2. I castelli nella guerra medioevale
2.2. L‟assalto e la difesa dei castelli
Nel Medioevo la guerra consisteva in una successione di assedi,
accompagnati da piccole battaglie e devastazioni e qualche volta da
grandi scontri campali.
Per gli assedianti furono soprattutto le città che rappresentavano
l‟ostacolo più coriaceo da affrontare, non tanto per il fatto di essere
meglio protette dei castelli (le loro fortificazioni erano abbastanza
sommarie e raramente, almeno nella prima fase dell‟incastellamento,
possedevano mura protettive efficaci), ma perchè al loro interno
offrivano spazi e risorse materiali favorevoli ad una lunga resistenza
17.
Inoltre per poter conquistare un territorio era più conveniente
concentrarsi verso obiettivi che potevano permettere il controllo dell‟area
e dei nuclei economici, piuttosto che disperdere le energie nell‟assedio di
un castello inaccessibile e inespugnabile.
15 G.VILLANI, Cronica ..., libro settimo, cap. 9, pp. 50-56.
16 Nella Cronaca senese, in Rerum Italicarum Scriptores: raccolta degli storici italiani dal Cinquecento al
Millecinquecento, ordinata da L.A. Muratori, Bologna, A. Forni 1900, t. XV, parte VI, p. 103, si
suggerisce il lancio di pietre legname e altra trestizia nei territori assediati; era quindi divenuta consuetudine provare a vincere una battaglia mediante questi particolari metodi bellici.
17 P.CONTAMINE, La guerra nel Medioevo, traduzione di T. Capra, Bologna, Il Mulino 1986, pp.
149-150, sostiene che sia le città che i castelli possono resistere ad un lungo assedio se ben forniti di alimenti e armi; esemplare è l‟episodio dell‟accerchiamento di San Giovanni d‟Acri: il castello dovette arrendersi ai Musulmani nel 1271 dopo un lunghissimo assedio; a Filippo Augusto occorsero cinque mesi per conquistare Château-Gaillard. L‟autore notò inoltre che le città avevano una più tenace capacità di resistenza: l‟assedio di Acri da parte dei Francesi fu il più lungo, durò, infatti, dal giugno 1189 al luglio 1191.
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Nella pianificazione di un assedio, ai progressi delle tecniche
militari si aggiunsero quelli di costruzione delle fortificazioni difensive. In
primo luogo, l‟assaltatore cercava di indurre gli assediati alla resa
mediante mezzi psicologici o politici: da un lato la promessa di
salvaguardare le vite e i beni e dall‟altro la minaccia di effettuare stragi nel
territorio. Questo metodo veniva amplificato da accorgimenti strategici
quali il blocco di viveri e acqua, l‟inquinamento dei pozzi e un‟eventuale
propagazione di epidemie
18.
Nel De Regimine Principum, redatto da Egidio Colonna
19intorno al
1280 (dove sono ripresi gli elaborati del De re militari di Vegezio
20), sono
indicati i metodi basilari grazie ai quali era possibile impadronirsi di una
fortezza: per sete, per fame e per battaglia.
Coloro intenzionati ad intraprendere un assedio dovevano, in
primo luogo, privare i nemici di acqua, poiché era impensabile ovviare
alla mancanza di sete, piuttosto che a quella di viveri. Per tale motivo era
necessario disporre all‟interno della fortezza di una fonte d‟acqua, come
un pozzo o una cisterna, oltre che di una sostanziosa quantità d‟aceto e
vino, in modo da supplire alle carenze alimentari con questi prodotti.
Soprattutto il vino era considerato indispensabile per i combattimenti, sia
per il suo rilevante valore nutritivo, sia per la funzione stimolante assunta
dopo alcune somministrazioni
21. Oltre alle scorte di cereali (frumento,
orzo e avena) occorrevano anche sale e carne
22. Tramite questi
18 Cfr. paragrafo precedente.
19 EGIDIO COLONNA, De Regimine Principum ..., pp. 111-147. 20 R.F.VEGETIUS, Epitoma rei militaris ..., libro IV, 15.
21 All‟interno dei castelli si preferiva abbondare di scorte di vino perché questa bevanda
assicurava, in assenza di carne, l‟apporto delle calorie necessarie per sopravvivere ad un lungo assedio. Sulla distribuzione e funzione del vino nel Medioevo cfr. Y.GRAPPE, Sulle tracce del gusto: storia e cultura
del vino nel Medioevo, traduzione di C. De Nonno, Bari, Laterza 2006; A.I.PINI, Vite e vino nel Medioevo, Bologna, CLUEB 1989.
