• Non ci sono risultati.

SULLA SCIENZA MODERNA – IL SUO CARATTERE SPERIMENTALE OD EMPIRICO

Fra le caratteristiche salienti della prospettiva scientifica moderna viene certamente annoverato il suo carattere sperimentale, tanto da

so-60 L. Geymonat, Filosofia e filosofia della scienza, cit., p. 69. 61 Ibidem, p. 70.

62 Cfr. N. Bobbio, Scienza del diritto ed analisi del linguaggio, cit., p. 37. 63 Cfr. F. Gentile, Pensiero ed esperienza politica, cit., pp. 44-45.

stenere, sulla scorta della riflessione empiristica di Bacone64, che le co-noscenze promosse dalla stessa siano il frutto di una sorta di processo di generalizzazione di fatti empirici65. In questo modo, sia pure all’interno di un contesto fortemente ipotecato dal processo di assiomatizzazione di cui sopra si è fatto cenno, il procedere scientifico ritroverebbe, pur sem-pre in modo mediato, un inscindibile legame con la realtà fattuale, della quale è sì generalizzazione ma non per questo completa astrazione. Va però rilevato come, ad esempio a detta di Paul K. Fayerabend66, gli albori della scienza moderna sarebbero contrassegnati da una sorta di schizofrenia. Per un verso viene affermata quale base d’ogni conoscenza e progresso scientifico l’empirismo, per altro, nella elaborazione pratica di conoscenza il percorso del ricercatore parrebbe essere un altro. Una tipica esemplificazione di tale modo di procedere, empirista solo nel momento ostensivo e non nello sviluppo pratico della teoria, verrebbe offerta proprio Isaac Newton, la cui teoria gravitazionale non ritrovereb-be nell’esperienza dello stesso alcuna conferma empirica; pertanto, non teoria dedotta in via sperimentale, piuttosto e più correttamente, un’i-potesi non dimostrabile empiricamente con la quale, ciò non di meno, interpretare ogni esperienza fisica. Viene sottolineato in proposito come “«l’empirico» Newton traeva […] l’idea di tempo e spazio assoluti dalla concezione dell’onnipresenza di Dio nello spazio, considerando questo come il sensorium della divinità. E ciò che più conta, il contenuto della meccanica newtoniana non solo andava oltre i dati empirici disponibili e quindi non poteva discenderne, ma era addirittura in contraddizione con alcuni fatti osservabili disponibili fin dal tempo in cui essa fu for-mulata: non esisteva cioè un criterio sperimentale che permettesse di distinguere il moto assoluto da quello relativo”67.Né maggior prova di

64 Cfr. in tema J. Losee, Introduzione storica alla filosofia della scienza, cit., pp. 80 e segg. e U. Pagallo, Homo homini deus, cit.

65 Secondo D. Gillies e G. Giorello “lo scienziato cerca in seguito di confutare attra-verso la critica e il controllo (l’esperimento e l’osservazione)” in modo tale che un’ipo-tesi, per quanto assunta aproblematicamente, “può essere accettata solo se capace di resistere ad una serie di controlli severi, ed in ogni caso solo provvisoriamente”, La

filosofia della scienza nel XX secolo, cit., p. 38.

66 Cfr. Problems of Empiricism, in R. G. Colodny (a cura di), Beyond the Edge of

Cer-tainty, New York, 1965( trad. it. a cura di Lumpugnani, Nigri, Milano, 1971, pp. 3-104).

67 Così S. Amsterdamski, sub voce Scienza, cit., p. 545. Cfr., per ciò che concerne l’ambiguità galileiana in tema di scoperta sperimentale, J. Losee, Introduzione storica

empirismo nella realtà della ricerca pare venisse fornita dallo stesso Ga-lileo Galilei, se, come viene affermato68, nella maggior parte dei casi egli non ha condotto esperimenti, la cui rilevazione pare fosse impossibile data la mancanza di strumenti ottimali di misurazione69.

Sicché, stante a questa ricostruzione, il richiamo alla centralità dell’e-sperimento quale momento fondante la scienza moderna, che sulle ri-sultanti di questo fonderebbe le proprie teorizzazioni, non appare affat-to collocarsi lungo una prospettiva che dalla realtà particolare giunge, per induzione, alla formazione di leggi generali, ma all’incontrario, dalla presupposizione teorica (da cui la formulazione di ipotesi sulla realtà, e non tratte dalla realtà stessa), al tentativo di dominare quella porzione di realtà ivi ricompresa attraverso l’invenzione, più che la scoperta, di leggi di natura utili, di volta in volta, al compimento di una specifica operazione sulla natura, la quale nella sua essenza rimane totalmen-te sconosciuta (il suo sapere, come visto, risulta del tutto inessenziale, se non esiziale, al procedere scientifico). L’accadere degli avvenimenti, tutto sommato all’interno di un rapporto di causalità, viene ipotizzato soltanto in quanto funzionale ad operazioni di dominio, ovvero di uso operativo delle forze naturali.

