PARTE SECONDA
8. L’auctoritas virgiliana e dei poeti cristiani nell’ars Iulian
Nei primi paragrafi del presente lavoro si è fatta luce sulla classica ed inveterata distinzione tra la
recte eloquendi scientia e la poetarum enarratio, su cui si basava la struttura dell’insegnamento del
latino nelle scuole imperiali e tardoantiche e, naturalmente, delle stesse artes. Che il ruolo del
magister fosse, stricto sensu, rimasto immutato, lo attesta quanto di recente afferma il Carracedo
Fraga519: ‘En las importantes escuelas de la Hispania visigoda el grammaticus, el maestro bien formado en la lengua latina, continuaba apoyando sus explicaciones en los textos de los poetas como auctoridades imprescindibles, para enseñar a sus alumnos el funcionamiento gramatical de la lengua y los múltiples apsectos de la cultura latina, algunas veces leía esos textos de forma directa y otras veces se servía de los ejemplos del gran caudal gramatical acumulado por sucesivas generaciones de maestro’. Assodati gli strumenti di cui si avvalevano i tecnici dell’insegnamento, resta da circoscrivere l’indagine al ruolo predominante che la poesia rivestiva nelle artes
grammaticae ed in particolare di Virgilio nell’ars Iuliani, in cui le citazioni del Mantovano
ammontano a 251, ripartibili nel seguente schema520:
Isidorus Iunior Iulianus
80 134 251
516 Cfr. Díaz y Díaz, cit., 1958, 525. 517 Cfr. Id., cit., 1958, ibid.
518 Cfr. Giannini, cit., 1996, 159.
519 Cfr. Carracedo Fraga, cit., 2005, 93-107, 94.
520 I dati sono desunti da uno studio condotto su di uno spoglio quantitativo dei versi di Virgilio di J. Carracedo Fraga
in, Virgilio en la escuela visigótica, «Actas IV Congresso Internacional de Latin Medieval Hispânico», por A. A. Nascimento-P. F. Alberto, Lisboa 2006, 283-292, 291.
99 99 4 La distribuzione dei versi virgiliani però è a sua volta distinguibile sulla base delle tre opere:
Ecloghe, Georgiche ed Eneide:
ecl. georg. aen.
Isidorus 6 5 69
Iunior 11 13 110
Iulianus 20 16 215
Non è affatto casuale la presenza di Virgilio super auctores, soprattutto se lo si considera in stretta relazione con il taglio prettamente cristiano di cui è irrorata la facies dell’ars Iuliani, finalizzata ad un opus rivolto ai futuri commentatori ed esegeti delle Sacre Scritture.
Gli studi che hanno approfondito la presenza di poetae nelle grammaticae si sono soffermati quasi esclusivamente al I sec. d. C., tralasciando l’evoluzione che tale trattazione avrebbe incontrato nei secoli tardi e cristiani. Appurato lo status anche giuridico dei magistri ed il quadro omogeneo della triplice suddivisione dell’insegnamento in ludus elementare, scuola di grammatica e scuola di retorica521, pur in assenza di direttive generali sull’ars docendi da parte di un’autorità centrale, si può notare come l’ars Iuliani sia incentrata per lo più sulla recte eloquendi scientia, compresa tra alfabeto, lettere, sillabe, prosodia, metrica e morfologia, senza la sintassi, consolidando un modus
docendi alla base dell’apprendimento linguistico e dell’intera produzione grammaticale nell’arco
del Medioevo522. Oltre ad isolare le citazioni di poeti presenti nell’ars che spaziano da Ennio a Virgilio, fino a Sedulio, occorre motivare la preponderanza di Virgilio sugli altri. È nota l’importanza rivestita dai poeti rispetto ai prosatori, se si medita su quanto asserito da Aspro nel
Dialogus de oratoribus
Tac., dial. 20, 5-6: Exigitur enim iam ab oratore etiam poeticus decor, non Accii aut Pacuvii veterno inquinatus, sed ex Horatii et Virgilii et Lucani sacrario prolatus. Horum igitur auribus et iudiciis obtemperans nostrorum oratorum aetas pulchrior et ornatior extitit.
