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La nave Mare Jonio e l'ingresso in acque italiane in violazione dell'ordine ricevuto.

Gli interventi in mare delle ONG nella recente prassi applicativa

4. La nave Mare Jonio e l'ingresso in acque italiane in violazione dell'ordine ricevuto.

Un gruppo di ONG tra cui Sea-Watch e Open Arms, associazioni tra cui Arci nazionale e Ya basta, alcuni parlamentari e politici (Erasmo Palazzotto, Nicola Fratoianni, Nichi Vendola, Rossella Muroni) hanno deciso, nel mese di luglio 2018, di lanciare la missione denominata "Mediterranea saving humans".

Per finanziare la missione alcuni parlamentari hanno chiesto un prestito di 465mila euro a Banca Etica, ulteriori 70mila euro sono stati raccolti con un crowdfunding.

Con tali somme è stata acquistata la nave Mare Jonio, un rimorchiatore battente bandiera italiana varato nel 1972, lungo 37 metri e largo 9 che può tenere a bordo un centinaio di persone.

Insieme a Mare Jonio, sono salpate altre due imbarcazioni di appoggio con a bordo attivisti e giornalisti, una delle quali è la nave Astral dell’ONG spagnola Open Arms, che ha fornito sostegno tecnico alla missione126.

Il progetto Mediterranea si differenzia dalle tradizionali missioni svolte dalle ONG.

126 Cos’è Mare Jonio, la nuova nave di soccorso nel Mediterraneo, 5/10/2018 https://www.ilpost.it/2018/10/05/mediterranea-mare-ionio-soccorsi-migrant.

Lo scopo di questa operazione umanitaria infatti non è solamente quello di prestare soccorso, ma di svolgere anche attività di monitoraggio, testimonianza e denuncia della drammatica situazione in cui si trovano i migranti che, in assenza di soccorsi127, tentano di raggiungere le coste italiane dalla Libia128.

Ulteriore scopo della missione, infine, è anche quello di sbloccare il black out informativo sulle rotte marine dei migranti poiché, da quando le Organizzazioni non governative sono state di fatto estromesse dalle operazioni di ricerca e soccorso, solo sporadicamente si apprende di sbarchi fantasma e di naufragi.

Sull'efficacia del progetto Mediterranea è stato espresso più di un dubbio di natura tecnica e opportunità politica.

Le critiche infatti si sono concentrate soprattutto sulle condizioni della nave Mare Jonio, la cui partenza fino all’ultimo giorno è stata incerta, ma anche sulla composizione dell’equipaggio e sui fondi spesi per la missione, che secondo alcuni si sarebbero potuti utilizzare in maniera diversa.

La missione umanitaria è iniziata ufficialmente il 4 ottobre 2018 quando la nave Mare Jonio è salpata dal porto di Augusta, in Sicilia, per dirigersi verso le acque internazionali del Mediterraneo centrale.

127 Oggi nel Mediterraneo centrale non c’è più alcuna missione di soccorso non militare. La nave Aquarius è arrivata al porto di Marsiglia e non può più ripartire, dato che Panama le ha revocato l’iscrizione nei suoi registri navali. Open Arms si è spostata nel Mediterraneo occidentale, tra il Marocco e la Spagna.

128Nella conferenza stampa di presentazione della nave il progetto è stato definito "un’azione non governativa, di disobbedienza morale e obbedienza civile".

La vicenda che ha interessato l'imbarcazione umanitaria ha preso avvio il 18 marzo 2019, quando a 42 miglia dalle coste libiche sono state soccorse quarantanove persone, tra cui dodici minori, che si trovavano a bordo di un gommone in avaria.

La segnalazione è arrivata dall’aereo di ricognizione Moonbird della ONG Sea Watch, che aveva avvistato una imbarcazione alla deriva in acque internazionali.

La nave Mare Jonio, dunque, si è diretta verso la posizione segnalata e, informata la centrale operativa della Guardia Costiera Italiana, ha effettuato il soccorso ottemperando alle prescrizioni del diritto internazionale dei diritti umani e del mare e del codice della navigazione italiano.

In seguito sono state tratte in salvo tutte le persone ed è stato comunicato ad una motovedetta libica, giunta sul posto a soccorso iniziato, di avere cessato le operazioni.

Terminato il recupero dei naufraghi la nave Mare Jonio si è diretta verso le coste di Lampedusa sebbene, come già accaduto diverse volte nei mesi precedenti, il governo italiano non avesse reso disponibili i propri porti. Nella mattina seguente, il 19 marzo 2019, la Mare Jonio ha ricevuto dal pattugliatore guardacoste "Paolini" della Guardia di finanza l'ordine di fermarsi e arrestare i motori e intimato di non entrare nelle acque italiane. Il comandante ha deciso tuttavia di disobbedire all'ordine, comunicando la situazione di pericolo in cui versava la nave a causa delle condizioni

meteo e del mare e che, per questi motivi, avrebbe proseguito la rotta per trovare riparo al largo di Lampedusa.