22 La carne doveva essere ben salata, o in caso contrario, come commenta A.A.SETTIA,
Tecniche e spazi della guerra medievale, Roma 2006, pp. 50-52, dovevano essere predisposte tutte le misure
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accorgimenti, gli uomini bloccati all‟interno della fortezza potevano
resistere a lungo all‟offensiva nemica e con edificazione sempre più
imponenti e resistenti si propagò il così detto “riflesso ossidionale”
23: di
fronte ad un attacco l‟assalito, in pratica, si opponeva combattendo e
chiudendosi all‟interno del castello o luogo fortificato.
In questo modo il proseguimento della guerra divenne incerto e
logorante, non solo per gli assediati ma anche per gli assedianti. Per
accelerare il procedimento questi ultimi potevano decidere di attaccare
direttamente la fortezza, cogliendo di sorpresa i nemici, oppure
coinvolgendo delle spie all‟interno dei castelli
24.
Dal punto di vista degli assalitori, le tecniche d‟attacco alle
fortezze furono concepite in modo tale da potersi avvicinare con
sicurezza fin sotto le mura nemiche ma, poiché gli assediati erano in
grado di difendersi, era anche opportuno trovare strategie alternative
come lo scavo di trincee, l‟erezione di palizzate e l‟uso di macchine da
guerra
25.
Tra gli strumenti
26più semplici e maggiormente utilizzati vi erano i
grandi scudi, posti su ruote, per proteggere i tiratori (plutei o muscoli
27) che
dovevano spianare il terreno e colmare il fossato difensivo aprendo così
la strada ai mezzi più pesanti, i quali avevano il compito di agire
direttamente sulle mura. Il primo di questi mezzi da guerra era la vinea o
23 A.A.SETTIA,F.BARGIGIA, La guerra nel Medioevo, Roma-Bari, Jouvence 2002, pp. 92-108. 24 R.LUISI, Scudi di pietra. I castelli e l‟arte della guerra fra Medioevo e Rinascimento ..., pp. 84-85. 25 Gli assalitori arrivavano fin sotto le mura della fortezza ben equipaggiati di soldati,
materiali, armi e operai. Con l‟esercito erano presenti un numero crescente di falegnami, carpentieri e ingegneri che fossero in grado di costruire macchine d‟assedio al momento dell‟attacco. R.LUISI, Scudi
di pietra. I castelli e l‟arte della guerra fra Medioevo e Rinascimento ..., pp. 30-31, racconta, ad esempio, che
nella prima crociata in Terrasanta (1099) Goffedro portò con sé operai attrezzati di materiali da costruzione che edificarono una torre talmente alta da riuscire a risalire le mura di Gerusalemme e ad espugnarla.
26 Le armi militari sono descritte da F.DI GIORGIO MARTINI, Trattato di architettura, ingegneria e
arte militare ..., t. II, pp. 200, nella parte dell‟opera intitolata “dell‟arte militare e delle macchine da
guerra”.
27 I plutei e i muscoli sono descritti da F.DI GIORGIO MARTINI, Trattato di architettura,
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testuggine, costituita da un robusto capannone blindato dotato di un tetto
inclinato, il quale aveva il compito di favorire lo scivolamento dei
proiettili e di materie incendiarie lanciate dagli assaliti
28; tale strumento
consisteva in una tettoia mobile, alta circa 7 piedi, larga 8 e lunga 16,
riparata sui lati da vimini, a cui se ne potevano aggiungere altre in modo
da formare un corridoio coperto per proteggere i soldati che si
avvicinavano alle mura.
Grazie a questo particolare strumento d‟offesa gli assalitori
potevano tranquillamente raggiungere le mura perforandole con
profonde brecce mediante l‟ariete
29: grossa trave dalla testa ferrata
bilanciata su robusti sostegni. L‟ariete era utilizzato per abbattere le porte
di accesso delle fortezze e dei castelli o le loro mura, nel caso in cui
queste ultime non fossero particolarmente spesse, praticandovi delle
brecce
30. Il rivestimento dell‟ariete venne in seguito imbottito di pelli
umide per proteggere adeguatamente l‟arma dai fuochi scagliati dai
difensori. Da ciò deriva il nome di “ariete-testuggine”
31. Ancora più
efficace e imponente era la torre mobile, d‟altezza superiore alle mura,
28 La vinea o vigna, o testuggine, fu un mezzo di assedio utile per consentire di accostarsi alle
mura; descritta da R.F.VEGETIUS, Epitoma rei militaris ..., libro IV, p. 214, de Vineis de Pluteis aggere […]
e lignus levioribus machina colligatur, lata pedibus octo, alta pedibus septem, longa pedibus sedecim; e da M.
