PER UN SUPERAMENTO DELLA GEOMETRIA LEGALE
8. SU UNA SENTENZA DELLA CASSAZIONE IN MERITO ALL’UTILIZZO GIURISPRUDENZIALE DEL SAPERE SCIENTIFICO
Ciò premesso, si apre una seconda questione correlata alla prima. Posto il carattere ipotetico della conoscenza scientifica, può la giurispru-denza nel porre i suoi giudizi utilizzare aproblematicamente i risultati di un’indagine scientifica? Ovvero, questi sono “veri” oltre ogni ragio-nevole dubbio?
Un utile supporto per indirizzarci in questa questione ci viene offerto dalla sentenza n. 27 del 10 luglio 2002 delle Sezioni unite penali del-la Corte di Cassazione56 che “ha per oggetto l’esistenza del rapporto causale fra condotta (prevalentemente omissiva) addebitata all’imputato e l’evento morte del paziente e, di conseguenza, la correttezza logico-giuridica della soluzione ad esso data”. Sia pur collegata al particolare
55 Su tale tema interviene con maestria F. Cavalla, Il controllo razionale tra logica,
dialettica e retorica, in M. Basciu (a cura di), Diritto penale, controllo di razionalità e garanzie del cittadino, cit.
56 Sulla sentenza cfr. almeno F. Stella, Etica e razionalità del processo penale nella
recente sentenza sulla causalità delle sezioni unite della Suprema Corte di Cassazione,
in “Rivista italiana di diritto e procedura penale”, 2002, n. 4. Dello stesso autore si veda anche la voce Rapporto di causalità apparsa nell’Enciclopedia giuridica Treccani.
ambito della cosiddetta colpa medica, le questioni poste dalle Sezioni unite ci appaiono di notevole interesse.
La Cassazione ritiene che la causalità debba verificarsi per mezzo del “«giudizio controfattuale», articolato sul condizionale congiuntivo «se… allora…»”. Va da sé che si deve conoscere “già da prima che da una de-terminata condotta scaturisce, o non, un determinato evento”. La spie-gazione causale dell’evento, che è unico ed irripetibile, può essere “ri-cercata nella esperienza tratta da attendibili risultati di generalizzazione del senso comune”, oppure, seconda ipotesi, mediate la sussunzione dell’evento “sotto «leggi scientifiche» esplicative dei fenomeni”.
Va rilevato che per la Suprema corte “il sapere scientifico accessibile al giudice è costituito […] sia da «leggi universali» (invero assai rare), che asseriscono nella successione di determinati eventi invariabili regolarità senza eccezioni, sia da «leggi statistiche» che si limitano ad affermare che il verificarsi di un evento è accompagnato dal verificarsi di un altro evento in una certa percentuale”.
Il giudizio controfattuale ancorato a leggi scientifiche non è insidiato dalla discrezionalità e dall’indeterminatezza, ma legato a parametri oggettivi che denotano le potenzialità esplicative della condizione di necessaria. Tutto ciò premesso, ci pare di poter sintetizzare la retrospettiva effet-tuata dalle Sezioni unite intorno ad indirizzi giurisprudenziali difformi, indicando come l’intento della Suprema corte è chiarire quale sia il peso del giudizio controfattuale nella formulazione della risoluzione giuri-dica del problema. Posta la questione in altri termini: la risultante del giudizio controfattuale è, oltre che la soluzione scientifica del problema, anche e contemporaneamente la soluzione giuridica del problema? In definitiva, lo svolgersi del giudizio controfattuale, basato sul giudizio condizionale “se… allora …” è di per sé sufficiente a fondare un giudizio giuridico oppure questo ritrova in altre fonti metodologiche la propria legittimità? In merito la Cassazione è lapidaria: “il processo penale, pas-saggio cruciale ed obbligatorio della conoscenza giudiziale del fatto di reato, appare invero sorretto da ragionamenti probatori di tipo preva-lentemente inferenziale-induttivo che partono dal fatto storico copiosa-mente caratterizzato nel suo concreto verificarsi (e dalla formulazione della più probabile ipotesi ricostruttiva di esso secondo lo schema argo-mentativo dell’«abduzione»), rispetto ai quali i dati informativi e giusti-ficativi della conclusione non sono contenuti per intero nelle premesse, dipendendo essi, a differenza dell’argomento «deduttivo», da ulteriori elementi conoscitivi estranei alle premesse stesse”.
Con poche ed efficaci frasi la suprema corte elimina ogni dubbio in me-rito alla natura del ragionamento giuridico, tanto da qualificare l’aspira-zione alla meccanizzal’aspira-zione del giudizio come un desiderio fuorviante. Il ragionamento giuridico è induttivo, si costituisce di argomenti pro-batori il cui sviluppo offre conclusioni la cui correttezza può venire controllata con i parametri propri alla logica induttiva, altri rispetto ai parametri che fondano la validità dell’argomento deduttivo. È altresì significativo che la Cassazione rilevi con chiarezza come l’argomentare induttivo aumenti il contenuto di conoscenza della conclusione rispetto alle premesse, sacrifichi, per così dire, la necessità ad un aumento di conoscenza, procedere che, come già rilevato, è impossibile nel ragiona-mento deduttivo.
