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Il Codice di condotta delle ONG.

Le ONG e il soccorso in mare

3. Il Codice di condotta delle ONG.

Una delle critiche rivolte più spesso alle organizzazioni non governative consiste nel fatto che queste agiscono in mancanza di una specifica normativa che tenga debitamente conto delle peculiarità e delle finalità delle navi utilizzate47.

Considerata la complessità del fenomeno migratorio, difficile da regolamentare, essendo caratterizzato al tempo stesso da una natura strutturale e da tratti dinamici48, il Governo italiano ha sentito l'esigenza di predisporre una serie di regole, articolate in forma di Codice di condotta, volte a disciplinare l'operato delle organizzazioni non governative impegnate nelle operazioni di salvataggio dei migranti nel Mar Mediterraneo.

In data 16 maggio 2017, la Quarta Commissione Permanente (Difesa) del Senato ha approvato un documento a conclusione di un'indagine conoscitiva, proposta nella seduta del 27 marzo 2017, intitolata "Sul contributo dei militari italiani al controllo dei flussi migratori nel Mediterraneo e l'impatto delle attività delle organizzazioni non governative".

47F. Mussi, op. cit., pag. 3 ss.

48A. Rauti, Il codice di condotta per le ONG ed il controllo sul mare extraterritoriale, in Quaderni costituzionali, Fascicolo 4, dicembre 2017. pag 899 ss., www.rivisteweb.it.

Sebbene da tale documento non emergano fatti evidenti che possano provare eventuali collusioni tra le ONG e i cosiddetti scafisti49, il Ministro dell'Interno italiano Marco Minniti ha voluto predisporre ugualmente il Codice di condotta per le ONG.

Quest'ultimo infatti, dopo aver ottenuto il sostegno da parte dei Ministri dell'Interno francese e tedesco e dal Commissario Europeo per le migrazioni gli affari interni e la cittadinanza, in un incontro informale tenutosi a Parigi in data 2 luglio 2017, ha inviato alle ONG attive nel Mediterraneo una prima proposta di Codice di condotta.

Tale proposta è stata discussa nel corso di due successivi incontri tenutisi il 25 e 28 luglio.

E' stato redatto infine il documento definitivo poi sottoposto alle firme delle ONG nel corso di un ulteriore incontro svoltosi il 31 Luglio 201750. In tale ultimo incontro sono state nuovamente rappresentate le ragioni che hanno portato alla redazione del Codice e l'intesa con la commissione che ha seguito la redazione e la messa a punto del documento51.

49Il Direttore Esecutivo di Frontex, Fabrice Leggeri, in una intervista rilasciata ad un quotidiano tedesco, ha ritenuto sussistenti fatti che provano collusioni tra le ONG e gli scafisti. Tale tesi è sostenuta inoltre dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catania, Carmelo Zuccaro, il quale ha avviato una indagine conoscitiva, sulla scorta dei sospetti avanzati da Fabrice Leggeri, sull'origine dei finanziamenti che consentono alle ONG di sostenere le proprie attività di ricerca e soccorso in mare. F. Mussi, op. cit., pag. 5 ss.

50 Il testo è reperibile in www.interno.gov.it/sites/default/files/allegati/codice_ condotta_ong.pdf.

Il Codice rappresenta dunque un tentativo di dare ordine a tale materia, richiesto dalla gestione del fenomeno degli sbarchi che ha assunto per l’Italia dimensioni enormi52.

Con la firma del Codice, le ONG assumono gli impegni indicati nei 13 punti che lo compongono, ovvero non entrare nelle acque territoriali libiche, salvo in situazioni di grave e imminente pericolo che richiedano assistenza immediata53, e non ostacolare l’attività di Search and Rescue (SAR) da parte della Guardia costiera libica; non spegnere o ritardare la regolare trasmissione dei segnali qualora installati a bordo; non effettuare comunicazioni o inviare segnalazioni luminose per agevolare la partenza e l’imbarco di natanti che trasportano migranti, fatte salve le comunicazioni necessarie nel corso di eventi SAR per preservare la sicurezza della vita in mare; comunicare al competente MRCC l’idoneità tecnica (relativa alla nave, al suo equipaggiamento e all’addestramento dell’equipaggio) per le attività di soccorso, fatte salve le applicabili disposizioni nazionali ed internazionali concernenti la sicurezza dei

52A. Rauti, op. cit., pag. 900.

53Il Codice di condotta italiano afferma nel suo incipit che «l’obiettivo principale delle autorità italiane nel soccorso dei migranti è la tutela della vita umana e dei diritti delle persone». Alcune delle sue disposizioni sembrano però andare contro gli obblighi internazionali degli Stati e dei comandanti in materia di salvataggio. Il testo del Codice è piuttosto contorto a questo riguardo, in quanto richiede alle ONG di impegnarsi «a non entrare nelle acque territoriali libiche, salvo in situazioni di grave e imminente pericolo che richiedano assistenza immediata». Questa disposizione, se presa alla lettera, limiterebbe illegalmente il diritto di passaggio inoffensivo di cui godono tutte le navi nel mare territoriale altrui, comprese le navi delle ONG impegnate in operazioni di salvataggio. Se invece questa disposizione intende impedire che navi di ONG stazionino nel mare territoriale libico al fine di prestare soccorso, allora sarebbe contraria a quanto previsto dall’art. 18, par. 2, CNUDM. I. Papanicolopulu, op. cit., pag. 25.

