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2. I castelli nella guerra medioevale

2.1. Modalità e tempi della guerra

Una volta chiariti i motivi dell‟edificazione militare di castelli e

città fortificate, è opportuno analizzare i metodi e criteri d‟attacco di cui

si servivano gli invasori per effettuare l‟assalto e di quelli difensivi

apportati dagli assediati.

Per tutta l‟età medioevale venivano attuate scorrerie consistenti in

razzie e distruzioni alle quali si aggiunsero le operazioni di attacco e

difesa dei luoghi fortificati.

L‟attività bellica fu considerata come una prova di forza e

resistenza fra assalitori ed assaliti, con la dispersione di energie e uomini,

a volte inutile e dannosa ai fini della vittoria.

La guerra e la violenza rappresentavano la quotidianità nell‟Europa

medioevale; alle lotte fra città rivali e fazioni contrapposte (causa della

maggior parte delle guerre) si aggiungevano i contrasti stagionali che

vedevano i partiti avversi impiegati in diverse guerriglie atte alla sola

dimostrazione della forza militare. Pare, infatti, che la guerra era

diventata un‟attività consueta da svolgersi in determinati periodi

dell‟anno: ad ogni primavera, ad esempio, si pianificavano distruzioni nel

contado vicino. Lo scopo di queste scorrerie periodiche era di provocare

l‟umiliazione del nemico mediante la distruzione del suo territorio e la

cattura di prigionieri

1

. Per ciò molte guerre e battaglie duravano anni

1 Come racconta D.COMPAGNI, Cronica delle cose occorrenti ne‟ tempi suoi, introduzione e note di

G. Bezzola, Milano, Rizzoli 1995, libro I, cap. X, pp. 65-69, nel Trecento, durante la guerra tra Fiorentini e Aretini svoltasi a Campaldino, messer Barone de‟ Mangiadori da San Miniato, fiorentino, riunì

Katrine Melis

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senza che si arrivasse ad una soluzione; tenendo in considerazione la

mentalità medioevale, si potrebbe ipotizzare che l‟obiettivo ricercato non

fosse principalmente quello economico (che caratterizzò le guerre

moderne) ma psicologico: l‟affermazione, cioè, di una superiorità

militare, politica e ideologica sul nemico (anche perché la sconfitta veniva

concepita come un gravoso giudizio divino)

2

.

La Chiesa contribuì alla diffusione di questa particolare dottrina di

combattimento poiché intendeva limitarne gli effetti devastanti sulla

popolazione e frenare le logiche distruttive nello scontro militare. Allo

spirito guerriero si cercò di imporre il riconoscimento di una legge

cristiana che potesse dirigere e confinare le manifestazioni violente. Il

cavaliere raggiunse in questo modo una dignità superiore, consacrata,

con l‟obbligo di difendere non solo il suo signore ma anche la Chiesa e i

più deboli

3

. Per questo motivo la Chiesa indisse le così dette “paci di

Dio” (indirizzate a istituzioni consacrate e ai più indifesi, che non

dovevano patire le sofferenze delle battaglie) e le “tregue di Dio”

(indirizzate a limitare la guerra e la sospensione del conflitto in tempi

precisi)

4

.

gli uomini d‟arme e disse loro: Signori le guerre di Toscana si sogliano vincere per bene assalire; e non duravano, e pochi uomini vi moriano, che non era in uso l‟ucciderli. Ora è mutato modo, e vinconsi per stare bene fermi. […] Tra i Fiorentini e gli Aretini pace non fe‟ […]. E il dì di san Giovanni vi feciono correre un palio (cioè, per scherno,

festeggiarono il santo proprio di fronte agli Aretini assediati).

2 R.LUISI, Scudi di pietra. I castelli e l‟arte della guerra fra Medioevo e Rinascimento, Roma-Bari,

Laterza 1996, pp. 78-79, asserisce che l‟atteggiamento poco risolutivo dei combattenti durante le guerre del primo Medioevo risponde, oltre che ad esigenze ideologiche, a precise strategie tattiche: un esempio è rappresentato dalle due città di Firenze e Siena, eterne rivali. Il conflitto fra esse durò parecchi secoli intervallati da periodi di staticità, dovuti sia all‟equilibrio delle forze militari fra assalitori e assaliti (che rendeva rischioso lo scontro campale), sia alla circostanza che le milizie cittadine non erano composte da soldati professionisti (non esistevano ancora mercenari e soldati cittadini pagati per svolgere esclusivamente quel lavoro) ed erano legati a tempo pieno ad altre attività lavorative.

