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L’arrivo dei rifugiati politici dalle colonie francesi in Indocina (1975)

CHINATOWN SUR RHÔNE: LIONE, LA CINA E LA DIASPORA CINESE

3.1 L’arrivo dei rifugiati politici dalle colonie francesi in Indocina (1975)

Come abbiamo visto nel paragrafo 2.1 l’immigrazione in Francia negli anni settanta riguardò soprattutto i cittadini di origine cinese provenienti da Vietnam (Yuènán ), Laos (Lǎowō

) e Cambogia (Jiǎnpǔzhài ), i tre Paesi ex colonie francesi in cui, in quel periodo, cominciarono a instaurarsi i regimi dittatoriali che vedevano la popolazione cinese come ostile.

Ad occuparsi concretamente di questi immigrati furono principalmente le associazioni che già aiutavano i cittadini francesi poveri e disoccupati, tramite la fondazione di centri per l’alloggio (foyer) e l’inserimento nel mondo del lavoro. A livello mediatico, la stampa locale pubblicò una sessantina di articoli nel periodo 1976-1981, mettendo l’accento sulla necessità di azioni di solidarietà da parte di tutta la popolazione in favore di questi rifugiati, che avevano attraversato mille pericoli per sfuggire alle persecuzioni.

1 Lucas G

ODIGNON, Vincent LONCHAMPT e OlivierVASSE,“Chinatown sur Rhône”, Tribune de Lyon, 325, 1° marzo 2012, p. 18. Tr. mia: “Parlare di quartiere cinese a Lione è un po’ presuntuoso: si tratta in realtà di sei blocchi di case.”

Come già detto, i numeri ufficiali dei rifugiati entrati in Francia sono inferiori a quelli effettivi; per quanto riguarda coloro che arrivarono a Lione e nel dipartimento del Rodano, i dati pubblicati dalla Prefettura sono quelli della tabella 3.1:

Rifugiati Cina Rifugiati Cambogia Rifugiati Laos Rifugiati Vietnam

Lione Dipart Lione Dipart Lione Dipart Lione Dipart

1973 1 1 1974 1 1 1975 11 12 1976 1 1 4 104 11 16 1978 2 91 342 74 1979 4 8 409 600 213 680 500 674

Tabella 3.1 Rifugiati politici residenti nel dipartimento del Rodano. 1973-1979. Fonte: Archives Départementales du Rhône 1502W1-9: Etrangers : recensement annuel par commune, 1971-1981.2

Facendo riferimento ai dati disponibili, si può notare che il maggior numero di rifugiati si ebbe nel 1979, con un totale di 1962 persone per le quattro nazionalità prese in considerazione. Ad eccezione del periodo legato all’Istituto franco-cinese, per il quale esistono numerosi documenti e studi conservati alla Biblioteca Municipale di Lione, le fasi successive dell’immigrazione asiatica nel capoluogo del Rodano sono state raccontate principalmente dalla stampa locale: nel periodo dell’arrivo dei rifugiati, in particolare, è stato messo l’accento sui problemi pratici (alloggio, lavoro, non conoscenza della lingua) di queste popolazioni, che necessitavano dell’aiuto di tutti i francesi e non solo delle associazioni di volontariato per inserirsi nella società.3

Il focus di questa ricerca è sul ritratto della comunità asiatica fatto dalla stampa durante i festeggiamenti per il Capodanno cinese, ma faremo qui riferimento ad alcuni articoli sul tema dei rifugiati politici che non sono stati analizzati con la stessa modalità degli altri.

La maggior parte degli immigrati di questa ondata arrivò a Parigi, da dove venne poi smistata nelle altre regioni francesi: in un articolo dell’aprile 1980 apparso su Métropole si fa riferimento ai dati di uno studio I.N.S.E.E., in base al quale nel 1979 il 10% del totale dei rifugiati (15 000 persone) trovò accoglienza in Rhône-Alpes; un aumento dovuto all’arrivo del 20% delle 5000 persone da luglio.4

Nella prima fase i nuovi arrivati vennero ospitati nei centri di accoglienza: nella zona di Lione ce ne furono diversi, tra cui quello di Miribel, un “centre d’hébergement provisoire” di trecentocinquanta stanze, aperto il 21 febbraio 1976, inizialmente pensato per l’inserimento di uomini francesi soli immigrati da altre regioni della Francia, ma riadattato per l’emergenza

2

Archives Départementales du Rhône 1502W1-9. I dati del dipartimento comprendono anche quelli dell’agglomerazione lionese.

