Gli elementi caratterizzanti della scuola in quegli anni, influenzano Munari nella sua ricerca e sperimentazione, allargando il proprio campo di ricerca a quello educativo e dell’infanzia. “Rendendosi conto che non c’erano in commercio libri adatti al suo bambino di cinque anni (Silvana Sperati, 2021, p. 2) nel 1945 pubblica sette albi illustrati per bambini, come “Toc Toc. Chi è? Apri la porta”, “Il venditore di animali”, “Storie di tre uccellini”, e nel 1956 “Nella notte buia”. Tali albi “animati” diventano presto rinomati e ricercati, poiché presentano caratteristiche originali. In particolare, il primo albo illustrato, con il suo buco al centro della copertina, regala una novità. Ogni volta che il bambino gira la pagina, scopre che il buco assume ogni volta un significato diverso:
prima l’occhio di una giraffa, poi una zebra, un leone e una formica. Il bambino in questa dimensione viene considerato non come un lettore passivo ma un lettore attivo e attento, costruttore e scopritore delle storie tramite le pagine, che diventano veri e propri oggetti ponte per la conoscenza e la scoperta. Questi albi mirano perciò a rispondere direttamente nella pratica al bisogno di conoscere, tramite la tattilità: aprire una porta per scoprire cosa vi è dietro, ruotare un’immagine per capirne il senso, voltare la stessa pagina per proseguire con la storia, decidere di tornare indietro o saltare delle pagine “e tutti i ragazzini dovrebbero fare altrettanto. In questo modo potrebbero buttarsi prestissimo su tutte le meraviglie ritenute inaccessibili per la loro età” (Pennac, 1993, p. 122). All’interno de “Nella notte buia” (Figura 1) l’artista ripropone il buco all’interno delle pagine. Un buco di diverse dimensioni e contorni, che porta progressivamente il bambino alla scoperta di oggetti, animali, paesaggi ed emozioni. Il buco assume un significato preciso: non più assenza, vuoto, quasi un errore all’interno
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di un libro. Ha il ruolo, come evidenzia Sperati (2021) di passaggio dalla bidimensionalità alla tridimensionalità. Tale passaggio permette di andare al di là dei confini e crea continuità tra una pagina e l’altra. Lo scopo, perciò, è
quello di soverchiare i canoni per lasciar fluire la creatività e l’immaginazione dei lettori. La capacità dell’artista di empatizzare e mettersi nei panni dei piccoli lettori, lo delinea come un artista bambino “che ha conservato con l’infanzia, con la propria e quella altrui, un rapporto continuativo e ininterrotto” (Marco Belpoliti, p. 94). È colui che non ha il timore di risultare
“infantile”, ma che invece si fa forte della semplicità e della spontaneità per rompere i limiti, andare oltre i
significati ordinari delle cose. Un artista che crea, tenta, sperimenta, senza il timore del giudizio ma soltanto con la necessità ed il desiderio di portare un punto di vista nuovo, liberatorio, puro.
Munari prosegue il suo percorso nel mondo dell’infanzia. Approfondisce l’importanza dell’apprendimento, con l’invenzione di giocattoli, ovvero oggetti materiali per favorire e sviluppare l’esperienza. Influenzato dal contesto storico e dalle ristrette possibilità economiche delle famiglie italiane, progetta e costruisce giochi con materiali appartenenti alla sfera del quotidiano, del reale, che potessero essere facilmente reperibili e fruibili da tutti. Materiali come la gomma piuma, plastica, carta e stoffa, che ben si prestano alla manualità e al loro impiego in differenti forme e senso. Vygotskij (1966) definisce l’atto del giocare come risposta ai bisogni del bambino. È perciò un’attività seria che permette di esplorare la realtà, in quel momento fittizia, liberando gli oggetti del quotidiano dal loro normale senso, per poter dare successivamente un nuovo significato: “nel gioco il pensiero è separato dagli oggetti e l’azione nasce dalle idee più che dalle cose: un pezzo di legno comincia ad essere una bambola ed un bastone diventa un cavallo” (ibidem, p. 143). Identificando nei comportamenti ludici tre aspetti essenziali, cioè l’imitazione, l’esplorazione e l’immaginazione, ci si immerge nella dimensione della piacevolezza del rituale del gioco, che guida il bambino nella riflessione
Figura 1: Nella notte buia
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e nella maturazione del suo pensiero con la caratteristica imprescindibile del divertimento e del godimento. Nel momento in cui il bambino gioca, mette perciò in atto comportamenti di riproduzione di accadimenti o problematiche sorte durante la giornata, per studiare poi la loro risoluzione. “Giocare è, innanzitutto, un modo di apprendere all’interno di una situazione controllata, in cui sono ridotti al minimo i rischi di una violazione delle regole sociali” (Quaglia, 2009, p. 51), comprendendo che all’interno del gioco permangono delle regole che è bene rispettare. Munari accoglie perciò questi elementi essenziali per la creazione di nuovi giochi. I giochi “Gatto Meo Romeo” e la “Scimmia Zizì”, grazie alle loro caratteristiche progettuali semplici e immediate, riscuotono successo nei bambini per la loro immediatezza e spontaneità. In particolare la scimmietta Zizì (Figura 2) la quale viene venduta con un involucro a forma di gabbia, in modo tale che ancor prima dell’acquisto l’immaginazione e la storia potessero svilupparsi e prendere avvio: “se il bambino apre quella gabbia, la scimmia è libera e sarà sua amica per sempre” (Sperati, 2021, p. 13).