3 G.VISMARA, Scritti di storia giuridica. Comunità e diritto internazionale, vol. 7, Milano, Giuffrè

1988, p. 481 riflette sull‟origine del concetto cavalleresco, già sviluppato durante le guerre carolingie contro i Saraceni di Spagna, sorto come dovere spirituale dei Cristiani contro gli infedeli; secondo questo concetto, la guerra viene intrapresa per giuste e alte motivazioni, ideologiche e cristiane.

4 R.PUDDU, Il soldato gentiluomo: autoritratto di uhn società guerriera. La Spagna del Cinquecento,

Bologna, Il Mulino 1982, descrive una società, seppur tarda rispetto al periodo preso in esame, imperniata di “religiosità” per la quale si era disposti a tutto. La tregua di Dio fu istituita dal Concilio di

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Questa concezione bellica si sviluppò solo nel primo Medioevo,

quando ancora vigeva il codice cavalleresco

5

; successivamente, con lo

sviluppo tecnologico e strategico, la guerra assunse le qualità di

opportunismo crudele e venale, tralasciando le ideologie “cortesi” di

rispetto e considerazione per l‟avversario.

Si passò in questo modo ad una nuova concezione di guerra che

aveva come primo obiettivo la conquista assoluta del territorio e di

soppressione del nemico ad ogni costo

6

.

Clermont voluto da Urbano II (il papa che ordinò la prima crociata nel 1095). Con la tregua di Dio la Chiesa vietava temporaneamente ogni atto di guerra o di ostilità e le stesse contese giudiziarie, sotto pena di scomunica. La tregua si estendeva: dalla prima domenica di Avvento fino all‟ottava dell‟Epifania; dal primo giorno della Quaresima fino all‟ottavo dell'Ascensione; dal mercoledí sera al lunedí mattina per tutto il resto dell‟anno. In base a tali dettami restavano veramente pochi giorni durante l‟anno per poter combattere: se non si poteva, per legge, eliminare del tutto la violenza la si poteva almeno regolamentare, riducendone il piú possibile gli spazi e i tempi.

La tregua di Dio era distinta dalla pace di Dio, che invece era perpetua. La pace di Dio preservava dalle violenze le persone consacrate, ossia i chierici, i monaci, le vergini e le vedove recluse; si applicava, inoltre, ai luoghi consacrati, cioè alle chiese, ai monasteri, ai cimiteri e alle loro dipendenze. Oltre a ciò la pace di Dio era in vigore nei tempi sacri, cioè le domeniche ed i giorni feriali posti sotto la speciale protezione della Chiesa. Anche in questo caso la pena prevista per chi avessse violato la direttiva era quella della scomunica. Presto i concili estesero la pace di Dio ad altre persone protette dalla Chiesa, ossia ai poveri, ai pellegrini, ai crociati, e ai mercanti in viaggio.Sul concetto di guerra giusta scrissero trattati sia S. AGOSTINO, La città di Dio, introduzione, traduzione, note e appendici di L. Alici, Milano, Rusconi 1992, cap. III, 10, pp. 180-181 (in cui si specifica che la guerra giusta è quella che vendica le ingiustizie, mentre quella ispirata al latrocinio e alla cupidigia deve essere condannata); Isidori Hispalensis Episcopis, Etymlogiarum sive originum ...; pp. 724-728, M.T.CICERONIS, De

Officiis, translated by W. Miller, London, Harvard, University Press 1968, libro XXI, pp. 35-39 (che

sostiene che ci sono doveri nei rapporti fra Stati che dovrebbero essere sempre osservati come le leggi della guerra, e si devono intraprendere al solo scopo di vivere in pace). Inoltre sullo sviluppo di questo concetto cfr. R.H.WREGOUT,La doctrine de la guerre juste de Saint Augustin à nos jours: d‟àpres les théologiens

e les canonistes catholiques, Aalen, Scientia 1974, pp. 39-42; cfr. anche G.VISMARA, Scritti di storia giuridica ..., pp. 529-531.

5 Nel XIII secolo il latino miles fu utilizzato per definire l‟appartenenza ad un determinato

gruppo sociale. Sul concetto di cavalleria medioevale, sulla sua istituzione e sulla diffusione della casta cfr. G.DUBY, Les origines de la chevalerie, in Ordinamenti militari in Occidente nell‟Alto Medioevo (settimane di Studio del Centro italiano di studi sull‟Alto Medioevo, 30 marzo-5 aprile 1967), Spoleto, presso la Sede del Centro 1968, t. II, pp. 739-762.