VITRUVIO POLLIONE, De Architectura ..., libro decimo, cap. XIV, pp. 516-519, Testudo, quae ad
congestionem fossatum paratum, eaque accessus ad murum potes habere […]. Ita ab his reicientur plagae ballistrarum et impetus ancendiorum, perché il solo punto debole della vinea fu il pericolo di incendio: accadeva molto
spesso che gli assediati, per difendersi, gettassero giù dalle loro mura materiali incendiabili, ed essa, essendo fatta in vimini, poteva prendere fuoco molto facilmente. Per ovviare, in parte, a questi inconvenienti spesso si coprivano le vinee con pelli o coperte bagnate. Questo particolare lo indica anche F.DI GIORGIO MARTINI, Trattato di architettura, ingegneria e arte militare ..., t. II, pp. 198-200; cfr. inoltre A.A.SETTIA, Tecniche e spazi della guerra medievale ..., p. 50.
29 F.DI GIORGIO MARTINI, Trattato di architettura, ingegneria e arte militare ..., t. II, p. 203. 30 R.F.VEGETIUS, Epitoma rei militaris ..., libro IV, p. 213, […] ut de muro extrahat lapides, aut
certe caput ipsius vestitur ferro et appellatur Aries, vel quod habet durissimam frontem quae subruit muros, vel quod more Arietum retrocedit, ut cum impetu vehementius feriat; e M.VITRUVIO POLLIONE, De Architectura ..., libro decimo, cap. XV, pp. 520-525. Cfr inoltre G.RAVEGNANI, Castelli e città fortificate nel VI secolo ..., pp. 176-177, in cui si descrive l‟evoluzione tecnica dell‟ariete durante l‟assedio di Petra nel 550 da parte degli Unni Sabiri alleati con Bisanzio.
31 La funzione e la struttura dell‟arieta è descritta da R.F.VEGETIUS, Epitoma rei militaris ...,
libro IV, p. 213: […] testudo autem a similitudine verae testudinis vocabulum sumpsit, quia, sicut illa modo reducit
modo profert capu ita machinamentum interdum reducit trabem interdum eteri, ut fortius caedet; e da F.DI GIORGIO MARTINI, Trattato di architettura, ingegneria e arte militare ..., t. II, p. 203.
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montata su ruote, munita di ponti volanti che consentivano di superare le
mura stesse, e spinta da uomini che agivano al suo interno. La maggior
parte di queste macchine, che ospitavano arcieri, balestrieri e cavalieri,
potevano essere sistemate su rulli per avanzare sotto il fuoco nemico.
Oltre alla torre mobile era possibile raggiungere le alte mura
mediante congegni a contrappeso come la sambuca e il tollenone che
consentivano ai soldati di venire sollevati fin al di sopra della fortezza da
espugnare.
Tutte queste macchine d‟assalto erano dotate di protezione
dall‟eventuale minaccia di infuocate pelli di bovini appena scuoiati
lanciate dagli assediati e cosparse da strati di terra e da materiali spugnosi
imbevuti d‟aceto
32.
Ulteriori progressi militari si ebbero tra il sesto e l‟ottavo decennio
del XII secolo quando, accanto al mangano e alla pietraia, comparve
nell‟Europa mediterranea il trabucco, una macchina da getto a bilanciere
munita di contrappeso tramite l‟utilizzo del principio della leva, e
particolarmente di quella svantaggiosa di primo genere
33.
Le munizioni utilizzate erano varie: si poteva far uso di pietre
levigate ma anche di semplici massi dal peso di alcune centinaia di chili.
Per incrinare il morale degli assediati si ricorreva alla macabra pratica del
lancio delle teste di soldati morti, o carcasse infette di animali allo scopo
di creare epidemie.
I trabucchi furono utilizzati soprattutto per colpire le strutture
all‟interno delle fortificazioni, come i granai, i pozzi e le cisterne, che
32 M.VITRUVIO POLLIONE, De Architectura ..., libro decimo, cap. I, pp. 461-464.
33 Una leva si dice vantaggiosa quando il braccio della potenza è maggiore della resistenza, ad
esempio l‟altalena, mentre è svantaggiosa quando accade il contrario, cioè quando il braccio della potenza è minore di quello della resistenza, ad esempio le pinze. Informazioni tratte da P.MAZZOLDI, M.NIGRO,C.NOCI, Fisica, Napoli, ediSES 1991, p. 401.
