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I presupposti oggettivi ed il periodo sospetto legale:

Capitolo 3: La revocatoria ordinaria e fallimentare:

3.5 I presupposti oggettivi ed il periodo sospetto legale:

La regola dell’azione revocatoria, prevede al suo interno un arco temporale specifico all’interno del quale gli atti, per poter essere revocabili, devono essere compiuti. La determinazione dello stesso deriva da una presunzione assoluta del legislatore, secondo cui lo stato d’insolvenza,212

preesisteva rispetto alla data di dichiarazione di fallimento. Il legislatore ha determinato nella data di dichiarazione di fallimento, il momento dal quale andare a ritroso per determinare l’arco temporale. Ciò ha un importanza non lieve. Lo stato d’insolvenza, per sua valenza fisiologica, è uno stato strettamente legato al periodo immediatamente anteriore alla dichiarazione di fallimento.

Tale periodo dovrà essere calcolato dal momento in cui il debitore si troverà nell’incapacità di far fronte alle obbligazioni assunte, momento che ne determinerà l’assoggettamento alla procedura stessa213. Se ciò è vero, a livello teorico, lo sarà maggiormente quanto lo stato d’insolvenza sia avallato da un pregresso accertamento di insolvenza, autorevole ed indiscutibile al pari della sentenza dichiarativa di fallimento. Un esempio di questa fattispecie potrebbe essere un decreto di ammissione a procedura di concordato preventivo.

211 NUNZIO SANTI DI PAOLA, La revocatoria ordinaria e fallimentare nel decreto sulla competitività Halley editore 2006 pag. 56

212La presenza dell’stato d’insolvenza è uno dei requisiti oggettivi per la dichiarazione di

fallimento ed il legislatore lo definisce come l’incapacità da parte del debitore di adempiere alle obbligazioni assunte. Cfr. art. 5 legge fallimentare.

213 L’istanza di dichiarazione di fallimento può essere proposta dal debitore stesso o dai

Questo rappresenta un caso di ampia discussione, dal momento che la norma relativa al periodo sospetto, comporta uno stretto legame tra il momento di accertamento dello stato d’insolvenza e la sentenza che dichiara il fallimento. Nel caso di concordato preventivo, essendo una procedura che, come il fallimento, ha in se un momento specifico in cui si ha l’accertamento dello stato passivo, il periodo sospetto dovrebbe risalire ad una data anteriore all’accertamento dello stesso. Da ciò deriverebbe che, se la dichiarazione di fallimento avvenisse due anni dopo il decreto di ammissione al concordato preventivo, il periodo sospetto che, come indicato dall’art. 67, può variare da sei a dodici mesi, dovrebbe essere fatto risalire anteriormente alla procedura di concordato preventivo. In conclusione, data la consecutività delle procedure concorsuali, i termini per la proposizione delle azioni revocatorie decorreranno dalla data del provvedimento di ammissione alla procedura concorsuale minore. 214

Contrasti rilevanti sorgono in relazione alle fattispecie di estensione del fallimento al socio occulto o alla società di fatto. Si ritiene da un lato che gli effetti debbano essere ricondotti alla data della sentenza di estensione della procedura al socio o società occulta. Ad essa si contrappone la teoria che riconduce gli effetti alla pronuncia dichiarativa del fallimento dell’imprenditore apparentemente individuale o della società in cui abbia operato il socio occulto.215

Al diritto di esercitare l’azione, la giurisprudenza attribuisce un termine di prescrizione previsto in cinque anni che decorre dalla data della sentenza dichiarativa del fallimento. Di carattere controverso è invece l’identificazione degli atti che interrompono il decorso del termine. Non essendo contenuta una disciplina specifica nella legge fallimentare, si prende a riferimento l’art. 2943 c.c.216 che però risulta di difficile applicazione.

214NUNZIO SANTI DI PAOLA, La revocatoria ordinaria e fallimentare nel decreto sulla competitività Halley editore 2006 pagg. 62 e segg.

215 Cfr. Cass. 1 agosto 1996, n. 6971.

216 Art. 2943 c.c. recita: “la prescrizione è interrotta dalla notificazione dell’atto con il quale si

inizia un giudizio, sia questo di cognizione ovvero conservativo o esecutivo. È pure interrotta dalla domanda proposta in giudizio nel corso di un giudizio. L’interruzione si verifica anche se il giudice adito è incompetente. La prescrizione è inoltre interrotta da ogni altro atto che valga a costituire in mora il debitore e dall’atto notificato con il quale una parte, in presenza di

Unico presupposto oggettivo per l’azione revocatoria, è il danno derivante ai creditori concorrenti dall’ atto oggetto della revocatoria. Il danno viene inteso dal legislatore in due sensi diversi, da una parte secondo un principio di tipo economico, e dall’altro seguendo il principio dettato dall’art. 2741 c.c.. Accertato lo stato d’insolvenza, il tribunale dichiara il fallimento del soggetto, nominando il curatore fallimentare. Tale soggetto è colui che si assume l’onere, tra gli altri, di reperire all’attivo fallimentare quanta liquidità sia possibile al fine di soddisfare al meglio i creditori che si saranno insinuati al passivo fallimentare, ciascuno per il proprio credito.

