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(Disciplina transitoria del subappalto)

Il comma 18 detta una disciplina transitoria del subappalto nelle more di una complessiva revisione del codice dei contratti pubblici.

Il termine di efficacia finale di tale disciplina è fissato al 31 dicembre 2020.

Si prevede che il subappalto deve essere indicato dalle stazioni appaltanti nel bando di gara e, in deroga alla disciplina dettata dall’art. 105, comma 2, del Codice, non può superare la quota del 40% dell'importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture.

Tale percentuale si colloca a metà strada tra quella (pari al 30%) prevista dal testo previgente del comma 2 dell’art. 105 e quella (pari al 50%) prevista dalla novella recata dalla v) del comma 1 dell’art. 1 del testo iniziale del decreto-legge.

Quanto alla previsione che il subappalto venga indicato dalle stazioni appaltanti nel bando di gara, si fa notare che la stessa riproduce quella introdotta dalla citata lettera v).

Si ricorda che, in base al disposto dell’art. 105 del Codice, il subappalto è il contratto con il quale l'appaltatore affida a terzi l'esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto. Lo stesso articolo stabilisce che i soggetti affidatari dei contratti pubblici eseguono in proprio le opere o i lavori, i servizi, le forniture compresi nel contratto, e detta le condizioni alle quali è ammesso il subappalto.

Nel disporre la deroga indicata, la norma in esame fa comunque salvo quanto previsto dal comma 5 del medesimo art. 105.

Tale disposizione dispone che per le opere di cui all’art. 89, comma 11, del Codice - cioè per quelle che richiedono lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica, quali strutture, impianti e opere speciali - il subappalto non può superare il 30% dell'importo delle opere medesime e non può essere, senza ragioni obiettive, suddiviso.

Fino alla data di operatività delle disposizioni in commento (31 dicembre 2020), è sospesa l'applicazione:

- del comma 6 dell'articolo 105 del Codice (di cui viene prevista l’abrogazione dalla lettera v) del comma 1 dell’art. 1 del testo iniziale del presente decreto-legge, soppressa durante l'esame al Senato);

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Tale norma prevede, in particolare, l’indicazione obbligatoria della terna di subappaltatori in sede di offerta. Tale disposizione risulta oggetto di censura nell’ambito della procedura di infrazione n. 2018/22732.

- del comma 2 dell'articolo 174 del Codice, il quale prevede che gli operatori economici indichino in sede di offerta le parti del contratto di concessione che intendono subappaltare a terzi;

Nel testo previgente del comma citato sono altresì indicati i casi in cui, in sede di offerta, gli operatori economici, che non siano microimprese, piccole e medie imprese, per le concessioni di lavori, servizi e forniture devono indicare una terna di nominativi di subappaltatori. Tale diposizione è stata abrogata dalla lettera dd) del comma 1 dell’art. 1 del testo iniziale del presente decreto-legge, soppressa durante l'esame al Senato).

- delle verifiche in sede di gara previste, per il subappaltatore, dall'art. 80 del codice dei contratti pubblici. Si tratta delle verifiche relative

2 Si richiama, in proposito, quanto riportato nel dossier di commento predisposto per l’esame al Senato del presente disegno di legge di conversione, ove si legge che le norme volte a limitare il ricorso al subappalto “in termini di limite quantitativo, trovi, nell'ordinamento italiano, ragioni storiche, in connessione ai profili di possibili infiltrazioni mafiose registrate in ambito di subappalto, in relazione a una minore efficacia dei controlli da parte della committenza, nella fase di esecuzione rispetto alla fase di gara. La nuova direttiva appalti (2014/24/UE), all’art. 71, non sembra introdurre vincoli generalizzati al subappalto prevedendo, tra l’altro, che nei documenti di gara l’amministrazione aggiudicatrice può chiedere o può essere obbligata da uno Stato membro a chiedere all’offerente di indicare, nella sua offerta, le eventuali parti dell’appalto che intende subappaltare a terzi, nonché i subappaltatori proposti. L’art. 63, paragrafo 2, della medesima direttiva dispone che, nel caso di appalti di lavori, di appalti di servizi e operazioni di posa in opera o installazione nel quadro di un appalto di fornitura, le amministrazioni aggiudicatrici possono esigere che taluni compiti essenziali siano direttamente svolti dall'offerente stesso. Si ricorda che la Corte di giustizia europea con la sentenza del 14 luglio 2016, causa C‑406/14 (causa Wroclaw), ha affermato che “la direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, come modificata dal regolamento (CE) n. 2083/2005 della Commissione, del 19 dicembre 2005, deve essere interpretata nel senso che un’amministrazione aggiudicatrice non è autorizzata ad imporre, mediante una clausola del capitolato d’oneri di un appalto pubblico di lavori, che il futuro aggiudicatario esegua una determinata percentuale dei lavori oggetto di detto appalto avvalendosi di risorse proprie”. In tale quadro, si innestano le contestazioni all'Italia mosse dalla Commissione europea, sopra richiamate. Si ricorda altresì che l’art. 42 della direttiva europea sulle concessioni (direttiva n. 2014/23/UE) prevede che l’indicazione dei subappaltatori sia, di norma, facoltativa e non obbligatoria. Il paragrafo 2 di tale articolo stabilisce infatti che “Nei documenti di gara, l'amministrazione aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore possono chiedere o possono essere obbligati da uno Stato membro a chiedere all'offerente o al candidato di indicare, nella sua offerta, le eventuali parti della concessione che intende subappaltare a terzi, nonché i subappaltatori proposti”. L’obbligo di indicare una terna di subappaltatori è stato censurato dalla Commissione europea (procedura di infrazione n. 2018/2273). Secondo la Commissione, sebbene la normativa europea consenta alle amministrazioni aggiudicatrici di chiedere agli operatori di indicare nelle loro offerte “i subappaltatori proposti”, la disposizione nazionale che obbliga gli offerenti ad indicare sempre tre subappaltatori, anche qualora all’offerente ne occorrano meno di tre, viola il principio di proporzionalità sancito dalla medesima direttiva.

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all'assenza di motivi di esclusione dalla procedura d'appalto inerenti, ad esempio, a precedenti condanne penali, interdittive antimafia o carenza dei requisiti di integrità o affidabilità.

Si fa notare che la lettera dd) del comma 1 dell’art. 1 del testo iniziale del presente decreto-legge, soppressa durante l'esame al Senato, dispone l’abrogazione del comma 3 dell’art. 174, in base al quale l'offerente ha l'obbligo di dimostrare, nei casi di cui al comma 2 (cioè quelli in cui è richiesta l’indicazione di una terna di nominativi di subappaltatori), “l'assenza, in capo ai subappaltatori indicati, di motivi di esclusione e provvede a sostituire i subappaltatori relativamente ai quali apposita verifica abbia dimostrato l'esistenza di motivi di esclusione” previsti dall’art. 80.

Si fa altresì notare che la sospensione in esame opera limitatamente alla fase della gara. Resta infatti in vigore e pienamente efficace il comma 7 dell’art. 105, in base al quale “L'affidatario deposita il contratto di subappalto presso la stazione appaltante almeno venti giorni prima della data di effettivo inizio dell'esecuzione delle relative prestazioni. Al momento del deposito del contratto di subappalto presso la stazione appaltante l'affidatario trasmette altresì la certificazione attestante il possesso da parte del subappaltatore dei requisiti di qualificazione prescritti dal presente codice in relazione alla prestazione subappaltata e la dichiarazione del subappaltatore attestante l'assenza in capo ai subappaltatori dei motivi di esclusione di cui all'articolo 80”.

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