Infatti la lettura ed il commento di testi poetici consentiva di tradurre operativamente le nozioni tecniche di prosodia e metrica, parte imprescindibile del magistero grammaticale, propedeutico allo studio della rhetorica eloquentia, che grande spazio concedeva al corretto usus del sermo
numerosus. L’esigenza della scientia pedum metrorum è ribadita anche da Massimo Vittorino in un
521 Cfr. G. F. Gianotti, I testi nella scuola, «Lo spazio letterario di Roma antica», a c. di G. Cavallo-P. Fedeli-A.
Giardina, vol. 2, La circolazione del testo, Roma 1989, 421-466, 426-472; M. Joyal-J. C. Yardley-I. Mcdougall, Greek and Roman Education. A Sourcebook, London 2008, 63-69; F. Le Blay, Transmettre les savoirs dans les mondes hellénistique et romain, Rennes 2010, 24-48 e W. M. Bloomer, The School of Rome. Latin Studies and the Origins of Liberal Education, Berkeley-Los Angeles –London 2011, 56-61.
522 Cfr. R. H. Robins, Ancient and Medieval Grammatical Theory in Europe, London 1951, 137-181; E. Hovdhaugen,
Foundations of Western Linguistics: From the Beginning to the End of First Millennium A. D., Oslo 1982, 87-102; De Nonno, cit., 1990, 597-646; O. Monno, ‘Gente di scuola’ nei libri di scuola, «Maia» 64, 2012, 346-354 e M. Pugliarello, Le passioni del Grammaticus, «Maia» 64, 2012, 334-345.
100 100 4 esemplificativo locus in cui si precisa la capacità di distinzione tra colon e comma, periodus e
numerus, con riferimento alla rhetorica Ciceronis523:
Max. Vict. GL 6, 227, 25-228, 5: Haec prudenti satis sunt, hisque exemplis omnia in promptu habebit. Rhetoricam autem eloquentiam, id est veram, nosse non poterit, nisi qui ad eam hoc vestigio venerit, primum ut discat, quot sint pedes metrorum; deinde quae sit natura syllabarum in verbis, quod hic docuimus; tum quid sit colon, quid comma; deinde quid sit periodus, quid numerus, quid sint orationes solutae, quid numerosum; quae sint praeterea tres primae figurae dicendi, magna temperata subtilis, postremo quae sint figurae verborum, quae sententiarum. His impletis Ciceronis rhetoricam omniaque eius incipiat legere, id est totam rhetoricam, seque cotidie exerceat.
Ancora Orazio sottolinea come i verba poetarum tengano lontano le aures puerorum ab obscenis
sermonibus, moderando i sentimenti poco nobili come l’ira e l’invidia:
Hor. epist. 2, 1, 126-131: Os tenerum pueri balbumque poeta figurat, torquet ab obscenis iam nunc sermonibus aurem, mox etiam pectus praeceptis format amicis, asperitatis et invidiae corrector et irae; recte facta refert, orientia tempora notis instruit exemplis, inopem solatur et aegrum. Castis cum pueris ignara puella mariti
disceret unde preces, vatem ni Musa dedisset?
Infine Quintiliano asserisce che si deve iniziare dalla lettura di Omero e di Virgilio, cosicché l’animus si protende verso la sublimitas, grazie all’aemulatio magnitudinis rerum. Molto recentemente il De Paolis524 ha sottolineato che: ‘si poneva il problema di quali fossero gli auctores che fornivano attestazioni sicure e controllate dell’usus, per distinguere le forme che potevano essere considerate valide sulla base di una solida garanzia fornita da un autore ritenuto normativo’. La strutturazione del canone degli autori da studiare e preferire si fonda almeno su due fonti privilegiate: le artes che, con le citazioni costituiscono una misura della maggiore o minore fortuna di un poeta considerato appunto ‘performativo’ ai fini dell’insegnamento, e i commenti, strumenti indispensabili ad una consapevole lettura di un testo525.
Se fino all’epoca di Augusto i poeti arcaici, da Livio Andronico ad Ennio, occupano la maggior parte dei testi destinati ai discenti, divenendo validi exempla526, a partire dal II sec. d. C., Orazio, Virgilio ed Ovidio riscuoteranno un indiscutibile successo anche per la pregiatezza dei loro versi. Il plagosus Orbilio527 obbligava, con metodi piuttosto sbrigativi, Orazio528 a memorizzare parti dell’Odusia di Livio, nonostante l’opera risultasse al Venosino poco emendata e per nulla
523 Cfr. P. De Paolis, Cicerone nei grammatici tardoantichi e altomedievali, «Ciceroniana. Atti dell’XI Colloquium
Tullianum Cassino-Montecassino, 26-28 aprile 1999», Roma 2000, 37-67.