Gli atti compiuti dal fallito anteriormente alla dichiarazione di fallimento, possono aver pregiudicato ulteriormente la condizione del soggetto oppure aver privilegiato un creditore a scapito di un altro. Le differenze sostanziali con la revocatoria ordinaria, stanno da una parte, nella presenza dello stato d’insolvenza mentre nella revocatoria ordinaria, sta nella riduzione consistente del patrimonio del debitore che comporta una contrazione della garanzia patrimoniale. Lo stesso presupposto non potrebbe essere applicato alla revocatoria fallimentare, dal momento che la pregiudizialità dell’atto non potrebbe essere valutata in relazione alla sufficienza dell’attivo fallimentare al pagamento del passivo.

Ciò avviene perché, l’insussistenza dell’attivo è solamente una degli elementi in base ai quali, viene valutato lo stato d’insolvenza ma non rappresenta da sola, condizione sufficiente. L’altra fattispecie è rappresentata dalla non necessaria conoscenza da parte del terzo del pregiudizio che l’atto avrebbe cagionato ai creditori. Rilevando, nella revocatoria fallimentare, la conoscenza da parte del terzo dello stato d’insolvenza, in cui versava il debitore, la conoscenza del danno viene presunta. Il terzo convenuto in revocatoria, dovrà quindi dimostrare che l’atto non abbia cagionato danni al creditore o che la cosa o il denaro che sono stati ricevuti dal fallito, sono tutt’ora nel patrimonio dello

compromesso o clausola compromissoria, dichiara la propria intenzione di promuovere il procedimento arbitrale, propone la domanda e procede, per quanto spetta, alla nomina degli arbitri. ”

stesso, e nell’ipotesi in cui siano stati utilizzati, che lo siano stati nel rispetto della par condicio creditorum. 217

In riguardo al concetto di danno, la dottrina si è divisa attribuendo due concezioni diverse, legate allo stesso concetto applicato alla disciplina fallimentare. Da una parte vi è la teoria indennitaria, secondo cui,essendo il presupposto dell’azione, evitare che dall’atto possa derivare un pregiudizio alla garanzia patrimoniale dei creditori, definisce l’eventus damni anche come la semplice lesione della par condicio creditorum. La teoria che si contrappone è la teoria anti-indennitaria.218 Essa identifica il pregiudizio come elemento estraneo all’azione revocatoria, identificando come unico scopo quello di ottenere una più equa ripartizione delle perdite fallimentari, individuando una cerchia di creditori più ampia rispetto a quella esistente alla dichiarazione di fallimento.

Ad entrambe fa capo un’unica politica interpretativa secondo cui con la prima si tende a favorire il recupero delle imprese ed a limitare i costi dell’azione revocatoria dal momento che, tanto più elevato sarà il numero delle azioni revocatorie, tanto più a lungo durerà il fallimento, tanto maggiori saranno i costi giudiziali. A ciò si aggiunge l’effetto dell’incremento dello stato passivo del fallimento dal momento che i terzi revocati hanno il diritto di insinuarsi al passivo per ottenere quanto da loro restituito.

Con la teoria anti-indennitaria invece, si scoraggia qualsiasi rapporto dei terzi con l’imprenditore fallito favorendo l’uscita delle imprese non sane dal mercato. Si tratta quindi di uno strumento di prevenzione perché porta al blocco dei traffici commerciali ai primi segni di crisi, isolando l’impresa ed indirizzandola verso la procedura concorsuale. 219

217Cfr. App. Milano, 21.10.83 citazione testuale da Nunzio Santi di Paola, La revocatoria

ordinaria e fallimentare nel decreto sulla competitività Halley editore 2006 pag. 58.

218Cfr. Trib. Catania, 17.9.85 in Giur. Comm. 1986, II, 452: “ presupposto necessario

dell’azione revocatoria fallimentare è il requisito dell’ “eventus damni”, inteso come

pregiudizio della massa consistente nella lesione della “ par condicio creditorum”; tale requisito è presunto “ iuris tantum” per il solo fatto dell’insolvenza ma tale presunzione è vincibile attraverso la prova- che il convenuto in revocatoria ha l’onere di fornire- che in concreto il detto pregiudizio non sussiste.”

219Seminario di studi, riforma fallimentare “ la Revocatoria concorsuale “ di STEFANIA

Questa valutazione potrebbe però portare anche ad una conclusione diversa. I creditori potrebbero, infatti, essere scoraggiati a pretendere il pagamento dei propri debiti dal debitore non ancora fallito, consentendogli di utilizzare le risorse ancora in azienda, per risollevare l’attività della stessa, evitando così la procedura.220