Come evidenziato, il gioco ricopre un ruolo essenziale per Munari: egli crea e progetta momenti significativi di sperimentazione all’interno dei Laboratori, dove la manipolazione, l’osservazione, la creazione e la riflessione sono momenti essenziali e significativi, che si incentrano sulla scoperta e sull’esplorazione. Tale significatività si configura con la motivazione, la quale guida il desiderio di voler conoscere con curiosità e mente aperta. La motivazione viene definita da De Beni e Moè (2000, p. 37) come “una configurazione organizzata di esperienze soggettive che consente di spiegare l’inizio, la direzione, l’intensità e la persistenza di un comportamento diretto ad uno scopo”. Tale concetto, dunque, evidenzia come la motivazione consenta di capire perché e in quale modo un individuo decida di compiere una determinata azione, ed inoltre individuare l’intensità, il desiderio e la ragione che portano all’esecuzione della stessa. È fondamentale definire uno scopo da raggiungere per far sì che la motivazione continui ad ardere, poiché essa si compenetra in diversi meccanismi come i processi emotivi, gli interessi, gli obiettivi e i valori che ciascun individuo possiede. La motivazione, tuttavia, si distingue in due tipologie, ovvero intrinseca ed estrinseca. La prima si riconduce alle dinamiche interiori come l’interesse e la curiosità; la seconda alle dinamiche che provengono dall’esterno come premi, approvazioni o complimenti. Per far in modo che la motivazione sia profonda e continua, è necessario cercare di sviluppare quanto più possibile la motivazione intrinseca, proprio perché essa è indipendente dall’esterno e dalle sue perturbazioni, come il desiderio di compiacere, l’obbligo o il senso di colpa.
Come asserito precedentemente, essa si sostanzia in primo luogo della curiosità, che viene definita da Berlyne (1971) come un bisogno universale di conoscere e di apprendere, bisogno che si manifesta tramite l’esplorazione dell’ambiente, motivata solo dal desiderio di sapere. Inoltre, perché possa perdurare nel tempo, è necessario che l’intensità della stimolazione e la discrepanza dell’informazione incontrata siano percepite in modo importante, perché permettono appunto una esplorazione libera, focalizzandosi su aspetti dell’ambiente circostante senza paure o timori. È necessario, perciò, come aveva intuito Munari, inserire l’esperienza in un contesto stimolante e sfidante, che possa mettere nelle condizioni l’individuo di sentirsi coinvolto, partecipe e protagonista di ciò che accade e che desidera ottenere. Un contesto sfidante poiché
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incentiva il bambino a far fronte ad una situazione nuova o intrigante; stimolante poiché appunto lo stimola a sviluppare le proprie capacità, abilità e competenze. Sentirsi dunque competente e capace nel poter condurre le proprie esperienze, essendo il bambino in precedenza inserito in un ambiente di apprendimento sicuro e privo di sensazioni ostacolanti, come la paura di fallire o di non riuscire. Il bisogno di conoscere e il desiderio di sentirsi competenti rientrano all’interno della teoria dell’autodeterminazione, delineata da Deci e Ryan nel 1985. I due autori riprendono il concetto di libertà, unendola alla motivazione: se un individuo, in una determinata situazione sfidante di apprendimento, sente che la scelta di compiere un certo tipo di azione è vincolata o obbligata, perderà la motivazione nello svolgerla. Percepisce infatti che la propria autodeterminazione, ovvero la libertà nello scegliere, è limitata e imposta.
Vi è quindi il bisogno, da parte di ciascun individuo, di sentirsi fautore del proprio destino, consapevole e motivato intrinsecamente nel compiere azioni che concorrano al raggiungimento di un obiettivo o desiderio. Vi sono tuttavia due tipologie di obiettivo che è necessario affrontare: “un primo tipo si riferisce agli obiettivi concreti da raggiungere. Un secondo tipo riguarda il modo di in cui il soggetto si percepisce e quindi la rappresentazione di se” (De Beni & Moè, p. 99). La motivazione, perciò, non ha soltanto il fine pragmatico di conquistare un obiettivo, ma anche quello di conoscersi. E proprio perché tali processi sono unici e originali, non è possibile definire un univoco stile di apprendimento, un unico modo e un’unica via per arrivare alla comprensione del se. Bruno Munari decide di dar valore a questa originalità, dando risalto all’apprendimento tramite il tatto e all’osservazione. Un metodo costruito su misura per i bambini ma anche per gli adulti, per poter scoprire e diventare esploratori della realtà.
