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Introduzione

Sullo sfondo dei capitoli precedenti si cerca di formulare una critica, considerato anche il fatto che il fenomeno in questione per le sue caratteristiche e per la sua complessità si presenta difficilmente “incasellabile” e descrivibile in termini generici ( visto che come fenomeno è difficilmente classificabile), è inevitabile che dopo essermi soffermata a trattare l’aspetto storico - giuridico dell’argomento, dedichi parte di tale lavoro a dare una spiegazione anche dell’aspetto economico. Obbiettivo del presente capitolo è quello di tentare di ricostruire il mercato creditizio e in particolar modo l’asimmetria informativa tra debitore e creditore dovuta al fatto che non essendoci un rapporto di conoscenza, i soggetti hanno un patrimonio informativo l’uno diverso dall’altro: il creditore non sa esattamente la situazione economica del debitore e quindi non può essere sicuro del rimborso del prestito. Tratterò ciò, nell’urgenza di riflettere sull’argomento in maniera diversa, acquisendo consapevolezza dall’analisi di schemi e strutture di pensiero che delineano e definiscono l’identità di tale fenomeno.

Per capire interamente il contesto che ci accingo a studiare, devo precisare che il sistema creditizio non è un fenomeno statico ma che anzi, i rapporti tra banche ed imprese si sono evoluti passando da relazioni creditizie e finanziarie funzionali al predominare di situazioni caratterizzate da incertezza, “ Tutta l’analisi finanziaria è oggi elaborata con riferimento all’analisi rischio…”45

Ciò che in questa sede mi preme sottolineare è che anche il legislatore ha preso coscienza della variabilità dei mercati utilizzando una “ formula aperta all’evoluzione dei mercati e dei prodotti finanziari…”46.

Queste variabilità comportano accentuate tipologie di rischio che, al di là di una elencazione distintiva, pongono in essere una interazione continua, nella quale il rischio finanziario si innesca in quello creditizio e a sua volta lo genera.

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R. Masera, << Rischia controparte e rischio finanziario nei mercati integrati: separatezza e intrecci>>, in Bancaria, giugno 1993.

Questa autoalimentazione dei rischi incide profondamente sulla struttura, sia qualitativa che temporale degli assets degli operatori bancari modificandone i comportamenti, “Le tecniche di gestione del rischio finanziario e creditizio sono diventati sempre più potenti e complesse in un contesto economico, sociale e politico sempre più incerto”47.

Negli anni ’80 si è sviluppato un intenso dibattito sui mercati rurali del credito, dove si riscontravano fenomeni difficilmente inquadrabili nell’ottica della teoria economica classica.

Erano infatti completamente assenti gli istituti bancari tradizionali ed i prestiti venivano erogati prevalentemente da prestatori locali (i cosiddetti moneylenders, spesso usurai) che vivevano e lavoravano nello stesso ambiente dei debitori; questi, girando per i villaggi, raccoglievano risparmi e fornivano prestiti a tassi elevati, anche più del 75% annuo e in alcuni periodi non era possibile ottenere credito ad alcun prezzo.

L’assenza di banche veniva spiegata con gli elevati costi che l’erogazione di molti prestiti di piccolo importo comportano, date le normali procedure delle banche e gli alti tassi d’interesse richiesti dai moneylenders questi godevano del monopolio, vista l’impossibilità per le banche di inserirsi nel mercato.

Si ritenne quindi che interventi governativi in grado di fornire più credito a tassi più bassi potessero risolvere il problema e nel contempo ristabilire una forma di concorrenza di mercato.

Invece ciò che accadde fu che il credito istituzionale aveva tassi di restituzione molto bassi e non riusciva a raggiungere molti dei contadini più poveri, tra l’altro non venivano comunque eliminati dal mercato i prestatori locali (e relativi tassi molto alti) che coesistevano con le diverse alternative istituzionali.

La spiegazione che fu data di questo comportamento dei mercati fu che i tassi elevati dei prestatori locali non erano dovuti al sistema monopolistico, quanto alla necessità di proteggersi dalla grande quantità di fallimenti causata dall’elevata rischiosità dei prestiti,di conseguenza l’intervento statale non poteva garantire una maggiore efficienza.

Questa spiegazione si basava sui nuovi sviluppi della teoria economica del credito, che aveva fatto progressi nello studio del ruolo dell’informazione e dei problemi di diffusione dell’informazione nei confronti dei mercati, dove l’incertezza era una

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caratteristica essenziale: il credito si basava infatti su una promessa di restituzione futura, il prestatore di fondi di solito non conosceva le caratteristiche di colui a cui prestava, né era in grado di controllarlo; inoltre la possibilità di ottenere la restituzione del prestito per vie legali era tanto minore quanto meno sviluppati dal punto finanziario erano i mercati.

Queste caratteristiche comportano costi che non si riscontrano nei mercati, dove l’informazione è uguale per tutti: costi di selezione (screening), per individuare la rischiosità del debitore, di incentivo, per indurre il debitore a compiere un’azione piuttosto che un’altra (monitoring), verifica del risultato effettivamente ottenuto con l’utilizzazione del prestito( verification), e di recupero del prestito (enforcement); il singolo costo o il loro insieme determinano le caratteristiche del contratto di credito, le modalità con cui il mercato regola i divari tra domanda e offerta e le possibilità di intervento pubblico nel settore.