524 Cfr. De Paolis, cit., 2013, 465-487, 472. 525 Cfr. Pugliarello, cit., 2012, 607-609.
526 Cfr. Plin. epist. 2, 14, 2 Ad hoc pauci cum quibus iuvet dicere; ceteri audaces atque etiam magna ex parte
adulescentuli obscuri ad declamandum huc transierunt, tam inreverenter et temere, ut mihi Atilius noster expresse dixisse videatur, sic in foro pueros a centumviralibus causis auspicari, ut ab Homero in scholis.
527 Cfr. G. D’Anna, La cronologia dell’epistola di Orazio ad Augusto, «Vichiana» 12, 1983, 121-135 e G. Garuti, La
scuola di Orbilio, «Enciclopedia Oraziana» 1, Roma 1996, 227-229.
528 Cfr. Hor. epist. 2, 1, 68-71 Non equidem insector delendave carmina Livi / esse reor, memini quae plagosum mihi
101 101 4
pulchra. I vari giudizi negativi sulla fase arcaica della letteratura latina trapelano patenti
dall’Epistola ad Augusto, in cui Orazio mostra che già dal I sec. a. C, i tempi erano maturi per un cambio netto di tendenza:
Hor. epist. 2, 1, 50-56: Ennius et sapiens et fortis et alter Homerus, ut critici dicunt, leviter curare videtur quo promissa cadant et somnia Pythagorea. Naevius in manibus non est et mentibus haeret paene recens? Adeo sanctum est vetus omne poema. Ambigitur quotiens uter utro sit prior, aufert
Pacuvius docti famam senis, Accius alti.
Orazio critica chi ritiene che solo i poeti degni di esser letti fossero gli arcaici, serbando comprensibili riserve su Ennio e Nevio, sul loro ruolo dominante nella prassi scolastica hos ediscit, ma anche in merito alle rappresentazioni teatrali, così note ed applaudite, come se Roma potens non riuscisse a disincagliarsi dall’imitazione, ammettendo altri poeti che non fossero quelli appena ricordati529.
Suet. gramm. 16, 2-3: Post deinde damnationem mortemque Galli scholam aperuit sed ita ut paucis et tantum adulescentibus praeciperet, praetextato nemini nisi si cuius parenti hoc officium negare non posset. Primus dicitur Latine ex tempore disputasse primusque Vergilium et alios poetas novos praelegere coepisse, quod etiam Domitii Marsi versiculus indicat<ur>: ‘Epirota, tenellorum nutricula vatum’.
Svetonio racconta di un’innovazione sensazionale, introdotta da Cecilio Epirota, vertente sul ripensamento e sulla conseguente modernizzazione dei programmi scolastici. Dopo aver aperto una scuola, a seguito della morte di Cornelio Gallo nel 26 a. C., Epirota agevolò la lettura dei poeti contemporanei e viventi come Virgilio, di cui si conoscevano almeno le Bucoliche e le Georgiche, postuma la pubblicazione dell’Eneide530. Dal De Paolis siamo a conscenza che la scuola di Cecilio Epirota era sui generis, poiché l’ingresso veniva consentito anche ai discepoli più grandi d’età rispetto a quella consueta per tutti gli altri discenti, scuola che doveva incontrare un grande consenso da parte dei parentes che insistevano affinché i figli frequentassero i corsi di Cecilio Epirota. Tutto ciò lascia ipotizzare che ormai nel 26 a. C. la poesia contemporanea venisse apprezzata a detrimento di quella arcaica; il noto adagio properziano531 saluta l’attesa ‘edizione’ dell’Eneide con il Cedite Romani scriptores, cedite Grai / Nescio quid maius nascitur Iliade, da cui si deve concludere che, a poca distanza dalla morte di Virgilio, l’Eneide circolasse massiciamente, divenendo optima lectura nelle scuole ed oggetto di commenti e sistematiche schedature di lemmi ed usi linguistici, i cui effetti si riverbereranno soprattutto nelle artes grammaticae. Accanto a
529 Cfr. Suet, cit., 1995, 188-189.
530 Cfr. W. Suerbaum, Der Anfangsprozess der ‘Kanonisierung’ Vergils, «Kanon in Konstruktion und Dekonstruktion.
Kanonisierungsprozesse Religiöser Texte von der Antike bis zur Gegenwart», hrsg. von E.-M. Becker-S. Scholz, Berlin-Boston 2012, 171-219.