Successivamente la Procura di Agrigento ha disposto lo sbarco dei 49 migranti e dunque la nave Mare Jonio è stata autorizzata ad entrare nel porto di Lampedusa, ma contemporaneamente la Procura ha disposto il sequestro probatorio della nave ex art. 253 c.p.p.

Nell'ambito dell'inchiesta sono stati iscritte nel registro degli indagati due persone, il comandante della nave Pietro Marrone e il capo missione Luca Casarini, indagati per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina ex art 12 del Testo Unico129 del 1998 n.286 e per il mancato rispetto dell’ordine di arrestare l’imbarcazione, impartito da una nave della Guardia di finanza.

Tuttavia il 27 marzo 2019 il Procuratore aggiunto Salvatore Vella, che coordina l'inchiesta per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, ha firmato il provvedimento di dissequestro dopo avere fatto tutti gli accertamenti necessari per i reati ipotizzati.

Ciò che ha contraddistinto la vicenda della nave umanitaria della Mediterranea saving humans dalle vicende che hanno interessato le altre ONG, è stato il fatto che la Mare Jonio battesse bandiera italiana.

Di conseguenza avrebbe dovuto essere più difficile per lo Stato italiano impedire l'ingresso nei porti ad una propria nave.

129Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.

Nonostante ciò, nella notte tra il 18 e il 19 marzo, il Ministro dell'Interno Matteo Salvini ha diffuso una direttiva130, diretta alle autorità portuali, ai carabinieri, alla polizia, alla guardia di finanza e alla Marina Militare, con la quale è stato messo per iscritto l’approccio che il governo italiano applica da circa un anno a questo genere di situazioni.

Le autorità competenti sono state invitate ad impedire l’ingresso nelle acque e nei porti italiani alle navi private che abbiano operato attività di ricerca e salvataggio.

Nella direttiva si stabilisce che le operazioni di soccorso condotte in zone SAR che non appartengono all’Italia e il cui comando è stato preso da autorità non italiane, non potranno concludersi in Italia, poiché mettono a rischio "il buon ordine e la sicurezza dello stato costiero in quanto

finalizzate all’ingresso di persone in violazione delle leggi di immigrazione nello Stato costiero".

Tale direttiva però ha suscitato varie critiche da parte degli esperti.

Il giurista Fulvio Vassallo Paleologo, ad esempio, ha sostenuto che "la direttiva tradisce puntualmente tutte le convenzioni internazionali, citate solo per le parti che si ritengono utili alla linea di chiusura dei porti adottata dal governo italiano, ma che non menziona neppure il divieto di respingimento affermato dall’articolo 33 della Convenzione di Ginevra,

130Direttiva per il coordinamento unificato dell’attività di sorveglianza delle frontiere marittime e per il contrasto all’immigrazione illegale ex articolo 11 del d.lgs. n. 286/1998 recante il Testo Unico in materia di Immigrazione. Testo integrale della direttiva è reperibile su www.corriere.it/politica/19_marzo_18/controllo-frontiere- marittime.

norma destinata a salvaguardare il diritto alla vita e alla integrità fisica delle persone. Questa omissione si traduce in una ennesima violazione del diritto interno e internazionale. Gravi le conseguenze per quelle autorità militari che dovessero dare corso a un provvedimento ministeriale manifestamente in contrasto con le Convenzioni internazionali e con il diritto dei rifugiati. Secondo l’Unhcr131 il diritto dei rifugiati va richiamato con funzione prevalente rispetto alle norme di diritto internazionale del mare e alle norme contro l’immigrazione irregolare".

Un'ulteriore critica è stata sostenuta da Mario Morcone, ex capo di gabinetto del Viminale e direttore del Consiglio italiano per i rifugiati (Cir), secondo il quale tale circolare "esercita un astratto e un po’ ipocrita formalismo nell’analisi delle norme. Accetta il presupposto che i porti libici possano essere considerati sicuri e che l’attracco presso i porti tunisini e maltesi sia possibile. È una direttiva che non prende in alcuna considerazione il drammatico contesto reale"132.

131Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, Agenzia delle Nazioni Unite specializzata nella gestione dei rifugiati.

132Dichiarazione di Mario Morcone, direttore del Consiglio Italiano per i Rifugiati, alla stampa. www.cir-onlus.org/2019/03/19/.

5.La nave Lifeline e la decisione di ridistribuire i migranti dopo lo