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Strutture architettoniche dei primi castelli

1. Nascita dei castelli

1.3. Strutture architettoniche dei primi castelli

Nella costruzione dei castra, l‟architettura romana prevedeva la

delimitazione del terreno a forma rettangolare, un taglio che

circoscriveva la superficie del centro abitato. Una simile operazione

veniva fatta anche per l‟edificazione dei primi castelli medioevali che, per

la loro realizzazione, presero come esempio le caratteristiche costruttorie

degli antichi romani o innalzarono nuove strutture sopra i resti di

fabbricati già esistenti

69

. La tecnica maggiormente utilizzata dagli

architetti del tempo fu l‟opus caementicium

70

, impiegato soprattutto per le

68 Secondo D. FRIEDMAN, Le terre nuove fiorentine, in «Archeologia medioevale, cultura

materiale, insediamenti, territorio», vol. I (1974), pp. 231-247, lo sviluppo tecnologico e architettonico della struttura castrense fu determinato dalle continue necessità pratiche del luogo e dal cambiamento e miglioramento delle tecniche militari.

69 La pratica della costruzione di nuove strutture con materiali di spoglio è caratteristica

dell‟architettura militare del VI secolo. L‟utilizzo di costruzioni già esistenti coinvolse anche i templi pagani che molto spesso furono trasformati in castelli fortificati. Un esempio italiano è quello di Eraclea dove i Bizantini riutilizzarono il castello dell‟acropoli dell‟antica città greca e diedero vita ad un nuovo centro. Su quest‟argomento cfr.G.SCHMIEDT, Le fortificazioni alto-medioevali in Italia viste dall‟aereo ..., p.891.

70 In italiano l‟opus caementicium è chiamato opera a sacco, in francese bèton, in tedesco Mörtelwerk,

in inglese concrete. Questa tecnica utilizzava frammenti di pietra e di altro materiale simile (terracotta o marmo) composti insieme con la malta. Fu utilizzato soprattutto per le fondamenta e il sopraelevato delle mura. Con il progredire della tecnica muraria, nella costruzione del castello si applica una sottile parete curvilinea di piccoli mattoni bessali, cementati con calce e gesso; su di essa poi si esegue la gettata di opera cementizia. Molto spesso tra questi mattoni si frappongono anche altri mattoni leggermente sporgenti che permettono una maggiore aderenza dell‟intonaco. Cfr. G.LUGLI, La tecnica

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fondamenta e il sopraelevato delle mura, quest‟ultimo rivestito anche da

altri tipi di muratura per proteggerlo adeguatamente dagli agenti

atmosferici: le murature di sostegno sono l‟opus quadratum

71

, incertum,

reticolatum, mixtum, textaceum e vittatum.

Le strutture di epoca romana, sopravvissute nella prima età

medioevale, venivano denominate con il termine castra, facendo

riferimento quindi ad un impianto di tipo militare, mentre in epoca alto-

medioevale con l‟appellativo di castellum si indicava un piccolo castrum

(cioè un piccolo centro fortificato)

72

.

I primi castelli medioevali erano semplici costruzioni in legno e

terra, adibite ad una blanda difesa territoriale in quanto sorgendo in

pianura e inizialmente facevano parte del centro abitato, anche se questo

si trovava in una posizione periferica. A partire dal Mille si iniziò ad

edificare i castelli su alture elevate e in posizioni impervie ed isolate:

nell‟XI secolo si preferì costruire sopra un‟altura, mentre nel XIII secolo

su uno sperone roccioso, poco accessibile e ben difendibile

73

. Alcuni di

questi nuclei fortificati erano costituiti da un recinto di forma per lo più

tondeggiante o ovoidale, come lo domostrerebbero le ricerche sui castelli

marchigiani di Bernacchia

74

. Il recinto era difeso da un fossato, chiamato

nei documenti carbonaria, e dietro di esso si innalzava la cinta sulla quale

era situato l‟ingresso. Caratteristica comune di queste prime costruzioni

71 L‟opus quadratum è la tecnica più utilizzata per la realizzazione dei castelli nel periodo

medioevale: la costruzione è caratterizzata da blocchi in pietra tagliati a filari orizzontali, successivamente disposti orizzontalmente e trasversalmente per garantire una maggiore aderenza, sostituendo anche il tufo, poco resistente, col travertino. G. LUGLI, La tecnica edilizia romana con

particolare riguardo a Roma e Lazio ..., vol. I, pp. 169 e 182.

