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Il latino nella Spagna del VII secolo

PARTE SECONDA

2. Il latino nella Spagna del VII secolo

Si è in precedenza accennato al fatto che le grammatiche, cristiane e pagane, a partire dal V sec., hanno assunto lo scopo di rinsaldare e, in numerosi casi però, di insegnare, la conoscenza della lingua latina, a fronte del collasso politico, economico e linguistico che l’impero romano d’occidente fronteggiò inesorabilmente. Le varie membra dell’impero sono così distaccate dalla testa che, l’area della latinità, la Románia antica250, si trasforma in un mosaico politico e culturale, a causa delle massicce invasioni barbariche che ormai interessavano tutta la zona del Mediterraneo251. A seguito di tali fenomeni così rilevanti e determinanti, la cultura e la lingua latina si mescolavano alle vicende alterne nelle diverse regioni ed ex province. Il latino tende a scomparire dai territori orientali dell’impero bizantino che, di lingua greca, relega l’uso della lingua di Roma alla sola sfera amministrativa ed economica252. Anche l’Africa romana assiste ad un rapido declino del latino, evento che giustifica, con ogni evidenza, l’attività grammaticale e le lezioni di Pompeo, ultimo baluardo di una cultura sempre più debole e consunta. Le regioni più latinizzate erano l’Africa Proconsolare con Cartagine, la Bizacena, a sud della Proconsolare, confinante con la Tripolitania e la Numidia ad ovest. In questo mosaico geografico si distingue la Mauritania, in quanto solo parzialmente latinizzata; infatti la lingua locale, la libica, chiamata berbera, vi manteneva salde radici. Il latino, oltre a subire la concorrenza del libico, fu circoscritto anche dal punico, molto usato ad Ippona, come anche Sant’Agostino non manca di sottolineare, almeno per il fatto che i suoi fedeli non comprendevano più la lingua dei sermoni253. L’indebolimento del latino in Africa coincide con l’occupazione vandalica dal 420 al 534 ed aumenta in modo esponenziale con gli imperatori bizantini. Fenomeno più diretto e conseguente di questa condizione si rivela proprio la scomparsa delle scuole pubbliche e dell’insegnamento tradizionale, continuato, come anche nella Gallia, da precettori privati. Se in Gallia, dopo le prime invasioni barbariche, le lettere decadono rapidamente, in Spagna iniziò il processo inverso. La percettibile crescita culturale si avverte già nel VI secolo per vari motivi: 1) la febbrile attività di alcune scuole episcopali e monastiche; 2) l’influsso della vicina Africa, culturalmente di buon livello; 3) la romanizzazione piuttosto celere dei Visigoti, con migliori condizioni di vita nella penisola proprio per il lungo contatto con l’impero; 4) la parziale conquista della Spagna meridionale da parte dei bizantini, al tempo di Giustiniano che incise anche nel regno visigoto. La chiesa continuò indisturbata la sua attività

247 Cfr. M. S. Gros Pujol, Liturgia y legislación conciliar en la Hispania visigótica, «Phase» 41, 2001, 29-45.

248 La fonte più importante per conoscere la nascita e lo sviluppo dell’impero visigoto in Spagna è il breve Chronicon

dell’abate Giovanni di Bíclaro; esso copre il periodo dal 567 al 590, data in cui egli divenne vescono di Gerona.

249 Cfr. J. F. Rivera Recio, San Julián, arzobispo de Toledo (s. VII), época y personalidad, Barcelona 1944, 8.

250 Il termine Románia , usato in opposizione al concetto di Barbaria, ricorre negli Historiarum adverus paganos libri di

Orosio e nei carmi di Venanzio Fortunato: nello storico, Románia equivale a Romanorum imperium o orbis Romanus; nel poeta indica l'insieme dei popoli che parlano la lingua di Roma. Nel secondo caso il termine è oggi usato dai filologi.

251 Cfr. M. Marouzeau, Formation du latin littéraire, Paris 1949.

252 Cfr. G. Cremaschi, La lingua latina del medioevo, «Aevum» 5-6, 1957, 415-437. 253 Cfr. A Ernout, Morphologie historique du latin, Paris 1953.