Una volta che la motivazione viene incentivata e mantenuta, si apre la prospettiva dell’apprendimento autonomo, per supportare l’interesse e il sentimento di essere capaci. Nel mondo dell’apprendimento e dell’educazione del bambino, l’autonomia ricopre un valore chiave. Infatti, egli deve essere “fortemente motivato verso il suo oggetto di studio, pienamente autonomo e dotato delle capacità necessarie a intraprendere un tale cammino, capace cioè di distinguere chiaramente i suoi obiettivi e di trovare il modo per raggiungerli» (Borneto, 2003). Essere autonomi, perciò, significa
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essere in primo luogo consapevoli di ciò di cui si ha bisogno e motivati a raggiungerlo.
Autonomia e motivazione camminano insieme per il pieno raggiungimento del se: per questa ragione educatori, insegnanti e genitori devono sviluppare nel bambino quella capacità che deriva dal greco αὐτός "stesso" e νόμος "legge", ovvero regolare se stessi.
Portare dunque i singoli “ad assumersi la responsabilità fondamentale di progettare e gestire la propria identità personale […]. Assumere una forma scelta e promossa con consapevolezza e sistematicità” (Pellerey, 2006, p. 22). In tale ottica, si attua un processo attivo, dove l’individuo controlla il proprio comportamento, in relazione alle emozioni e all’ambiente esterno. Zimmerman e Campillo (2003) delineano tre fasi dell’autoregolazioni che aiutano a comprendere la profondità e l’importanza che essa ricopre nei processi di formazione, educazione e apprendimento nel bambino. La prima fase descritta è quella dell’anticipazione dell’azione, intesa come il prefigurarsi un obiettivo da raggiungere, sulla base della motivazione e delle proprie capacità di poter attuare tale raggiungimento. Inoltre, la definizione di obiettivi a breve termine che, uniti tra loro, concorrono al conseguimento dell’obiettivo deciso. Segue la seconda fase, ovvero l’attuazione dell’azione tramite autocontrollo e auto-osservazione. Tali meccanismi si realizzano con “l’uso di immagini mentali, la focalizzazione dell’attenzione e le strategie più direttamente legate alla realizzazione dei propri obiettivi” (Pellerey, p.
36). L’auto-osservazione consente in particolare di poter monitorare i propri sentimenti e azioni. La fase conclusiva avviene tramite la riflessione successiva all’azione. Tale riflessione si riferisce alle competenze e azioni conseguite e poi apprese, valorizzando così ciò che si ha ottenuto. Si comprende inoltre se sia avvenuto un incremento delle competenze e delle capacità, confrontandosi così con se stessi per un ripensamento in ottica critica e di miglioramento. Tali fasi portano all’apprendimento non soltanto in contesti formali, ma soprattutto in contesti informali, dove i bambini si sentono liberi di esplorare senza delineare un obiettivo preciso, sperimentando le proprie capacità. Ed è in tali contesti che Munari inserisce le proprie esperienze di apprendimento, per consentire ai bambini di fare esperienza in un luogo sicuro e predisposto appositamente per la ricerca, per lo studio e per l’espressione libera del se. Stimolare il sentimento della competenza e dell’essere capaci, concorre allo sviluppo dell’autonomia nel bambino. È
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essenziale infatti creare momenti, attività, riflessioni apposite. L’autonomia permette di alimentare un ciclo: se il bambino si sente competente, avrà lo stimolo di provare ad esplorare nuovi mondi, uscire dalla propria zona di comfort e applicare ciò che si sa. Nel momento in cui ci si approccia ad una situazione nuova, essa richiede al bambino di mettersi in gioco, trovando e ricercando dentro e fuori di se modalità, strategie e meccanismi che possano adattarsi a tale situazione. La motivazione in questo caso stimola e sprona il bambino a riflettere e provare, anche sbagliando. Lo sbaglio in questo momento di sperimentazione viene percepito come parte del processo, se il contesto e l’ambiente di apprendimento come il clima e l’approccio degli adulti sono incoraggianti e non giudicanti. Nel momento dello sbaglio, si attua il ripensamento e riflessione introspettiva, e la conseguente ricerca di un’altra via, un’altra strada. Ed è proprio tale capacità quella desiderata da Munari per tutti i bambini. Pensare in modo divergente e autonomo a strade meno convenzionali e più vere, originali, personali, che promuovono l’individuo e il suo modo di ricercare.
