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3. I castelli medioevali in Sardegna

3.4. Le varietà castrensi in Sardegna

Fin dall‟epoca romana, la difesa del territorio fu sempre

considerata un elemento fondamentale per la sopravvivenza della

popolazione tanto da portare all‟erezione di strutture fortificate: il limes

territoriale in cui sorgevano le costruzioni castrensi rappresentava la zona

fortificata di frontiera con strutture variabili a seconda della topografia

del luogo. Si potevano, infatti, distinguere i confini di pianura, formati da

una linea di fortificazioni continue; quelli di montagna caratterizzati da

costruzioni che chiudevano il passaggio alle valli; infine quelli litoranei, in

cui si innalzavano difese la cui funzione era quella di respingere gli

attacchi costieri e impedire l‟avanzata nell‟entroterra

56

.

Anche in Sardegna si può distinguere tra fortezze della cintura

costiera, erette a difesa dalle incursioni provenienti dal mare e quelle

situate lungo le frontiere interne, nei confini tra i quattro regni; dalla

metà del XIII secolo, inoltre, ne troviamo anche tra il giudicato di Arborea

e le terre infeudate a famiglie di provenienza ligure e toscana

57

. Ad esse

bisogna aggiungere le opere di fortificazione dei principali centri urbani

come Terranova, Sassari, Cagliari e Alghero, nelle quali si nota una

tipologia costruttoria più articolata rispetto ai castelli rurali in quanto si

dovette intervenire in un contesto già configurato sotto il profilo edilizio.

Le costruzioni di difesa sarde presentavano modesti spazi interni

ed esterni, non avevano ornamenti particolari e gli ambienti non erano

56 Le varie tipologie castrensi sono trattate nell‟opera di Ravegnani relativamente alle

costruzioni bizantine, le quali riprendevano i modelli costruttivi romani: G.RAVEGNANI, Castelli e città

fortificate nel VI secolo ..., pp. 122-141.

57 Nel XIII secolo molti territori della Sardegna furono concessi in feudo a cittadini genovesi

e pisani: i Doria e i Malaspina di Genova si stanziarono nella parte settentrionale dell‟Isola; i Visconti di Pisa nella parte meridionale, e più precisamente nel giudicato di Cagliari tramite l‟edificazione di Castel di Castro, e nel giudicato di Gallura. Sulla Sardegna signorile e comunale cfr. F.C. CASULA, La

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confortevoli

58

. Solitamente erano abbastanza povere ma funzionali:

all‟interno si trovavano una grande sala adibita a cucina, camere per i

serventi, un deposito per gli attrezzi e la stanza del castellano.

Quest‟ultima era in genere munita di un letto in legno, un bancone e una

lanterna, mentre nelle stanze dei serventi vi si potevano trovare tavoli in

legno adibiti a letti

59

.

Le prime fortificazioni sorsero nell‟interno dell‟isola durante il

dominio bizantino per contenere i Barbaricini, soprattutto quelli

dell‟entroterra gallurese e del Sulcis.

La difesa territoriale riguardava sia l‟organizzazione militare che

l‟erezione di un sistema difensivo adeguato, volto alla realizzazione di

strutture poste tra i territori occupati dal governo di Bisanzio e le regioni

abitate dalle popolazioni autoctone, e al controllo della rete viaria che

metteva in comunicazione le città più importanti

60

.

Le strade più importanti in Sardegna furono costruite da Roma;

collegavano tutta l‟isola attraverso una serie di ramificazioni, sia

all‟interno che nel litorale costiero.

Non si hanno dati approfonditi sulla viabilità nella Sardegna

medioevale, ma si può dedurre che molte linee stradali del periodo

romano furono utilizzate anche in quest‟epoca, soprattutto quelle che

percorrevano i rilievi collinari ai margini delle campagne, quelle

importanti per il commercio e quelle che non subirono danni dal

continuo passaggio degli eserciti. Dalla lettura della documentazione dei

58 D.VACCA,Il castello medioevale di frontiera nei Regni giudicali sardi, ..., pp. 27-29. Secondo J.M.

POISSON, Castelli medievali di Sardegna. Dati storici e dati archeologici ..., pp. 191-204, asserisce che la maggior parte dei primi castelli di matrice giudicale furono edificati soprattutto per difesa dei confini del regno, perciò molto spesso vennero eretti su luoghi impervi e montuosi, che non permettevano grandi spazi per ambienti al suo interno e non pretendevano neppure di offrire comode strutture abitative.