51 51 4 educatrice e pedagogica in campo letterario, grazie alla separazione del potere politico che, invece, in Gallia ne determinò il collasso. Con Recaredo nel 589 i Visigoti si convertirono rapidamente al cattolicesimo, favorendo la florida convergenza d’intenti fra una chiesa fiorente, anche sotto l’aspetto letterario, ed uno stato solidamente organizzato ed ispirato ai valori della romanità, determinando, quindi, una vera e propria rinascita culturale che ebbe i suoi centri principali a Siviglia e a Toledo. La letteratura spagnola risente della produzione antica e pagana, senza quelle eccessive aperture in senso medievale, già avvertite in Gallia e nelle isole. La Spagna dunque produce letteratura d’élite, in cui, accanto alla prevalenza dei chierici, si avverte una discreta presenza laica. Le predilezioni letterarie del re Sisebuto non sono marginali, ma il segno più incisivo di questa evoluzione254. In campo dottrinale la Spagna subisce la crisi priscillianista ed il contrasto fra cattolici e ariani: nonostante quasi nulla resti di letteratura sull’argomento, il Simonetti255 crede che, nel complesso, questa letteratura antica non fosse così significativa come quella dell’Africa, da cui pure fu influenzata. Peculiarità della Spagna cristiana è la forte ostilità per i giudei, più forte che altrove, che, a livello letterario, si riverbera negli scritti giulianei Antikeimena

Libri II e De compositione sextae aetatis libri III. Nel VII secolo in nessuna regione d’Occidente

era ipotizzabile una rinascita culturale, senza il fondamento di una buona formazione grammaticale. In Spagna questa base ebbe spiccata solidità e proprio sulla grammatica si radicano l’immensa opera isidoriana delle Etymologiae e l’ars grammatica di Giuliano. Unicum, come detto, nello scacchiere delle ex province romane si presenta il caso della Spagna in cui la cultura e la lingua latina mantengono un legame solido e forte256. È noto che l’influenza romana in Spagna iniziò con lo sbarco degli Scipioni ad Emporion nel 218 a. C. e dilagò, poi, con la distruzione di Numanzia nel 133 a. C., completata con la sottomissione dei Cantabri ad opera di Augusto nel 19. Questo fenomeno di resistenza linguistica trova anche un’ulteriore riprova nel fatto che numerosi auctores provenivano dalla penisola Iberica, come gli Annei, Quintiliano e Marziale, caratteristica che colloca questa parte occidentale dell’impero in un’assoluta preminenza nella produzione e diffusione culturale. Nella Spagna i barbari irrompono dal 409, con una scossa non certo trascurabile per il latino che, tuttavia, pur attraverso la catastrofe, resiste sia sotto gli Svevi, stanziati nell’estremo lembo occidentale e settentrionale della penisola sia sotto i Visigoti, ormai padroni dell’intero territorio. Grazie alla conversione degli invasori all’arianesimo, come si è detto, nell’ultimo ventennio del VI sec., il latino riprende la sua vitalità, soprattutto in quanto i conquistatori si assoggettano spontaneamente alle stesse istituzioni romane, politiche, economiche ed amministrative257. Lo studio del latino si subordina ad un fine essenzialmente ecclesiastico, per

254 Cfr. U. Domínguez Del Val, Historia de la antigua literatura latina hispano-cristiana, I-VI, Madrid 1998-2004, vol.

III, 45-78.

255 Cfr. M. Simonetti, Romani e barbari. Le lettere latine alle origini dell’Europa (secoli V-VIII), a c. di G. M. Vian,

Roma 20182, 179-215 e bibliografia ivi citata. 256 Cfr. H. I. Marrou, cit., 20165, 56-64.

