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Il mondo della scuola

Nel documento Il tatto di Bruno Munari : (pagine 13-17)

Il percorso biografico di Munari fino alla fine degli anni Quaranta consta di esperienze fondamentali e caratterizzanti per il suo percorso di artista: esposizioni di opere, progettazione pubblicitaria, collaborazioni con la casa editrice Einaudi, conoscenze e influenze di grandi artisti e architetti. Il mondo del design è stato il suo punto di partenza e mondo dove ricavare gli spunti per riflessioni postere. Le occasioni e opportunità di sfida e di ripensamento, hanno permesso di poter definire le caratteristiche essenziali del suo pensiero fino a quel momento. L’importanza della creatività nell’utilizzo di materiali, l’apertura degli orizzonti non soltanto nel campo del

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design, ma alla vita e all’apprendimento dei bambini. Egli si avvicina al mondo della scuola in modo graduale ma progressivo. Una scuola in quegli anni pregna di mutamenti e di slancio verso le innovazioni, derivanti dagli accadimenti storici precedenti a partire dalla redazione della Costituzione Italiana. Accadimenti che si intrecciano e sono paralleli alla produzione dell’artista e che ne accompagnano in modo silenzioso l’operato.

1.2.1 Contesto storico

La scuola italiana subisce innumerevoli cambiamenti dopo il passaggio dal regime fascista alla democrazia. Galfrè (2017) evidenzia come “i disastrosi effetti della guerra”

abbiano minacciato l’istituzione, portando ad un faticoso ma necessario processo di ripristino del controllo da parte dei diversi partiti comunisti e socialisti e alla defascistizzazione dei libri di testo per i bambini. Si attuano le caute distanze dalle idee di Gentile, favorendo quanto possibile forme di aggiornamento per attuare la stabilità e la normalità auspicata all’interno della Scuola, partendo dalla riapertura delle stesse scuole, poiché ancora chiuse dal febbraio 1942. Dalla riapertura, si pongono dinnanzi diverse problematiche e questioni. Prima tra esse, la definizione dei programmi e di un modus operandi contrapposti agli ideali fascisti, che portino avanti valori morali liberali e laici. Le istituzioni realizzano programmi per la scuola che rispettino tali necessità

“introducendo una didattica per problemi” (2017) e che contengano influenze prima bandite come l’ideologia di Montessori. Con la fine dell’unità antifascista nel 1947, vi è la piena liberalizzazione del mercato dell’editoria e della scelta dei manuali e testi scolastici, per sostenere la libertà di insegnamento e di apprendimento. “L’intervento sulla scuola è sentito come una parte essenziale per la ricostruzione del paese […]” (p.

142): questo passaggio è essenziale nella vita di Munari. “La fine della guerra coincide davvero con la fine di un periodo […] e con l’inizio di una consapevolezza operativa che come primo atto fa ritrovare a Munari la libera professione” (Meneguzzo, 1993, p.32).

La libertà che egli percepisce e interiorizza all’interno della propria persona e del proprio lavoro coincide con il sentimento di apertura nel mondo dell’editoria permettendogli di compiere anche in campo grafico ammodernamenti secondo la propria visione.

Successivamente la Costituente affronta tematiche delicate e urgenti circa la scuola, come l’obbligo e l’assistenza scolastica per definire le caratteristiche della Costituzione

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della nuova Repubblica. Le problematiche appartenenti al tessuto sociale italiano con relative disparità di salari tuttavia permangono, poiché nonostante i tentativi di aggiornamento del sistema scolastico, l’accesso all’istruzione secondaria e perciò alle fasce alte della classe dirigente, resta immutato: elitario ed esclusivo al genere maschile.

L’analfabetismo evidenzia con forza la distanza e la differenza sociale che la scuola perpetra, pur essendoci deboli tentativi di riavvicinamento, come i corsi popolari per maggiori di dodici anni. In relazione all’analfabetismo quindi, si lega la realtà economica dei piccoli centri rurali e abitativi del periodo, in maggioranza rispetto alle classi medio-alte. L’aspetto economico, limitante per le famiglie, viene accolto da Munari come una sfida: non vede perciò un limite nelle ristrettezze economiche del periodo, ma si accomoda in esse creando giocattoli e Tavole Tattili, le quali si affronteranno successivamente, con materiali di fortuna o di recupero. Egli sottolinea come anche oggetti semplici offrano una grande opportunità per tutti i bambini di apprendere e di conoscere. Con l’avvento dei programmi Washburne, nei primi anni Cinquanta si verifica un periodo fruttuoso per innovazioni e cambiamenti, che rispondono alle esigenze e alle domande della società, in particolar modo accolte da grandi figure in campo educativo come le sorelle Agazzi e Don Milani. Quest’ultimo infatti definisce la scuola in “Lettera ad una professoressa” (1967) come “un ospedale che cura i sani e respinge i malati”, basandosi sulla piccola realtà cittadina, comune a tante altre sul territorio italiano. La costruzione della Scuola di Barbiana e il diffondersi di una filosofia scolastica nuova, non esclusivamente incentrata sulle classi agiate ma anche portata ad un’apertura verso chi veniva considerato socialmente sfavorito, sviluppano una sensibilità più profonda.

