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Ciò premesso, appare evidente come solo attraverso le qualità pri-marie si possa fare scienza (nel senso moderno del termine), ovvero proporre una forma di conoscenza oggettiva. Infatti, come sopra osser-vato, le qualità primarie sono dotate di una sorta di realtà oggettiva e

92 Ibidem, p. 239.

93 Cfr. ibidem, ove si rileva, fra l’altro, come “è evidente che, quando impressioni dif-ferenti dello stesso senso provengono da uno stesso oggetto, nessuna di queste impres-sioni può aver riscontro in una qualità esistente nell’oggetto; poiché lo stesso oggetto non può esser dotato, nello stesso tempo, di qualità diverse dello stesso senso, e una stessa qualità non può somigliare a impressioni del tutto differenti”.

94 Ibidem, pp. 239-240.

95 “C’è dunque, un’opposizione diretta e completa fra la nostra ragione ed i nostri sensi: o, più propriamente, fra le ragioni che ricaviamo da relazioni causali, e quelle che ci persuadono dalla continuità e indipendente esistenza dei corpi. Quando ragio-niamo nel primo modo, concludiamo che né il colore, né il suono, né il sapore, né l’odore, hanno un’esistenza continua e indipendente; ma quando dall’universo esclu-diamo queste qualità sensibili, non rimane più niente che abbia una tale esistenza”,

ciò proprio a causa del loro essere quantificabili, quindi esprimibili con il linguaggio della matematica, il quale trasforma i dati dell’esperienza in leggi universali e necessarie. Le qualità primarie ineriscono, altresì, ai corpi, sono coglibili attraverso processi di misurazione sottoponibili a controllo e, in quanto inerenti ai corpi, sono immutabili. Caratteristi-che diverse si riscontrano invece osservando le qualità secondarie; que-ste, lungi dal palesarsi come oggettive, sono, in quanto qualificabili, ma non quantificabili, dotate di realtà soggettiva; nel senso che dipendono direttamente dal soggetto percipiente e variano, quindi, al variare del predetto soggetto. Pur riferite a corpi, queste non ineriscono propria-mente agli stessi, piuttosto alla sensazione che questi producono sul soggetto che li osserva. Non sono pertanto immutabili in quanto pur proprie ai corpi, si qualificano attraverso la percezione del singolo osser-vatore. Sono, quindi, qualità dipendenti dal soggetto che le percepisce. Questa differenza ha indubbie ricadute in ambito giuridico-politico, nel momento in cui riconosciamo come, all’interno di questa prospettiva, il valore quantitativo assume, per così dire, aspetto pubblico, nel senso che, in quanto misurabile matematicamente è rigorosamente controlla-bile; le qualità primarie possiedono, quindi, un’esistenza indipendente dal soggetto percipiente. Non in questo modo si può predicare intorno alle qualità secondarie, che, esprimendo valori qualitativi, ricoprono un aspetto privato, che non possiede, come visto, un’esistenza indipenden-te dal soggetto percipienindipenden-te.

In questo contesto, le prime, appaiono oggetto di accordo in quanto i dati quantitativi sono soggetti a rigorose procedure di controllo volte a verificarne la correttezza; le seconde, che invece sono espressione della soggettività di colui che le percepisce, in quanto meramente qualitati-ve, costituiscono, sempre all’interno di questa prospettiva, momento di disaccordo, dato che non possono in alcun modo venire separate dal soggetto che pone in essere tali dati di valore esclusivamente qualitativo. Intorno a quest’ultime non è possibile avviare alcuna oggettiva proce-dura di controllo, la quale possegga una validità che si estenda oltre i confini del soggetto percipiente; il singolo dato qualitativo, nel risultare, pertanto, autoreferenziale, non ammette raffronti con altre valutazioni dello stesso genere, in quanto tutte legate, all’interno della prospettiva scientifica moderna, alle soggettive e variabili percezioni.

Queste differenti caratteristiche conducono, come avremo modo d’os-servare, alla constatazione che una situazione di ordine (e pace sociale) possa venire perseguita solamente con l’ausilio di strumenti

quantita-tivi, gli unici capaci di offrire conoscenza oggettiva. Indugiare lungo itinerari segnati dalle valutazioni qualitative non solo allontana la pos-sibilità di costituire ambiti di conoscenza oggettiva, ma anche fomenta momenti di discordia non ricomponibile con alcun discorso razionale, nel momento in cui la razionalità si lega indissolubilmente ed esclusi-vamente ad un procedere di tipo scientifico caratterizzantesi attraverso la calcolabilità96. Se l’irrompere dell’irrazionalità nel mondo della cono-scenza scientifica fa sì che la stessa si tramuti in credenza, non meno grave appare l’utilizzo di metodi irrazionali, quindi non scientifici, nel campo della definizione delle umane relazioni. Qualora le stesse fossero lasciate in balia dei giudizi qualitativi, frutto delle mere percezioni sog-gettive, ogni tentativo di accodo razionale apparirebbe precluso, tanto da aprire la via allo scontro97.

Un approccio scientifico alle relazioni sociale non può, pertanto, che basarsi su dati quantitativi, lasciando fuori dai suoi confini ogni valu-tazione qualitativa. La scienza giuridica e politica deve, quindi, farsi senza ombra di dubbio attirare dalle qualità primarie della vita sociale; queste, infatti, in quanto quantizzabili, permettono di sviluppare calcoli e, quindi, previsioni sull’evoluzione della vita sociale stessa98.

96 Vedi successivi riferimenti a Leibniz.

97 In proposito può venire richiamato un passo di Hume, tratto dalla Introduzione al suo Trattato sulla natura umana: “in mezzo a questo trambusto, non è la ragione che ha la meglio, ma l’eloquenza; e ognuno, purché sappia presentarla con arte, può fare proseliti all’ipotesi più stravagante. La vittoria non è dei guerrieri che maneggiano la picca e la spada, ma dei trombettieri, tamburini e musicanti dell’esercito”, così a pp. 6-7 della trad. it. citata.

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