257 Cfr. Ch. Ducange, Glossarium ad scriptores mediae et infimae Latinitatis, Niort 1883-1887; G. Cremaschi, Guida

allo studio del latino medievale, Padova 1959, 3-14; D. Norberg, Manuale di latino medievale, Cava de’ Tirreni, 1968 (rist. anast. 20053); V. Väänänen, Introduzione al latino volgare, Bologna 20034; V. Paladini-M. De Marco, Lingua e

letteratura mediolatina, Bologna 1970 (rist. anast. 19792); E. Löfstedt, Il latino tardo. Aspetti e problemi, Brescia 1980;

A. De Prisco, Il latino tardoantico e altomedievale, Roma 1991; P. Poccetti-C. Santini-D. Poli, Una storia della lingua latina: formazione, usi, comunicazione, Roma 1999, 67-70; C. Leonardi, Medioevo latino. La cultura dell’Europa cristiana, Firenze 2004; E. D’Angelo, Storia della letteratura mediolatina, Montella 2004; P. Bourgain, Le latin médiéval, Turnhout 2005; E. D’Angelo, La letteratura latina medievale. Una storia per generi, Roma 2009; P. Stotz, Il latino nel Medioevo. Guida allo studio di un’identità linguistica europea, a c. di L. G. G. Ricci, Firenze 2013; P. Chiesa, La letteratura latina del medioevo: un profilo storico, Roma 2017, 121-134, (A. Lattocco, rec. P. Chiesa, La

52 52 4 la piena e retta comprensione della Scrittura e dei Padri della Chiesa. Di conseguenza, anche se nei piani scolastici è contemplato l’insegnamento di tutte le arti liberali, gioca un ruolo eminente la grammatica258. In tal modo, per mezzo dell’attività grammaticale, la cultura iberica ha salvato e trasmesso una fonetica ed una morfologia assai pura ed omogenea, filtrata e mediata dal contatto diretto della tarda latinità cristiana, gelosamente sorvegliata e coltivata nelle scholae259. Prova di questo tentativo risiede nel persistente interesse per il lessico, per cui l’attività del magister diventa sempre più marcata, laddove si rendeva necessario veicolare l’attenzione del discipulus non solo sul significato di termini tecnici come poema, schema e mancipium, ma anche sul valore di lemmi un tempo comuni quali cancelli, ritus e sulla differenza tra passus sostantivo e passus participio. Tuttavia la volontà di non soggiacere in toto al decadimento del latino si materializza nella parte finale dell’ars Iuliani, con la collatio de generibus metrorum, articolata sulle fonti di Audace, Mallio Teodoro e Terenziano Mauro, in una fase storica in cui l’aspetto quantitativo della sillaba era ormai definitivamente tramontato260.

3. L’autore

Hombre de estado, Príncipe de la Iglesia y personalidad literave, secondo il Madoz261 e per il Cuevas262 escritor mas fecundo de la escuela toledana, Giuliano di Toledo, ultimo dei vescovi della Spagna visigota, di cui si conoscono vita ed opere, nasce a Toledo nel 642 e diventa santo della chiesa cattolica il 6 marzo del 690, anno della sua morte263. Incensato dal Murphy264 come ‘in all probability, the ablest administrator as well as the most competent theologian among the Visigothic bishops of Spain and the most competent seventh century theologian in the West’265, lo stesso ne evidenzia, quindi, le indubbie qualità di teologo e di innovatore in ambito teologico e cristologico.

Il vescovo Felice costituisce l’unica nostra fonte storico-biografica affidabile su Giuliano, a lui contemporaneo, di cui compose una breve Vita seu elogium266, dopo appena tre anni dalla morte del predecessore. Il Murphy evidenzia che Felice267, ultimo vescovo metropolita toletano del VII

letteratura latina del medioevo: un profilo storico, Roma 2017, «Bollettino di Studi Latini» 48, 2, 2018, 757-758). Una valida sintesi è ancora in P. Chiesa, La trasmissione dei testi latini. Storia e metodo critico, Roma 2019.

258 L. A. García Moreno, Prosopografía del reino visigodo de Toledo, Salamanca 1974, 25-32, Id., Disenso religioso y

hegemonía política, «Ilu. Revista de Ciencias de las Religiones» 2, 1999, 47-63.

259 Cfr. P. Smiraglia, L’uso delle fonti nel Prognosticum di Giuliano di Toledo, «Classicità, Medioevo e Umanesimo.

Studi in onore di Salvatore Monti», a c. di G. Germano, Napoli 1996, 293-301.

260 Cfr. G. H. García, Julián de Toledo y la realeza visigótica, «Antigüedad y Cristianismo» 8, 1991, 201-256. 261 Cfr. J. Madoz, San Julián de Toledo, «Estudios Eclesiásticos» 26, 1952, 39-69, 39.