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avevano una grande importanza strategica
34: la distruzione delle scorte
significava spesso la resa immediata degli assediati.
ariete
trabucco
3534 F.BARGIGIA, A.A.SETTIA, La guerra nel Medioevo ..., pp. 120-121.
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A ciascuna delle tecniche da guerra adottate dagli assalitori doveva
corrisponderne una degli assediati. Questi ultimi confidavano sui disagi e
sulle difficoltà dell‟assedio, cercando di ottenere i rifornimenti necessari
per resistere a lungo all‟interno del castello
213.
I procedimenti difensivi consistevano nell‟attendere i soccorsi da
parte degli alleati, nello sperare che l‟assedio durasse talmente tanto da
indurre i nemici ad interromperlo, oppure nel tentare sortite notturne nel
campo avversario. I Bizantini erano soliti aspettare nelle loro piazzeforti
per poi affettuare l‟attacco a sorpresa contro i nemici: partivano con
veloci incursioni per cogliere l‟assalitore di sorpresa, prima che
quest‟ultimo riuscisse a riorganizzarsi per l‟attacco
214.
Inoltre i difensori potevano alleviare l‟irruenza delle macchine
d‟assedio, soprattutto dell‟ariete, proteggendo le mura tramite l‟utilizzo di
imbottiture come materassi e pile di paglia che ne attutivano il colpo
215.
Ma il metodo migliore per contrastare un assedio fu sempre quello
della difesa passiva che doveva contare sull‟efficienza della fortezza eretta
in luoghi idonei (la cima di uno sperone roccioso, i rilievi, gli acquitrini o
i corsi d‟acqua), sulla struttura solida e resistente e sulla disposizione
adeguata di mura, fossati e torri.
La disponibilità d‟armi e munizioni all‟interno delle strutture
fortificate contribuiva a rallentare l‟attacco nemico mediante la
conduzione di veri e propri duelli di artiglieria, dato che l‟obiettivo
principale fu quello di distruggere le armi dell‟avversario
216; bisognava
213 A.A. SETTIA, F. BARGIGIA, La guerra nel medioevo ..., pp. 16-22.
214 La tecnica del contrattacco a sorpresa permise a Bellisario di infliggere grossi danni
all‟esercito goto: G.RAVEGNANI, Castelli e città fortificate nel VI secolo ..., pp.180-181.
215 L‟utilizzo di materassi e altre “imbottiture” nelle strutture murarie è disegnato in una
rappresentazione sulla difesa di Gerusalemme pubblicata in R.LUISI, Scudi di pietra. I castelli e l‟arte della
guerra fra Medioevo e Rinascimento ..., p. 32.
216 La configurazione stessa del castello fu concepita come un‟arma di difesa: dalle torri, alla
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considerare che, almeno per ciò che concerne le prime costruzioni, le
città e i castelli possedevano spesso elementi di debolezza nella loro
struttura edilizia.
Le porte rappresentavano il primo obiettivo degli assalitori perché
permettevano all‟assalito un‟ultima via di fuga; esse erano, quindi,
l‟elemento più fragile di tutta la struttura e per questo dovevano essere
chiuse e ben protette dai soldati, oltre che essere controllate da torrette
che la fiancheggiavano
217.
Per fronteggiare adeguatamente il nemico, con l‟avanzare del
tempo ci si rese conto che le fortificazioni dovevano essere irrobustite
mediante alcuni accorgimenti; nelle fortificazioni del X e XII secolo si
faceva ancora uso di di strutture poco solide quali steccati, terrapieni e
mura in legno. Con il miglioramento tecnico dell‟XI secolo si
sostituirono le costruzioni di legno con la pietra e i mattoni. A questi
accorgimenti corrisposero quelli degli assalitori che potevano attaccare
mediante le tecniche dello scalzamento e delle mine, distruggendo le basi
delle mura. Lo scalzamento consisteva nello “scalzare” appunto le mura
togliendo le pietre una ad una
218, mentre il metodo della così detta mina
riguardava lo scavo di gallerie sotto la costruzione che venivano sorrette
da travi in legno e fatte esplodere al di sotto delle stesse mura
219.
l‟utilizzo di armi quali ad esempio balestre e frecce. Cfr. F. BARGIGIA, A.A. SETTIA, La guerra nel
medioevo ..., pp. 6-9, 24-36.
