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Le attività di soccorso di migranti in mare poste in essere dalle ONG.

Le ONG e il soccorso in mare

2. Le attività di soccorso di migranti in mare poste in essere dalle ONG.

Negli anni più recenti il tragico esito dei grandi flussi migratori nel Mar Mediterraneo ha evidenziato la necessità di affrontare tale fenomeno non solo in un'ottica di prevenzione e repressione dei reati connessi, quali il traffico dei migranti e il traffico di esseri umani, ma anche e soprattutto nella prospettiva della tutela dei migranti che rischiano la vita in mare40. Questo secondo profilo, sul piano strettamente giuridico, si traduce nell'obbligo da parte degli Stati di prestare soccorso tramite le navi battenti la loro bandiera a chiunque sia rinvenuto in mare in situazione di pericolo.

Nella prassi più recente però è stato evidenziato che quando entra in gioco il tema dell'immigrazione, gli Stati si dimostrano riluttanti interpretando gli obblighi internazionali in maniera restrittiva a tal punto da determinare, nei casi più gravi, il mancato soccorso in mare dei profughi in pericolo.

Di fronte a tale inazione da parte degli Stati, alcune organizzazioni non governative hanno deciso di effettuare nel Mar Mediterraneo interventi di ricerca e soccorso di migranti in pericolo, attraverso imbarcazioni appositamente noleggiate.

40 F.Mussi, Sulla controversa natura giuridica del codice di condotta del Governo

italiano relativo alle operazioni di salvataggio dei migranti in mare svolte da organizzazioni non governative, in Osservatorio sulle fonti, fascicolo n.3/2017, pag 2 ss.

Tra gli avvenimenti più significativi che hanno indotto le ONG a decidere di intervenire nel Mediterraneo, vi sono sicuramente il caso "Left to die", riportato l'8 maggio 2011 dal quotidiano inglese The Guardian41, il caso della nave Pinar42 e il caso della nave tedesca Cap Anamur43.

Il primo caso riguardava una barca con a bordo 72 migranti africani partiti dalle coste libiche e diretti verso Lampedusa.

Questa imbarcazione rimase alla deriva per 16 giorni e solo 11 dei 72 migranti riuscirono a salvarsi.

Secondo la ricostruzione dei fatti operata dal quotidiano e in seguito ad una indagine commissionata dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, risulta che, sebbene i centri nazionali di coordinamento del soccorso marittimo italiano e maltese fossero stati avvisati della situazione di pericolo in cui versava l'imbarcazione, nessun mezzo ha mai effettuato un'operazione di soccorso e ricerca, lasciando così che l'imbarcazione, con a bordo solo nove superstiti, si spiaggiasse sulle coste libiche, dalle quali era partita sedici giorni prima.

Il secondo caso riguarda invece una nave mercantile turca con a bordo 145 persone soccorse al largo delle coste di Lampedusa.

41https://www.theguardian.com/world/2011/may/08/nato-ship-libyan-migrants 42 F. De Vittor, Soccorso in mare e rimpatri in Libia: tra diritto del mare e tutela

internazionale dei diritti dell'uomo, in Riv. dir. int.,2009, p.800 ss.

43S.Trevisanut, Le Cap Anamur: Profils de droit international et de droit de la mer, in Annuaire du droit de la mer, 2004, pag. 49 ss.

Tale nave è rimasta per quattro giorni nel canale di Sicilia in attesa che lo Stato italiano e quello maltese determinassero il porto che avrebbe dovuto accogliere i naufraghi.

Il 21 aprile 2008 la nave ottenne l'autorizzazione ad entrare nelle acque territoriali italiane per approdare a Porto Empedocle.

Cap Anamur, infine, è il nome della nave tedesca che nel luglio 2004 soccorse 37 profughi sudanesi a bordo di un gommone alla deriva tra la Libia e Lampedusa.

Anche in questo caso, come nella vicenda Pinar, la nave tedesca attraccò a Porto Empedocle dopo un'odissea di 21 giorni nei quali lo Stato italiano, maltese e tedesco si delegarono a vicenda la responsabilità di accogliere i profughi.

Questi sono solo alcuni dei tanti casi di inazione degli Stati di fronte a tragedie che hanno portato le ONG a ritenere opportuno intervenire nel Mar Mediterraneo per svolgere attività di ricerca e soccorso in mare. A partire dal 2014, infatti, vi erano già dieci ONG operative nel Mar Mediterraneo: MOAS, Seawatch, SOS Mediterranee, Sea Eye, Medici Senza Frontiere, Proactive Open Arms, Life Boat, Jugend Rettet, Boat Refugee, Save The Children.

Nelle operazioni di soccorso le navi delle ONG rappresentano un tertium

genus di unità operanti in mare, distinguendosi sia dalle navi private sia

Dalle prime si differenziano perché perseguono unicamente lo scopo di aiutare chi versi in una situazione di pericolo, svolgendo funzioni analoghe a quelle svolte da navi statali adibite a finalità umanitarie, dalle seconde, invece, si differenziano in quanto le navi delle ONG sono a tutti gli effetti private.

Secondo i dati riportati dalla Guardia Costiera italiana nell'anno 2017 i migranti soccorsi dalle ONG nel Mar Mediterraneo centrale sono stati 46.601.44

Tra le più importanti ONG operanti nel soccorso in mare, troviamo Medici Senza Frontiere.

Tale organizzazione fondata nel 1971, a seguito dei massacri della guerra civile in Nigeria, ha iniziato la sua attività nel Mar Mediterraneo nel 2015, potendo contare inizialmente su tre imbarcazioni: la Dignity, la Bourbon Argos e la Aquarius.

Di questi tre natanti nel 2017 è rimasta solamente l'Aquarius (utilizzata in collaborazione con Sos Mediterranee) alla quale è stata affiancata la nave Vos Prudence.45

L'intervento umanitario svolto da Medici senza frontiere è imponente, come testimoniato dalle parole del presidente Loris De Filippi in una lettera spedita al Fatto Quotidiano, in cui afferma che "...Medici senza

44 www.guardiacostiera.gov.it/attivita/Documents/attivita-sar-immigrazione 2017/ Rapporto_annuale_2017

45G. De Lorenzo, Arcipelago ONG, inchiesta sulle navi umanitarie nel Mediterraneo, La Vela, Viareggio, 2017, pag. 45 ss.

frontiere ha effettuato oltre 550 soccorsi e assistito più di 69mila naufraghi in collaborazione con la guardia costiera italiana..".

Accanto a Medici senza frontiere, tra le altre ONG operative nel Mar Mediterraneo, troviamo Sea Watch e Sea Eye, il cui operato è stato oggetto di molte critiche e di cui si sente parlare quotidianamente.

Sea Watch è stata fondata da Harald Hoppner il 19 maggio del 2015 unitamente ad altri quattro imprenditori tedeschi che acquistarono un vecchio peschereccio olandese, Sea Watch 1.

In seguito l'ONG ha acquistato un seconda imbarcazione Sea Watch 2 sostituita poi da Sea Watch 3.

L'ONG Sea Eye, invece, fu fondata nell'autunno del 2015 da Michael Buschheuer, e ha sede a Regensburg in Germania.

Tale ONG per svolgere le operazioni di soccorso nel Mar Mediterraneo ha acquistato due imbarcazioni, la Sea Eye e la Seefuchs.

Dai dati riportati dalla stessa ONG sul proprio sito ufficiale, in data 19 maggio 2017, risulta che Sea Eye abbia salvato 8.352 persone46.