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La nave Open Arms e il rifiuto di ritirarsi dalle operazioni di soccorso.

Gli interventi in mare delle ONG nella recente prassi applicativa

1. La nave Open Arms e il rifiuto di ritirarsi dalle operazioni di soccorso.

Proactiva Open Arms è un'organizzazione non governativa nata a Badalona, nei dintorni di Barcellona, fondata dall'imprenditore Oscar Camps, il quale un giorno a Lesbo, in Grecia, vide la foto di un bambino annegato e realizzò che una tale situazione non poteva andare avanti. Le prime attività di Proactiva si concentrano infatti sulla rotta balcanica: nel settembre 2015 i volontari si occupano di soccorrere i migranti che naufragano a pochi metri dalla costa greca, a seguito di donazioni, successivamente, l'organizzazione riesce ad acquistare due moto d'acqua e tre piccole barche.

Nel marzo 2016, a seguito dell'accordo tra gli Stati membri dell'Unione europea e la Turchia82, le rotte dei flussi migratori si spostano verso il Mediterraneo centrale, dalla Grecia all'Italia.

82Il 18 marzo 2016 i membri del Consiglio europeo hanno incontrato la controparte turca per affrontare la crisi migratoria. Al fine di smantellare il modello di attività dei trafficanti e offrire ai migranti un'alternativa al mettere a rischio la propria vita, l'UE e la Turchia hanno concordato una serie di punti. https://www.consilium.europa.eu.

Di conseguenza anche Open Arms decide di cambiare rotta e posizionarsi tra la Libia e il Golfo di Sicilia.

La prima nave con la quale l'organizzazione inizia a svolgere la propria attività di soccorso si chiama Astral, donata da un milionario italiano Livio Lo Monaco.

Inizialmente non idonea a svolgere operazioni sar, è stata oggetto di una importante ristrutturazione.

Solo in seguito la ONG acquista la nave Open Arms tramite un raccolta fondi online.

Per quanto riguarda i finanziamenti, anche Procativa Open Arms è stata accusata di scarsa trasparenza.

L'organizzazione infatti non pubblica un bilancio dettagliato sul proprio sito online, come quelli invece forniti da Medici senza frontiere e Save the children, ma semplici informazioni che rendono noti i seguenti dati83: al 30 settembre 2017 le donazioni hanno raggiunto i 3,6 milioni di euro di cui il 96% proveniente da donazioni private e il restante 4% da organizzazioni e amministrazioni locali.

Proactiva Open Arms è stata oggetto di una importante vicenda giudiziaria.

La mattina del 15 marzo 2018 il centro nazionale di coordinamento del soccorso marittimo di Roma (MRCC) è stato avvertito della presenza di

alcuni gommoni in difficoltà a una settantina di chilometri dalla costa libica.

L'MRCC ha quindi avvisato tutti i centri di soccorso potenzialmente interessati nella zona.

Alla chiamata hanno risposto il centro di Tripoli e la nave di Open Arms. Quando la Open Arms si trovava ad una ventina di miglia dal luogo di avvistamento del gommone, la nave militare italiana Capri, di stanza a Tripoli nell’ambito dell’operazione Nauras, alle 5:37 informò l’MRCC di Roma che una motovedetta libica avrebbe mollato gli ormeggi per dirigersi verso l’obiettivo; poco dopo la stessa Guardia costiera libica informò l’MRCC di Roma della propria intenzione di assumere la responsabilità dei soccorsi di questo primo gommone (denominato evento SAR 164), chiedendo che la Open Arms si mantenesse fuori dalla portata di vista.

Il Comando in capo della squadra navale (CINCNAV) comunicò all’MRCC di Roma l’avvistamento di altri due gommoni nella stessa area (eventi SAR 165 e 166).

Anche per questi due eventi la Guardia costiera libica comunicò all’MRCC di Roma la propria assunzione di responsabilità.

