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Capitolo 3: La revocatoria ordinaria e fallimentare:

3.1 L’azione revocatoria ordinaria:

3.1.1 Gli atti revocabili ex art 2901 c.c.:

In base a quanto fin qui esposto, l’azione revocatoria ordinaria può colpire tutti gli atti che costituiscono alienazione in senso lato, e che risultano capaci di incidere negativamente sulla consistenza del patrimonio del debitore. Da ciò ne consegue che risulteranno esclusi dalla rosa, i pagamenti di debiti scaduti176o i diritti acquisiti a titolo oneroso da terzi in buona fede, i comportamenti meramente omissivi177 o meramente materiali. Saranno quindi revocabili le compravendite, le donazioni, e qualsiasi altro atto riduttivo del patrimonio compiuto per atto tra vivi. La disciplina esclude, in conseguenza, la revocabilità degli atti mortis causa.

Essi, infatti, seguono la disciplina della responsabilità illimitata dell’erede, nella rigorosa procedura del “beneficio d’inventario”178, che consente di mantenere separati i beni del defunto da quelli di proprietà dell’erede.

In particolare si ritiene che siano revocabili: 1. gli atti di divisione della cosa comune 2. i conferimenti di beni in società

3. gli atti estintivi dell’obbligazione diversi dal normale adempimento ed aventi natura negoziale179

certe tipologie di atti di rinuncia 1. casi di contratto preliminare 2. i pagamenti di debiti non scaduti 3. il fondo patrimoniale

176 Art. 2901 c.c. 3° comma recita: “ non è soggetto a revoca l’adempimento di un debito

scaduto.”

177 Per i quali il legislatore ha previsto l’azione surrogatoria disciplinata al Capo V Sez. I, art.

2900 c.c.

178Regolato all’art. 484 e segg c.c. consiste nel tener distinto il patrimonio del defunto da quello

dell’erede. Ciò significa che nel complesso del patrimonio dell’erede, i beni ed i debiti di provenienza ereditaria formano un patrimonio separato. Cfr. G.IUDICA, P. ZATTI, Linguaggio

e regole del diritto privato, Cedam 2003 pagg. 639 e segg.

Analizziamo ciascuna di queste categorie nello specifico:

L’assoggettamento ad azione revocatoria degli atti di divisione della cosa comune, dipende dalla natura che si attribuisce all’atto stesso. In passato questa tipologia di atti era equiparata ai negozi con natura dichiarativa e per questo sottratti all’azione revocatoria dal momento che dalla data di compimento dell’atto, ciascun soggetto acquisiva il diritto isolato su determinati beni.

L’attuale giurisprudenza ritiene che pur mantenendo natura dichiarativa, la revoca andrebbe a colpire non l’atto divisorio in se ma il negozio dispositivo di cui l’atto stesso sia lo strumento. Vi è una linea di pensiero che si discosta dalla precedente, per cui la divisione sia un atto che interviene a modificare una situazione giuridica soggettiva preesistente. Infatti la contitolarità e le quote di essa che appartengono ad un soggetto piuttosto che ad un altro, emergono solamente in sede di compimento dell’atto. La cassazione ha unito le due linee di pensiero garantendo la natura dichiarativa dell’atto e la possibilità che tale atto possa generare una riduzione della garanzia patrimoniale del creditore. 180

Al contrario, la questione della revocabilità dei conferimenti in società, anima ancora il dibattito tra dottrina e giurisprudenza. L’ambito di applicazione dell’azione in riferimento a questi atti comporta una valutazione specifica delle sfaccettature possibili. Partendo dall’analisi dell’operazione stessa di conferimento, l’investimento in capitale di rischio comporta sicuramente una situazione di pericolo. L’andamento del valore delle azioni è infatti legato ad eventi futuri ed incerti181. In caso di conferimento in società già esistente, l’atto sarebbe sicuramente revocabile. Gli stessi presupposti valgono per il caso di conferimento di beni. Il corrispettivo per l’apporto del bene, sarà costituito da un pacchetto azionario della società. Questa fattispecie rappresenta un’ipotesi di atto trasformativo, che impedirebbe l’esecuzione sul bene.