La scimmia è progettata in modo tale che possa assumere posizioni diverse, anche strane e non convenzionali, per permettere al bambino di inventare e vivere avventure diverse e originali senza limitazioni strutturali al giocattolo. Le regole del gioco perciò sono intuitive, chiare, il bambino non ha bisogno della mediazione e della spiegazione dell’adulto per poter giocare. È possibile sperimentare e inventare senza paure, stimolando la creatività, obiettivo dei giochi di Munari. Il gioco “diventa un personaggio che lo stesso bambino ha creato e, proprio come fanno gli eroi delle storie, lo coinvolge nel suo cammino, per trasformarlo nel protagonista delle sue emozioni”
(ibidem, p. 15). L’artista prosegue la produzione di giochi con una collaborazione con l’ispettore didattico Giovanni Belgrano, con il quale crea “Più o meno” nel 1970:
immagini su sfondi trasparenti di acetato, da sovrapporre o unire per creare storie sempre nuove. La creazione di questo gioco si concentra sulla riflessione dell’artista circa la conoscenza, dovuta alle influenze del figlio Alberto, professore presso la Facoltà di
Figura 2: Scimmietta Zizì
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Psicologia e Scienze dell’Educazione dell’Università di Ginevra, e di Jean Piaget: gli incontri che l’artista fece, specie in campo pedagogico e le influenze che ebbe dal figlio, lo resero gradualmente “L’artista si concentra sull’utilità del gioco, chiedendosi appunto cosa possa essere utile per un bambino in formazione: “qualcosa che gli dia, attraverso il gioco, delle informazioni che gli potranno servire quando sarà adulto” (Munari, 1981, p. 242). Evidenzia perciò la componente creativa del gioco in termini di utilità, per formare il bambino in modo tale che possa sviluppare la propria mente ed il proprio pensiero, di essere capace a comunicare il proprio essere agli altri e con gli altri, in quanto persona originale ed elastica. “C'è sempre qualche vecchia signora che affronta i bambini facendo delle smorfie da far paura e dicendo delle stupidaggini con un linguaggio informale pieno di ciccì e di coccò e di piciupaciù. Di solito i bambini guardano con molta severità queste persone che sono invecchiate invano; non capiscono cosa vogliono e tornano ai loro giochi, giochi semplici e molto seri” (Munari, 1977).
Di essenziale importanza per l’avvicinamento dell’artista al mondo della scuola è l’incontro con Gianni Rodari nel 1960 tramite Einaudi, per la collaborazione nella realizzazione della nuova grafica del libro “Filastrocche in
cielo e in terra” (1960). L’affinità intellettuale, pedagogica e creativa circa l’apprendimento, la fantasia e il portare il nuovo ai bambini, conduce i due artisti a collaborare in quegli anni alla realizzazione della collana “Tantibambini”
del 1972 edita Einaudi. La collana viene definita dal presidente delle Biblioteche di Roma, Paolo Fallai, in occasione della presentazione della mostra itinerante “Tra Munari e Rodari” (2020) come una collana d’arte “perché
Munari chiama a raccolta tanti artisti, amici e scrittori, con l’intento di rendere la creatività un’esperienza possibile, democratica”. Inoltre, Munari afferma “conoscere le regole, rompere le regole”, anche all’interno dei libri e non solo nei giochi. Egli “dà forma all’aria, disegna lo spazio con i fili (il più esile dei materiali), mostra l’arcobaleno di profilo, disegna la notte buia” (Marzia Corraini, catalogo della mostra a cura di Fallai, P., p. 11). Per la grafica dei libri di Rodari (Figura 3), Munari sceglie di realizzare al posto
Figura 3: Filastrocche in cielo e in terra, p. 29
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delle classiche figure dei libri per bambini, “pochi tratti rapidi a matita colorata, come fossero appunti o bozzetti tracciati direttamente sulle pagine del libro” (Falcinelli, p. 15).
Una novità assoluta nel campo dell’editoria per i bambini e ragazzi. Nell’800, le immagini presenti nei libri per bambini sono fedeli alla realtà, realizzate non con l’intento di coinvolgere i bambini, ma di educarli ai valori italiani del patriottismo e della corretta condotta morale della vita. Riprendono scene o personaggi presenti nei racconti per migliorare la comprensione del testo e la chiarezza, evidenziando le caratteristiche dei personaggi, come in Pinocchio e Cuore. Il gusto ottocentesco derivante da Gustav Dorè permea l’editoria ponendo “uno standard” (ibidem, p. 16): la ricercatezza. I libri vengono pubblicati con uno stile opulento e ricco, specialmente nella grandiosità delle immagini
“devono piacere non solo ai lettori, cioè ai giovani, ma soprattutto ai veri acquirenti, cioè ai nonni e agli zii” (ibidem). Con l’avvento dei fumetti all’interno del Corriere dei Piccoli nei primi anni del 900, l’editoria prende una nuova strada, di innovazione e cambiamento. Munari si fa portatore del cambiamento negli anni successivi, riuscendo a stupire i bambini con le sue innovazioni. Il mondo dell’editoria coadiuva quindi il mondo del design al mondo dell’infanzia: un terreno su cui continuare a sperimentare e sognare.