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Stereotipi ed errori nella descrizione delle tradizioni cines

I SOGGETTI E I SOGGETTI INTERVISTATI.

6.3 Stereotipi ed errori nella descrizione delle tradizioni cines

Analizzando le unità di informazione relative al Capodanno abbiamo potuto osservare che in alcuni casi sono state riportate, in breve, le leggende relative alla nascita delle tradizioni più

79 Françoise M

ONNET, “Le Serpent enterre la vie de Dragon”, Lyon Matin, 06/02/1989, documento 008. 80

“Les Chinois préparent l’année du chien”, Le Progrès, 28/01/2006, documento 040. Tr. mia: “Per i numerosi studenti la festa avverrà tra compagni o in discoteca, dove sono state organizzate molte serate: "Uno è cattolico, l’altro no, ma festeggiamo insieme. Ci sarà anche un americano, spiegano Pai e Shuili, due studenti arrivati da poco. I prodotti si trovano facilmente, non se ne parla di andare al ristorante cinese: per noi, fanno cucina straniera! E a mezzanotte stapperemo anche noi lo champagne!"”

importanti, come ad esempio l’origine del Bành Chung, la torta di riso vietnamita per il Têt, simbolo di attività pacifiche e di prosperità; o il mito che attribuisce a Buddha la fondazione dello zodiaco, di cui vengono forniti sia gli animali della tradizione cinese che quelli vietnamiti, in cui ci sono delle differenze (il Gatto al posto del Coniglio).

Di questo secondo racconto, in quasi tutti gli articoli viene sottolineata la diversità tra Cina e Vietnam, ma in alcuni l’opzione del Paese del Sud-Est asiatico è stata inserita come alternativa all’originale cinese, senza far notare che in realtà si tratta della tradizione di un altro Paese, per quanto confinante con l’ex Regno di Mezzo, di cui ha comunque subito l’influenza.81

Uno stereotipo emerso in un articolo del 1990 riguarda la lingua cinese: nell’unità 10.06, relativa alla comunità cinese, il giornalista scrive che la comunità, pur essendo eterogenea, in quanto formata sì da cittadini della RPC (pochi), ma soprattutto da vietnamiti, cambogiani e laotiani di origine cinese, nonché da residenti di Taiwan e Hong Kong, è unita dalla lingua e dalle tradizioni82: probabilmente sarebbe stato opportuno sottolineare che l’elemento di unificazione è la lingua scritta, data la grande diversità per quanto riguarda la lingua parlata. Per quanto si possa dire che i caratteri scritti siano uguali in tutta la Cina e il vietnamita sia formato da molti calchi linguistici sul cinese, le somiglianze si fermano qui: la lingua del Vietnam si scrive in caratteri latini e ha un sistema tonale recente e differente sia dal

pŭtōnghuà che dal cantonese e il cambogiano ha un alfabeto proprio. Inoltre, poiché molti

immigrati a Lione erano solamente di origine cinese (e in alcuni casi non avevano mai messo piede in Cina), difficilmente conoscevano la lingua standard. Riportando un esempio sperimentato sul campo, nel pomeriggio passato presso la sede dell’Association des Chinois

d’Outre-Mer insieme ai membri aderenti in occasione della Festa della Donna, con persone di

varie età provenienti dal Guangdong, dalla Cambogia, dal Laos, dalla RPC, ma anche nate o vissute da sempre in Francia, le lingue di comunicazione erano almeno tre (francese,

pŭtōnghuà e cantonese) e poche persone le conoscevano tutte.

Un’altra imprecisione riguarda la definizione del Capodanno, che in cinese si chiama Chūnjié, Festa di Primavera: nell’articolo del 1991 di Alain Laurent-Faucon, il giornalista scrive:

Dans le calendrier lunaire traditionnel, commun à toutes les communautés asiatiques, le 15 février est aussi la fête du printemps. […]

81 M

ONNET, “Le Serpent…”, op. cit. 82

[…]tous fêtent d’abord en famille le jour de l’an, qui correspond également à la fête de printemps.83

Traducendo queste poche righe sembra che solamente nell’anno in questione il Capodanno

corrisponda alla Festa di Primavera, quando i due termini sono semplicemente dei sinonimi

ed indicano la medesima festività.