6 L‟episodio dell‟arrivo di Carlo di Valois a Firenze, raccontato da G.VILLANI, Cronica. Con le

continuazioni di Matteo e Filippo, scelta, introduzione e note di G. Aquilecchia, Torino, Einaudi 1979,

libro settimo, cap. 49, pp. 96-98, spiega chiaramente quanto cambiò l‟atteggiamento popolare verso la guerra e il codice cavalleresco: […] il detto messer Carlo entrò ne‟ borghi della cittade, e trovando le porte delle

cerchie vecchie serrate, […] lui entrato dentro (in città), […] gli crebbe seguito […], e essendo la città sciolta e sanza signoria cominciarono a rubare i fondachi e botteghe, e le case a chi ra di parte bianca, con molti micidii […]. E durò questa pestilenza (flagello) in città per cinque dì continui […]. E poi seguì in contado, andando le gualdane rubando e ardendo le case per più di otto dì. Dalla lettura di questo racconto si può facilmente intuire come il valore precedentemente attribuito alla guerra medioevale fosse già mutato. Dalla lettura di questo racconto si può facilmente intuire

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I preparativi per affrontare e condurre il conflitto si fecero sempre

più accurati

7

.

L‟organizzazione era importantissima durante un assedio, tenendo

in considerazione la lunga durata di quest‟ultimo, soprattutto in epoca

medioevale. Sia gli assedianti che gli assediati dovevano prevedere la

permanenza nel campo e preoccuparsi del rifornimento di armi adeguate

e vettovaglie sufficienti.

Lo scopo di un assedio era ovviamente quello di entrare nel

castello o nella città nemica e per fare ciò si poteva ricorrere a cinque

soluzioni: aprire una breccia nelle mura, superarle al di sopra; passarvi al

di sotto, sperare in un tradimento o aspettare la resa per fame

8

.

Durante la guerra dei Bizantini contro i Persiani e Goti (metà del

500 d. C.) si contemplavano tre possibilità per la vittoria dell‟assedio: un

attacco generale, un colpo di mano improvviso o il patteggiamento. Con

il prolungarsi delle guerre ci si rese conto che le guarnigioni dentro le

fortezze non potevano resistere eternamente perciò si rivelò molto più

conveniente ricorrere alla tattica della privazione di cibo e mezzi di

sussistenza dell‟avversario piuttosto che alle guerre campali

9

.

7 A.PERTUSI, Ordinamenti militari, guerre in Occidente e teorie di guerra dei Bizantini (secc. VI-X), in

Ordinamenti militari in Occidente nell‟Alto Medioevo (settimane di Studio del Centro italiano di studi

sull‟Alto Medioevo, 30 marzo-5 aprile 1967), Spoleto, presso la Sede del Centro 1968, t. II, pp. 638- 643, pp. 631-700, descrive le accurate operazioni belliche dei Bizantini comandati da Belisario, durante l‟assedio (durato un anno e mezzo) degli Ostrogotti sulla città di Roma, suddivise in sette fasi: preparazione dell‟artiglieria e delle mura per la difesa; valutazione dell‟attacco nemico e relativa risposta; logoramento del nemico sotto le mura annientandolo con gli arcieri; combattimento nel campo; altro logoramento; tregua per discutere sulla pace; risoluzione dell‟assedio.

8 R.LUISI, Scudi di pietra. I castelli e l‟arte della guerra fra Medioevo e Rinascimento ..., pp. 33-34,

osserva che i circuiti murari delle strutture difensive si svilupparo verticalmente dimostrando che le preoccupazioni per gli assediati provenissero dall‟utilizzo da parte dei nemici di torri e scale. Naturalmente l‟evolversi delle tecnologie militari condusse ad un parallelo sviluppo dell‟architettura difensiva.

9 I Goti arrivarono ad adottare questa strategia dopo la perdita di uomini e mezzi nella guerra

contro i Bizantini, ripiegando sulla capitolazione per fame: Piacenza, Regio e numerose altre città caddero per fame o per tradimento delle guarnigioni. Le fasi della guerra sono descritte da PROCOPII CAESARENSIIS, De Bello Ghotico ..., libro I, 10, pp. 20-23; libro III, 16, p. 2, 39, p. 5.

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Per questo motivo, il periodo migliore per organizzare e

intraprendere una guerra era la bella stagione: da maggio ad agosto. La

temperatura doveva consentire di vivere all‟addiaccio o sotto le tende, e

muoversi senza l‟ingombro di neve, pioggia o fango. Per ciò che

riguardava gli spostamenti, vi era la necessità di usufruire di foraggio

fresco per gli animali da trasporto e di utilizzare la transitabilità di fiumi e

mari. L‟estate, come suggerisce Egidio Colonna

10

, era la stagione più

adatta per presidiare una fortezza, poiché si poteva agire arrestando la

raccolta di prodotti agricoli in modo che il nemico non potesse rinnovare

il suo vettovagliamento.