72 M.G.FARRIS, Il fenomeno dell‟incastellamento in Sardegna ..., p. 17.

73 In H.W.GOETZ, Vivere nel Medioevo. Famiglia, monastero, corte, città e campagna dal VII al XIII

secolo ..., pp. 178-179, si ipotizza che la posizione dell‟edificazione di un castello ne accresceva la

funzione difensiva e allo stesso tempo rappresentava il simbolo del distacco fra il nobile e i propri sudditi. La sistemazione di queste strutture su territori poco accessibili erano permesse a chi avesse ingenti somme da investire nella costruzione poiché per erigere un castello di medie dimensioni occorrevano dai tre ai sette anni.

74 R.BERNACCHIA, Incastellamento e distretti rurali nella marca anconitana (secoli X-XII) ..., pp. 172-

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castrensi era la presenza di una torre. Molto spesso questo elemento

architettonico era disposto al centro dell‟impianto o più in alto rispetto

allo spazio interno, esso fungeva probabilmente come torre di

avvistamento ed era progettato con diverse forme

75

. Nell‟XI secolo, ad

esempio, nell‟Europa centrale e occidentale si diffusero costruzioni con

torri centrali, così dette “castelli a torre”, erette su un colle o un cumulo

di terra innalzato artificialmente

76

; in Francia e in Italia si diffusero

principalmente torri a pianta rettangolare o quadrata

77

. La torre assunse

così una particolare fisionomia politica e giuridica nel territorio

circostante: molto spesso, infatti, questa costruzione compare nei

documenti del tempo come elemento individuale rispetto agli altri

fabbricati del castello

78

.

Nonostante ciò, ai suoi esordi l‟organizzazione degli impianti

castrensi non prevedeva altro che un ambiente spoglio e privo di

comodità. In età romana (II secolo d.C. circa) all‟interno dei castra,

esistevano luoghi in cui potevano operare i consigli attivi (seniores o

decuniores castelli) e i magistrati locali (magistri castellorum), che godevano di

75 A. FIECCONI, Luoghi fortificati e strutture edilizie del fabrianese nei secoli XI-XIII, in «Nuova

rivista storica», vol. LIX (1975), pp. 38-40, 47, analizza il ruolo della torre, non solo da un punto di vista funzionale ma anche psicologico: una torre maestosa faceva percepire una maggiore garanzia di protezione e difesa.

76 Le costruzioni su terreni artificiali furono privilegiati in Francia, nell‟area renana e anche in

Gran Bretagna. Cfr. H.W.GOETZ, Vivere nel Medioevo. Famiglia, monastero, corte, città e campagna dal VII al

XIII secolo ..., p. 179.

77 Le torri toscane ad esempio erano strutture a pianta tendente al quadrato, di misure

modeste e massicci muri perimetrali con funzioni portanti e poveri di aperture; solo semplici e rare balconate di legno mettevano in comunicazione lo spazio interno con quello esterno. Cfr. a proposito delle torri senesi RPARENTI, Torri e case-torri senesi: i risultati delle prime ricognizioni di superficie ..., pp. 80- 81.