3 La maggior parte degli articoli di giornale riferiscono della mancata presenza delle istituzioni nella gestione dei rifugiati dopo il loro arrivo in regione.

4

rifugiati (non solo asiatici): gestito nel 1977 dall’associazione “Logement et accueil des travailleurs et familles de l’Ain”, questo centro dava la possibilità ai nuovi arrivati di frequentare uno stage di 520 ore in tre mesi per imparare la lingua e dei lavori, per poi essere inseriti nella società francese. In vent’anni di apertura ha accolto circa duemilatrecento rifugiati del Sud-Est asiatico.5

Secondo i responsabili di Secours catholique, un’altra associazione che si occupava degli immigrati, il problema maggiore era trovare un alloggio per le famiglie, soprattutto se numerose; inoltre, la grande adattabilità, soprattutto di coloro che non avevano una specializzazione, permetteva ai rifugiati, quanto meno nei primi anni, di trovare un lavoro abbastanza facilmente, in modo da poter ricominciare al più presto una nuova vita.6

Altri centri di accoglienza ad occuparsi dei rifugiati sono stati i foyer SONACOTRA, gestiti dal Comité d’entraide aux Français rapatriés a Caluire e Bron7 o quelli dell’ALHTRAM (Association lyonnaise d’hébergement des travailleurs migrants), in funzione dal 1948 con una popolazione prevalentemente algerina.8

La maggior parte degli articoli pubblicati sull’argomento descrivono l’impegno delle associazioni che si occupano dei rifugiati, i foyer a disposizione per l’alloggio temporaneo. A volte sono state inserite le tragiche esperienze dell’arrivo in Francia, raccontate dai boat

people stessi.9

La situazione in Asia sud-orientale non permetteva di prevedere un ritorno in patria, obiettivo iniziale della maggior parte dei migranti: passata la prima fase di emergenza, dopo aver imparato la lingua e trovato un lavoro e un alloggio, i membri di questa comunità della diaspora cominciarono a organizzarsi in maniera più metodica, fondando associazioni e mostrando alla società di accoglienza la propria cultura tradizionale: anche in questo caso, ad osservare la nascita di un “quartiere cinese” a Lione fu la stampa, che, ad intervalli regolari, pubblicò articoli e dossier su questa comunità installatasi nel VII arrondissement.

3.1.1 La costituzione del “quartiere cinese”

Gli studiosi di migrazioni concordano sul fatto che la diaspora cinese tende a concentrarsi nelle aree urbane, raggruppandosi in un quartiere generalmente ben delimitato (definito in

5 Bruno F

OURNIER, “Un nouvel afflux”, Le Dauphiné Libéré, 13/11/1987. 6 Raphaël D

AHAN,“France, terre d’asile des réfugiés d’Asie”, Dernière Heure, 07/09/1977. 7

“De la place pour 90 réfugiés du Sud-Est asiatique au foyer Sonacotra?”, Le Journal, 03/06/1979. Foyer di 90 stanze, aperto dal 1976, non senza polemiche riguardo la sua gestione non sempre chiara, secondo le inchieste dei quotidiani locali.

8 “L’accueil des migrants”, Vivre à Lyon, 51, novembre 1982, p. 6. 9

cinese Tángrénjiē )10, dove viene riproposta una vita comunitaria completa di attività economiche, culturali (Capodanno), sociali e istituzionali: questo è riscontrabile anche a Lione?

Un quartier chinois à Lyon? Risquons l’expression même si elle est encore exagérée compte tenu des dimensions du site considéré: moins qu’un quadrilatère, à peine un triangle de rues. Il n’empêche. Dans les profondeurs de la Guillotière (le 7° arrondissement) plus précisément sur les rues Passet et Pasteur, basses, enclavées, peu passantes, l’émergence progressive d’un dizaine de magasins asiatiques, épiceries, restaurants, vidéothèques, jalonne un microcosme exotique assez singulier pour justifier cette légère outrance.11

Questa è la prima descrizione fatta nel 1985 del “quartiere cinese” di Lione. Ancora oggi, quasi trent’anni dopo, la delimitazione geografica è rimasta la stessa e basta digitare in un motore di ricerca i termini “quartiere cinese Lione” per trovare la mappa: sicuramente situato in una zona urbana, è anche circoscritto in maniera chiara, tra rue de Marseille, rue Basse- Combalot, rue d’Aguesseau e Place Raspail.

