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L’opera, l’editio princeps, la paternità ed il De partibus orationis

PARTE SECONDA

4. L’opera, l’editio princeps, la paternità ed il De partibus orationis

Attualmente esistono due edizioni dell'ars Iuliani, eccettuate quelle parziali del Lindsay332 e del Carracedo Fraga333, relative al solo De vitiis et virtutibus orationis. Già dal '700 il filologo spagnolo Faustino Arévalo, durante la fase euristica dei manoscritti isidoriani, di cui poi curerà la pubblicazione delle Etymologiae, contenuti nella Biblioteca Apostolica Vaticana, si era imbattuto in un'operetta grammaticale nel Pal. Lat. 1746, attribuita, nell'inscriptio, a San Giuliano, vescovo di Toledo, vissuto tra il 680 ed il 690, fino ad allora noto soltanto per i trattati teologici, di cui si è

praevaricationes et superstitiones eorum eradicare elegit funditus, nec sinit degere in regno suo cum qui non est catholicus, ob cujus fervorem fidei gratias omnipotenti Domino coelorum agimus, eo quod tam illustrem creaverit animam et sua repleverit sapientia, ipse quoque donet ei et in praesenti saeculo longaevam vitam, et in futuro gloriam aeternam’.

321 Felice, Vita 9: ‘item librum plurimarum epistularum’.

322 Felice, Vita 9: ‘item librum sermonum, in quo est opusculum modicum de vindicatione domus Dei, et eorum qui ad

eum confugiunt’.

323 Felice, Vita 10.

324 Felice, Vita 11: ‘item librum missarum de toto circulo anni, in quattuor partes divisum, in quibus aliquas vetustatis

incuria vitiatas ac semiplenas emendavit atque complevit, aliquas vero ex toto composuit’.

325 Felice, Vita 8: ‘item libellum de remediis blasphemiae cum epistula ad Adrianum abbatem’.

326 Cfr. G. Morin, Un écrit de Saint Julien de Tolède consideré a tort comme perdu, «Revue Bénédectine» 24, 1907,

407-415.

327 Cfr. G. Villada, Historia Eclesiástica de España, vol. 2, Madrid 1933, Apéndice 3, 267-274. 328 Il testo si trova in PL 96, coll. 1379-1386.

329 Cfr. Prognosticum, cit., 2012, 217. 330 Cfr. Madoz, cit., 1952, 50, 62-65.

331 Cfr. J. N. Hillgarth, The Prognosticum futuri saeculi of St. Julian of Toledo and the Tractatus published by Mai,

«Classica et Iberica, A Festschrift in Honor of the Reverend Joseph M.-F. Marique», ed. by P. T. Brannan. Institute for the Early Christian Iberian Studies, Worcester 1975, 338-344.

332 Cfr. W. M. Lindsay, Julian of Toledo «De vitiis et figuris», London 1922.

333 Cfr. J. Carracedo Fraga, El tratado De vitiis et virtutibus orationis de Julián de Toledo. Estudio, edición y

60 60 4 poc'anzi detto e per alcune opere storiche. Di quella fortuita e casuale scoperta venne informato l'amico dell'Arévalo, Francisco de Lorenzana, arcivescovo di Toledo, che aveva intrapreso la pubblicazione del corpus dei Patres Toletani. Il Lorenzana, che noluit pati ut diutius antiquum hoc

monumentum lateret, senza alcun dubbio sulla paternità dell'opera, assegnata dall'autorevole Pal. Lat. 1746 a Giuliano, non esitò ad individuare nello stesso l'auctor dell'ars, di cui al 1797 risale

l'editio princeps, nonostante di questa alcuna menzione venisse rilevata nella biografia di Giuliano vergata da Felice: Sancti Iuliani episcopi Toletani Ars grammatica, poetica et rhetorica e

membranis antiquis Bibliothecae Vaticanae Palatinae nunc primum in lucem edita. Pur con

numerosi errori ed incertezze assegnabili, ad esempio, alla dislocazione di alcuni fogli del manoscritto vaticano, per cui il commento all'Ars Minor di Donato è stampato soltanto alla fine dell'opera ed all'espunzione del nome del grammatico Audax, non conosciuto dal Lorenzana, tuttavia, almeno in fase embrionale e marginale, l'ars trovò, pur tardivamente, sistemazione, anche se il Beeson334 sul lavoro del cardinale si esprime assai negativamente: ʻBut the work was hastly done; even the disarrangement of the text caused by the dislocation of the volume is estremely rare. It is not to be found in the Vatican, in Munich, the Bibliothèque Nationale or in Oxfordʼ.

