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L'ammissione, i contenuti e l'attivazione delle misure speciali

4.5 Il sistema di protezione: i presuppost

4.5.2 L'ammissione, i contenuti e l'attivazione delle misure speciali

Come già sappiamo, sulla proposta di ammissione alle speciali misure di protezione si pronuncia la Commissione Centrale, ma prima di pronunciarsi ha la possibilità di svolgere un'attività istruttoria, come previsto dall'articolo 13 commi II e III; in particolare ha la possibilità di acquisire atti, indicazioni e informazioni da organi amministrativi e giudiziari nel rispetto del principio di cooperazione istituzionale. In merito alla legittimità dei poteri istruttori della Commissione centrale, che sono espressamente previsti dagli articoli 1 e 2 del Decreto Ministeriale o regolamento di esecuzione n.687/1994, furono sollevati dei dubbi, successivamente fugati dalla Corte Costituzionale la quale ribadì «l'esigenza che i rapporti tra i vari organi istituzionali devono sempre essere ispirati ai principi della collaborazione e della cooperazione» . 153

M. FUMO, op.cit. pagina 157.

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Così Corte Costituzionale nella sentenza dell'8 settembre 1995 n. 420.

I poteri istruttori che vengono attribuiti alla Commissione dovrebbero essere utilizzati per valutare le richieste e per individuare la misura più consona alle esigenze che sono state prospettate e già accertate; inoltre dovrebbero essere utilizzati per valutare la non adeguatezza delle misure già assunte dalla competente autorità di pubblica sicurezza o dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. A tal fine l'articolo 11 comma V riconosce alla Commissione il potere di ascoltare l'autorità proponente o le altre autorità che hanno espresso un parere su richieste di altre autorità, e le riconosce anche il potere di convocare e ascoltare gli organi giudiziari, investigativi e di sicurezza coinvolti in qualche modo nel procedimento di protezione. La formula ampia ed indeterminata utilizzata dal legislatore, però, lascia perplessi in quanto, al già previsto 154

particolare potere della Commissione di ascoltare l'autorità giudiziaria, intesa come organo proponente le misure di protezione, viene aggiunto quello di convocare e interrogare qualsiasi altra Autorità giudiziaria, per tale intendendosi anche un intero collegio giudicante.

In particolare la Commissione può chiedere il parere del Procuratore Nazionale Antimafia o del Procuratore Generale in due ipotesi: - quando ritiene che ciò sia utile ai fini istruttori; - oppure quando rileva che la proposta avrebbe dovuto essere formulata d'intesa con altre Procure e non è stato fatto. In questo ultimo caso, al fine di attivare un procedimento disciplinare, é previsto che il Procuratore Nazionale Antimafia o quello Generale possano comunicare, al Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, i motivi che hanno portato alla proposta originaria. Generalmente non è obbligatorio effettuare la comunicazione al Procuratore presso la Corte di Cassazione, ma diventerà un obbligo la comunicazione in caso venga fatta una valutazione positiva sulla preventiva esistenza di indagini manifestamente collegate ex articolo 371 comma II c.p.p., cioè si trattava di procedimenti connessi ex articolo 12 c.p.p. o di reati collegati da un significativo vincolo probatorio. Nel caso invece in cui la valutazione sulla sussistenza del collegamento dia esito negativo, il procuratore nazionale antimafia

M. FUMO, op. cit. p.171.

o il procuratore generale presso la corte d'appello possono limitarsi a mettere agli atti la segnalazione della Commissione.

Dopo la possibile attività istruttoria, la Commissione delibera sulla proposta a maggioranza dei suoi membri, purché alla seduta nella quale si vota siano presenti almeno cinque di questi. Nel caso in cui il risultato della votazione sia di parità, prevale il voto del Presidente della Commissione. Se tramite la votazione viene accolta la proposta, allora l'organo deliberante dovrà individuare anche il contenuto delle speciali misure o del programma di protezione da adottare nel caso concreto per il collaboratore o il testimone di giustizia . Le misure o il 155

programma possono essere estesi dalla Commissione anche a coloro che convivono stabilmente con il collaboratore o con il testimone «nonché, in presenza di specifiche situazioni, anche a coloro che risultino esposti a grave, attuale e concreto pericolo a causa delle relazioni intrattenute con le stesse persone. Il solo rapporto di parentela, affinità o coniugio, non determina, in difetto di stabile coabitazione, l'applicazione delle misure» . A tal proposito, come 156