180 Cfr. Cass. 10.12.1996, n. 10977, in Foro it. 1997, I, C.3331

181 Cfr. Cass. 22.11.96, n. 10359; 11.3.85, n. 2817: “il conferimento di bene in una società di

capitali è idoneo a pregiudicare le ragioni del creditore del conferente, in quanto nel patrimonio di detto conferente sostituisce al bene ceduto un titolo di partecipazione a capitale di rischio, e dunque, nel concorso del requisito soggettivo di cui all’art. 2901, c.c. è impugnabile con azione revocatoria.”.

Questa infatti risulterebbe di utilità superiore rispetto al pignoramento delle azioni, il cui valore deve essere continuamente rideterminato e ragguagliato alla complessiva consistenza patrimoniale del bene. La giurisprudenza conferma tale ipotesi nel caso di conferimenti in società di nuova costituzione.182 L’azione revocatoria, nel caso in cui il conferimento pregiudicasse le ragioni del creditore del conferente, andrebbe ad inficiare l’atto dispositivo e non la validità della costituzione societaria.183

La terza tipologia di atti riguarda, gli atti estintivi diversi dal normale adempimento ed aventi natura negoziale. Nella rosa degli atti possibili solamente due riscontrano le caratteristiche richieste per l’assoggettamento a revocatoria: la Datio in solutum e la Cessione por solvendo. La Datio in Solutum è la fattispecie per cui un creditore decide di accettare una prestazioni offerta dal debitore in luogo dell’inadempimento.

L’obbligazione si estingue quando avviene la diversa prestazione e non al momento in cui il creditore acconsenta alla sostituzione.184 In questo caso l’azione revocatoria andrà a colpire, non l’intero valore della cosa data in soluzione, ma soltanto l’eccedenza rispetto al valore della prestazione originaria185.

L’altro caso è rappresentato dalla Cessione pro solvendo. Rappresenta un contratto con cui si realizza il trasferimento del diritto del creditore, detto Cedente, ad un altro creditore, detto Cessionario. In questo caso la cessione è a

182 anteriormente all’acquisto della personalità giuridica.

183Ciò è confermato dal disposto dell’art. 2332 c.c. il quale al primo comma recita: “ Avvenuta

l’iscrizione del registro delle imprese, la nullità della società può essere pronunciata soltanto nei seguenti casi:

1. mancata stipulazione dell’atto costitutivo nella forma dell’atto pubblico 2. illiceità dell’oggetto sociale

3. mancanza nell’atto costitutivo di ogni indicazione riguardante la denominazione della società, o i conferimenti, o l’ammontare del capitale sociale o l’oggetto sociale.”

Al di fuori dei casi previsti dal suddetto articolo, si ritiene quindi che la società sia validamente costituita.

184G. IUDICA, P.ZATTI Linguaggio e regole del diritto Privato, Cedam 2003, pag. 226.

185 Ciò ovviamente perché l’atto ha natura di pagamento anormale e come tale idoneo a

titolo oneroso ed il cedente risponderà verso il cessionario dell’esistenza del credito e non della solvenza del creditore. 186

Tale atto rientrerà tra gli atti revocabili, dal momento che rappresenta un negozio giuridico diverso da quello in virtù del quale il pagamento è dovuto, integrando un mezzo non normale di pagamento con un atto di natura dispositiva e discrezionale.