59 Sulla vita all‟interno del castello di Acquafredda cfr. P.F.SIMBULA, La vita quotidiana nel

castello di Acquafredda in F. FOIS, Castelli della Sardegna medioevale ..., p. 54, ha composto un piccolo articolo riguardante il castello di Acquafredda; cfr. inoltre C.FERRANTE, La vita sociale nei castelli sardi

nell‟età aragonese (secc. XIV-XV), in «A. S. S.» (1992), vol. XXXVII, p. 125.

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condaghi

61

(documenti del periodo giudicale) si evince la distinzione tra via

vetere e bia de logu, da cui si desume l‟utilizzo di due sistemi viari: uno

romano e l‟altro giudicale

62

.

Tra le principali vie romane rimaste in uso in epoca giudicale la a

Karalibus-Turrem era la più antica, attivata forse intorno al I secolo

63

, e

attraversava l‟isola da nord a sud. Durante il dominio bizantino venne

denominata bia Aregus

64

, cioè via dei Greci

65

. Alla metà del suo percorso

deviava per Fordongianus dirigendosi verso Oristano. Da questa strada si

dispartiva una serie di arterie viarie che permetteva la comunicazione con

le ville rurali mediante strade secondarie, i diverticula. Da questi centri

rurali dipendevano la produzione agraria del territorio, per la maggior

parte cerealicola, ma anche allevamento del bestiame, la caccia, la raccolta

di frutta e legna

66

.

Durante il governo dei giudici tali villaggi furono inglobati nelle

curatorie, ovvero le divisioni amministrative dove il capoluogo

corrispondeva al villaggio in cui risiedeva il curator. Esse ottennero una

notevole importanza non solo da un punto di vista amministrativo e

61 Sulla descrizione dei Condaghi cfr. p. 62.

62 P. MELONI, La Sardegna romana ..., pp. 317-353, ritiene che la viabilità romana fosse

ampiamente in uso anche durante il periodo giudicale, e successivamente ampliata e ristrutturata dai quattro sovrani sardi, nei rispettivi regni. L‟utilizzo delle antiche strade romane potrebbe essere dimostrato dal fatto che nei loro pressi sorsero ville e castelli. cfr. a questo proposito anche B.FOIS,

Annotazioni sulla viabilità nell‟Arborea giudicale, attraverso il condaghe di Santa Maria di Bonarcado ed altre testimonianze, in «A. S. S.» (1981), vol. XXXII, pp. 27-64.

63 La strada a Turre Karalis, denominazione antica, molto probabilmente intorno al III secolo

d. C. è stata sostituita dalla Karakibus Turrem, come sostiene P.MELONI, La Sardegna romana ..., p. 267.

64 Questa denominazione è inserita nello studio sulle strutture architettoniche di R.

CORONEO, Architettura romanica ..., p.

65 Nel C.S.P.S. ..., questa via è nominata bia de Grecos (scheda 413, in loc. Tamuri) o bia grechisca

(scheda 423), che si originava dalla via Turresa e che probabilmente collegava direttamente Sassari con Alghero. Si è avanzata anche l‟ipotesi che si trattasse di una via bizantina utilizzata per raggiungere Porto Conte e congiungersi con i resti di un antico ponte che J.F. FARA, Opera, De rebus Sardois .., p. 56, chiama Riu Mannu. Questa ipotesi è sostenuta anche da E. BELLI, Le vie di comunicazione della

Sardegna medioevale, in Milites: castelli e battaglie nella Sardegna tardo-medioevale, (Cagliari, Cittadella dei musei,

7-31 dicembre 1996), Cagliari, CELT 1996, p. 84. Per ciò che concerne l‟attribuzione linguistica cfr. G. PAULIS, Lingua e cultura nella Sardegna bizantina: testimonianze linguistiche dell‟influsso greco, Sassari, L‟Asfodelo 1983, pp. 62 ss.

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politico ma anche economico, fatto che determinò un‟affluenza

demografica sempre più consistente

67

.

La funzione di questi centri terminò nel XIII secolo col

predominio dei Pisani e dei Genovesi

68

; si concluse di conseguenza

anche il ruolo dei capoluoghi di curatoria, fatta eccezione per le capitali

giudicali o le sedi vescovili. L‟esame dei registri di censo pisani ha messo

in luce, negli insediamenti di numerose curatorie, un certo numero di

villaggi posti alla dipendenza diretta di un castello

69

.

