4.6 Il programma speciale di protezione
4.6.2 L'assegno di mantenimento
Tra le misure di assistenza economica che possono essere inserite nello speciale programma di protezione rientra l'«assegno di mantenimento», che è in particolare regolato dall'articolo 13 commi VI e VII L. 82/1991, così come modificato dall'articolo 6 L. 45/2001.
La legge chiarisce che il collaboratore avrà diritto alla corresponsione dell'assegno di mantenimento solo nel caso in cui non sia in grado di provvedere da solo al sostentamento suo e della sua famiglia, e quindi anche nel caso in cui non possa lavorare o non sia opportuno che lavori. Questa previsione deve però essere messa in relazione con quella dell'articolo 5 L. 45/2001 che modifica l'articolo 12 L. 82/1991, il quale prevede l'obbligo per il soggetto che voglia iniziare un'attività collaborativa di «specificare dettagliatamente tutti i beni posseduti o controllati, direttamente o per interposta persona, e le altre utilità delle quali dispone direttamente o indirettamente, nonché, immediatamente dopo l’ammissione alle speciali misure di protezione, versare il danaro frutto di attività illecite. L’autorità
M. FUMO, op.cit.
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A proposito dei decreti interministeriali, F. ROBERTI - R. ALFONSO, Pentiti: norme
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poco chiare favoriscono equivoci ed applicazioni arbitrarie, in «Diritto e Giustizia»,
fascicolo n. 26 del 7 luglio 2001, p. 46 ss., esprimono «disappunto» per la mancata indicazione di un termine entro il quale i predetti decreti debbano essere emanati e si augurano non si debbano attendere alcuni anni per vedere completata la disciplina.
giudiziaria provvede all’immediato sequestro del danaro e dei beni ed utilità predetti».
Per quanto riguarda l'importo dell'assegno di mantenimento, questo è quantificato sulla base di alcuni specifici criteri e può essere in seguito aggiornato ed adeguato periodicamente in base alle variazioni ISTAT. Inoltre l'assegno può, se ricorrono specifiche circostanze, essere aumentato dopo aver acquisito i pareri dell'organo che ha formulato la proposta e del Procuratore Nazionale Antimafia o del Procuratore Generale, a seconda che si tratti di delitti di tipo mafioso o di altri delitti. Salvi i casi in cui è possibile aumentarne il quantum, l'importo dell'assegno di mantenimento e delle integrazioni per le persone a carico prive di capacità lavorativa, «non può superare un ammontare di cinque volte l’assegno sociale di cui all’articolo 3, commi 6 e 7, della legge 8 agosto 1995, n. 335 (riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare)» . Questa previsione vuole 173
evitare l'arbitrio nella quantificazione della retribuzione dei collaboratori e vuole «evitare, in sostanza, qualsiasi sospetto, (che talvolta è stato avanzato ) di 174
connessione tra il contenuto delle dichiarazioni e l'entità delle misure di assistenza, che devono essere un mezzo di sussistenza e non un premio» . 175
Inoltre, come rileva una parte della dottrina , il legislatore al fine di «garantire la 176
completa trasparenza nella gestione economica dei collaboratori e diradare il sospetto che abbiamo richiamato...non si è limitato a dettare la previsione relativa
Così il comma VI dell'articolo 13 L. 82/1991 come modificato dall'articolo 6 L. 45/2001.
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V. TOMASONE, Rigore e genuinità della collaborazione. I pentiti nell'applicazione
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della legge, in «Diritto e Giustizia», fascicolo 28 (inserto speciale), 2003, p. 4.
Così si esprime la Relazione semestrale del Ministro dell'Interno 1 gennaio-31 giugno
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2001. Anche nella Discussione Generale in Senato sul d.d.l. n. 2207 del 23 marzo 2000, si tratta del problema della connessione tra dichiarazioni rese ed entità dell'assegno di mantenimento l'intervento del Senatore Follieri, il quale ricorda «Abbiamo stabilito che l'assegno mensile per i collaboratori non può superare un ammontare di cinque volte l'importo che viene concesso dallo Stato a chi gode della cosiddetta pensione sociale. Si tratta di una scelta che è stata al centro di un'accesa discussione in Commissione giustizia; una scelta che, in qualità di relatore, ho condiviso perché non ho mai
apprezzato le elargizioni che sono state attribuite a collaboratori, i quali addirittura hanno usufruito di centinaia e centinaia di milioni di lire».
L. D'AMBROSIO, Testimoni e collaboratori di giustizia, CEDAM, 2002, pp. 95 ss.
all'importo dell'assegno di mantenimento, ma ha anche imposto al Ministro dell'Interno, nella sua Relazione semestrale al Parlamento, di indicare le spese sostenute per l'assistenza dei soggetti protetti e di specificare l'ammontare e le ragioni delle integrazioni degli assegni di mantenimento eventualmente intervenute».