La motivazione e l’autonomia concorrono dunque all’apprendimento di competenze, capacità e consapevolezza del se. Tali elementi si inseriscono dal punto di vista dell’educazione all’interno della pedagogia attiva, che Munari abbraccia indirettamente, in quanto sperimentatore pedagogico negli anni in cui creò libri, giochi e albi illustrati e successivamente i Laboratori. Pedagogia “attiva” proprio perché essa presenta caratteristiche peculiari di valorizzazione in primis del bambino in quanto fulcro e soggetto del processo apprenditivo; in secundis, delle attività, come giochi, la costruzione, la collaborazione sociale, la manipolazione di materiali, l’uso di strumenti (De Bartolomeis, 1958, p. 28). L’apprendimento avviene tramite uno studio che è una ricerca, in divenire e in continua costruzione e modifica, proprio come le storie e i libri che Munari propone ai piccoli lettori. Egli non propone univocità di sensi, di attività, di giochi, ma stimola la fantasia e la creatività nella manipolazione e ricerca. All’interno della pedagogia attiva, le attività espressive e manuali “hanno un particolare rilievo”
proprio perché “il fanciullo ha bisogno di appoggiare le sue operazioni mentali a immagini e rappresentazioni, alla manipolazione e alla costruzione delle cose” (ibidem, p. 86). Come evidenziato in precedenza, i materiali ricoprono un ruolo essenziale in tali
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processi: per la stimolazione sensoriale che concorre allo sviluppo dell’intelligenza, delle competenze e delle abilità. È essenziale che il bambino non eserciti in modo meccanico e automatico le proprie capacità soltanto in specifici ambiti come la memorizzazione o la ripetizione, ma che possano attuarle anche in esperienze significative che possano essere rappresentate nella mente. “Si diano loro le più ampie opportunità di manipolare, costruire, giocare, di adoperare le cose per scoprirne le proprietà, le funzioni, i rapporti”
(ibidem, p. 94). Per Munari tali concetti sono fondamentali. La sua idea infatti è quella di far sviluppare nel bambino strategie e tecniche per la sperimentazione, che non è
“lasciar fare”, ma invece un agire e un fare legato all’apprendimento profondo e significativo tramite diversi strumenti e materiali. I materiali, l’arte, il gioco, si fanno portavoce del processo di scoperta e di organizzazione e formazione del sapere e delle idee di ciascun bambino. È la scelta di potersi esprimere assecondando la propria interiorità, nel modo più congeniale perché la propria interiorità e le proprie idee possano essere espresse e mostrate al mondo. È dunque la libertà, intesa come “libertà nell’utilizzo delle conoscenze, nella scelta tra più alternative. Questa è la sintesi delle proposte anticonformiste di Munari che si legano strettamente ai principi dell’attivismo pedagogico” (Panizza, 2009). La pedagogia attiva, perciò, si configura come una riqualifica della scuola e della sua istituzione. Pone, come evidenziato, al centro dell’attività il bambino che però non impara da solo, ma apprende in modo autonomo grazie al supporto e alla guida della comunità educante. I materiali, i libri, i giochi, divengono strumenti per la rappresentazione e l’espressione del se nel percorso di formazione e educazione.