Le forti asimmetrie informative e l’inefficace tutela dei diritti di proprietà riducono la formazione di offerta di credito di tipo bancario,in sostituzione nascono contratti bancari non tradizionali, spesso più informali. Man mano che in economia si riduce l’incidenza delle due caratteristiche suddette, la differenza tra contratti formali e contratti informali tende a ridursi.

Lo studio dei comportamenti quando l’informazione non è distribuita in modo simmetrico tra le parti ha permesso di individuare quali sono le possibili conseguenze nei mercati competitivi se non si tiene conto in modo adeguato dei problemi d’informazione: tassi d’interesse che non sono indicatori di scarsità, razionamento del credito, possibile scomparsa del mercato.

I meccanismi per risolvere i problemi informativi possono essere o diretti o indiretti; quelli indiretti sono in genere contratti formulati in modo tale che colui che richiede il prestito, scegliendo nel proprio interesse, riveli le sue caratteristiche di rischiosità oppure riceva un incentivo a compiere l’azione che rientra maggiormente nell’interesse del creditore. I meccanismi diretti si basano su controlli costosi messi in atto direttamente dai creditori nei confronti dei debitori.

3.1 : La rischiosità

Prima di continuare volevo spendere alcune parole sulla rischiosità.

L’autoalimentazione dei rischi incide profondamente sulla struttura, sia qualitativa che temporale degli assets degli operatori bancari, modificandone i comportamenti.

“L’ingegneria finanziaria connessa all’utilizzo dei prodotti ha determinato una stretta simbiosi tra l’innovazione di prodotto e quello di processo. Le tecniche di gestione del rischio finanziario e creditizio sono diventate molto più potenti e complesse in un contesto economico, sociale e politico sempre più incerto”48.

La conoscenza della tipologia di rischio consente quindi di orientarsi sia nelle tecniche gestionali e di controllo, sia nell’illustrazione di quegli intrecci finanziari/creditizi sopra richiamati.

Mi accingo ad elencare alcune categorie che caratterizzano le attività/passività creditizie:

• Rischio di credito, altresì detto rischio di solvibilità: è collegato alla possibilità che i debitori non siano in condizione di fronteggiare puntualmente i propri impegni.

In questa accezione si possono comprendere due tipi di difficoltà,quella a far fronte ai propri impegni come conseguenze di uno stato di:

- non liquidità, cioè lo sfasamento temporale nei flussi di incasso dei crediti e del pagamento dei debiti;

- insolvenza, cioè la patologica impossibilità da parte delle poste patrimoniali in attivo di soddisfare le passività.

• Rischio di liquidità: è riconducibile all’eventualità che la banca (o meglio l’intermediario finanziario) non sia in grado, alla scadenza contrattuale, di far fronte agli impegni a breve con fondi propri o reperiti sul mercato a condizione di costi, legati al proprio standing, economicamente favorevole.

• Rischi di mercato: tralasciando gli aspetti classificatori di tale rischio, si può fornire una definizione onnicomprensiva del rischio relativo alla possibilità che

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la banca, in conseguenza delle oscillazioni dei prezzi di mercato relative ai tassi di interesse, a quelli di cambio nonché alle variazioni del mercato borsistico, registri per le operazioni di bilancio elementi negativi di reddito a carico del proprio conto economico.

• Il rischio di interessi è correlato al costo/ricavo dei capitali concessi o presi in prestito e per le considerazioni innanzi richiamate sulle dimensioni e strutture dei mercati, costituisce ormai una delle principali aree gestionali degli intermediari finanziari .

La globalizzazione dei mercati, aumentando le opportunità tecniche e dimensionali dell’acquisizione dei mezzi finanziari( o del collocamento degli stessi ), ha costruito una griglia di tassi che da un lato riduce i margini di discrezionalità degli operatori e dall’altro rende sostanzialmente strutturale tale tipologia di rischio.

Non si può non essere d’accordo con la considerazione che “ l’esposizione al rischio di tasso non sia interamente annullabile e un livello fisiologico dello stesso sussiste sempre e comunque nel corso della gestione…”49. Fisiologica è infatti, la diversa struttura degli assets in termini di scadenza e di costi/ ricavi fissi o variabili.

Dalla stessa composizione dell’attivo e del passivo dei bilanci bancari scaturiscono i flussi di cassa sensibili all’andamento dei tassi. L’esposizione al rischio d’interesse diventa quindi il momento centrale della gestione finanziaria, sia nel contesto d’analisi del gap tra attività e passività, sia in funzione dell’utilizzo di uno strumento di copertura,il tutto finalizzato alla ricerca di un ottimizzazione della struttura degli assets in funzione delle attese sui tassi.

In tal modo il rischio d’interesse diviene addirittura condizione preliminare per la generazione dei profitti.

L’analisi dell’effetto che la variazione dei tassi produce sulle poste attive e passive caratterizza il profilo delle Banche e può essere causa di “un’alterazione del valore del patrimonio netto e del margine d’interesse dell’intermediario…..”50

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