La ripartizione geografica di questi borghi indica che furono

localizzati intorno ad un castello, ma non necessariamente all‟interno

della stessa curatoria

70

. Questa situazione implica probabilmente

l‟esistenza de facto di una sorta di territorio castrale, all‟interno del quale la

popolazione fu strettamente controllata e posta alle dipendenze dirette

del castello, senza essere tuttavia raggruppata materialmente intorno ad

esso.

Lo stanziamento dei cittadini d‟oltremare svolse, dunque, un ruolo

importante per l‟organizzazione strutturale del territorio.

Le costruzioni castrensi litoranee furono innalzate quali baluardi

difensivi contro i nemici provenienti dal mare e per offrire un‟opportuna

67 M.CADINU, Urbanistica medievale in Sardegna ..., p. 32.

68 I due Comuni aiutarono i Sardi nella guerra contro Mugiahid, il sovrano arabo che occupò

l‟isola per pochi mesi, tra il 1015 e il 1016.

69 J.M.POISSON,Castelli medievali di Sardegna. Dati storici e dati archeologici ..., p. 201, constata che,

nel primo periodo di espansione pisana nell‟isola, quasi tutte le curatorie comportavano un castello al loro interno. L‟autore cita l‟esempio del Regno di Calari, nel quale le costruzioni castrensi aumentarono in undici curatorie su quindici, e sarebbero gli stessi castelli ad assumere il ruolo di capoluogo di curatoria: nella maggior parte dei casi, infatti, il loro nome sostituì quello dell‟antico villaggio in cui risiedeva il curator, oltre ad indicarne il distretto stesso. L‟autore sostiene inoltre che sarebbe stato in questo periodo che i regni sardi basaronol‟organizzazione territoriale sulla struttura del castrum, come avvenne precedentemente nel resto d‟Italia. Un esempio eloquente di questa nuova fisionomia territoriale è data dal castello di Qiurra, che contava, dopo l‟inserimento dei pisani, sei abitati ad esso asociati e localizzati maggiormente sulla strada che vi passa.

70 J.DAY,Villaggi abbandonati in Sardegna dal Trecento al Settecento: inventario, Paris, Éditions du

Centre national de la recherche scientifique, 1973, analizza la sopravvivenza dei villaggi del Medioevo sardo, notando che con l‟arrivo delle comunità oltremarine il territorio, riorganizzandosi attorno al sistema castrense, permise sia la crescita di nuovi villaggi, che il consecutivo abbandono di quelli situati in territori poco fiorenti e senza la presenza di una struttura fortificata.

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sicurezza economica e materiale agli abitanti del luogo; per questo

motivo esse furono innalzate lungo le principali vie costiere romane,

utilizzate anche in epoca medioevale. La più importante via di

comunicazione che costeggiava il litorale occidentale e che proseguiva

per tre tratti fu: a Tibula Sulcis-a Sulcis Nura-a Caralis Nura; mentre quella

orientale si diramava nei pressi di Bonorva e si collegava alla città di

Olbia, dalla quale scendeva e seguiva tutta la costa orientale.

La rete viaria occidentale partiva dall‟attuale Porto Torres e

proseguiva a sud nei dintorni di Alghero, importante centro di difesa

costiero insieme a Bosa, da cui il tracciato viario proseguiva verso

l‟oristanese, passava per la villa di Othaca, nei pressi dell‟odierna Santa

Giusta, per scendere verso l‟Iglesiente, collegandosi con la strada che

univa Carales a Sulci. Quest‟ultima congiungeva i villaggi di Palmas e

Villarios in cui successivamente furono edificati i castelli litoranei nel

giudicato di Calari. Da Nora, poi, la rete viaria raggiungeva Carales

71

.

L‟altra grande arteria costiera percorreva il litorale orientale era

chiamata a Portu Tibulas-Caralis. Dalla città di Tibula, molto

probabilmente da identificare con l‟attuale Santa Teresa

72

, o un villaggio

ad essa adiacente, la strada orientale passava per le odierne Olbia

73

, San

Teodoro, Budoni e Posada

74

. La successiva stazione era quella di Viniola,

nei pressi di Dorgali, da cui il percorso subiva una deviazione verso

71 Per una visione completa del sistema viario romano cfr. M.CALZOLARI, Introduzione allo

studio della rete stradale dell‟Italia romana: l‟Itinerarium Antonini, Roma, Accademia nazionale dei Lincei

1996, p. 12; è un registro delle stazioni e delle distanze tra le località poste sulle diverse strade dell‟Impero romano. La redazione pervenutaci risalirebbe al periodo di Diocleziano (fine III secolo- inizio IV), ma la sua versione originale viene solitamete datata durante il governo dell‟imperatore Caracalla, dal quale avrebbe preso il nome. Sulla viabilità romana cfr. anche P.MELONI, La Sardegna

romana, ..., pp. 279-285.

