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GIUDIZI ANALITICI E GIUDIZI SINTETICI QUALI FONDAMEN- FONDAMEN-TI DELLA CONOSCENZA SCIENFONDAMEN-TIFICA

LA RAPPRESENTAZIONE DELLA CERTEZZA DEL DIRITTO IN TERMINI GEOMETRICI

8. GIUDIZI ANALITICI E GIUDIZI SINTETICI QUALI FONDAMEN- FONDAMEN-TI DELLA CONOSCENZA SCIENFONDAMEN-TIFICA

A tale proposito va richiamata la nota posizione assunta nel Nove-cento, all’interno del positivismo logico, da Rudolf Carnap32, la quale

29 Cfr. N. Bobbio, Il positivismo giuridico, cit. 30 Ibidem.

31 L’essere rimanda di per sé all’essenza, che all’interno di una prospettiva scientifica non va indagata, dato che la stessa si fonda sulla rappresentazione convenzionale di un fenomeno, non sullo studio delle sue componenti essenziale, ma su quelle artificiali – pertanto, ciò che viene nominato come essere e rigidamente separato del dover-essere, altro non è che il frutto di una convenzione ipotetica, basata quindi essa stessa su un giudizio di valore sulla realtà, che prescrive sulla stessa più che voler descriverla; l’essere di tale prospettiva, a bene vedere altro non è che il dover-essere tanto esecrato dalla stes-sa. Si rimanda alla riflessione sulla grande divisione effettuata nel capitolo precedente. 32 Cfr. Logical Syntax of Language, London, 1937 (vedi trad. it. Milano, 1961) e

rappresenta una sorta di summa del dibattito epistemologico all’interno della prospettiva scientifica moderna. Per l’autore possono sussistere so-lamente due modelli a cui la conoscenza scientifica può ricondursi; per un verso si riscontrano le scienze formali, che si dedicano allo studio delle forme delle espressioni linguistiche, delle cosiddette proposizioni, e delle regole per la loro trasformazione. Le scienze formali appaiono, per così dire, strumentali, alle scienze empiriche, in quanto forniscono i mezzi logici per l’esplicazione di regole di fatto. Per altro, si ricono-scono quali forme di conoscenza scientifica le risultanti delle indagini empiriche; queste si organizzano all’interno delle scienze empiriche, il cui compito è lo studio delle proposizioni nei loro rapporti con i vari contenuti di esperienza. Ogni indagine empirica sarebbe esclusa dal campo della conoscenza scientifica se non fosse sorretta da un corretto uso delle regole logico-formali, dato che questa, in quanto studio delle relazioni tra le proposizioni e l’esperienza, non può che fondarsi sulla quantificazione dei fenomeni e, quindi, necessita di matematicizzare l’esperienza stessa. La sintassi della matematica, galileianamente intesa, soprassiede ad ogni rilevazione scientifica, pertanto non può sussistere una conoscenza di natura empirica, la quale non sia fondata e sorretta da sviluppi logico-formali dei dati. In questo senso le scienze formali risultano essere strumentali alle scienze empiriche. Entrambi i modelli scientifici si fondano su proposizioni contenenti giudizi, i quali, più che venire considerati come giudizi di verità, debbono venire valutati come corretti avuto riguardo alle premesse da cui sono derivati. Tali giudizi si distinguono anch’essi in due specie: i giudizi definiti analitici traggono il loro criterio di correttezza nei principî logici, che fondano la trasfor-mazione delle proposizioni di partenza nonché nell’osservanza delle re-gole poste per la trasformazione di queste. I giudizi analitici rimangono, quindi, su di un piano puramente formale e sono, pertanto, propri alle scienze formali. Accanto a questi si pongono i cosiddetti giudizi sinte-tici, i quali ritrovano la loro correttezza nella loro corrispondenza con una cosiddetta realtà empirica. Non va però dimenticato che l’esperi-mento, all’interno della prospettiva scientifica moderna, si rivolge verso fenomeni osservabili, più che visibili dei sensi, fenomeni che vengono ricostruiti avuto riguardo a quelle che vengono assunte quali qualità primarie caratterizzanti. Pertanto la verificabilità empirica delle propo-sizioni costituenti un giudizio sintetico non avviene con riguardo alla realtà naturale, che, come rileva Galilei, non va indagata, ma in consi-derazione di una sua rappresentazione ipotetica in funzione operativa.