78 Frequente è anche l‟erezione della torre come simbolo di un potere acquisito, cfr. a questo

proposito i documenti riportati da F. SCHNEIDER, Regesta Chartarum Italiae, Regestum volaterranum, Roma, E. Loescher 1907, pp. 41-42, doc. 325. (1129), p. 106, doc. 303; e ancheP.VACCARI, La territorialità

come base dell‟ordinamento giuridico del contado medioevale ..., pp. 92-94 in cui vengono citati alcuni documenti

del Duecento concernenti la stipulazione di concessioni relative solo alla torre, separata dal trattamento giuridico del castrum.

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una certa autonomia amministrativa

79

. Il primitivo castello medioevale

non era un tipo di insediamento unitario, non era cioè concepito come

struttura abitativa e amministrativa ma solo difensiva.

Le varie tipologie castrali sorte all‟inizio dell‟XI secolo

corrispondevano alle diverse esigenze territoriali: a seconda del luogo di

edificazione e della funzione da ricoprire. Vi erano in primo luogo i forti

militari, situati maggiormente lungo i confini, normalmente a pianta

regolare, rettangolare o quadrata, concepite principalmente per la

protezione delle comunità rurali

80

. Accanto ai forti militari in senso

stretto nelle fonti sono menzionati anche gli stanziamenti civili con

l‟appellativo di “castelli”, di cui si intuisce l‟affinità con la civitas, e che

potrebbero essere definiti come castelli-città. Questi sorgevano di

preferenza all‟interno di un determinato territorio e includevano un

nucleo abitato e una cinta muraria

81

. I castelli-città normalmente non

erano presidiati e, infatti, a differenza dei forti militari, erano formati da

caserme o edifici per la difesa e qualche volta protetti dalle mura.

Solamente durante gli avvenimenti bellici essi assolvevano anche la

funzione di piazzeforti militari

82

.

79 La divisione amministrativa del territorio era permessa in epoca romana perché sotto il

profilo strutturale il castello poteva avvicinarsi alla città, generalmente murata; si potevano avere castelli con funzioni cittadine (i castra civili) e città con strutture militari permanenti o provvisorie. La descrizione di queste particolari strutture si trova in G.RAVEGNANI,Castelli e città fortificate nel VI secolo,

cit., pp. 12-14, p. 14, nota 30.

80 I forti militari (che potremmo assimilare ai successivi recepti altomedioevali rinvenuti in

Piemonte, come analizzato nel paragrafo precedente) si possono ritrovare nel castello mesopotamico di Tou-Rabdion e nel castello di Basilei. Cfr. a tale proposito PROCOPII CAESARENSIIS, Opera omnia, De

Aedificiis ..., libro II, pp. 10-18; e cfr. anche l‟analisi di G. RAVEGNANI, Castelli e città fortificate, cit., pp. 21-22.

81 G. RAVEGNANI, Castelli e città fortificate ..., pp. 17-19.

82 La cinta muraria era definita come un vasto recinto fortificato che garantiva la protezione

alle comunità rurali. Un esempio di questo tipo di costruzione è la cinta muraria di Bordj Hallal, in Africa, in cui non sono stati trovati resti al suo interno di insediamento civile stabile; molto probabilmente esso serviva ad assicurare solo un rifugio alla popolazione. Questo circuito murario venne ampliato in alcuni territori proprio per permettere una maggiore sicurezza al suo interno: è il caso delle mura di Redesto, in Tracia. Cfr. PROCOPII CAESARENSIIS, Opera omnia, De Aedificiis ..., libro IV, parte 9, pp. 19-21; G. RAVEGNANI, Castelli e città fortificate ..., pp. 21-22.

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Solo in seguito allo sviluppo delle attività commerciali e

all‟aumento demografico si pensò di migliorare queste costruzioni.

Inizialmente vennero aumentate le cinte murarie che servirono a

garantire la sicurezza all‟intero castello e a supplire la mancanza di

un‟eventuale protezione naturale. L‟esigenza della difesa del territorio e

della sua popolazione fece nascere la necessità di potenziare e sviluppare

i centri fortificati, che aumentarono proporzionalmente alla crescita della

difesa militare.