102 102 4 Cicerone per la prosa, Virgilio assurge ad auctor privilegiato, indenne anche alla discutibile modernizzazione letteraria d’età neroniana532.
Il Carracedo Fraga, in un intervento che ripercorre in breve le tappe dell’affermazione delle opere virgiliane nelle grammatiche visigotiche, rileva che533: ʻLa historia ha personalizado en el gramático Quinto Cecilio Epirota el haber sido el primero en atreverse a utilizar en sus lecciones textos de Virgilio, cuando el poeta continuaba trabajando todavía en su Eneidaʻ. Molto probabilmente il contenuto delle sue opere, assimilato, non sempre in maniera corretta, alla dottrina cristiana, ha fatto propendere alcuni grammatici, come Isidoro di Siviglia, Isidoro Iunior e Giuliano di Toledo, a ritenerlo particolarmente adatto e confacente all’esegesi dei testi sacri, come mediatore del Verbo Divino534: ʻVirgilio es el modelo indiscutible para aprender palabras, ritmos, imágenes, en suma, correcta y buena lengua latina. Virgilio es además el gran depositario de toda la cultura clásica fácilmente asimilabile por la cultura cristianaʼ.
Bibbia
Isidoro 7
Isidoro Iunior 54
Giuliano 96
Tenendo in considerazione i dati della prima tabella, non v’è dubbio che i poeti sono maggiormente presenti, rispetto ai prosatori, nelle grammatiche di Isidoro, Isidoro Iunior e Giuliano. Gioca un ruolo non secondario, tuttavia, la presenza dei libri biblici che concorrono, con Virgilio, nell’aggiudicarsi il primato di citazioni, anche se appare indiscutibile la superiorità delle occorrenze del Mantovano, pari al 95, 5% del totale all’interno dell’ars Iuliani.
Ecloghe Georgiche Eneide
Isidoro 1:1 6:1 2:0 7:0 3:2 8:1 4:0 9:1 5:0 10:0 1:2 2:2 3:1 4:0 1:22 7:1 2:7 8:3 3:9 9:5 4:5 10:4 5:4 11:1 6:6 12:2
532 Cfr. M. L. Delvigo, Testo virgiliano e tradizione indiretta. Le variazioni probiane, Pisa 1987 e S. Timpanaro,
Virgilianisti antichi e tradizione indiretta, «Accademia Toscana di Scienze e Lettere la Colombaria» 195, Firenze 2001, 76-80.
533 Cfr. Carracedo Fraga, cit., 2005, 283.
534 Cfr.Carracedo Fraga, cit., 2005; lo stesso rileva: ‘Los manuales acumulativos de la Tardía Antigüedad se encargan
103 103 4 Isidoro Iunior 1:3 6:1 2:0 7:0 3:3 8:2 4:0 9:2 5:0 10:0 1:4 2:5 3:3 4:1 1:36 7:4 2:15 8:1 3:13 9:2 4:13 10:0 5:13 11:0 6:11 12:2 Giuliano 1:4 6:3 2:0 7:1 3:7 8:2 4:0 9:2 5:0 10:1 1:5 2:6 3:5 4:0 1:72 7:10 2:29 8:14 3:15 9:8 4:21 10:10 5:7 11:7 6:16 12:6
In Giuliano, più che in Isidoro di Siviglia ed in Isidoro Iunior, un blocco unico e compatto è formato dalle citazioni dalle tre opere di Virgilio, la cui influenza, nel Toletano, risulta determinante, anche a livello pedagogico; ciò potrebbe motivarsi con il fatto che, al pari della presenza omerica, nelle scuole, i poeti epici arcaici, da Livio Andronico ad Ennio, si avvertivano come i più caratteristici ed esemplificativi dei mores e delle origini quiritarie del popolo romano e pertanto sostituibili dall’Eneide che, com’è noto, si riproponeva di esaltare la nascita e la ventura fama di Roma. Nei tre grammatici sono altresì cospicui i versi delle due esadi virgiliane, (tranne il decimo e l’undicesimo in Isidoro Iunior), sebbene le occorrenze poetiche, appartenenti ai libri successivi al quarto, decrescano progressivamente. D’altro canto il contenuto dei primi sei libri dell’Eneide s’impronta al ricordo delle peripezie del viaggio degli esuli troiani, sì da spiccare per una facies nettamente ‘odissiaca’, ben collimante con i contenuti e gli exempla di cui i magistri si servivano, per fornire spiegazioni e strumenti di ermeneutica dei testi sacri. Ad una lettura ed analisi più tecnica, la poderosa frequenza delle opere virgiliane nei grammatici d’area visigotica si ricollega a ciò che la Strati535 ha definito ʻvirgilianismi di sostratoʼ e di cui si è già in parte discusso in precedenza. Il fenomeno è intelligibile con il fatto che sia i manuali dei grammatici antichi (Donato ed Aspro) sia quelli tardoantichi, medievali e visigotici, riutilizzano, per larga parte, versi già citati in altre grammatiche precedenti, modelli dei maestri, così da adottarli all’uopo, in base all’esigenza esemplificativa più cogente, e da giungere ad un processo, per altro molto comune in ambito
104 104 4 grammaticale, definito dal Carracedo Fraga536 come ʻsucesivo y acumulativoʻ, poiché ʻLas mismas explicationes y, por consiguiente, los mismos ejemplos van pasando de un modelo al imitador; y eso supone que siempre haya mucho heredado y repetidoʼ.