Da subito l'ars Iuliani suscitò il fastidium ed il taedium della filologia teutonica ottocentesca, come dimostra il Keil, non accogliendola di buon grado nella sua silloge

grammaticorum, che, infatti, ne ospita pochi e lacunosi excerpta nel quinto volume (GL 5, 313-

324). Si è appurato con certezza che il Keil non conoscesse nessun altro codice dell'ars, tanto da servirsi dello stesso Pal. Lat. 1746, già impiegato come supposito codex unicus proprio dal Lorenzana. Tuttavia alcune lezioni nuove, che pure entrano nell'opera giulianea, sono state suggerite al Keil dall'Hagen e contrassegnate dalla sigla B, poiché desunte dal Bernensis 123. Si è già discusso della sentenza di stroncamento propalata dal Keil contro la nostra ars, oltre alla quale aggiungerei soltanto che plura ex istis commentariis infima aetate scriptis exhibere parum utilitatis

habere visum est, poiché plurima ex iis potius errori grammatici tribuenda quam ex antiqua fonte repetenda esse apparet (GL 5, 316). Pertanto il supervacaneo giudizio del Keil tende a negare

qualsiasi utilità all'operetta, sia in quanto essa non conterrebbe considerazioni innovative, se non attese nelle altre artes omologhe d'età tarda, sia in quanto inficiata dagli errori provenienti dalla sua fonte e dalla sostanziale ignoranza di Giuliano in ambito grammaticale. D'altronde l'ingrata e frettolosa valutazione del Keil è rinvenibile, sostanzialmente identica, anche per l'ars Pompei,

verbosa et puerilis tractandi ratio molestissima rerum tristissimarum repetitione fastidium creans,

(GL 5, 90) di cui, appunto, si è fornita ampia documentazione. Simili considerazioni, assai poco circostanziate e perspicue, hanno incontrato l'avallo anche del Comparetti335 che della figura di Virgilio Marone Grammatico, scrive: ʻenimmatica mostruosità, ridicola e triste a un tempo che nello squallore dei tempi a cui appartiene (VI-VII) rammenta quei vegetali fetidi e di brutto aspetto che nascono dallo imputridire delle foglie cadute in autunnoʼ, definito puzzling dalla Law336. Al di là delle ingenerose ed immetodiche acredini suscitate dall' '800 in poi dai trattati tecnici grammaticali, suddette artes erano concepite, più che altro, come centoni di Donato, Prisciano e Plozio Sacerdote, alle cui mende se ne sommavano altre, causate dalle carenze degli auctores che operavano in un contesto sociale, storico ed in massima parte linguistico, assai diverso e mutato rispetto a quello dei loro modelli.

334 Cfr. Beeson, cit., 1924, 55.

335 Cfr. D. Comparetti, Virgilio nel Medioevo, vol. 2, Firenze 1872, (rist. anast. a c. G. Pasquali, Firenze 1941), 152-153. 336 Cfr. Law, cit., 1987, 71; cfr. M. Herren, Some new light on the life of Virgilius Maro Grammaticus, «Proceedings of

61 61 4 Nel 1870 H. Hagen337 pubblicava il Supplementum al corpus grammaticorum del Keil, noto come Anecdota Helvetica quae ad grammaticam latinam spectant, ex bibliothecis Turicensi,

Einsidlensi, Bernensi collecta, presentando, in tal modo, una facies nuova, utile alla conoscenza

dell'ars Iuliani. Infatti nel Bernensis 207 si individuava un'ampia parte collimante con l'ars grammatica di Giuliano, pubblicata dall'Hagen338, oltre agli ampli stralci arricchiti dalle variae

lectiones desunte dal Bernensis 123 e dall'edizione del Lorenzana. Nel 1922 il Lindsay339 ha edito la sola parte della grammatica dedicata ai vizi ed alle figure del discorso (De barbarismo, de

soloecismo, de ceteris vitiis, de metaplasmo, de schematibus, de tropis), definendo il trattato come

ʻa réchauffé of previous grammariansʼ e considerando i MSS: Erfurt Amplon. 10, Bern. 207, Gotha II 193 ed il Pal. Lat. 1746. Oltre alla parziale edizione del Lindsay, occorre citare il recentissimo lavoro del Carracedo Fraga340 sempre sul De vitiis et virtutibus orationis, con un utile riscontro di loci isidoriani e donatiani, all'interno di un'analisi puntuale degli exempla forniti da Giuliano.