262 Cfr. E. Cuevas-U. Domínguez -Del Val, San Julián de Toledo, «Patrologia Española», Madrid 1956, 115-122, 117. 263 Cfr. R. Gonzálvez Ruíz, San Julián de Toledo en el contexto de su tiempo, «Anales Toledanos» 32, 1996, 7-21. 264 Cfr. F. X. Murphy, Julian of Toledo and the Condemnation of Monothelitism in Spain, «Mélanges Joseph De

Ghellinck» Vol. 1, Antiquité, Gembloux 1951, 361-373, 361.

265 Cfr. Id., Ibid. 373.

266 Vita Juliani auctore Felice Toletano etiam Episcopo, a c. di F. A. de Lorenzana, SS. PP. Toletanorum quotquot

extant opera, Madrid 1785 e J. C. Martín-Iglesias, Felix de Toledo, «La Hispania visigótica y mozárabe. Dos épocas en su literatura», por C. Codoñer Merino, Salamanca 2010, 118-120; Id., Relatos hagiográficos sobre algunos obispos de la España medieval en traducción: Ildefonso y Julián de Toledo (BHL 3917 y 4554), Isidoro de Sevilla (BHAL 4488) y Froilán de León (BHL 3180), «Veleia» 28, 2011, 209-242.

267 Del vescovo Felice sappiamo che, prima di diventare Metropolita di Toledo, fu arciprete della Chiesa di Toledo ed in

questa veste partecipò ai concili XIV e XV di Toledo. Fu quindi nominato vescovo di Siviglia. In seguito alla deposizione dell’intrigante vescovo Sisiberto (693), immediato successore di Giuliano, da parte del re Egica, in quanto accusato di cospirazione e di alto tradimento contro il monarca, Felice fu eletto dal XVI concilio nazionale come vescovo della città imperiale e della diocesi metropolitana di Toledo. Nei primissimi anni del suo episcopato scrisse la

53 53 4 sec., fu discepolo di Giuliano presso la scuola episcopale dell’omonima città, in cui lo stesso esercitava l’incarico di ‘grammarian and preceptor’268. Il vescovo Felice è preziosa testimonianza anche dell’intenso ministero episcopale giulianeo e dei suoi rapporti con il potere politico- imperiale, oltre che dell’abbondante produzione storica, poetica, liturgica e teologica del maestro, ma non grammaticale269. Nell’agile biografia, Felice descrive le tappe più importanti della vita di Giuliano270, con un elenco, benché incompleto, delle opere di cui ha contezza. Secondo Hillgarth271 la minuzia descrittiva, impiegata da Felice per descrivere gli scritti, si giustifica con il fatto che il biografo poteva attingere direttamente ai codici di Giuliano i quali godettero di una notevole e repentina diffusione anche in area insulare. La Vita Iuliani consta di dodici brevi capitoli272, la metà dei quali è occupata dal canone delle opere, corredate viepiù da una descrizione, dimostrando con ciò l’importanza tributata a Giuliano, la cui versatilità acclarerebbe ulteriormente la sua fama. Tuttavia la biografia feliciana manca delle notizie sulla famiglia di Giuliano, sul luogo e sulla data precisa di nascita, assumendo, a volte, i tratti di un panegirico entusiasta, ‘pero digno de fe e inapreciable para medir la actividad literaria de Julián’273. La Vita Iuliani è altresì deficitaria circa il ruolo che Giuliano ricopriva nei quattro concili nazionali svolti a Toledo274, così come circa il valore storico della diatriba che oppose lo stesso alla chiesa di Roma275. Con tutta evidenza Felice omette particolari poco cogenti sulla personalità del maestro, ma anche, forse, scomodi e poco lusinghieri, come il rumor per quanto riguarda la possibile origine ebraica di Giuliano, che invece è esplicitata nella Chronica mozarabica del 754276. Questa aporia è in parte sanabile con quanto riportato da un’altra cronaca dell’VIII sec., composta da Isidoro Pacense277, che così scrive nella Continuatio Hispana278: ʻHic anno primo conciliorum duodecimum toletanum in aera 719 triginta quinque episcoporum cum inaestimabili clero vel Christianorum collegio splendidissime colligit. In cujus tempore Julianus episcopus ex traduce Judaeorum, ut flores rosarum de inter vepres spinarum productusʼ. Anche gli atti del XII, XIII, XIV e XV concilio di Toledo si impongono come fonti utili per conoscere meglio le questioni dottrinali disaminate dal primate toletano, autore di buona parte dei canoni conciliari. Infine si ricordi il liber de Scriptoribus Ecclesiasticis di Sigebertus