Oltre alle citazioni virgiliane, desunte dai commenti a Virgilio537, come quelli di Servio538,
Commentarii in Vergilii Aeneidos libros, e di Donato539, sia nella versione originale sia in quella interpolata, note come Servius auctus o Servio Danielino, si notano alcuni versi da altri commentari come le Explanationes di Giunio Filargirio, di cui è tuttora fondamentale lo studio del Funaioli540, benché risalente, scoliasta di Virgilio del V sec d. C., il quale attese all’esegesi delle Bucoliche e delle Georgiche, riducendole dai commentarii serviani, a queste opere541, a loro volta derivate da quelli donatiani.
Lo Schindel542 ha stabilito, con relativa certezza, l’esitenza di un manuale di grammatica, modello comune dei tre grammatici visigoti, sicuramente confezionato in Spagna all’inizio del VI sec., dipendente, per buona parte, dal commentario di Donato. A titolo dimostrativo di quanto sostenuto, si consideri il verso aurea mala decem misi (ecl. 3, 71), interpretato dai tre auctores come un’allegoria, riferita alle dieci Ecloghe dedicate dal poeta ad Augusto; in Giuliano (215, 330- 331), in Isidoro (1, 37, 22) ed in Isidoro Iunior (235, 622-623) si legge aurea mala decem misi id
est, ad Augustum decem eclogas pastorum, per cui con l’immagine delle dieci mele si allude alle
dieci ecloghe; così, continua Giuliano nell’espressione, item Vergilius sub persona morientis
Didonis ita espressit dicens Ter sese adtollens cubitoque adnixa levavit, in cui occorre intravedere
un’allusione alle tre guerre puniche che Cartagine perse e la sua finale distruzione nel 146 a C.. La stessa spiegazione è presente nel testo delle Explanationes attribuibili al Filargirio, anch’egli appartenente all’area iberica, mentre su diverso versante interpretativo si colloca l’esegesi di Servio543 secondo il quale et volunt quidam hoc loco allegoriam esse ad Augustum de decem
eclogis, quod superfluum est; quae enim necessitas hoc loco allegoriae? Servio si richiama, con
evidenza, al concetto della necessitas allegoriae, per indicare come superfluo il paragone tra le mele inviate da Menalca ad Aminta ed i dieci componimenti pastorali consegnati all’imperatore544; probabilmente dietro i tre grammatici si può scorgere l’alone del commentario di Donato545.
Tuttavia bisogna vagliare anche una seconda ipotesi che si appoggia sull’esistenza non di una fonte comune d’area spagnola, per quanto concerne i versi di Virgilio e, lato sensu, per le
536 Cfr. Carracedo Fraga, cit., 2005, 285.
537 Cfr. I. Barabino-A. V. Nazzaro-A. Scivoletto, Interpretationes Vergilianae minores, vol. 5., Genova 1991-2000, 78. 538 Cfr. A. Pellizzari, Servio. Storia, cultura e istituzioni nell'opera di un grammatico tardoantico, Firenze 2003, 87-93. 539 Cfr. S. Gorla, Prime osservazioni sulle glosse Virgilii tramandate nel Liber glossarum, «Histoire Épistémologie
Langage» 36, 2014, 97-118; Ead., Citazioni del perduto Commento di Donato a Virgilio tramandate sub nomine Donati nel Liber glossarum, «Rivista di Cultura Classica e Medievale» 58, 2016, 85-119.