Per quanto riguarda gli atti di rinuncia, se ne ammette la revocabilità, solamente quando la rinuncia riguardi una posizione giuridica già acquisita al patrimonio del rinunciante. Se nel caso inverso, la rinuncia riguardi elementi patrimoniali non ancora entrati a far parte della sfera del debitore, non rappresentando una modifica della garanzia patrimoniale, non sarà assoggettabile a revocatoria ordinaria. 187

I casi tipici di questa fattispecie sono rappresentati dalla rinuncia all’eredità e dalla rinuncia alla prescrizione disciplinate rispettivamente dagli artt. 524188 c.c. e dall’art. 2939189 c.c. . Dal momento che nel primo caso, i creditori possono sostituirsi all’erede nella ricezione dell’eredità e nel secondo, gli stessi possano far valere la prescrizione, in vece del debitore. Data l’esistenza di una facoltà alternativa del creditore, di far valere il proprio diritto, l’azione revocatoria non potrà essere esperita.

Una fattispecie di ampia discussione è rappresentata dal Preliminare di contratto190. La problematica che emerge riguarda il legame fra il contratto preliminare ed il contratto definitivo.

186 Cfr. Art. 1266, 1° comma e art. 1267, 1° comma che recitano rispettivamente: “ Quando la

cessione è a titolo oneroso, il cedente è tenuto a garantire l’esistenza del credito la tempo della cessione.(…)” “ Il cedente non risponde della solvenza del debitore, salvo che ne abbia assunto la garanzia.(…)”.

187 Cfr. NUNZIO SANTI DI PAOLA, La revocatoria ordinaria e fallimentare nel decreto sulla competitività, Halley editrice 2006 pag. 29

188Art. 524 c.c. recita: “ se taluno rinuncia, benché senza frode, a un’eredità con danno dei suoi

creditori, questi possono farsi autorizzare ad accettare l’eredità in nome e nel luogo del rinunziante, al solo scopo di soddisfarsi sui beni ereditari fino alla concorrenza del loro crediti.”

189Art. 2939 c.c. recita: “ la prescrizione può essere opposta dai creditori e da chiunque ci ha

interesse, qualora la parte non la faccia valere. Può essere opposta anche se la parte vi ha rinunziato.”

190Regolato nel codice civile all’art. 1351 nella sezione delle forme di contratto, risulta essere

un contratto con il quale le parti assumono l’una verso l’altra l’obbligo di stipulare entro un dato termine un contratto definitivo.

Ci si chiede infatti, se sia assoggettabile il contratto preliminare direttamente o se sia necessario revocare il definitivo. La valutazione deve ruotare intorno ai requisiti dell’azione stessa e quindi risulta necessario andare ad individuare il momento preciso in cui sorge il pregiudizio alle ragioni del creditore. Il contratto preliminare è un contratto ad effetti obbligatori191, che ha efficacia solamente fra le parti. Da questo punto di vista, non avendo riflessi sulla sfera giuridica dei terzi aventi causa o creditori del potenziale venditore, non potrà essere assoggettato ad azione revocatoria ordinaria ai sensi dell’art. 2901 c.c. .

Rimane da valutare gli ultimi due atti o fattispecie revocabili: da una parte il fondo patrimoniale e dall’altro i debiti scaduti. Il Fondo Patrimoniale è regolato all’art. 167 192c.c., che lo definisce come il fondo costituto dai coniugi o da un terzo, a cui sono destinati specifiche attività patrimoniali, al fine di far fronte ai bisogni della famiglia. Ai fini di questa analisi è necessario analizzare la fattispecie per cui il fondo sia costituito da un terzo. In questo caso oltre alla destinazione a fondo patrimoniale dei beni, si ha anche il trasferimento della proprietà in capo ai coniugi. In questo modo si determina la riduzione evidente della garanzia del soggetto, con la conseguenza che, essendo identificabile come atto dispositivo sia anche revocabile ai sensi dell’art. 2901 c.c. . 193

Ai fini dell’assoggettamento non rileva che il bene, oggetto della destinazione a fondo, sia entrato nel patrimonio del debitore anteriormente o successivamente all’insorgere del credito, dal momento che la destinazione implica in ogni caso una contrazione della garanzia patrimoniale.