La seconda edizione critica dell'ars risale al 1973 ad opera della studiosa spagnola A. H. María Maestre Yenes, che ha attirato, nel decennio seguente, almeno tre recensioni che tendono ad evidenziare le corrive, superficiali e clastiche considerazioni, frutto di travisamenti, errori grossolani, anche della lettura codicum, a cui la spagnola non si è sottratta, più attenta alla definizione della vexata quaestio della paternità dell'opera, per la quale, comunque, non si può addivenire, almeno fino ad oggi, ad alcuna risposta univoca né, tantomeno, risolutiva, fatto salvo il merito di aver consegnato ai filologi la forma definitiva, ma perfettibile, dell'ars a cui tuttora si fa riferimento. Trascurando per ora le succedanee omissioni di cui la stessa si è resa responsabile per l'ars giulianea, per la quale non si è avvalsa neanche dell'intera recensio, di cui mancano sostanziali tracce, la Maestre Yenes si abbandona a considerazioni fatue e poco edificanti, i cui vulnera verranno di seguito analizzati, con riferimenti particolari a quanto già emerso dalle puntuali recensioni del dell'Holtz341, del Munzi342 e dell'Heredia343.

L’edizione della Maestre Yenes manca del primo trattatello De partibus orationis, pubblicato nel 1983 dal Munzi, contenuto unicamente nei ff. 81v-101 del Bernensis 207, ormai considerato, con ogni probabilità, come commento di Giuliano all’Ars maior II di Donato, su cui in seguito torneremo e del quale l’editrice si limita a scrivere corrivamente: ʻTambién es interesante en relación con la cronología de la obra la mención de Egica, que aparece citado en el códice Bern. 207 en el tractatus, obra incorporada en dicho códice a continuación del Centimetrum Servii Honoratis

grammatici y cuya paternidad es discutibleʼ (XXII). La studiosa infatti crede che il De partibus in

epigrafe sia stato separato, giustamente, dal resto dell’ars, in quanto il Centimetrum Servii poteva essere continuazione dell’ultima parte della stessa ars Iuliani che, infatti, contempla una piccola

337 Cfr. H. Hagen, Anecdota Helvetica quae ad grammaticam latinam spectant ex bibliothecis Turicensi, Einsidlensi,

Bernensi collecta, Hildescheim 20072.

338 Cfr. H. Hagen, Catalogus Codicum Bernensium, Bern 19742. 339 Cfr. Lindsay, cit., 1922.

340 Cfr. Carracedo Fraga, cit., 2015.

341 Cfr. L. Holtz, A propos de: Ars Iuliani Toletani episcopi. Una gramática latina de la España visigoda. Estudio y

edición crítica por Maria A. H. Maestre Yenes, Toledo 1973, «Édition et tradition des manuels grammaticaux antiques et médiévaux» 1974, 75-82.

342 Cfr. L. Munzi, Ars Iuliani Toletani episcopi. Una gramática latina de la España visigoda. Estudio y edición crítica

por Maria A. H. Maestre Yenes, Toledo 1973, recensione a, «Rivista di Filololgia e di Istruzione Classica» 104, 1976, 471-479.

343 Cfr. A. Gómez Heredia, Julián de Toledo, su Ars grammatica y la doctrina métrica de su Conlatio de generibus

62 62 4 sezione di argomento metrico, indicato con Incipit conlatio de generibus metrorum (ars 222); tuttavia non si forniscono riscontri interni per suffragare tale opinione che, pertanto, resta sospesa.

Un secondo problema da affrontare riguarda la discutissima paternità dell’ars. Con eccessiva nonchalance la studiosa iberica ha pensato ad un’attribuzione dell’opera a qualche membro, un discente con tutta evidenza, della scuola di Giuliano o al suo maestro Eugenio II di Toledo, mentre si rifiuta, quasi da subito, l’ipotesi per cui Giuliano possa esserne il reale padre. Chi affronta l’edizione dell’opera non può esimersi da una trattazione esaustiva di tutte le ipotesi ventilate circa il problema della paternità. È noto, infatti, che l’unico codice ad attribuirla a Giuliano è il Pal. Lat. 1746 che due volte nel f. 87 reca ITEM IULIANI TOLETANI DE LITTERA e nel f. 126v ARS IULIANI TOLETANI EPI. Anche il catalogo di Losrch344 (X sec.) scrive Item Iuliani Toletani episcopi, item eiusdem de littera, eiusdem de barbarismo et ceteris vitiis, item Iuliani Toletani episcopi item eiusdem de littera; eiusdem de barbarismo et ceteris vitiis, eiusdem de schematibus345, a cui bisogna aggiungere il catalogo di St. Riquier346 831 Explanatio Augustini et