Quindi, il giudizio sintetico non domina la realtà naturale, ma solo una sua particolare rappresentazione. All’interno di tale prospettiva sono solo queste due specie di giudizi ad offrire una conoscenza definibile quale scientifica, in quanto validata dall’ideale di scienza moderna come obiettiva; infatti, può venire confermata attraverso oggettive procedure di controllo, che la rendono una forma di conoscenza universale.

I giudizi analitici ed i giudizi sintetici, all’interno di questo quadro, ap-paiono le uniche specie di giudizi che risultino costituite da proposizio-ni dotate di senso, in quanto sottopoproposizio-nibili a forme di controllo oggettivo facendo sì che il loro predicare razionalmente sia accettabile a prescin-dere da ogni soggettivo preconcetto. Queste proposizioni possiedono, pertanto, un significato che va ben al di là della volontà di chi le pone in essere; sono sottoponibili a verifica (vuoi logico-formale, vuoi empirica), indipendente da ogni soggetto percipiente.

Accanto a questi due tipi di giudizio si possono riscontrare (e indubbia-mente si riscontrano33), giudizi di altra natura; questi sono i cosiddetti giudizi di valore, che esprimono opinioni qualificative sul fenomeno ma-nifestatosi; in quanto giudizi formati da proposizioni contenenti in pre-ponderanza elementi qualificativi e non quantificativi, tali giudizi si riten-gono dipendenti dalla personalità del soggetto percipiente, il quale valuta il fenomeno attraverso la propria personale interpretazione degli elementi qualitativi che lo compongono. Considerando ciò non appare possibile annoverare tali giudizi tra le forme di conoscenza scientifica, le quali vice-versa si connotano per la loro oggettività offertagli proprio in grazie alla valutazione quantitativa, quindi impersonale, del fenomeno osservato. In questa prospettiva, i giudizi di valore appaiono pertanto composti da proposizioni prive di senso in quanto pure espressioni emozionali ester-nate da un soggetto. Se la scelta del valore e l’affermazione della sua va-lidità come predicato di un giudizio risulta dipendente esclusivamente da un atto emozionale, ovvero è legata ad una particolare predilezione e percezione del soggetto che pone in essere il giudizio, questo sarà vali-do, ovvero controllabile, solo in riguardo e nei limiti dell’esperienza del soggetto valutante. Non potrà, pertanto, venire sottoposto a forme di ve-rifica oggettive, quali appaiono, nella prospettiva delle scienze moderne, le procedure di controllo logico-formali od empiriche da queste derivate. Riprendendo le osservazioni fatte intorno alle cosiddette qualità

prima-33 In proposito si rimanda a quanto rilevato nei §§ primo e secondo del Capitolo secondo del presente volume.

rie e qualità secondarie, appare allora evidente come non solo i giudizi di valore non possono rappresentare forme di conoscenza oggettiva, ma anche come gli stessi, in quanto espressione di pura emozionalità del soggetto, tendono ad offuscare la conoscenza su un fenomeno acquisi-bile per tramite le prassi scientifiche, dato che la loro presenza permet-te, per così dire, di inquinare l’oggettività attraverso l’introduzione nel discorso, il più delle volte in modo surrettizio, di elementi soggettivi. Questi elementi da un lato rendono impossibile un significato universa-le aluniversa-le proposizioni componenti un giudizio e dall’altro aprono la strada a incontrollabili, perché oggettivamente non verificabili, diatribe sulle qualità dell’oggetto in parola, distogliendo l’attenzione dalle quantità, che rappresentano gli unici elementi oggettivi, in quanto obiettivamen-te misurabili, del fenomeno.

9. LA SCIENZA GIURIDICA FRA GIUDIZI ANALITICI

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