breve ma assai preziosa Vita seu Elogium del suo predecessore Giuliano. Fonte primaria della conoscenza della vita, della personalità e delle opere di Giuliano.

268 Cfr. Murphy, cit., 1951, 361.

269 Anche Giuliano, a sua volta, aveva scritto una Vita seu elogium del suo predecessore sulla cattedra di Toledo, il

vescovo Ildefonso. La biografia è intitolata Beati Hildefonsi Elogium e, nell’edizione del Migne, viene identificata come Ex sancto Juliano in appendice ad librum de Viris illustribus ab ipso Hildefonso conscriptum. Con ciò si intende praticamente indicare che Giuliano volle proseguire idelamente l’opera dello stesso Ildefonso, autore del De viris illustribus, collezione di biografie dei personaggi più importanti e celebri della Chiesa di Spagna dell’epoca visigota.

270 Cfr. Rivera Recio, cit., 1944, 132.

271 Cfr. N. J. Hillgarth, St. Julian of Toledo in the Middle Ages, «Journal of the Warburg and Courtauld Institutes» 21,

1958, 7-26.

272 La Vita fu edita dal cardinale De Lorenzana come introduzione alle opere di Giualiano; il breve scritto biografico fu

riprodotto anche nel Migne latino, PL 96, coll. 445-452 e V. Yarza Urquiola, Iuliani Toletani episcopi, Elogium Ildefonsi, Felicis Toletani episcopi, Vita Iuliani, Iuliani Toletani episcopi, Antikeimenon, (CCSL 115 B 3-5 e 31-63), Turnhout 2014.

273 Cfr. Madoz, cit., 1952, 39.

274 Cfr. J. N. Hillgarth, Sancti Iuliani Toletanae Sedis Episcopi Opera, Pars 1, Turnhout 1976, Introduction IX, 18,

questa omissione da parte del biografo sarebbe dovuta al fatto che Felice segue the usual pattern of the De viris of St. Ildefonsus.

275 Cfr. Id., ibid. “Felix mentions Julian's relations with Rome only in passing”.

276 Cfr. J. N. Hillgarth, Las fuentes de San Julián de Toledo, «Anales Toledanos» 3, 1971, 97-118.

277 Cfr. T. Arnold, Isidorus Pacensis, «A Dictionary of Christian Biography», ed. by W. Smith, DCL, LLD, e H. Wace,

BD, Londra 1882, vol. 3, 313-315.

278 Cfr. PL 96, col. 1260C; cfr. l’edizione critica di T. Mommsen «Monumenta Germaniae Historica», Chronica minora

54 54 4 Gemblacensis279, monaco del XIII sec., in cui si chiosa: ʻJulianus, Toleti Hispaniarum urbis episcopus, scripsit ad Idalium episcopum Barcinonae librum quem praetitulavit Prognosticon, id est Praescientiam futuri saeculiʼ.

Giuliano nasce intorno al 642, durante la dominazione visigota, ma non se ne conoscono né il mese né il giorno, dopo il battesimo280 nella cattedrale di Toledo281, la chiesa di Santa Maria, tra la pasqua e la pentecoste, con il nome appunto di Iulianus282. Della sua famiglia non si è riusciti a reperire alcuna informazione, caratteristica che indurrebbe a sollevare dubbi sulla sua origine giudaica. Secondo la Chronica mozarabica283, con tutta probabilità la sua famiglia era già cristiana quando Giuliano nacque, ma di discendenza ebraica. Il Murphy284 sostiene che questa ipotesi sia del tutto plausibile soprattutto se relazionata alle conversioni forzate, in quanto numerosi ebrei prendevano parte a complotti politici, come accadde per la deposizione del re Wamba. Quasi sicuramente per ragioni di opportunità politica e religiosa il biografo Felice non si espresse circa la reale origine di Giuliano. Tuttavia il sangue giudaico non gli fu di ostacolo, anche per il fatto che i genitori, alla sua nascita, erano già convertiti. Un’altra variante285, invece, preferisce dare credito alla notizia per cui Giuliano abbia abbracciato la fede cristiana solo da adulto, spinto dalla violenta legislazione antigiudaica promossa dal re Sisebuto. Il Flórez ed il cardinale Lorenzana286 negavano