Nel suo saggio del 1998 Charon sottolinea che spesso i giornalisti delle testate locali che si occupano delle comunità immigrate non hanno conoscenze specifiche sulla cultura delle popolazioni presenti nel territorio, viste spesso come difficili da avvicinare.84 Anche se la comunità asiatica è descritta come gruppo abbastanza integrato e, tramite l’associazione che la rappresenta, non così restia a farsi conoscere, la sua cultura, così differente da quella europea, non è facile da raccontare e comprendere nella sua interezza nel breve spazio di un articolo di giornale. Ad esempio, gli articoli scritti da Mario De Filippis negli anni 1994, 1995, 1996, 1998 e 2000, che ricalcano lo schema Capodanno–Zodiaco–Evento–Cibo–Attività-Saluti, cambiando le date del Capodanno e il nome dell’animale dello zodiaco, mostrano la non completa competenza dell’autore riguardo le tradizioni cinesi. Nell’articolo del 1994, ad esempio, viene scritto che “tous les convives ont partagé les sept plats porte-bonheur”85: data l’importanza della simbologia nella cultura cinese più presumibilmente il numero di piatti è otto (o comunque pari, ma non quattro), in quanto associato alla pronuncia di fā(cái) ( ), “arricchirsi”; mentre il numero sette non ha una connotazione totalmente positiva. Nel brano per il 1995 viene riportato correttamente il numero otto86, ma nel 1996 ritorna il sette.87

Abbiamo detto che la comunità asiatica lionese è formata in maggioranza da vietnamiti e cambogiani di origine cinese: molti sono riuniti nell’associazione dei Cinesi d’oltremare, che festeggia il Capodanno cinese; ma coloro che si riconoscono come vietnamiti sono riuniti nelle associazioni vietnamite e chiamano la loro celebrazione per il nuovo anno “Têt” (che

corrisponde, nella data e in molti rituali, alla Festa di Primavera cinese, pur con alcune

varianti). Ma in alcuni casi viene fatta confusione, mettendo insieme le denominazioni usate dalle due diverse comunità. Un esempio è l’articolo di C.D., pubblicato in Le Progrès l’11 febbraio 2000, dal titolo “Nouvel an chinois: le dragon s’envole”: già nel sottotitolo si

83

Alain LAURENT-FAUCON, “L’année de la chèvre commence aujourd’hui”, Le Progrès, 15/02/1991, documento 012. Tr. mia: “Nel calendario lunare tradizionale, comune a tutte le comunità asiatiche, il 15 febbraio è anche la festa di primavera. […] Tutti festeggiano dapprima in famiglia il primo giorno dell’anno, che corrisponde ugualmente alla festa di primavera.”

84

CHARON, “La presse…”, op. cit., p. 41. 85 Mario D

E FILIPPIS,“Nouvel an chinois”, Le Progrès, 17/02/1994, documento 015. Tr. mia: “Tutti gli invitati hanno condiviso i sette piatti portafortuna.”

86 D

E FILIPPIS, “Nouvel an chinois. L’année du cochon”, Le Progrès, 09/02/1995, documento 016. 87

comunica, però, che “les Vietnamiens du Rhône fêtent le Têt à Villeurbanne”.88 Il fatto che l’associazione organizzatrice dell’evento in questione sia l’Union générale des Vietnamiens

du Rhône e non l’Association des Chinois d’Outre-Mer à Lyon (pur formata anche da

vietnamiti) può essere un indice della volontà di essere riconosciuti come réssortissants di un’etnia differente.

Un altro esempio di mescolanza tra tradizione cinese e vietnamita si ha nell’articolo “Les dragons célèbrent le coq” del 15 febbraio 2005 in Le Progrès: in tutto il testo si parla di cultura cinese e della sfilata organizzata alla Guillotière, ma nell’ultima unità è stato riportato il commento di uno spettatore, in cui viene detto che “C'est la première fois que j'assiste à la fête du Têt. Je suis déjà allé en Chine […]”.89

Un errore dovuto alla non conoscenza della cultura cinese riguarda la simbologia dei colori, in particolare in riferimento al rosso come colore sfortunato: in un articolo del 2007, apparso nell’edizione online di Le Progrès, dal titolo “Lyon: les dragons dans la ville pour le Nouvel An chinois” riporta che “Au programme [per la sfilata]: des dragons - blanc, jaune, orange car le rouge porte malheur […]”.90