Giunta però nei pressi del gommone denominato evento SAR 166, la motonave Open Arms constatò l’assenza di mezzi di soccorso libici, comunicò quindi le circostanze all’MRCC di Roma e procedette al salvataggio dei migranti.

Il centro nazionale di coordinamento del soccorso marittimo di Roma chiese quindi alla Open Arms di informare la Guardia costiera libica e coordinarsi con quest’ultima, la Open Arms rispose di aver tentato la comunicazione con la Guardia costiera libica ma senza successo. Concluse le operazioni di salvataggio relative all’evento SAR 166, la Open Arms si diresse verso il gommone dell’evento SAR 164.

In relazione a questa seconda operazione di soccorso, la Guardia costiera libica chiese esplicitamente alla Open Arms di non avvicinarsi ai migranti.

La ONG tuttavia, constatando nuovamente l’assenza di mezzi libici nei pressi del gommone avviò le operazioni di soccorso.

Mentre i migranti venivano trasferiti sulle scialuppe di salvataggio della Open Arms, la Guardia costiera libica giunse sul luogo e chiese al personale della Open Arms di interrompere i soccorsi e di consegnare i migranti.

A fronte del rifiuto dei volontari, dopo momenti concitati di confronto, la motovedetta della Guardia costiera libica decise di abbandonare il luogo permettendo alla Open Arms di completare le operazioni di soccorso. Il gommone contrassegnato come evento SAR 165 fu invece raggiunto dalla motovedetta della Guardia Costiera Libica, a bordo della quale i migranti furono trasferiti e riportati a Tripoli.

Completate le operazioni di imbarco e di immediata assistenza, la Open Arms chiese all’MRCC di Roma l’indicazione di un porto sicuro dove far sbarcare i 218 migranti soccorsi.

A tale richiesta tuttavia l’MRCC di Roma rispose che poiché i soccorsi erano avvenuti in acque di competenza SAR libica e con il coordinamento della Guardia costiera libica, l’MRCC non assumeva la responsabilità dell’identificazione di un luogo sicuro e la Open Arms avrebbe dovuto contattare a tal fine il proprio Stato di bandiera, cosa che la Open Arms fece dando inizio ad un dialogo negoziale tra le autorità italiane e spagnole.

In attesa dell’indicazione del porto di sbarco, la Open Arms proseguì comunque la propria navigazione verso nord, in acque internazionali. Nei pressi di La Valletta, Open Arms chiese a Malta l’autorizzazione a sbarcare una donna e un bambino bisognosi di cure urgenti. L’evacuazione fu autorizzata per i due passeggeri ed effettuata via elicottero senza che la Open Arms entrasse nel porto maltese.

Sia l’MRCC di Roma sia le autorità spagnole consigliarono al capitano della Open Arms di chiedere a Malta l’autorizzazione allo sbarco di tutti i 218 migranti, ma il capitano giudicò trattarsi di una richiesta inutile data la costante politica di rifiuto fino ad ora praticata da Malta.

A seguito di un ulteriore intenso scambio diplomatico tra autorità italiane e spagnole, la Open Arms fu finalmente autorizzata ad entrare nel porto di Pozzallo dove i migranti furono sbarcati ed identificati.

In generale, da tutta la descrizione dei fatti traspare chiaramente il continuo dialogo tra i Libici e le autorità italiane volto a privilegiare l’intervento libico rispetto a quello della Open Arms o di altri soccorritori, e ciò nonostante i gommoni fossero già in acque internazionali al momento dell’avvistamento.

Al momento dello sbarco, contestualmente alle procedure di identificazione dei migranti, è stato però notificato alla Proactiva Open Arms il sequestro della nave e l’apertura dell’indagine da parte del Procuratore di Catania.

Il responsabile della ONG, il comandante e il coordinatore della nave sono stati indagati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina poichè sospettati di avere portato in Italia illegalmente 218 migranti soccorsi in mare, ignorando l’indicazione delle autorità italiane di consegnarli ai libici.