rilevato dalla dottrina , la norma si presenta di difficile comprensione. Infatti il 157

principio di estendere l'applicazione delle misure solo in presenze di specifiche situazioni a coloro che risultino esposti a pericolo grave, concreto e attuale, sebbene in astratto sia condivisibile, pone non pochi problemi, anche di coscienza, per quanto riguarda le cosiddette «vendette trasversali», cioè atti ritorsivi posti in essere dalla criminalità organizzata, che spesso hanno avuto ad oggetto anche persone legate in maniera non forte da un rapporto di parentela, affinità o semplice frequentazione con il collaboratore. Il significato che questi atti hanno, il più delle volte simbolico o addirittura mediatico, rende difficile pronosticare una strategia di vendetta, ed infatti spesso la vittima delle ritorsioni è stata individuata

L'espressa e completa individuazione del contenuto delle misure e del programma

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speciale è rimessa a decreti interministeriali secondo quanto previsto dall'articolo 17 bis comma I, L. 82/1991.

Articolo 9 comma V, d.l. 8/1991 convertito con modificazioni L. 82/1991.

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M. FUMO, op.cit. p. 140. Nello stesso senso L. D' AMBROSIO, Testimoni e

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collaboratori di giustizia, CEDAM, 2002, pp. 91 ss. e A. SPATARO, Legge scoraggia- collaborazioni, in «Diritto e Giustizia» n. 9, 10 marzo 2001.

in quella cerchia di persone che, per il fatto di non avere un'immediata vicinanza con il collaboratore, erano state ritenute fuori da ogni pericolo. Siccome anche la locuzione utilizzata dalla legge «in presenza di specifiche situazioni» non è di grande aiuto, si deve ritenere che, a parere della stessa dottrina, la norma debba essere intesa come una raccomandazione alla Commissione di esaminare con molta cura i singoli casi perché spesso la situazione di pericolo discende più dalla intensità delle relazioni, anche affettive, tra il collaboratore o testimone e il soggetto che deve essere protetto piuttosto che dal rapporto strettamente familiare. Le speciali misure di protezione , che la Commissione può decidere di far 158

applicare, possono consistere in linea generale in:

1) misure di vigilanza e tutela che devono essere eseguite dagli organi di polizia territorialmente competenti;

2) accorgimenti tecnici di sicurezza per le abitazioni o per gli immobili di pertinenza degli interessati, consistenti anche in strumenti di video- sorveglianza e di tele-allarme;

3) misure necessarie per i trasferimenti in Comuni diversi da quelli dove ha la residenza il collaboratore o il testimone;

4) interventi contingenti, anche di carattere economico, finalizzati ad agevolare il reinserimento sociale;

5) modalità particolari di custodia in istituti penitenziari, ovvero di esecuzione di traduzioni e “piantonamenti”, secondo quanto stabilito dall'Amministrazione penitenziaria in attuazione delle disposizioni vigenti;

6) ogni altra misura necessaria, nel rispetto delle direttive generali impartite dal Capo della Polizia - Direttore generale della pubblica sicurezza.

Tendenzialmente le speciali misure di protezione debbono essere adottate nel luogo di origine del soggetto protetto ovvero effettuando un trasferimento a distanza ravvicinata e senza utilizzare strumenti di copertura dell'identità. È

Oggi sono regolate dall'articolo 7 del decreto del Ministro dell'Interno del 23 aprile

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compito però della Commissione Centrale stabilire quale degli strumenti che abbiamo citato debba essere predisposto nel caso concreto.

Una volta che la Commissione ha adottato le speciali misure, queste saranno determinate, id est predisposte e attivate, dal Prefetto del luogo in cui risiede il soggetto sotto protezione. Quest'autorità per predisporre e attuare le misure può avvalersi, su autorizzazione del capo della Polizia, di fondi speciali . Nella 159

Relazione del Ministro dell'Interno sul secondo semestre del 2001 si auspica un crescente ricorso alle speciali misure di protezione e, di conseguenza, un maggiore impegno dei Prefetti che devono attuarle . 160