natanti e le altre condizioni tecniche necessarie alla loro operatività; assicurare che, quando un caso SAR avviene al di fuori di una SRR ufficialmente istituita, il comandante della nave provveda immediatamente ad informare le autorità competenti degli Stati di bandiera, ai fini della sicurezza, e il MRCC competente per la più vicina SRR; tenere costantemente aggiornato il competente MRCC; non trasferire le persone soccorse su altre navi, eccetto in caso di richiesta del competente MRCC; assicurare che le competenti autorità dello Stato di bandiera siano tenute costantemente informate dell’attività intrapresa dalla nave; cooperare con l’MRCC, eseguendo le sue istruzioni ed informandolo preventivamente di eventuali iniziative intraprese autonomamente perché ritenute necessarie ed urgenti; ricevere a bordo, eventualmente e per il tempo strettamente necessario, su richiesta delle Autorità italiane competenti, funzionari di polizia giudiziaria affinché questi possano raccogliere informazioni e prove finalizzate alle indagini sul traffico di migranti e/o la tratta di esseri umani, senza pregiudizio per lo svolgimento delle attività umanitarie in corso; dichiarare, conformemente alla legislazione dello Stato di bandiera, alle autorità competenti dello Stato in cui l’ONG è registrata tutte le fonti di finanziamento per la loro attività di soccorso in mare e a comunicare, su richiesta, tali informazioni alle Autorità italiane nel rispetto dei principi di trasparenza; cooperare lealmente con l’Autorità di Pubblica Sicurezza

del previsto luogo di sbarco dei migranti, anche trasmettendo le pertinenti informazioni di interesse a scopo investigativo alle Autorità di Polizia; recuperare, durante le attività, una volta soccorsi i migranti e nei limiti del possibile, le imbarcazioni improvvisate ed i motori fuoribordo usati dai soggetti dediti al traffico/tratta di migranti54.

Se da un lato il Codice è stato accolto con toni entusiastici da parte dei Ministri degli Interni degli Stati membri dell'Unione europea, in occasione di un vertice informale tenutosi il 6 luglio a Tallin, dall'altro lato le ONG hanno visto in senso negativo l'adesione a tale documento, in quanto porterebbe le stesse a perdere l'indipendenza che le caratterizza.

Non tutte le organizzazioni hanno infatti accettato di firmare il Codice. Due in particolare sono le clausole che hanno indotto alcune ONG a non sottoscrivere il documento.

La prima riguarda l’impegno a ricevere persone armate a bordo che secondo le ONG violerebbe il c.d. principio di neutralità condizionando alcune missioni umanitarie.

La seconda clausola riguarda invece l’impegno a non trasferire le persone soccorse su altre navi.

Una simile limitazione, secondo le organizzazioni non firmatarie, non sarebbe infatti contenuta in alcuno dei Trattati che regolano le operazioni di soccorso in mare e, anzi, potrebbe andare contro gli obblighi che

gravano sui comandanti di mettere al sicuro le persone soccorse e di trattare queste ultime con umanità nel rispetto dei loro diritti.

Il trasporto di persone su altre navi al contrario faciliterebbe, secondo le ONG, la conduzione in luogo sicuro e potrebbe permettere alle persone di beneficiare di condizioni migliori dal punto di vista umanitario55.

Le ONG che ad oggi risultano vincolate dal Codice sono Sos Mediterranee, Proactiva Open Arms, Migrant Offshore Aid Station (Moas), Sea Eye e Save the Children.

Particolare è la posizione tenuta da Medici senza frontiere che ha consegnato una lettera al ministro Minniti, con la quale ha messo in luce che i principi umanitari di indipendenza, imparzialità e neutralità non consentono la firma assieme alle altre organizzazioni.

Nonostante ciò, Medici senza frontiere ha ritenuto liberamente di adeguarsi alla gran parte dei principi del Codice da loro condivisi.

Di conseguenza si è posto il problema di come comportarsi nei confronti di quelle ONG che non hanno aderito al Codice di condotta.

A tal proposito è importante sottolineare che, nel paragrafo conclusivo della seconda stesura del documento, non è stata ripresa l'originaria previsione della sanzione di "diniego da parte dello Stato italiano

dell'autorizzazione all'ingresso nei porti nazionali..." in caso di mancata

sottoscrizione del Codice di condotta o di mancato rispetto degli obblighi da esso previsto.

Dunque nella versione finale del Codice è previsto che "La mancata

sottoscrizione di questo Codice di Condotta o l’inosservanza degli impegni in esso previsti può comportare l’adozione di misure da parte delle Autorità italiane nei confronti delle relative navi, nel rispetto della vigente legislazione internazionale e nazionale, nell’interesse pubblico di salvare vite umane, garantendo nel contempo un’accoglienza condivisa e sostenibile dei flussi migratori.

Il mancato rispetto degli impegni previsti dal presente Codice di Condotta sarà comunicato dalle Autorità italiane allo Stato di bandiera e allo Stato in cui è registrata l’ONG"56.