di antico regime, era riuscito a frequentare l’ambiente diplomatico parigino in più occasioni.

Infine, pare plausibile che Mansi sia stato convocato da Saliceti quale rappresentante di quella nuova generazione di nobili che, non compromessi personalmente a causa della loro giovane età con gli aristocratici di antico regime, poteva rappresentare l’anello di unione con la nuova borghesia intellettuale affacciatasi alla ribalta politica del paese24. Saliceti dichiarò espressamente la volontà di radunare una «Consulta» di notabili, di fronte alla quale mostrare e discutere il progetto costituzionale. Una metà della Consulta sarebbe stata scelta da lui stesso e l’altra metà dal governo provvisorio.

I soggetti prescelti furono in totale 39. Dieci ex nobili (quasi tutti scelti da Saliceti e tra i quali spiccavano proprio Garzoni, Mansi, e Lucchesini), due rappresentanti francesi (Saliceti e il commissario Delmaire), quattro ecclesiastici, e tra i componenti del governo provvisorio figuravano Francesco Belluomini, l’avvocato Giuseppe Di Poggio di origini nobili, Domenico Moscheni, Giuseppe Belluomini e noti giacobini della prima ora come Vincenzo Cotenna e Vincenzo Erra. La consulta era in maggioranza formata da rappresentanti del ceto borghese e del tutto assenti furono gli elementi popolari25. La consulta dei 39 si radunò il 22 dicembre 1801 nell’abitazione di Saliceti.

Pare abbastanza chiaro, alla luce delle testimonianze dell’abate Chelini26 e di Saliceti27, che quest’ultimo non si limitò solamente a leggere la nuova Costituzione lucchese e neanche che tale testo politico sia stato supinamente accettato dalla Consulta lucchese

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Sui motivi per i quali Saliceti, al momento del suo arrivo in Lucca nel dicembre 1802, ritenne opportuno prendere contatto con Paolo Lodovico Garzoni, Cesare Lucchesini e Raffaele Mansi, si veda G.Tori, I partiti lucchesi al momento della costituzione repubblicana del 1802, pp.162-163.

25

Vedi G. Tori, La Costituzione lucchese del 1802, pp.74-76.

26

J. Chelini, Zibaldone Lucchese, ASL, Archivio Sardini n. 162, p.7.

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senza opporre dei dissensi, come invece sembrerebbe far credere il cronista coevo Antonio Mazzarosa28.

Ci fu una vera e propria discussione che raggiunse toni accesi. I notabili luchesi protestarono maggiormente sugli articoli relativi alla durata di alcuni impieghi amministrativi e riguardanti la ripartizione di incarichi pubblici a seconda del ceto di appartenenza29. Fu quindi necessaria una seconda riunione effettuata il giorno seguente (23 dicembre 1801) che causò delle modifiche notevoli al documento portato da Saliceti da Parigi, a testimonianza di una attiva e critica partecipazione dei lucchesi30.

Non dimentichiamo però che, nonostante l’attivismo politico dimostrato dalla Consulta lucchese e la sua relativa, se pur non indifferente, libertà di azione in quella che può essere definita una sorta di “riunione di ingegneria costituzionale”, in fin dei conti l’ultima parola spettò ai francesi. In questo senso va interpretato il gesto autoritario di Saliceti che, stufo dell’aumento anziché della diminuzione delle critiche dei lucchesi, chiuse i tempi proprio durante il secondo incontro con la Consulta, minacciando la cessione di Lucca alla Repubblica ligure in caso di altri malcontenti verso la Costituzione da lui proposta.

Il 23 dicembre 1801, quindi, la nuova Costituzione fu approvata dall’assemblea dei 39, il 26 dicembre fu accettata dal nuovo governo e il 31 dicembre fu notificata pubblicamente. Divenne ufficialmente operativa il 1 gennaio 1802, e la data della prima riunione dell’organo legislativo avvenne il 3 gennaio.

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A. Mazzarosa, Storia di Lucca dall’origine fino a tutto il 1817, p.212.

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In particolare la Consulta si oppose al provvedimento costituzionale che prevedeva la durata di 6 anni dei componenti il potere esecutivo. Durata che venne ridotta dai notabili lucchesi a 4 anni. Venne stabilita dalla Consulta la durata di 5 anni per chi avesse fatto parte del Gran Consiglio legislativo (nel progetto non era specificata la durata di tale carica e quindi Saliceti aveva dedotto che fosse intesa a vita). Anche la durata dei giudici sia civili che penali fu definita dalla Consulta a 6 anni, mentre Saliceti l’aveva sottointesa a vita. L’articolo terzo prevedeva che dei 300 membri chiamati a costituire il Gran Consiglio legislativo, 240 fossero scelti tra i possidenti ed i rimanenti 60 fra “gli artisti, i negozianti e i saggi”. La Consulta insistette con Saliceti e modificò l’articolo. Il numero dei possidenti fu ridotto a 200 e fu elevato a 100 quello dei negozianti, degli artisti e degli “uomini di lettere”( e non “saggi” come nella generica affermazione del progetto). La Consulta stabilì inoltre che due o più cittadini congiunti in primo o in secondo grado non potessero essere simultaneamente membri del potere esecutivo; si voleva evitare di favorire gli interessi di determinate famiglie come accadde nel passato governo oligarchico. Sulle modifiche apportate al testo costituzionale di Saliceti ad opera della Consulta lucchese nel dicembre 1801 si veda G. Tori, La Costituzione lucchese del 1802, pp.79-89.

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