279 Sigebertus Gemblacensis, De Scriptoribus ecclesiasticis, LVI, in PL 160, col. 428C.

280 Il battesimo nella chiesa cattedrale di Toledo, dedicata a Santa Maria, è descritto da Felice in Vita 1 in ejusdem urbis

principali ecclesia sacrosancti baptismatis fluentis est lotus.

281 Cfr. J. N. Hillgarth, Towards a Critical Edition of the Works of St. Julian of Toledo, «Studia Patristica», Vol. 1,

Oxford 1955, 37-43, 37, in cui lo studioso nota come la città di Toledo sia stata il luogo di riferimento di tutta la vita di Giuliano. In essa infatti nacque, fu battezzato e cresimato, ricevette l'educazione nel periodo adolescenziale, vi divenne Diacono, Presbitero ed infine Vescovo. La stessa considerazione vale pertanto per la cattedrale di Toledo dove Giuliano divenne cristiano.

282 Cfr. J. Madoz, Segundo Decenio de Estudios sobre Patrística Española (1941-1950), Madrid 1951, 142-143; J. F.

Rivera Recio, Los Arzobispos de Toledo en el siglo VII, «Anales Toledanos» 3, 1971, 181-217, 205 e M. C. Díaz y Díaz, Scrittori della Penisola Iberica, «Patrologia» Vol. 4, Dal concilio di Calcedonia (451) a Beda. I Padri Latini, a c. di A. Di Bernardino, Genova 1996, 61-118. L'opera di Rivera Recio colma un vuoto di mezzo secolo dall'ultimo studio su Giuliano di Toledo. In essa l'autore dichiara di rinunciare alla ʻerudición enfadosaʼ preferendo fare un'opera ʻvulgarizadora, quizá de alta vulgarizaciónʼ, ma è evidente che la narrazione piana e spesso immaginosa del dotto studioso presuppone molto studio e ʻmuchas horas pasadas sobre los documentos originalesʼ, al fine di esplicitare in maniera romanzata, ma nello stesso tempo molto realistica, la vita, la cultura e l'ambiente in cui visse Giuliano. Cfr. Recio, cit., 1944, 18-20, in cui si offre una descrizione accurata del rito battesimale dell'epoca visigota, che prevedeva l'accoglienza alla porta della chiesa, da parte dei chierici, del battezzando, portato in braccio dal padrino, camminando su di un pavimento di crini di capra. Il sacerdote lo accoglieva al battistero e insufflava tre volte sul volto del battezzando per scacciare, nel nome della Santissima Trinità, lo spirito immondo. Il neonato veniva segnato con il segno della croce e riceveva le unzioni di rito sulla bocca e le orecchie. Davanti alla piscina battesimale, munita di tre gradini di discesa, simbolo della triplice rinuncia a Satana, alle sue opere e ai suoi ordini, il bambino subiva, per tramite del padrino, un interrogatorio dogmatico e quindi veniva immerso nella piscina dell'acqua battesimale da cui riemergeva tremante. Il rito mozarabico prevedeva soltanto un'immersione nell'acqua. Il bambino, tenuto col braccio destro dal padrino, riceveva un nuovo segno di croce. Seguiva il conferimento al neonato cristiano del sacramento della Confermazione mediante l'imposizione delle mani del celebrante, l'unzione sacra e la benedizione da parte del vescovo, per irrobustire il neofita con i doni dello Spirito Santo. Cfr. J. M. Hormaeche Basauri, La Pastoral de iniciación cristiana en la España visigoda. Estudio sobre el De cognitione baptismi de San Ildefonso de Toledo, Toledo 1983, 32-