Nel periodo estivo le scorte d‟acqua di solito si esaurivano

immediatamente e non potevano essere reintegrate da piogge. D‟altra

parte anche gli assalitori dovevano affrontare il disagio di combattere nei

mesi caldi con una corazza pesante e priva di ventilazione. Il conflitto,

quindi, tese sempre di più ad identificarsi come un‟estenuante guerra

d‟assedio.

La guerra medioevale si poteva vincere anche con particolari

accorgimenti strategici.

L‟alternativa meno invasiva per prendere una fortezza era quella di

contare sul tradimento di qualcuno al suo interno. I tradimenti e le

consegne arbitrarie dei castelli durante la guerra d‟assedio erano molto

frequenti. Un episodio significativo vide come protagonista il conte

Ugolino della Gherardesca, condannato a morte, pare, per aver ceduto

alcuni castelli pisani ai nemici lucchesi e fiorentini

11

; oppure la vicenda

10 EGIDIO COLONNA, De Regimine Principum, in U.Mariani, Scritti politici agostiniani del secolo

XIV, Firenze, Libreria editrice fiorentina 1927, pp. 111-147.

11 L‟episodio, raccontato da DANTE ALIGHIERI, La Divina Commedia, Inferno, a cura di G.

Giacalone, Roma, Signorelli 1984, XXXIII, vv. 85-87, pp. 109-110, fa capire, infatti, che il presunto tradimento del conte provocò la sua reclusione nella famigerata torre della fame: […] Che se „l conte

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riportata dal Guicciardini sulla presa del castello di Pietrasanta da parte

dei fiorentini, di cui furono incolpati tre genovesi accusati di

tradimento

12

.

Episodi del genere furono molto frequenti nel Medioevo, anche

perché molto spesso il castello o le città fortificate dovevano fronteggiare

il nemico per un lungo periodo prima di ottenere l‟appoggio del signore

o degli alleati, e non sempre la resistenza ad oltranza era consentita.

Inoltre era anche difficile valutare se la defezione del castellano fosse per

tradimento o per mancanza di alternativa.

Durante l‟assedio la resa rappresentava molto spesso la soluzione

più congeniale per non subire ulteriori perdite. Tra le cause principali

della capitolazione vi erano la fame e la mancanza d‟igiene all‟interno

delle mura assediate e tra le truppe assedianti, soprattutto nei periodi

caldi dell‟estate: accadeva, infatti, che la promiscuità e la mancanza di

riserve idriche utili alla pulizia provocavano lo sviluppo di malattie ed

epidemie

13

.

L‟obiettivo principale della guerra d‟assedio era dunque quello di

provocare un grave disagio all‟avversario, perciò divenne consuetudine

fiaccare la resistenza del nemico anche con una così detta “guerra

batteriologica”

14

. La provocazione di epidemie nel campo nemico fu una

12 F.GUICCIARDINI, Storie fiorentine, in Opere, a cura di E. Scarano, Torino, Tipografia torinese

1981, vol. I, pp. 166-167, racconta la fallita difesa della città da parte dei truppe genovesi, le quali si arresero ai Fiorentini per salvare i loro averi e le loro terre. La città ligure non sopportò la perdita della terra e, sospettando un tradimento, mise sotto processo i presunti responsabili: due furoni imprigionati e uno decapitato.

13 R.LUISI, Scudi di pietra. I castelli e l‟arte della guerra fra Medioevo e Rinascimento ..., pp. 168-169,

riferisce un episodio accaduto durante la discesa di Federico Barbarossa in Italia: nell‟agosto 1167 nell‟assedio di Roma il suo esercito fu decimato da un‟epidemia fulminante che costrinse l‟imperatore a tornare in Toscana. Quando questa improvvisa pestilenza terminò dell‟esercito rimasero solo pochi, infermi, soldati. F.GUICCIARDINI, Storie fiorentine ..., p. 183, racconta come, alla fine del Quattrocento, i Fiorentini si ritirarono proprio durante la battaglia decisiva contro i Pisani in seguito ad un‟improvvisa epidemia. Il comandante della spedizione, Paolo Vitelli, per aver abbandonato il campo fu arrestato e giudiziato per tradimento.

14 Viene definita guerra batteriologica da R.LUISI, Scudi di pietra. I castelli e l‟arte della guerra fra

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delle tecniche di guerra più efficace: nella “Cronica” di Giovanni

Villani

15

, ad esempio, viene raccontato di come i fiorentini nel 1233, oltre

alle pietre, lanciarono anche “asini e altra bruttura”

16

.