217 Sugli apporti difensivi delle fortificazioni cfr. P.CONTAMINE, La guerra nel Medioevo ..., pp.
156-172. M. VITRUVIO POLLIONE, De Architectura ..., libro primo, cap. V, pp. 38-39, consiglia di inserire l‟accesso delle porte non in linea retta ma piegata in diagonale sulla sinistra, in modo che gli assalitori, giunti in prossimità delle mura, lascino libero il loro fianco destro, non protetto dallo scudo. Al rinforzo della porta vennero aggiunti l‟anteporta (come viene rappresentata nel dipinto di Beato Angelico, Pala di S. Trinità, che mostra il circuito murario di Firenze), ponti levatoi e saracinesche.
218 R. LUISI, Scudi di pietra. I castelli e l‟arte della guerra fra Medioevo e Rinascimento ..., p. 36,
racconta l‟episodio dell‟assedio del castello di Motroni che Carlo d‟Angiò effettuò per conto dei Lucchesi nel 1268; non riuscendo ad avere la meglio sul nemico ordinò infine di provare ad entrare all‟interno creando delle brecce nelle mura .
219 La strategia dell‟inserimento di mine sotto le mura è descritta anche da G. VILLANI,
Cronica ..., libro decimo, cap. 256, p. 144; MVITRUVIO POLLIONE, De Architectura ..., libro decimo, cap. XIV, pp. 534-533, racconta che durante l‟assedio di Marsiglia gli assalitori scavarono una trentina di
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Per contrastare questi attacchi i costruttori dei castelli escogitarono
un piano consistente nell‟aggiungere un muro inclinato sulla base della
cinta, che venne chiamato “scarpatura”, con il compito congiunto di
rinforzare le fondamenta e ridurre il contatto delle torri e delle scale
d‟assedio alla struttura
220.
Anche l‟Anonimo strategista consigliava di difendere le mura dagli
attacchi degli assalitori moltiplicando le difese esterne della fortezza:
costruendo ad esempio un nuovo fossato dietro quello già esistente e
disponendo di un paravento fra i merli
221, oltre che aumentando il
numero di torri nella cinta muraria. Le torri distribuite lungo le cortine
divennero sempre più numerose, massiccie e alte; la loro copertura si
perfezionò grazie all‟utilizzo di piombo e pietra e delle volte, che
sostituirono le travi e le solette
222. Esse erano considerate i punti forti di
una struttura difensiva: generalmente erano poste a protezione delle
porte d‟accesso e di tutti i punti deboli della struttura, inoltre venivano
utilizzate per suddividere il cammino di ronda in settori, permettendo il
collegamento fra questi ultimi mediante portoncini o passerelle in legno,
rimovibili in caso di pericolo
223.
Dall‟alto delle torri era facile e proficuo lanciare materiale
incendiario come frecce, scoccate anche mediante grandi macchine da
gallerie sotto le mura della città, e gli abitanti, insospettiti, aumentarono la profondità del fossato, così chè tutte le gallerie sarebbero finite al suo interno e riempite d‟acqua.
220 M.VITRUVIO POLLIONE, De Architectura ..., libro primo, cap. V, pp. 36-43.
221 Il paravento aveva la funzione di proteggere la struttura dalle frecce e pietre lanciate dai
nemici e allo stesso tempo fungeva da elemento difensivo degli arcieri e balestrieri disposti nel cammino di ronda, cfr. ANONIMO, De re strategica, cit., vol. XIII, pp. 15-17;P.CONTAMINE, La guerra
nel Medioevo ..., pp. 166-167.
222 P.CONTAMINE, La guerra nel Medioevo ..., pp. 166-167.
223 M. VITRUVIO POLLIONE, De Architectura ..., libro primo, cap. V, pp. 40-41, suggerisce
[…]quam erunt turres, itinera sint interioribus partibus turrium contignata, neque ea ferro fixa; hostis enim si quam
partem muri occupaverit, qui repugnabunt rescindet et, […] non patientur reliquas partes turrium murique hostem penetrare […].
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getto, o blocchi di metallo incandescenti scagliati sulle macchine nemiche
con un piatto intessuto da catenelle di ferro
224.
Come ultima risorsa di salvezza Egidio Colonna
225consigliava
all‟assediato la realizzazione di gallerie sotterranee: dopo aver rinunciato
alla possibilità di calarsi dalle mura o aprire brecce alla loro base, poteva
utilizzare queste lunghe vie di fuga che giungevano fino a oltre il
perimetro di cinta. Questa tecnica veniva proposta anche da Vitruvio nel
suo trattato sull‟architettura militare
226.
224 F.DI GIORGIO MARTINI, Trattato di architettura, ingegneria e arte militare ..., t. II, pp. 204-205. 225 E.COLONNA, De regimine principum, pp.132-136.
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