540 Cfr. G. Funaioli, Esegesi virgiliana antica. Prolegomeni alla edizione del commento di Giunio Filargirio e di Tito
Gallo, Milano 1930; M. Geymonat, Filargirio gallo-romano?, «Atti del Convegno nazionale di studio su Virgilio 1-2 maggio 1982», a c. di R. Uglione, Torino 1984, 171-174.
541 Cfr. A. Setaioli, Filoni interpretativi nell’esegesi tardo-antica delle Georgiche, «Atti del Convegno Virgiliano sul
Bimillenario delle Georgiche, Napoli 17-19 dicembre 1975», Napoli 1977, 521-547.
542 Cfr. Schindel, cit., 1975, 221. 543 Ad ecl. 3, 71.
544 Cfr. N. Terzaghi, Le allegorie nelle Ecloghe di Virgilio, Firenze 1902, 90-127. Appare in tal senso riduttivo il
giudizio del Terzaghi che corregge il ripudio fatto da Servio dell’allegoria delle dieci mele, argomentando diversamente, ovvero giudicando incompatibile il velato riferimento alle ecloghe con il novero finale dei doni per l’amata, che ammontano ad undici. È però evidente che lo studioso non ha tenuto conto del ruolo svolto, nella elaborazione delle antiche allegorie, da nozioni generali, frutto di una memoria collettiva e sedimentata, difficilmente riconducibile, ipso facto, ad una ratio precisa. Cfr. O. Monno, Teoria e applicazione dell’allegoresi nel commento serviano alle Bucoliche, «Auctores Nostri» 4, 2006, 97-134.
105 105 4 occorrenze dei poeti cristiani, ma di vari commenti realizzati ad hoc da ciascun grammatico- maestro, creati indipendentemente, ovvero glossari specifici ai versi. A suffragio di questa alternativa, secondo il Carracedo Fraga, depone il fatto che, in alcuni casi, è manifesto come ciascun grammatico cerchi di aggiungere autonomamente ai versi di Virgilio, copiati dalla propria fonte, altri emistichi che completino una determinata occorrenza, impiegata come exemplum546. Da questa tendenza sarebbe immune Isodoro Iunior per la netta inferiorità di dipendenza dall’ars donatiana, rispetto a Isidoro di Siviglia e a Giuliano, oltre per il fatto che il suo De vitiis et
virtutibus orationis aspira ad essere innanzitutto un catalogo completo di esempi e versi virgiliani,
tanto da realizzare una raccolta commentata dei versi dell’Eneide. I grammatici iberici, anche per altri aspetti, ovvero per il modus constituendi gli exempla virgiliani, ci inducono a confermare l’ipotesi appena espressa, cioè che non si può parlare esclusivamente di tradizione indiretta, per quanto concerne la conoscenza di Virgilio, poiché esistono tracce di una chiara conoscenza diretta del poeta, a detrimento di quanto afferma la Strati547 a conclusione del suo studio: ʻanche i sedimenti virgiliani rintracciabili nella produzione letteraria di Giuliano sembrano denunciare una consuetudine più mediata che immediata con l’autore antico, una ricezione più passiva che attiva, un habitus alla memoria e alla citazione di seconda mano che si configura come tecnica tradizionale nella compilazione dell’opera grammaticaleʻ. Fatta salva la bontà dell’asserto, non mi sembra ultroneo considerare alcuni esempi che potrebbero, però, indurre a rivalutare e a riformulare, in maniera meno recisa, quanto evinto.
Donato menziona, nella sezione dedicata all’antithesis, l’uso arcaico di olli per illi, Isidoro (1, 35, 6) si limita a riportare l’esatta definizione del suo antigrafo, ma Giuliano (194, 76-77) completa il verso citato dal suo modello, aggiungendone la parte mancante: Antithesis est litterae
pro littera positio, ut olli per illi. Vergilius: ‘olli subridens hominum sator atque deorum’, (aen. 1,
254); Donato invece seccamente: Antithesis est litterae pro littera positio, ut olli pro illi. Tale tendenza Giuliano la manifesta anche per Eugenio di Toledo, (193, 48-49) citandone per intero un