A tal proposito, il legislatore ha inoltre stabilito che il giudice del dibattimento possa acquisire, su richiesta della difesa dei soggetti accusati dal collaboratore, sia l'importo dettagliato delle spese per lui sostenute sia l'eventuale provvedimento con il quale la Commissione ha disposto l'integrazione dell'assegno di mantenimento.
In merito alle previsioni ora menzionate, contenute nell'articolo 13 comma VI L. 82/1991, modificato dall'articolo 6 L. 45/2001, sono state sollevate alcune perplessità, ricostruite dalla dottrina poco fa menzionata . 177
Innanzitutto si è detto come queste previsioni siano penalizzanti per i collaboratori con una famiglia più numerosa. Infatti è vero che, per come è formulata la norma, non è consentito alla Commissione di graduare l'importo dell'assegno sull'entità dei nuclei familiari; e non si può sostenere, ragionevolmente, che la norma in esame abbia voluto spingere la Commissione ad assegnare un importo minimo di assegno per i collaboratori privi di famiglia o con famiglia ristretta e il quintuplo dell'assegno sociale ai soli collaboratori che avessero una famiglia particolarmente numerosa. Questa soluzione avrebbe un effetto penalizzante e disincentivante sulle collaborazioni, cosa che sicuramente non è voluta dal legislatore. Potrebbe essere superato quest'effetto penalizzante consentendo alla Commissione centrale di inserire, tra i casi che permettono l'integrazione dell'assegno, quello diretto ad assicurare un dignitoso tenore di vita ai collaboratori di giustizia che hanno una famiglia particolarmente numerosa.
Qualche perplessità è stata sollevata anche sull'articolo 13 comma 6 ultima parte, che consente al giudice di acquisire l'importo in dettaglio delle spese sostenute per il collaboratore o del provvedimento di integrazione dell'assegno di
L. D'AMBROSIO, op. cit.
mantenimento. I dubbi su questa previsione sorgono in quanto, se le somme versate al collaboratore fossero servite per il reinserimento sociale, suo e della sua famiglia, mediante nuove e specifiche attività, le notizie che vengono fornite al giudice potrebbero far intuire il tipo e il luogo di svolgimento delle stesse, mettendo così a rischio la sicurezza del collaboratore . Una tale situazione si 178
verifica anche nei casi in cui la richiesta di documentazione da parte del giudice riguardi le spese sostenute per un testimone di giustizia; ed infatti non si può ritenere che l'articolo 13 comma VI non si applichi, per questa parte, anche a tale categoria di soggetti sotto protezione. La stessa dottrina ritiene che 179
Commissione e Servizio centrale potrebbero superare queste perplessità attraverso «l'individuazione di un sistema organizzativo-contabile che, tenendo conto sia del potere-dovere del giudice di acquisire la documentazione sia delle finalità che la ispirano, permetta di separare il dato informativo sulle spese effettuate dai dati che, pur essendo superflui nell'ottica delle finalità di “trasparenza gestionale” perseguite dalla norma, consentono la localizzazione del soggetto protetto». E proprio queste finalità di trasparenza gestionale che la norma persegue, possono portare a ritenere che al giudice verranno trasmessi solo i dati necessari a quelle finalità, restando la possibilità per il giudice di richiedere eventuali integrazioni . 180
Così si esprime a tal proposito A. SPATARO, Per i collaboratori di giustizia, legge
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scoraggia-collaborazioni, in «Diritto e Giustizia» n. 9 del 10 marzo 2001: «orbene, quanto
questa indicazione dettagliata sia incompatibile con l'esigenza di riservatezza in ordine alle misure adottate per la protezione e il reinserimento del collaboratore, che pure la legge enuncia in più passaggi, lo comprende chiunque...si è voluto, in realtà, prestare ascolto alle pretese di una parte dell'avvocatura penale secondo cui le notizie in questione dovrebbero concorrere alla formazione del libero convincimento del giudice, ovviamente nel senso di illuminare sinistramente le dichiarazioni del collaborante....le esigenze di trasparenza potrebbero facilmente essere assicurare mediante l'attestazione della sottoposizione del collaboratore allo speciale programma di protezione senza pregiudicare, con la pubblicità di notizie dettagliate, la doverosa segretezza, ad es., sul tipo di attività economica o lavorativa intrapresa dal collaboratore o dai suoi familiari all'interno del programma stesso».
L. D'AMBROSIO, op.cit. pp. 96 ss.
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S. ARDITA, La nuova legge sui collaboratori e testimoni di giustizia, in «Cassazione
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Penale» volume XLI, maggio 2001, ritiene che «il resoconto che i difensori possono chiedere al giudice di acquisire, si riferisca unicamente alle spese relative alle misure di assistenza economica - previste nel comma VI dell'articolo 13 che contiene tali
disposizioni - come può desumersi dall'assenza di una analoga previsione con riferimento ai costi sostenuti per l'adozione delle “speciali misure”».