L‟esito positivo di una costruzione castrense deriva dalla riuscita di

due operazioni simultanee: concentrazione della popolazione in un

preciso territorio e utilizzo e raggruppamento di suoli rurali chiusi

83

. I

territori che sorgevano sulle appendici della struttura fortificata

dovevano soddisfare le esigenze alimentari degli abitanti residenti

all‟interno delle mura.

Un Anonimo scrittore vissuto nell‟ultima età giustinianea fornisce

un‟accurata descrizione dei sistemi di fortificazione e difesa della città e

importanti notizie sull‟organizzazione militare del castello nella sua opera

“De Re Strategica”

84

. Lo scrittore approfondisce lo studio

sull‟identificazione del sito ideale per la costruzione di città, sulle

dimensioni del muro di cinta e sulle difese essenziali per la sicurezza del

territorio; egli raccomanda l‟uso della triplice difesa: muro, fossato e

83 La concentrazione della popolazione in un territorio doveva essere determinata da una

preesistente crescita demografica, mentre l‟assemblamento di terre in un unico territorio chiuso doveva essere determinato dalla riconversione di antichi fundi e la conquista e il risanamento di terre marginali, come viene descritto in P. TOUBERT, Dalla terra ai castelli …, pp. 82-83.

84 Cfr. ANONIMO, De re strategica, in E.GUIDONI, Storia dell‟urbanistica. Il Medioevo. Secoli VI-XII

..., pp. 332-334, dove si trova la traduzione italiana del “De re strategica” dal capitolo X al XII: il capitolo X ha come titolo “La costruzione della città”; il capitolo XI viene dedicato al sito in cui si potrebbe costruire una città; infine il capitolo XII tratta i metodi di costruzione di una città.

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antemurale

85

, ai quali si potevano aggiunger fortificazioni minori come

terrapieni, bastioni, trincee o fossati sussidiari

86

.

La costruzione dei centri fortificati si adattava alle esigenze

geografiche del luogo. Quando una fortezza veniva edificata su un

territorio protetto naturalmente, come un‟altura, necessitava di minori

accorgimenti difensivi. L‟Anonimo consigliava l‟ubicazione delle città su

rilievi inaccessibili, nei pressi di spazi circondati da corsi d‟acqua o nei

territori a ridosso di mari o fiumi

87

. In questo modo le città potevano

essere rese più sicure ed evitare costosi sistemi di difesa artificiale,

affidandosi maggiormente alla protezione naturale che all‟opera

manuale

88

.

Della medesima opinione è un altro autore vissuto nel XVI secolo,

F. Di Giorgio Martini, il quale nel suo “Trattato di architettura ingegneria

e arte militare”

89

non solo sostiene che le fortezze debbano essere

costruite in un sito adatto (cioè in uno spazio montuoso, solido e

perfettamente visibile) ma anche che quest‟ultimo debba essere

rinforzato nei punti più vulnerabili, essendo il primo strumento di difesa

di un territorio.

Entrambi gli studiosi sostengono l‟importanza del muro di cinta:

doveva essere alto almeno 9,36 metri e spesso non meno di 2,34 metri

per evitare che venisse valicato con facilità e per rendere ardua la

rimozione delle pietre da parte delle macchine ossidionali; inoltre doveva

essere rinforzato alla base fino ai 3,27 metri d‟altezza poiché essa

sopportava l‟urto più violento delle macchine, in particolare dell‟ariete; le

85 L‟uso di questa triplice difesa era applicata con una certa regolarità anche in epoca

giustinianea. La più famosa struttura di questo genere è la cinta difensiva di Costantinopoli descritta da G. RAVEGNANI,Castelli e città fortificate nel VI secolo ..., pp. 30-31.

86 ANONIMO, De re strategica ..., XI, p. 3.

87 Le mura però non dovevano sorgere proprio sull‟acqua per evitare l‟assedio delle navi

nemiche, ANONIMO, De re strategica …, XI, p. 2.

