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La procedura per i casi di urgenza e i poteri del Capo della Polizia

3.4. Il d.l 8/1991 convertito dalla l 82/1991: la disciplina generale

3.4.4 La procedura per i casi di urgenza e i poteri del Capo della Polizia

Possono sussistere particolari casi nei quali non è possibile attivare lo speciale programma di protezione per il suo iter istruttorio e decisionale complesso, in quanto sussistono delle situazioni di emergenza nelle quali il pericolo a cui è esposto il soggetto collaboratore richiede un immediato ed improcrastinabile intervento.

Le scadenze temporali delle procedure di urgenza non sono disciplinate dalla legge e quindi l'attuazione delle stesse è rimessa all'attenzione degli organi competenti; quindi, per i casi connotati da una situazione di immediato pericolo, sono stati previsti dei procedimenti abbreviati che sono caratterizzati da una pronta adozione delle necessarie misure da parte di organi diversi dalla commissione centrale. Siccome però è molto difficile tipizzare delle situazioni di emergenza, che possono presentarsi in maniera diversa a seconda della particolarità delle indagini, il legislatore da un lato ha creato una sorta di norma «in bianco» che fa riferimento, nell'articolo 11 comma I legge 82/1991, ai «casi di particolare urgenza nei quali le misure necessarie sono adottate dal capo della polizia»; dall'altro lato ha previsto la possibilità di impedire, all'articolo 13 comma IV, per il «tempo strettamente necessario alla definizione dello speciale programma di protezione», che il collaboratore indagato, arrestato o fermato venga in contatto con il carcere oppure all'articolo 13 bis comma I e comma II, introdotto dal d.l. 306/1992, convertito con modificazioni dalla L. 356/1992, rispettivamente di evitare che «le persone detenute per espiazione della pena o internate per l'esecuzione di una misura di sicurezza siano custodite in luoghi

diversi dagli istituti penitenziari» o entrino in carcere prima di essere raggiunti dall'ordine di esecuzione.

Le procedure urgenti possono essere ricondotte sostanzialmente a due presupposti: nei casi previsti dall'articolo 11 comma I, l'estrema gravità del pericolo è il presupposto che impedisce di rivolgere l'istanza per lo speciale programma di protezione alla commissione centrale e fonda i poteri autonomi del capo della polizia; nei casi previsti dagli articolo 13 comma IV e 13 bis commi I, II e III invece è già stata inoltrata l'istanza alla commissione centrale ma ci sono dei «gravi e urgenti motivi di sicurezza» che rendono necessario evitare l'ingresso o la permanenza del collaboratore in carcere. Quindi in un caso si predispongono delle misure che sono in qualche modo aggiuntive rispetto allo speciale programma di protezione, nell'altro caso invece si adottano delle cautele in attesa che venga definito lo speciale programma.

Anche se queste procedure presentano delle finalità diverse, hanno come promotore un'unica figura: il capo della polizia. Questo soggetto, come abbiamo già visto, è competente ad adottare, le misure «ordinarie» di tutela, potere che prima era attribuito all'Alto commissario; inoltre la legge 82/1991 gli ha assegnato un ruolo sia in via principale ed autonoma ex articolo 11 comma 1, sia di impulso ex articolo 13 bis, sia di sostegno ex articolo 14 e 13 comma 4.

Per quanto riguarda l'articolo 11 comma 1, cioè nei casi di particolare urgenza, il capo della polizia può adottare le «misure necessarie» e deve successivamente informare il Ministro. Può stabilire discrezionalmente i contenuti delle misure di protezione e assistenza senza che intervengano altri organi; però dovrà esercitare queste sue competenze, autonome e non surrogatorie rispetto alla commissione centrale, in presenza di un pericolo particolarmente grave e imminente, altrimenti la procedura prevista in via ordinaria sarebbe vanificata . 76

In merito all'articolo 13 bis commi I, II e III, cioè per quanto riguarda le cautele adottabili per impedire il contatto o non protrarre la permanenza del collaboratore

D.MANZIONE, Commento agli articoli 11-12 d.l. 15 gennaio 1991 n. 8, in «Legislazione

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in carcere, il Capo della Polizia svolge un ruolo fondamentale di impulso, anche se spetta al Procuratore generale presso la corte d'appello stabilire se il condannato collaboratore possa essere custodito in luogo diverso dal carcere, se possa essere evitato il suo l'ingresso oppure se possano essere adottate particolari modalità esecutive di misure alternative di cui già sta usufruendo. In questi casi il rapporto tra capo della polizia e procuratore è di istanza-autorizzazione, anche se spetta al capo della polizia valutare la presenza dei «gravi ed urgenti motivi di sicurezza». Infine per quanto riguarda l'articolo 13 comma IV, cioè la possibilità per la polizia giudiziaria di richiedere l'autorizzazione, nell'attesa della definizione dello speciale programma di protezione, affinché l'indagato, l'arrestato o il fermato che ha deciso di collaborare venga custodito in locali diversi dal carcere, il capo della polizia avrà il compito di coadiuvare gli organi periferici per l'attuazione dell'attività di protezione, servendosi dello speciale servizio di protezione . 77

Il comma III dell'articolo 4 del D.M. n. 687/1994 prevede poi la provvisorietà temporale dei provvedimenti urgenti adottati dal Capo della Polizia, i quali cessano di avere effetto nel caso in cui entro 90 giorni non venga adottato lo speciale programma di protezione da parte della Commissione Centrale; questo termine è prorogabile una sola volta per altri 90 giorni.

Come rileva autorevole dottrina , la costruzione della procedura d'urgenza 78

presenta degli aspetti di discrasia. Infatti, come abbiamo già detto, da un certo punto di vista il Capo della Polizia può disporre autonomamente le cosiddette «misure ordinarie», ma se si considera che per concedere la detenzione extra carceraria è prevista una procedura specifica, l'ipotesi dello speciale programma in situazioni di emergenza ex articolo 11 l. 82/1991 è configurabile solo per gli istituti applicabili nell'ambito dello speciale programma di protezione, cioè per l'utilizzo di un documento di copertura e per il cambiamento delle generalità.

S. D'AMICO, Considerazioni sulla normativa a tutela dei collaboratori di giustizia, pp.

77

50-52, Roma, 1992.

S. D'AMICO, Il collaboratore della giustizia, con prefazione di G. Pera, Roma, Laurus

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Quest'ultimo provvedimento però, richiedendo un iter complesso per l'adozione, non consente un'attuazione effettiva in via d'urgenza.

Inoltre non è utile applicare lo speciale programma di protezione in via d'urgenza se il risultato che si ottiene con questo sarebbe ottenibile con le «misure ordinarie» che hanno un procedimento più snello e modulabile.

Da un altro punto di vista si ritrova in questa disciplina un'altra discrasia in quanto la peculiarità dello speciale programma di protezione è la netta separazione tra i momenti della proposta, della decisione e dell'attuazione mentre, nella procedura d'urgenza, a seguito del passaggio di competenze tra l'Alto Commissario e il Capo della Polizia, quest'ultimo può gestire in modo autonomo tutte le tre fasi del programma speciale.