Iuliani et Pauli de partibus orationis in I vol. qui sunt libri numero XXIX, quello di Fulda (XVI

sec.) Ars grammatica Iuliani Episcopi Toletani, ma anche il catalogo della biblioteca di Corbie347, non citato dalla Maestre Yenes, al cui interno risulta presente nel XII sec. un Iuliani Tholetanensis

liber. Tuttavia l’innegabile presenza dei re visigoti coevi a Giuliano, Domni Ervigii regis (Iul., ars,

1 1, 379) e Domnum Ervigium (Iul., ars, 1 2, 153) obbligano a collocare l’ars sicuramente in area iberica, viepiù per il fatto che Giuliano nel De comprobatione sextae aetatis invia una supplica al re Ervigio Inclyto et glorioso Reverendo Domino Ervigio regi Iulianus servulus vester. Lo stesso Egica, invece, riappare nel De partibus orationis: ut puta Flavius dominus, Egica rex, vir illustris

Trasemundus (Iul., part., 171, 22-23 Munzi). È necessario, però, elencare i dati oggettivi che

confliggono con la piena e naturale assegnazione dell’ars a Giuliano, dei quali, il più importante, consiste nel fatto che soltanto il Pal. Lat. 1746 nomina due volte Giuliano, senza però considerare che ben due manoscritti, l’Erfurt Amplon. 10 ed il Bern. 123, che secondo la Maestre Yenes, ʻpertenecen al mismo grupo que el Vaticanus Palatinus 1746̕, non contemplano affatto il nome dell’autore, anche se, tuttavia, il suo nome poteva comparire in quella parte dell’opera che il Bern. 123 non tramanda (dal de adverbio sino alla fine). Da ultimo non si può preterire che la biografia di Felice non menziona l’operetta grammaticale, ma soltanto: Prognosticum futuri saeculi libri tres,

Liber apologeticus de tribus capitulis, De comprobatione sextae aetatis libri tres, Antikeimena libri duo, Commentarius in Nahum prophetam, Orationes sive collecta ed Historia rebellionis Pauli adversus Wambam, circostanza, questa, assai strana, vista la profonda devozione che legava Felice

al suo maestro. Alla Maestre Yenes che pare propendere per un’oculata ed avveduta sospensione del giudizio, ma comunque più incline a volte ad escludere Giuliano dalla paternità dell’ars, si potrebbe obiettare che, pur non essendo egli un grammatico di professione, a differenza di Donato, Rufino e Prisciano, non si può non includere l’ipotesi secondo la quale, proprio il suo magistero attivo alla scuola della cattedrale toletana quasi non l’obbligasse a redigere un’ars, come una sorta di dispensa delle lezioni ivi tenute; ma sicuramente la stessa ars, nella sua fattispecie centonaria, potrebbe essere anche un prodotto realizzato dai suoi discipuli che hanno raccolto il materiale fruito oralmente. Tuttavia la scoperta del Diario, citato dal Rivera Recio, di cui si è già discusso, e che trova un omologo nel Diario di uno studente del monastero svizzero di Reichenau, dell’XI secolo,

344 Cfr. G. H. Becker, Catalogi bibliothecarum antiqui, Bonn 1885, 37, n. 417. (rist. Hildesheim-New York, 19732). 345 Cfr. Id., cit., 1885, 38, n. 73.

346 Cfr. Id., cit., 1885, 11, n. 51. 347 Cfr. Id., cit., 1885, 79, n. 201.

63 63 4 rifletterebbe, oltre al clima ed alle tendenze pedagogiche all’interno della scuola episcopale di Toledo, anche uno specimen di simulazione di un’interrogazione che il discente più preparato e dotto rivolegeva a chi presentava maggiori lacune, impersonando il ruolo del magister. Pertanto, sotto questa luce, l’ars incarnerebbe la facies di una dispensa confezionata, però, dai discipuli, aspetto che motiverebbe anche il martellante ritmo delle interrogative dirette.