72 In cui fu edificato dagli Aragonesi nel XIV secolo il castello di Longosardo. Cfr. pagine

seguenti. In effetti la posizione geografica in cui è stata situata Tibula nell‟itinerario antoniano (M. CALZOLARI, Introduzione allo studio della rete stradale dell‟Italia romana: l‟Itinerarium Antonini .., p. 10) corrisponde esattamente a quella in cui sorse successivamente Longosardo.

73 Questa città fu circondata da tre castelli (Sa Paulazza, Cabu Abbas e Pedreso) sorti

probabilmente per proteggere sia il suo porto che i territori dell‟entroterra.

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l‟interno del territorio, più precisamente nella stazione di Sulci, vicino a

Tortolì, continuando verso Muravera; prima di giungere a Carales la

strada toccava Quartu Sant‟Elena. Rispetto all‟odierna orientale sarda, la

rete viaria romana da Olbia a Carales era lunga 260 km, notevolmente

inferiore alla prima

75

.

IC

ASTELLI INTERNI E DI CONFINE

.

Lo Spanu

76

cita un Anonimo Ravennate

77

che si sarebbe occupato

dell‟indicazione dei castelli sardi situati nei limes interni. Tra essi figurano

Castra Felicia, che lo Spanu identifica con il castello di Oschiri, e Eteri

praesidum, interpretato come alterazione del nome (Fori) Traiani

praesidium

78

.

La struttura fortificata di Castra Felicia è di difficile individuazione;

appartiene al periodo bizantino la struttura della porta, articolata con una

doppia apertura, come dimostrano i quattro fori dei cardini. Questa

tipologia di apertura permetteva una migliore sorveglianza dalla sommità

delle mura

79

. L‟attribuzione della struttura ad un castra bizantino è

determinata dallo studio della stratigrafia e della lettura della fotografia

aerea: sono messi in evidenza, ad esempio, i tratti dei muri eseguiti in

75 P. MELONI, La Sardegna romana ..., pp. 285-289, basa le sue analisi sullo studio viario

dell‟Itinerario antoniano (M. CALZOLARI, Introduzione allo studio della rete stradale dell‟Italia romana:

l‟Itinerarium Antonini ..., p. 439.

76 P.G. SPANU, La Sardegna bizantina tra VI e VII secolo ...

77 RAVENNATIS ANONYMI, Cosmographia et Guidonis Geographica, ed. M. Pinder e G. Parthney,

Berlino, Harvard University 1860, p. 411.

78 P.G. SPANU, La Sardegna bizantina tra VI e VII secolo ..., pp. 174-175; nota 827, p. 175. 79 G.RAVEGNANI, Castelli e città fortificate nel VI secolo ..., p. 45; PG. SPANU, La Sardegna

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opera a telaio

80

, nonché il perimetro murario a forma rettangolare e

allungata

81

.

La fortezza di Forum Traiani sorse su un antico nuraghe al quale

furono aggiunte murature di struttura rettilinea utilizzate per innalzare la

cortina, realizzata con piccoli bozzetti disposti a filari irregolari. La

struttura inglobava due cisterne sotterranee costruite con grossi blocchi

squadrati e con coperture voltate a botte.

Altro castello appartenente alle edificazioni difensive interne è

quello di Medusa, nei pressi di Samugheo; posto sopra uno sperone

calcareo, era costituito da una cinta muraria poligonale. Era provvisto di

due torri simmetriche, tipiche del periodo bizantino, e costruito con la

tecnica dell‟opus caementicium romano

82

.

Altro castello proprio del periodo bizantino è quello di Sa

Paulazza, presso Olbia. Tipicamente bizantina è la struttura planimetrica

dei castra: la pianta riprende il tipico schema a quadriburgium

83

, l‟erezione ai

lati dell‟ingresso principale di torri di forma regolare, infine la

costruzione di un atrio quadrato che precede la porta principale.

80 L‟opera a telaio o opus africanum era utilizzata in periodo romano prevalentemente per la

costruzione di case con facciata in opera quadrata (cfr. pagine precedenti) ma anche estesa in molti casi a tutte le murature portanti degli edifici. La tecnica, di origine punica, prevedeva l‟impiego di blocchi di travertino di differenti dimensioni inseriti alternativamente tra catene di blocchi dello stesso materiale in senso verticale e orizzontale: G.LUGLI, La tecnica edilizia romana con particolare riguardo a

Roma e Lazio ..., pp. 183-184.