Questi gli errori dovuti alla differenza culturale riscontrati negli articoli pubblicati dalla stampa locale di Lione dal 1981 ad oggi: nella maggior parte dei casi le informazioni riportate, pur riassunte e semplificate, erano corrette. La correttezza delle notizie dovrebbe essere un elemento fondamentale del giornalismo, ma ciò non sempre avviene, soprattutto se il soggetto di cui si scrive non è di propria competenza, come spesso accade nei confronti delle comunità immigrate nelle città di provincia (per quanto grandi).91 La presenza di quasi settanta articoli solamente sul tema del Capodanno cinese mostra quanto meno l’interesse per avvicinare (e pubblicizzare) questa comunità alla popolazione locale, rendendo più accessibile una cultura esotica e misteriosa come quella cinese.

Figura 6.1 Ristorante cinese a Lione, 14/04/2012.

88 C.D., “Nouvel an chinois: le dragon s’envole”, Le Progrès, 11/02/2000, documento 023. Tr. mia: “i Vietnamiti del Rodano festeggiano il Têt a Villeurbanne.”

89

“Les dragons célèbrent le coq”, Le Progrès, 15/02/2005, p. 16, documento 038. Tr. mia: “È la prima volta che assisto alla festa del Têt. Sono già stato in Cina […].”

90 “Lyon: les dragons dans la ville pour le Nouvel An chinois”, Le Progrès, 18/02/2007, documento 045. Tr. mia: “In programma: dei dragoni- bianco, giallo e arancio, poiché il rosso porta sfortuna […].”

91

CONCLUSIONI

Nei primi tre capitoli abbiamo tracciato la storia dell’immigrazione cinese in Europa, con particolare riferimento all’Italia, e in Francia. Il richiamo alla situazione italiana è stato fatto per osservare le differenze tra il fenomeno migratorio nel nostro Paese, dove possiamo notare la presenza cinese “da vicino”, e oltralpe, in cui sono stati effettuate le ricerche per la tesi nell’ambito del progetto LLP/Erasmus presso l’Institut d’Etudes Politiques di Lione. Prima di inquadrare storicamente questo fenomeno, però, è sembrato opportuno definirne in maniera precisa i protagonisti poiché in cinese esistono termini diversi per descrivere coloro che hanno lasciato la madrepatria e gli studiosi di migrazioni non sempre concordano sulle delimitazioni di ogni termine: nella prima parte del capitolo 1 abbiamo perciò visto le differenze tra chi è emigrato prima degli anni ottanta e chi dopo (xīn yímín e lǎo yímín

); tra chi ha mantenuto la cittadinanza cinese e chi no (Huáqiáo e Hǎiwài

Huárén ); tra le seconde generazioni definitivamente stanziate nel Paese di

accoglienza e chi ha scelto di tornare in patria (Huáyì e Guīqiáo ).

Abbiamo potuto notare che le prime fasi dell’immigrazione in Italia risalgono agli anni venti e trenta, quando arrivarono i primi Huáqiáo delle province meridionali della Cina, spesso dopo essere passati in Francia. Dagli anni ottanta, grazie alle riforme di apertura volute da Deng Xiaoping, è ripresa l’emigrazione dal Sud della RPC: abbiamo osservato che la maggior parte degli immigrati presenti in Italia provengono dall’area di Wenzhou (Zhejiang) e dal Guangdong e si sono stanziati principalmente nelle grandi città quali Roma e Milano e nel distretto tessile di Prato. Nei capitoli 2 e 3 abbiamo analizzato in particolare la situazione lionese, per verificare se le fasi dell’immigrazione nel capoluogo della regione Rodano-Alpi corrispondessero al modello studiato per la presenza cinese in Francia, che è concentrata soprattutto nella zona di Parigi e dell’Ile-de-France: sebbene le comunità presenti a Lione non siano ancora state studiate in maniera sistematica, la presenza dei documenti archivistici e bibliotecari nonché gli articoli pubblicati dalla stampa locale permettono di delineare almeno in parte la storia di queste popolazioni e il giudizio che hanno dato i giornali riguardo al loro inserimento nella società. È stato deciso di analizzare la stampa locale perché, come abbiamo detto nel capitolo 4, ha la possibilità di favorire o complicare l’integrazione delle popolazioni immigrate con i cittadini autoctoni ed è una cartina al tornasole sia del sentimento popolare che delle posizioni politiche.