88 G. RAVEGNANI,Castelli e città fortificate nel VI secolo ..., pp. 31-32.

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sue mura dovevano avere una forma acuta e non cilindrica, per

permettere un veduta globale l‟una dell‟altra

90

. Alla sommità del muro di

cinta si doveva inserire un cammino di ronda, in alcuni casi chiuso da

una volta o da una costruzione protettiva estesa in tutto il circuito che

permetteva la comunicazione tra le varie torri di cinta

91

. Il cammino di

ronda era inoltre protetto da una serie continua di merli

92

. Questi

elementi architettonici furono utilizzati anche in epoca preromana: una

serie di studi

93

in questo senso individuano un‟origine principale nelle

costruzioni nuragiche sarde. Durante gli ultimi anni del II millennio a. C.,

nelle estremità superiori dei bastioni vennero inserite delle mensole di

sezione trapezoidale, in trachite o basalto, simili alle merlature delle

successive costruzioni castrali. Questi primitivi merli, essendo sporgenti

rispetto alla muratura del nuraghe, consentivano la sistemazione e il

sostegno di ballatoi e balaustre che, unite all‟inserimento di caditoie

94

,

consentivano un‟adeguata capacità difensiva contro gli assedianti. Nella

Sardegna preromana erano presenti altre particolarità di merli con la

sommità arrotondata. Questa tipologia di merlatura fu utilizzata nelle

costruzioni di matrice orientale: alcune di esse sono state rinvenute,

90 F.DI GIORGIO MARTINI, Trattato di architettura, ingegneria e arte militare..., t. I, pp. 14-15,

riprende le teorie di R.F.VEGETIUS, Epitoma rei militaris..., VI, p. 8: […] Non directos sed angulosos muros

faciendo; sostenendo la costruzione di fortezze angolari poiché […]dall‟ariete meglio difendar si potessero, e

proponendo la forma romboidale come la più accreditata a tale funzione; anche l‟ANONIMO, De re

strategica ..., XII, p. 335, propone le stesse modalità.

91 PROCOPII CAESARENSIIS, Opera omnia, De Aedificiis ..., libro II, parte 5, p. 3, asserisce che le

torri venivano costruite a distanza ravvicinata e a forma quadrangolare o cilindrica, come raccomandava anche l‟Anonimo strategista (ANONIMO, De re strategica ..., XII, p. 2). Nelle piazzeforti africane erano diffuse le torri a pianta quadrata che, durante il restauro giustinianeo, in alcune circostanze (come accadde a Palmira) furono affiancate o sovrapposte dalle semicircolari. Su questo argomento cfr. G. RAVEGNANI,Castelli e città fortificate nel VI secolo ..., pp. 38-40.

92 Sull‟utilità dei merli nelle cinta murarie si esprime anche ANONIMO, De re strategica ..., XII,

p. 3; e anche PROCOPII CAESARENSIIS, Opera omnia, De Aedificiis ..., libro II, parte 1, p. 16, che consigliano di lasciare spazi intermerlari regolari intorno al circuito murario.

93 A.V.GRECO, Considerazioni sui coronamenti delle fortificazioni nella Sardegna nuragica e punica, in

Castelli in Sardegna, (Atti degli incontri sui castelli in Sardegna dell‟Arxiu de Tradicions, 2001-2002) a

cura di S. Chirra, Oristano, S‟Alvure 2002, pp. 7-16; e E.CONTU, Il nuraghe di S. Antine, Sassari, C. Delfino 1988; A.MORAVETTI, Il nuraghe di S. Antine nel Logudoro-Meilogu, Sassari, C. Delfino 1988, p. 58, nota 39.

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infatti, nell‟antica città di Tharros, nella documentazione materiale di

Mozia (il centro più importante della Sicilia fenicio-punica) ed anche

nelle raffigurazioni della necropoli punica di Djebel Mlezza in Tunisia

95

.