81 PG. SPANU, La Sardegna bizantina tra VI e VII secolo ..., p. 183, riprendendo le

considerazioni del RAVENNATIS ANONYMI, Cosmographia et Guidonis Geographica del VI secolo ..., in piena età bizantina, analizza la struttura di castra Felicia. Concorda con alri studiosi nella localizzazione di questo centro con le rovine ubicate a nord-ovest di Oschiri riconoscendo all‟insediamento, oltre che una funzione militare, un ruolo chiave nella viabilità del nord Sardegna. Infatti, la strada è in realtà parte di quella che garantiva il collegamento col centro dell‟isola, dividendosi in due arterie: una verso Turris, l‟altra verso Olbia. La frequentazione della cima della collina è evidente anche nell‟ubicazione, in questo stesso luogo, della diocesi medievale di Castra.

82 L‟opus caementicium era una particolare tecnica costruttiva basata sull‟uso di piccole pietre

dette caementa che, insieme alla malta, venivano gettate all‟interno di cortine murarie, come è descritto anche in VITRUVIO, De Architectura, ...; p. 46; e in P.G. SPANU, La Sardegna bizantina tra VI e VII secolo ..., pp. 177-178.

83 Nello schema a quadriburgium la costruzione dell‟edificio presenta un interno composto da

un perimetro quadrato, con una torre quadrangolare in ogni lato. Le ricche città orientali presentavano un circuito murario imponente. Cfr. a questo proposito le ricerche di G.RAVEGNANI, Castelli e città

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I castelli situati all‟interno dell‟isola furono edificati con

intendimenti diversi: alcuni erano rigorosamente collegati col cordone di

sicurezza costiero; altre fortezze, più interne, furono erette

nell‟eventualità che la prima linea di difesa costiera fosse stata superata e

gli incursori fossero riusciti a penetrare nel territorio; in questo modo

avrebbero impedito che l‟invasione dilagasse, permettendo anche di

respingerla a riva

84

. Gli altri castelli che non rientrano in questa tipologia

sorsero in epoca posteriore quando, cessate le invasioni esterne,

iniziarono le ostilità e le lotte interne tra i regnanti isolani.

I castelli di confine, per il fatto di essere eretti in punti elevati, non

avevano una superficie estesa; potevano quindi necessitare della

costruzione a mezza costa di ulteriori opere murarie per l‟allestimento di

magazzini, scuderie o altri manufatti che l‟esiguità dello spazio non

rendeva possibile realizzare all‟interno delle mura principali. Questi

castelli avevano funzioni quasi esclusivamente militari: il signore, o

sovrano del luogo, non vi risiedeva, ma effettuava continui spostamenti

nel territorio accompagnato dalla corte itinerante. In genere nel castello

di frontiera trovavano ricovero esclusivamente i soldati posti a guardia

del territorio e le macchine da guerra.

Con la fine dell‟ultimo Stato giudicale sardo, quello di Arborea,

avvenuta nel 1420, e il passaggio di tutti i territori dell‟isola al Regno di

Sardegna scomparve la funzione primaria del castello di frontiera interno:

la difesa di uno Stato da quelli confinanti

85

.

A partire dalla fine del Quattrocento, con la pacificazione

dell‟isola, molti di questi castelli furono abbandonati o distrutti

86

.

84 D.PANEDDA, Olbia attraverso i secoli, Cagliari, Editrice sarda Fossataro 1954, p. 80.

85 La fine del giudicato di Arborea si ebbe nel 1420, quando il potere passò nelle mani della

Corona d‟Aragona che istituì “di fatto” il Regno di Sardegna e Corsica. Cfr. a questo proposito F.C. CASULA, La storia di Sardegna, ...; e La Sardegna aragonese, ...

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I primi castelli di frontiera vennero edificati in Sardegna intorno

all‟XI secolo, quando si formarono i quattro regni giudicali

.87

. I sovrani

cominciarono a prodigarsi per la realizzazione di imponenti strutture

difensive in grado di proteggere adeguatamente i confini del proprio

Stato soprattutto nei territori più vulnerabili, da cui probabilmente

proveniva l‟attacco da parte degli Stati confinanti, oppure nelle regioni di

grande importanza strategica

88

. Questi castelli sorsero nei punti elevati,

da cui si poteva contemporaneamente controllare il territorio circostante

e impedirne l‟accesso ai nemici, tanto che in ogni stato possiamo