Il G.I.P. di Catania pur confermando il sequestro, ha dichiarato la propria incompetenza a favore del G.I.P di Ragusa.

Quest'ultimo il 16 aprile 2018 ha emesso un Decreto di rigetto della richiesta di sequestro preventivo della Open Arms84, ritenendo non

84 questionegiustizia.it/.../decreto_rigetto_sequestro_preventivo_tribunale_Ragusa_ gip.

sussistente il fumus del delitto di cui all’articolo 12, comma 3 lett. a) e b), 3-bis, del d.lgs 286/9885.

La ricostruzione dei fatti operata dalle due diverse Autorità giudiziarie non è significativamente differente.

Sebbene esse partano da analoghe acquisizioni in fatto, il G.I.P. di Ragusa ha ritenuto sussistenti i presupposti della scriminante dello stato di necessità, prevista dall’art. 54 del codice penale86.

La decisione di dissequestrare Open Arms si è fondata sull’illiceità di un eventuale rimpatrio in Libia.

Il G.I.P. di Ragusa, infatti, ha ritenuto legittimo il rifiuto della nave umanitaria di ritirarsi dalle operazioni di soccorso a favore della Guardia costiera libica e di cooperare con essa.

Sulla base di una tale cooperazione, infatti, i migranti sarebbero stati rimpatriati in Libia, violando di conseguenza il principio di non refoulement87.

85D.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero. Testo intero reperibile su https://www.esteri.it/mae/normative/normativa.../d_lgs_25_luglio_1998_n_286.pdf. 86Art 54 c.p.: "Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo.

Questa disposizione non si applica a chi ha un particolare dovere giuridico di esporsi al pericolo.

La disposizione della prima parte di questo articolo si applica anche se lo stato di necessità è determinato dall'altrui minaccia; ma, in tal caso, del fatto commesso dalla persona minacciata risponde chi l'ha costretta a commetterlo".

87"Nessuno Stato Contraente espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua

Il giudice invece ha affermato, conformemente a quanto previsto dalla Convenzione SAR, che le operazioni di soccorso non si esauriscono nel mero recupero in mare dei migranti, ma devono completarsi e concludersi con lo sbarco in un luogo sicuro (POS, place of safety).

Tale luogo non può essere identificato nel territorio libico, in quanto in esso vengono riscontrate gravissime violazioni dei diritti umani88.

In conclusione va rilevato che la decisione del G.I.P. di Ragusa tende a ridimensionare, in maniera rilevante, la portata degli impegni sottoscritti dalle ONG firmatarie del Codice di condotta.

La mancanza di un sicuro luogo di sbarco in Libia giustificherebbe, infatti, la non applicazione, da parte delle ONG, di tutte quelle regole del Codice di condotta, tendenti ad imporre il riconoscimento di aree di mare in cui il soccorso è demandato alla Guardia costiera libica.

Il mancato rispetto di tali impegni, in particolare quello a non entrare in acque territoriali libiche e a comunicare all'MRCC libico le operazioni intraprese nella zona SAR di competenza, non dovrebbe pertanto

appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche", art. 33, Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati, 1951.

88Sono note, e documentate in diversi rapporti internazionali, le condizioni disumane nelle quali si trovano i migranti riportati nei centri di detenzione in Libia. Nessun porto libico può essere qualificato quale luogo di sbarco sicuro, non essendo il Governo di Tripoli parte della Convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati, ed essendo la situazione dello Stato libico caratterizzata da sistematiche violazioni dei diritti umani. Quest'ultime, subite dai migranti in Libia, sono dimostrate anche dai rapporti delle Nazioni unite del febbraio 2018 e dalle Comunicazioni dell’Oim e dell’Alto Commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati del mese di maggio 2018. F. V. Paleologo, Gli obblighi di soccorso in mare nel diritto sovranazionale e nell’ordinamento interno, in Rivista Questione giustizia, fascicolo 2/2018.

comportare l’adozione di alcuna misura sanzionatoria da parte delle autorità italiane.