“Ove si ripudiasse la natura preminentemente induttiva dell’accerta-mento in giudizio e si pretendesse comunque una spiegazione causale di tipo deterministico e nomologico-deduttivo, secondo criteri di uto-pistica certezza assoluta, si finirebbe col frustrare gli scopi preventivo-repressivi del diritto e del processo penale in settori nevralgici per la tutela di beni primari”.
La Cassazione evidenzia altresì come “con il termine «alta o elevata cre-dibilità razionale» dell’accertamento giudiziale” non si debba affatto in-tendere la risultante del giudizio controfattuale, “bensì [riferirsi] ai profi-li inferenziaprofi-li della verifica probatoria di quel nesso rispetto all’evidenza disponibile e alle circostanze del caso concreto: non essendo consentito dedurre automaticamente – e proporzionalmente – dal coefficiente di probabilità statistica espresso dalla legge la conferma dell’ipotesi sull’e-sistenza del rapporto di causalità”. Quindi la credibilità razionale di un giudizio si fonda sul dispiegarsi delle argomentazioni induttive e va an-cora ribadito che il discorso retorico non dà prova da sé della certezza di una conclusione, la sua struttura è quella dell’entiméma, di cui, per inciso, l’abduzione, a cui fa riferimento la Cassazione, è la sua forma di secondo grado, in cui è sottratta la premessa minore57.
57 L’entiméma è una forma argomentativa sillogistica in cui da un’opinione si ricava una conclusione non certa, non analiticamente certa, ma solo probabile. La prova entimematica è, infatti, costituita da una proposizione ritenuta vera dall’opinione comune, ma, come già ribadito, non vera analiticamente. In questa forma di argo-mentazione apparentemente sillogistica è sottratta (nel senso che non è certa) una delle premesse; nel cosiddetto entiméma di primo grado è sottaciuta la premessa maggiore, in quello di secondo grado (l’abduzione a cui fa riferimento la Cassazione) è sottaciuta la premessa minore. In tal senso: premessa maggiore (certa) tutti i gatti
Infatti, proseguono le Sezioni Unite, “la probabilità statistica attiene alla verifica empirica circa la misura della frequenza relativa nella suc-cessione degli eventi […] la probabilità logica, seguendo l’incedere in-duttivo del ragionamento probatorio per stabilire il grado di conferma dell’ipotesi formulata in ordine allo specifico fatto da provare, contiene la verifica aggiuntiva, sulla base dell’intera evidenza disponibile, dell’at-tendibilità dell’impiego della legge statistica per il singolo evento e della persuasiva e razionale credibilità dell’accertamento giudiziale”.
Sicché il giudizio controfattuale va sottoposto alla verifica entimematica, ovvero ricompreso all’intero del discorso lungo. In definitiva, il risulta-to del giudizio controfattuale va espresso in termini qualitativi e non quantitativi; infatti, autentica persuasione è la qualità di un asserto che si esprime con sufficiente chiarezza da potersi opporre ad alternative determinate e che, nel contempo, risulti collegabile ad una serie di pre-messe e conseguenze non opposte.
Ancora la Cassazione: “si osserva in proposito che, se nelle scienze na-turali la spiegazione statistica presenta spesso un carattere quantitativo, per le scienze sociali come il diritto – ove il relatum è costituito da un comportamento umano – appare, per contro, inadeguato esprimere il grado di corroborazione dell’explanandum e il risultato della stima probabilistica mediante cristallizzati coefficienti numerici, piuttosto che enunciare gli stessi in termini quantitativi”.
Infatti, come la Suprema corte riconosce, “rimane compito ineludibile del diritto e della conoscenza giudiziale stabilire se la postulata con-nessione nomologica, che forma la base per il libero convincimento del giudice, ma non esaurisce di per se stessa la verifica esplicativa del fenomeno, sia effettivamente pertinente e debba considerarsi razional-mente credibile. Sì da attingere quel risultato di certezza processuale che, all’esito del ragionamento probatorio, sia in grado di giustificare la logica conclusione”.
Risulta pertanto evidente come non solo la Cassazione ritiene la prova scientifica di per sé opinabile, ma anche come riconosce che il procedere che rubano il pesce devono essere puniti; premessa minore (non certa, ma fondata
sull’opinione comune) il gatto Abelardo ha rubato il pesce; conclusione Abelardo
deve essere punito. Come si evince, il fatto che Abelardo abbia rubato il pesce non
è affatto provato analiticamente ma soltanto indotto in modo retorico da una rico-struzione dei fatti alla quale lo stesso Abelardo – in questo caso in modo piuttosto indiretto – ha partecipato dicendo e contraddicendo. Cfr. in merito ancora Aristote-le, Analitici primi, II, 27, 70 a.
giuridico non può improntarsi su quel ragionamento ipotetico-deduttivo che costituisce la base di ogni conoscenza scientifica. Su questo punto la Cassazione erige un muro invalicabile che distingue le forme giuridiche di acquisizione della conoscenza da quelle scientifiche.
9. ULTERIORI PERPLESSITÀ INTORNO ALLA