Dai due capitoli è emerso che Lione e la Cina hanno avuto un legame stretto fin dal XIX secolo grazie all’industria serica; probabilmente per questo e perché il capoluogo del Rodano è la seconda città francese, la scelta degli immigrati che non volevano risiedere a Parigi è ricaduta su questo territorio urbano. I rapporti tra alcuni membri influenti della Camera di commercio e dell’Università lionese con delle personalità cinesi presenti in Francia (Li Shizeng in primis) hanno permesso l’apertura dell’Istituto franco-cinese con sede a Saint- Irénée, Università cinese che ha accolto 473 studenti e studentesse tra il settembre 1921 e il 1946.

Dagli anni settanta, a causa della decolonizzazione e dei cambiamenti di regime nei paesi del Sud-Est asiatico, in particolare Vietnam, Laos e Cambogia, che formavano l’Indocina francese, è iniziata l’emigrazione delle popolazioni di origine cinese presenti in queste aree: la maggior parte di coloro che, dopo viaggi lunghi ed estenuanti, sono riusciti a raggiungere la Francia, scelta in quanto Paese ex colonizzatore della zona, hanno ottenuto lo status di rifugiato politico. Nel capitolo 3 abbiamo visto che l’effettivo inizio di una presenza asiatica cospicua (non paragonabile comunque a quella di Parigi) risale a quegli anni: i giornali hanno scritto numerosi articoli in riferimento ai rifugiati, alla loro situazione, ai modi per aiutarli a inserirsi nella società francese. Il cambiamento degli argomenti trattati dai giornalisti in relazione alle popolazioni immigrate dall’Asia orientale mostra l’evoluzione del ritratto che è stato fatto dalla stampa nel corso degli anni: nel capitolo 4 abbiamo visto quali sono stati i temi principali scelti per descrivere questa comunità. Alcuni sono stati utilizzati solo in alcuni periodi: ad esempio, si è scritto della situazione dei rifugiati fintanto che era in corso l’emergenza, mentre negli ultimi anni i soggetti sono soprattutto gli studenti, presenza massiccia nelle Università lionesi che permette di incrementare notevolmente il numero dei cittadini cinesi presenti nel territorio; gli articoli sul quartiere cinese alla Guillotière, che come abbiamo visto è in realtà formato in maggioranza da cambogiani e vietnamiti arrivati alla fine degli anni settanta, sono comparsi a partire dalla metà degli anni ottanta, quando la presenza degli immigrati si è stabilizzata ed è quindi diventata più visibile: il quartiere è stato oggetto di dossier estivi pubblicati ad anni alterni, utili per fornire indicazioni sui negozi e i ristoranti presenti nel quadrilatero che delimita la piccola Chinatown lionese, con qualche nota sulla cultura cinese. Altri temi sono invece stati trattati costantemente nel corso degli ultimi trent’anni, come il Capodanno, scelto come focus di questa ricerca: la presenza di articoli sullo stesso tema per un periodo di tempo relativamente lungo ha permesso di delineare il ritratto che la stampa locale ha fatto di questa comunità quando questa si “mette in mostra” di

fronte a tutta la popolazione tramite, ad esempio, le sfilate con la Danza del Leone lungo le strade del quartiere.

Nel capitolo 4 abbiamo delineato la metodologia di ricerca, basata sugli studi della sociologa francese Violette Naville-Morin come rielaborati da Lise Chartier: ogni articolo è stato suddiviso in unità di informazione, per un totale di 466, definite in base al soggetto che trattavano. Sono stati scelti quindici diversi temi presenti, in percentuali diverse, nei sessantasette articoli analizzati. Oltre ai soggetti sono stati precisati anche sei soggetti le cui parole sono state riportate dai giornalisti per apportare un maggior senso di veridicità al contenuto dell’articolo. I dati raccolti sono stati analizzati nel capitolo 5, formando diversi indici statistici di valutazione, che ci hanno permesso di comprendere che:

- il 66% delle unità ha una valutazione neutra; del 34% parziale, il 32% ha una parzialità positiva e il 2% negativa. Ciò significa che i giornalisti della stampa locale di Lione hanno generalmente cercato di dare una visione oggettiva della comunità asiatica durante le feste per il Capodanno, senza esaltarla né denigrarla. Abbiamo visto che la Festa di Primavera è un momento importante per gli asiatici e i festeggiamenti pubblici nelle località della diaspora permettono il riconoscimento sia del gruppo in relazione a se stesso che da parte della popolazione autoctona e soprattutto delle autorità locali. I giornali sono ancora un mezzo per pubblicizzare eventi che potenzialmente possono coinvolgere tutta la cittadinanza e, a livello locale, possono avere un ruolo importante nel favorire l’inserimento. Negli articoli più recenti, non solo relativi al Capodanno, si può leggere che la comunità viene definita “integrata” e “discreta”: le origini di ciò risalgono ai primi arrivi negli anni ottanta, quando i giornali hanno iniziato a “costruire” la loro buona reputazione come persone disposte a impegnarsi nell’imparare un lavoro e adattarsi alla vita francese, poco inclini a creare disturbo alla quiete pubblica e verso cui le associazioni di volontariato si prodigavano. Nel momento in cui sono state costituite le prime associazioni per riunire un gruppo altrimenti sparso, queste hanno cominciato anche a organizzare gli eventi per celebrare con tutta la comunità (e per mostrare alla popolazione francese) le festività tradizionali, aperte a tutti e, come detto dal rappresentante di un’associazione vietnamita, non con lo scopo di ghettizzare, ma di far conoscere ai lionesi una nuova cultura e mantenere vive le tradizioni tra gli immigrati.

- dall’elaborazione dei dati del capitolo 5 è emerso che l’indice globale di orientamento delle unità di informazione relative al Capodanno cinese a Lione è del 30%+: un valore in linea con la media proposta da Chartier in base agli studi effettuati nel corso

degli anni. L’indice globale di tendenza-impatto dell’88,6%+ indica che, nel momento in cui i giornalisti hanno raccontato i fatti aggiungendo un giudizio personale o utilizzando termini non neutrali, questi hanno portato a una descrizione ampiamente positiva delle comunità asiatiche e delle attività da esse organizzate. Come abbiamo detto, la stampa locale ha il potere di fornire una visione che poi si può riflettere anche nell’atteggiamento che la popolazione autoctona ha nei confronti degli immigrati: con gli asiatici, complice forse la loro discrezione, è stato scelto un approccio che ne mette in risalto gli aspetti positivi, festeggiamenti inclusi.

- l’analisi delle unità per categoria mette in luce che i due soggetti più ricorrenti sono il “Capodanno” e gli “Eventi”, le due sezioni che introducono in maniera più generale i festeggiamenti, fornendo così le informazioni più utili per i lettori francesi: cos’è il Capodanno cinese e per quando sono previste le manifestazioni che coinvolgono la comunità locale, a cui anche la popolazione autoctona, se interessata, ha la possibilità di partecipare per conoscere meglio delle tradizioni diverse e, almeno fino agli anni novanta, considerate “esotiche”. Per coloro che sono interessati ad approfondire la conoscenza della cultura cinese non mancano le pubblicità dei corsi di lingua organizzati dalle associazioni, sia cinese che franco-cinesi, e dei ristoranti etnici. L’avvicinamento alle usanze di un altro popolo passa soprattutto attraverso il cibo e il Capodanno cinese è un’ottima occasione per entrare in contatto con gli immigrati asiatici.

In conclusione possiamo dire che nel corso di trent’anni la stampa lionese si è occupata in maniera continua degli immigrati provenienti dall’Asia orientale (che sono in prevalenza vietnamiti e cambogiani di origine cinese), soprattutto in occasione dei festeggiamenti per il Capodanno cinese organizzati dalle associazioni, prima vietnamite e poi cinese, per mantenere vive le tradizioni del proprio Paese e per mostrarsi alla città e alla popolazione locale. La stampa, grazie ai suoi articoli, ha permesso di pubblicizzare questi eventi, che oggi sono molto seguiti anche dalla popolazione francese, instaurando un clima in cui gli asiatici non sono visti come un nemico, ma come parte integrante (ed esotica per la presenza di ristoranti e negozi con insegne in caratteri cinesi) della città.

个 个个 个 个 个个 个 个 个个 个

APPENDICE 1