L‟Anonimo strategista raccomanda la costruzione di merli angolari

strutturati con un incavo profondo almeno mezzo metro; questo

particolare accorgimento serviva per utilizzare archi e balestre, posti al di

sopra, in modo più funzionale

96

.

Lungo il circuito murario si inseriva anche un numero variabile di

torri: nelle costruzioni minori con pianta regolare ne veniva disposta una

per ogni angolo del perimetro, mentre nelle costruzioni di maggiore

importanza esse erano posizionate su tutta la cinta. Secondo l‟Anonimo

scrittore le torri dovevano essere esagonali esternamente e cilindriche

all‟interno

97

.

L‟antemurale sorgeva davanti al muro di cinta ed era costruito per

consolidare la difesa del circuito e creare un ulteriore ostacolo

all‟avanzamento del nemico

98

. Per innalzare l‟antemurale l‟Anonimo

raccomanda la liberazione dello spazio fra le due cinte da terreni

irregolari e avallamenti, che avrebbero facilitato i nemici.

99

95 A.V.GRECO, Considerazioni sui coronamenti delle fortificazioni nella Sardegna nuragica e punica ...,

pp. 7-8, 10-11: in una delle pareti di tomba punica l‟anonimo artista disegnò la città dell‟epoca cinta da mura con merli arrotondati. L‟immagine è riportata nella stessa opera a p. 15.

96 ANONIMO, De re strategica, XII ..., p. 3

97 ANONIMO, De re strategica, XII ..., p. 2; una caratteristica peculiare delle costruzioni

bizantine era l‟edificazione di torri semicircolari posizionate a distanza ravvicinata; cfr. a questo proposito anche G. RAVEGNANI,Castelli e città fortificate nel VI secolo ..., pp. 38-39.

98 PROCOPII CAESARENSIIS, Opera omnia, De Aedificiis ..., libro II, parte 1, p. 21, parte 6, p. 8,

parte 7, p. 11, da notizia della costruzione di alcune piazzeforti orientali mediante questa tipologia, come successe per l‟edificazione delle città di Dara, Amida, Edessa e del castello di Circesio,.

99 PROCOPII CAESARENSIIS, Opera omnia, De Aedificiis ..., libro II, parte 1, pp. 26-27, informa

anche che gli abitanti di Dara radunarono fra il muro e l‟antemurale alcuni animali che potessero essere d‟aiuto alla difesa; lo stesso episodio è descritto anche in ANONIMO, De re strategica, XII ..., parte 7; e in G. RAVEGNANI,Castelli e città fortificate nel VI secolo ..., p. 43.

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Di fronte all‟antemurale doveva essere scavato un fossato,

profondo più delle fondamenta e largo diciannove metri, in cui venivano

inseriti dei pali acuminati

100

.

Nella cinta muraria si apriva un numero variabile di porte che

dovevano essere rafforzate con ogni cura in quanto rappresentavano

l‟elemento più vulnerabile del muro difensivo. In genere esse erano poste

fra due torri ravvicinate. In accordo con l‟Anonimo scrittore anche Di

Giorgio Martini sostiene l‟importanza del rinforzo degli ingressi: davanti

alla porta doveva essere posta un‟opera di difesa chiamata rivellino

101

.

Solitamente le porte si aprivano sullo stesso asse longitudinale, mentre lo

spazio intermedio tra di esse era fiancheggiato da corridoi nascosti

occupati dai difensori

102

. Il numero delle porte variava a seconda

dell‟importanza della piazza: in genere i castelli ne presentavano soltanto

una

103

.

100 L‟edificazione di fossati e palizzate è proposta da PROCOPII CAESARENSIIS, De Bello

Ghotico, a cura di P. Grimal in Il mondo mediterraneo nell‟antichità. 3, La formazione dell‟Impero romano,

Milano, Feltrinelli 1967, parte 12, p. 7, che informa della loro esistenza anche in Italia: nel 538 a Rimini