Insieme a questo nuovo “sentire”, l’Italia subisce tra il 1958 e 1963 un processo di modernizzazione, riguardante la trasformazione del paese in uno Stato industriale e competitivo verso le altre potenze. Tale cambiamento si riversa non soltanto sulle condizioni di vita dei cittadini, i quali partecipano con più vigore alla vita economica dello stato, favorendo così lo sviluppo dei consumi. Essi entrano anche nel mondo della scuola, che assume un ruolo fondamentale per la formazione della classe operaia e dirigente, in ottica di mantenimento e accrescimento dell’economia del paese. La scuola, perciò, viene considerata come essenziale, parte integrante e fondante della vita

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di ciascun cittadino e dell’identità del paese. Il mutare dei tempi e la sempre più crescente necessità di rinnovamento porta all’attenzione delle istituzioni la didattica museale, come punto di incontro tra la scuola e il museo, visto dai bambini come luogo troppo lontano e forse noioso per il loro apprendere. Essa, in accordo con l’articolo 9 della Costituzione Italiana, ha l’obiettivo di “promuovere lo sviluppo della cultura […] e tutelare il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. Le iniziative didattiche proposte alle scolaresche si riferiscono in modo preponderante all’educazione artistica come incontro tra il bambino e l’opera d’arte, simbolo della cultura italiana. È importante citare la Pinacoteca di Brera, la quale a partire dagli anni 50 e 60 fu promotrice tramite Fernanda Wittgens di tali esperienze didattiche. Zago (2017) afferma che “dopo la caduta del regime fascista, i musei vennero chiamati ad acquisire un ruolo centrale in campo educativo all’interno del più ampio progetto di rinnovamento democratico della società civile”. L’aspetto pedagogico delle esperienze didattiche museali, perciò, mira alla formazione culturale del bambino e alla sua identità.

Inoltre, il ruolo dell’insegnante come detentore del sapere, ruolo ricoperto da sempre nella storia della scuola, nella didattica laboratoriale delle esperienze didattiche muta in una figura che attua approcci di tipo collaborativo, esperienziale e costruzione collettiva del sapere. Esse rendono non solo il museo ma il momento stesso dell’apprendimento efficace e profondo. Munari viene investito dalla potenza di tali rinnovamenti, i quali gli consentono di maturare e poi attuare nel 1977 i famosi Laboratori tattili. Galfrè (2017) rende evidente, in concomitanza con i sentimenti di rinnovo e sperimentazione, la presenza nel panorama italiano scolastico una contraddizione di fondo in termini di disuguaglianza: “Alle continuità e alle inerzie si mescolano vere e proprie novità”. Essa si sostanzia nel 1968, con i disordini e i malcontenti giovanili nei confronti delle università e degli istituti superiori: i giovani manifestano la necessità di attuare un avvicinamento dell’insegnamento alla società italiana, con la trattazione in classe di avvenimenti di attualità con approccio interdisciplinare. Sul piano didattico, perciò, si valorizza il pensiero critico e autonomo, svincolando l’apprendimento dalle prestazioni con i voti; tuttavia, “la chiusura nei confronti della sperimentazione è molto diffusa all’interno della scuola” (ibidem, p. 237).

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Un clima, quello politico e storico dalla caduta del fascismo con l’istaurazione della Repubblica fino agli anni 70 e 80, estremamente controverso, ricco di paure e sentimenti di miglioramento. Bruno Munari opera in questi anni, respirando e interiorizzando la necessità di scoprire, andare oltre, stimolare il modo di apprendere ed osservare la realtà circostante secondo le caratteristiche di ciascuno, con creatività e fantasia. Il fatto che il periodo storico fosse così tumultuoso e partecipato ha conferito al suo sentire una spinta all’agire, al fare, al toccare, rendere evidenti i propri processi mentali di conoscenza.

Nel documento Il tatto di Bruno Munari : (pagine 13-17)