La decisione del G.I.P. di Ragusa trova conferma nella successiva ordinanza del Tribunale89, al quale il Pubblico Ministero aveva presentato istanza di riesame.

Con riferimento allo stato di necessità, il Tribunale non si è limitato a ribadire, in modo sintetico, le motivazioni espresse dal Giudice per le indagini preliminari, ma si è spinto oltre, interrogandosi sulla sussistenza stessa del reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Il Tribunale sottolinea infatti che, affinché possa configurarsi tale reato, è necessaria la consapevolezza di promuovere, dirigere, organizzare, finanziare o effettuare il trasporto illegale di stranieri nel territorio dello Stato.

Nel caso di specie, invece, non risulta agli atti alcun tipo di intesa tra il comandante della Open Arms e l’organizzazione autrice dell’illecito trasporto dei migranti, è stato infatti l’MRCC di Roma a contattare inizialmente la nave chiedendo il suo intervento.

Tre circostanze permettono, quindi, nell’opinione del Tribunale, di escludere la configurabilità del reato di cui all’art. 12 D.lgs. 286/98 in capo alla ONG: in primo luogo, l’assenza di una qualsiasi forma di accordo o cooperazione con i trafficanti che organizzano le partenze dalla Libia; in secondo luogo, il fatto che la ONG abbia mantenuto

89Tribunale di Ragusa, Giudice del riesame, Ordinanza di conferma del decreto del G.I.P., 11 maggio 2018.

costantemente la comunicazione con l’MRCC di Roma o con le autorità italiane; ed infine, la circostanza che lo sbarco sia avvenuto su autorizzazione delle autorità italiane e nel luogo da esse indicato.

La nave Open Arms nei mesi successivi ha ripreso a navigare e svolgere ulteriori attività di soccorso, fino a quando non è stata fermata dalle autorità spagnole.

In data 28 dicembre 2018, infatti, la nave Open Arms è approdata nel sud della Spagna con 311 migranti, salvati nella settimana precedente al largo delle coste libiche, dopo che sia l'Italia che Malta le avevano negato l'ingresso nei loro porti90.

L'imbarcazione umanitaria sarebbe dovuta ripartire per le rotte del Mediterraneo l'8 gennaio 2019 ma, in conformità con la decisione della Direzione Generale della Marina mercantile spagnola, l'Autorità portuale di Barcellona ha negato alla nave il permesso di riprendere la sua missione nel Mediterraneo.

L'ONG spagnola, dunque, ha denunciato una tale decisione, in quanto la riteneva una decisione politica, e l'ha impugnata chiedendo il permesso di svolgere attività di osservazione e sorveglianza nel Mar Mediterraneo centrale.

90La spagna ,infatti, è diventata il principale punto di ingresso in Europa per i migranti nel 2018, superando Grecia e Italia, in seguito all'adozione da parte di quest'ultimi di misure che impediscono alle navi umanitarie di attraccare nei porti. Secondo l'Agenzia delle Nazioni Unite, infatti, sono arrivati in Spagna più di 55mila migranti nel 2018. www.thelocal.es

Tuttavia la Direzione Generale della Marina mercantile spagnola, respingendo l'accusa di motivazione politica, ha affermato che una tale decisione si fonda sul fatto che, essendoci una politica di chiusura dei porti da parte dell'Italia e di Malta, la nave sarebbe costretta a navigare su lunghe distanze prima di raggiungere un place of safety.

Di conseguenza metterebbe in pericolo l'equipaggio della nave e i migranti soccorsi e ciò costituirebbe una violazione del diritto marittimo91.

91 ECRE (European Council on Refugees and Exiles), Spain: Open Arms Search and

2. La nave Iuventa e il favoreggiamento dell'immigrazione