All’interno di un siffatto quadro non appare pertanto anomalo il fat-to che Evangelista Torricelli scriva: “io fingo e suppongo che qualche corpo si muova all’ingiù et all’insù secondo la nota proporzione ed orizzontalmente con moto equabile […]. Se poi le palle di piombo, di ferro, di pietra, non osservano quella supposta direzione, a suo danno: noi diremo che non parliamo di esse”70.

alla filosofia della scienza, cit., pp. 75-79. Cfr. anche P. Rossi, La nascita della scienza moderna in Europa, cit., pp. 285 e segg.

68 S. Amsterdamski, sub voce Scienza, cit., p. 545.

69 Viene infatti rilevato come “malgrado la leggenda, Galileo non poté […] scoprire l’isocromia del moto del pendolo osservando il grande candelabro che oscillava nella cat-tedrale di Pisa, così come non poté scoprire la legge della caduta dei gravi gettando pesi dalla torre pendente. Entrambe le leggende sono frutto della fantasia degli storiografi, e affondano le loro radici nella concezione empirista radicale dello sviluppo della scienza, che appunto su tale base tenta di farne la storia. D’altra parte, il candelabro comparve nella cattedrale di Pisa dopo la partenza di Galileo dalla città e i pesi furono lanciati dalla torre da uno dei suoi avversari. I risultati parlavano ovviamente contro Galileo, fatto che egli spiegò con le imperfette misurazioni del tempo di caduta”, ibidem, p. 555.

70 La citazione è tratta da P. Rossi, I filosofi e le macchine (1400-1700), Milano, 1971, p. 116.

Pertanto, anche se l’esperimento e con questo una certa rappresentazione dell’attività scientifica, non ha la funzione di svelare le leggi che regolano la realtà naturale, cosa in vero non richiesta all’interno di una prospettiva che non tenta le essenze, ciò non di meno risulta essenziale alla fondazio-ne di una conoscenza che sia ancorata non su soggettive osservaziofondazio-ne, ma su di un metodo oggettivo il cui rigoroso ottemperamento porti a risultati universalmente riconosciuti come validi e, in quanto tali, non discutibili una volta assunte e non problematizzate date premesse. Sicché si può affermare che, a titolo d’esempio, Galilei non scopra il cannocchiale, in vero già da lungo tempo in uso presso i navigatori olandesi al solo fine di poter ingrandire, avvicinandoli, oggetti sì visibili, ma troppo lontani per coglierne con precisione i contorni, ma inventi un apparecchio ottico, frutto di una precisa teoria, che gli permetta di osservare oggetti non vi-sibili, quindi solo osservabili71. In questo modo l’esperimento, così come viene concepito nella prospettiva scientifica moderna, che di fatto propo-ne esperimenti mentali72, ovvero postulazioni di ipotesi e sviluppo logico-deduttivo delle stesse, si sostituisce all’osservazione diretta, effettuata dai sensi umani dando vita ad una forma di conoscenza che non è vera in quanto corrispondente a ciò che dagli stessi sensi è percettibile, ma in quanto risulta corretta rispetto allo svolgimento di una teoria.

Si assiste, pertanto, ad una modificazione dello stesso concetto di espe-rienza, sempre più protesa verso oggetti solo osservabili, che è possibile solamente misurare e la cui esistenza appare un presupposto teorico ve-rificabile mediante esperimenti di misurazione, e non più attratta dagli oggetti realmente visibili, ovvero ponderabili dall’uomo stesso. È questa modificazione che permette la formazione, in era moderna, di un nuovo ideale di sapere scientifico73.

71 Viene sottolineato come “vedere, nella scienza del nostro tempo, vuol dire, quasi esclusivamente, interpretare segni generati da strumenti”, P. Rossi, La nascita della

scienza moderna in Europa, cit., p. 16.

72 Il termine viene utilizzato da Amsterdamski nella richiamata voce Scienza ove sottolinea come “al posto della spiegazione dei fenomeni a partire dall’esperienza co-mune, subentrò l’esperimento, per mezzo del quale si ponevano delle domande alla natura. Del resto si tratta spesso di esperimenti soltanto mentali. Galileo, ad esempio, afferma di frequente che se si conduce il tale esperimento si ottiene il tale risultato, benché di fatto egli non avesse mai condotto quell’esperimento”, così a p. 545. 73 Ibidem, pp. 544-546. A latere del discorso qui tratteggiato va riconosciuto come questa separazione fra esperienza scientifica ed esperienza comune implica anche, no-nostante la prospettiva galileiana, una netta cesura fra scienza e tecnica che si protrae

9. SULLA TRASMISSIONE DEL SAPERE SCIENTIFICO MODERNO

Documenti correlati