Figura 3.1 Quartiere cinese di Lione.

È interessante notare che il quartiere, pur essendo definito “cinese”, è stato in realtà costituito attorno ai negozi aperti da rifugiati cambogiani, vietnamiti e laotiani. Uno tra i primi arrivati nel quartiere, fondatore dell’Association des Chinois d’Outre-Mer à Lyon et Rhône-Alpes, è stato il signor Samreth, un rifugiato cambogiano di origine cinese, giunto nel 1975 in Francia e nel 1978 a Lione come rifugiato politico insieme alla moglie12: la sua épicerie “Mohaleap”

10

GUILLON e TABOADA LEONETTI,Le Triangle…, op. cit., p. 101.

11 Robert B

ELLERET,“La «diaspora» asiatique a déjà son «rue du commerce»”, Le Progrès, 06/08/1985. Tr. mia: “Un quartiere cinese a Lione? Azzardiamo l’espressione anche se è ancora esagerata, tenuto conto del sito preso in considerazione: meno di un quadrilatero, appena un triangolo di vie. Eppure. Nelle profondità della Guillotière (7° arrondissement), più precisamente sulle vie Passet e Pasteur, basse, isolate, poco frequentate, l’emergere progressivo di una decina di negozi asiatici, drogherie, ristoranti, videoteche delimita un microcosmo abbastanza singolare da giustificare questo piccolo eccesso.”

12

al 10 di rue Passet fu aperta nel settembre 1977 e nel 1980 fu inaugurato il ristorante nella Presqu’Ile (Lyon 2).13

Nel primo articolo pubblicato nel 1985 il giornalista riconobbe che i pochi commerci asiatici presenti, pur essendo attrattivi per la novità e il senso di esotismo, non erano paragonabili alle Chinatown americane e non sembravano essere diventati un polo di stanziamento di massa da parte della popolazione immigrata di origine estremo orientale. Nell’articolo in questione sono stati riportate le storie di due boat people, un laotiano e un cambogiano, che, dopo un viaggio travagliato dai paesi di origine sono giunti a Lione: il primo a lavorare nel ristorante di specialità vietnamite e cambogiane di uno zio; il secondo nella videoteca aperta da lui stesso nel 1983. La motivazione suggerita dal giornalista alla domanda relativa alle ragioni della scelta di questa zona della Guillotière come “sede” del quartiere “cinese” è “l’espoir d’une synergie commerciale [que] semble avoir joué”14, poiché l’area era ed è un punto di convergenza della comunità estremo orientale non solo di Lione e della sua periferia (Villeurbanne, Rillieux, Vaulx-en-Velin), ma anche di tuta la regione.15

Il secondo articolo del 1985 in Le Progrès, a conclusione del dossier, si concentra principalmente sui “profumi” dei cibi asiatici reperibili nelle épiceries e nei supermercati del quartiere e sui menu dei ristoranti e il giornalista sembra invogliare il lettore a entrare in questo mondo esotico a due passi da casa: come vedremo nel capitolo 4, i giornali locali devono prestare attenzione alla modalità con cui descrivono i soggetti immigrati nel territorio per non urtare la sensibilità della popolazione autoctona.16 Ma allo stesso tempo i giornalisti hanno la possibilità, grazie alle parole da loro scritte, di integrare o respingere i nuovi arrivati. Tradizionalmente, fin dalle prime emigrazioni in Asia Sud-orientale, la popolazione cinese si è distinta per lo spirito imprenditoriale, motivo della nascita di tanti commerci nelle diverse città di destinazione nel mondo.17 Ristoranti, piccoli supermercati e videoteche sono i tre tipi di commerci maggiormente presenti nel VII arrondissement, l’area commerciale più che abitativa della comunità asiatica: queste tipologie di attività, principalmente a base famigliare, sono quelle che rispondono di più alla domanda non solo della comunità immigrata, ma anche della popolazione autoctona in cerca di “esotismo”; sono inoltre un indice della “marcatura

13 Archives Départementales du Rhône, 3425W65-69, 1968-1985. 14 B

ELLERET,“La «diaspora»…”, op. cit. Tr. mia: “la speranza di una sinergia commerciale sembra aver giocato un ruolo”

15 Robert B

ELLERET,“Tous les parfums d’Asie y sont mêlés”, Le Progrès, 07/08/1985. 16 Jean-Marie C

HARON, “La presse quotidienne régionale et l’immigration”, Les Cahiers du Journalisme, 4, gennaio 1998, p. 41.