191Dal contratto preliminare infatti sorge l’obbligo per le parti di contrarre successivamente un

contratto definitivo.

192Art. 167 c.c. titolato “ costituzione del fondo patrimoniale” recita: “ ciascuno o ambedue i

coniugi, per atto pubblico, o un terzo, anche per testamento, possono costituire un fondo patrimoniale, destinando determinati beni, immobili o mobili iscritti in pubblici registri o titoli di credito, a far fronte ai bisogni della famiglia.”

193 La corte di cassazioni in una sentenza del 1994, stabilisce che “ quel che conta non è la

disposizione in senso tecnico ma la destinazione implicante sottrazione alla regola della responsabilità patrimoniale generalizzata e globale ex art. 2740 c.c.” Cass. 18.3.94, 2604, in Nuova Giur. civ. comm., 1995, I, 264

La distinzione importante nasce, invece, dalla destinazione del fondo stesso. Se il fondo viene costituito ai fini di Godimento dei beni in esso destinati, la sua costituzione non determina alcun trasferimento di proprietà. I beni in questione, vengono quindi destinati al fondo al solo scopo di far fruire la famiglia dei frutti derivanti dagli stessi. In questo caso l’azione revocatoria potrà comunque essere proposta, ma non per l’effettiva riduzione della garanzia patrimoniale del debitore, bensì per la difficoltà ed incertezza che l’atto attribuisce al soddisfacimento del credito. 194

L’ultima tipologia di atti è rappresentata dai Pagamenti di Debiti. È necessario a questo proposito compiere una distinzione fra i debiti scaduti ed i debiti non scaduti. A norma dell’art. 2901 c.c. 3°comma195, i pagamenti di debiti

scaduti non sono revocabili. La disciplina definisce scaduti, i debiti per i quali sia già maturato il termine legale o convenzionale di pagamento e rispetto al quale il creditore sia in condizione di esigerne, in modo attuale ed immediato, il soddisfacimento. La regola viene così applicata dal momento che, i debiti scaduti, rappresentano una tipologia di atti cosiddetti dovuti196, e non comportano forme di pregiudizio per la garanzia del creditore. Infatti a fronte dell’adempimento del credito ormai scaduto, viene eliminata una posta passiva . Questa tipologia di atti rappresenta ogni adempimento alla base dell’obbligazione, indipendentemente dal fatto che abbia o meno carattere negoziale. Per deduzione, dallo stesso articolo saranno da considerarsi revocabili i pagamenti di debiti non ancora scaduti.

194 Cass. 2.12.96, n.10725 recita: “ non può dubitarsi, in conformità con l’orientamento della

dottrina assolutamente prevalente, recepito dalla giurisprudenza(…) che l’atto di costituzione del fondo patrimoniale riveste natura di atto tipico di liberalità non solo quando il fondo venga costituito da un terzo o da un solo coniuge, producendosi l’effetto dell’attribuzione nella proprietà comune dei coniugi dei beni conferiti, ma anche alle facoltà insite e quando entrambi i coniugi provvedano conferendo beni già di proprietà comune,poiché,anche in tal caso, non solo ha luogo una rinuncia gratuita alle facoltà insite nel diritto di proprietà di ciascuno dei conferenti in favore della famiglia mediante il vincolo di indisponibilità dei beni e la destinazione dei loro frutti ai soli bisogni della famiglia, (…).

195 Art. 2901 c.c. 3°comma recita: “Non è soggetta a revoca l’adempimento di un debito

scaduto.”

196 Cfr. NUNZIO SANTI DI PAOLA, La revocatoria ordinaria e fallimentare nel decreto sulla competitività, Halley editrice 2006 pag.37

La ratio di questa norma sta nel trattamento privilegiato che il creditore, che riceverebbe il pagamento, avrebbe dal debitore rispetto a tutti gli altri creditori.