17

visiva” della comunità poiché visibili grazie alle insegne, spesso scritte in caratteri cinesi, o per la presenza di oggetti tipici.18

Il cibo è un elemento imprescindibile della vita umana e la cultura culinaria è una parte della tradizione che si cerca di mantenere nel momento in cui l’emigrazione diventa un fattore di sconvolgimento delle abitudini e di sradicamento: per questo uno dei primi settori ad essere occupati dagli immigrati è la ristorazione, anche per i cinesi, la cui tradizione culinaria è molto rinomata.19 Inizialmente a vantaggio della comunità di origine, col passare del tempo e la stabilizzazione dell’insediamento, i ristoranti etnici diventano un’attrattiva anche per la popolazione locale: naturalmente i menu devono essere adattati agli ingredienti reperibili e, nella seconda fase, anche ai gusti degli abitanti autoctoni.20

Leggendo gli articoli pubblicati dalla stampa locale negli anni ottanta, in particolare nel periodo estivo, si può notare che i giornalisti hanno scelto di puntare sui profumi degli alimenti tipici acquistabili nelle épiceries.

Inoltre, la piccola comunità asiatica di Lione21 è stata descritta “[…] emprente de politesse, de discrétion et de probité.”22 Interpellata per un articolo apparso nel 1992 in Le Progrès, Marie- Chantal Desbazeille, sindaco del VII arrondissement, ha affermato che la comunità asiatica “c’est une communauté active, respectueuse de l’ordre public”.23 Se nel VII arrondissement la convivenza è sempre stata tranquilla e i commenti negativi erano formulati prevalentemente da persone anziane che vedevano il proprio quartiere trasformato dall’arrivo di una nuova comunità immigrata24, il parco di divertimenti di Miribel-Jonage, alle porte di Lione, era il luogo d’appuntamento per il gioco d’azzardo e i commerci illegali: lontano (ma non troppo) dalla sede delle attività commerciali, questo raduno eccessivo di “trois à quatre mille

Asiatiques” (cioè della quasi totalità della popolazione asiatica presente nell’agglomerato

urbano) era un pericolo, secondo il direttore del parco, anche per l’economia del centro, dato che pochi osavano frequentarlo.25

18 Ivi, p. 101. 19 L

IVE,La Diaspora chinoise en France …, op. cit., p. 445.

20 Davide P

AOLINI, Alberto SORBINI e Tullio SEPPILLI, Migrazioni e culture alimentari, Foligno, Editoriale

Umbra, 2002, p. 50. 21

I dati INSEE riportati nell’articolo di BUJON del 1986 parlano di 7000 persone nell’intera regione lionese e poco meno di 6000 a Lione nel 1988, secondo l’articolo di Arielle MEYER del 1988.

22 Sylvie B

UJON,“Le commerce et l’exotisme d’abord”, Lyon Matin, 09/01/1986. Tr. mia: “[…] cortese, discreta e onesta.”

23 Christine M

ERIGOT,“Les «secrets» de Chinatown”, Le Progrès, 30/11/1992. 24 Arielle M

EYER,“ «Chinatown sur Rhône» draine des clients de toute la région”, Le Monde-ed. Rhône-Alpes, 21-22/08/1988.

25

I settori di attività gestiti dagli asiatici a Lione sono sempre rimasti limitati al commercio al dettaglio e semi-ingrosso, importando prodotti attraverso i fornitori con sede a Parigi, come ad esempio “Tang Frères”. Solo negli anni duemila (e per poco tempo) si è sviluppato un commercio all’ingrosso gestito da imprenditori cinesi provenienti da Wenzhou che si sono installati nel VI arrondissement, tra rue Molière e rue de Pierre Corneille.26 Commercio in ogni caso poco visibile, sia per l’esiguo numero di attività che per la mancanza di segni particolari di riconoscimento.

Come abbiamo visto, il “quartiere cinese” di Lione è in realtà un quartiere asiatico, i cui primi membri sono stati i rifugiati politici di origine cinese provenienti da Vietnam, Laos e Cambogia che hanno aperto épiceries e ristoranti di specialità estremo orientali.