L’Hillgarth348 sostiene, contro la paternità, che ʻthere are difficulties in the way of proving his authorshipʼ. Si profilano due vie esperibili secondo le quali o l’ars è stata materialmente composta da Giuliano o da qualche accolito della sua cerchia, come anche la Maestre Yenes infine opina: ʻnuestra tendencia definitiva es, pues, a afirmar que la Ars grammatica no es obra de Julián. Pero precisemos esa conclusión: cuando decimos que no es obra de Julián, lo que queremos significar es que se trata de una obra empezada y terminada de redactar por él, sino que puede ser, bien obra de un discípulo suyo, o de alguien de su círculo, que se sirviera de sus docrtinas solamente o también de otras fuentesʼ (XXVII). In subordine ai dati esterni, storici e geografici, che consentono di allocare l’opera in territorio spagnolo, si leggono altri síntomas españolas che ne rafforzano l’ambientazione, come è possibile notare dalle abbreviazioni paleografiche in uso nel

Bernensis 207, noster = ns̄ r e ns̄a, uestra = ur̄a, epistula = ep̄sta e nel Vat. Lat. 1746, autem = aūm,

nunc = nūc, uestrum = us̄ m, mihi = mici e nihil = nici.

La realizzazione dell’ars è ipotizzabile attorno al 685, in quanto, come visto, è nominato il re Ervigio (680-687), notizia che, assieme alla presenza di Hispanus (Iul., part., 172, 28 Munzi), di

Hispania (ars 40, 154) ed ai versi delle opere di Eugenio II, rende inconfutabile la sua origine

spagnola. Tra gli studiosi che si sono occupati della vexata quaestio, pur irrilevante per l’edizione critica della grammatica, l’Hillgarth349 ed il Díaz y Díaz350 negano con forza la possibilità che l’ars trovi in Giuliano il suo auctor, invece il Funaioli, il Beeson ed il Munzi non serbano incertezze di sorta nell’eleggere Giuliano pater operis: il Funaioli351 piuttosto laconicamente stronca la querelle con le parole: ʻla quale che sia autentica non è da dubitare anche per certi dati intrinseciʼ; il Beeson352, dal canto suo, attraverso l’esame di elementi interni all’ars, arriva alla conclusione che: ʻThought the Ars is not mentioned in the list of Julian’s works by his biographer Felix, his autorship may be regarded as certainʼ; il Munzi353 ne avalla la paternità, trattandone diffusamente nell’edizione del De partibus orationis. Tra i riscontri interni, oltre alle già analizzate implicazioni storiche dell’epoca in cui floruit Giuliano, il Beeson354 aggiunge prove letterarie e toponomastiche: ʻthe Spanish poets Prudentius and Eugenius are frequently cited, also the African Corippus, whose poem In laude Iustini has a Spanish tradition. Names of Spanish towns occur in the exemples

Barcinona, Toleta, Caesaraugustaʼ, a cui fa eco il Carracedo Fraga355: ‘Hay además otros

elementos importantes del Ars grammatica que nos ayudan a vincular el manual con Hispania. Está en primer lugar el carácter del texto de Donato tomado como base. El tratado que estamos considerando sigue como modelo de referencia las dos Artes gramaticales de Donato y reproduce literalmente gran parte de la obra del maestro romano; el teto donatiano que allí leemos se

348 Cfr. Hillgarth, cit., 1955, 5. 349 Cfr. Hillgarth, cit., 1955, 38-40.

350 Cfr. M. C. Díaz y Díaz, Isidoro en la Edad Media Hispana, in Isidoriana: Estudios sobre S. Isidoro de Sevilla en el

XIV centenario de su nacimiento, León 1961, 345-387.

351 Cfr. G. Funaioli, Su Giuliano Toletano, «Rivista di Filologia e di Istruzione Classica» 39, 1911, 42-79, 43. 352 Cfr. Beeson, cit., 1924, 51.

353 Cfr. Iuliani Toletani, Il De partibus orationis di Giuliano di Toledo, a c. di Munzi, cit., 1980-1981, 153-228. 354 Cfr. Beeson, cit., 1924, 51.

64 64 4 corresponde con el transmitido por la rama de tradición manuscrita directa demoninada por Holtz ‘familia a’ y definida como claramente visigótica y especialmente toledana’.

L’Holtz356, da parte sua, solleva un nutrito numero di critiche alla carente edizione della Maestre Yenes, sottolineando che: ʻL’édition de Mme Maestre est fondée sur les seuls témoins, au nombre de sept, recensés par Beesonʼ; anche se, appurato lo stato della ricerca, l’Holtz tende quasi a giustificare l’editrice357: ʻ Certes, vu l’état des recherches dans ce domaine, nul ne peut se vanter de donner la liste exhaustive des témoins d’un texte grammatical en faveur à l’époque carolingieune. On ne saurait donc reprocher à l’éditeur d’avoir ignoré l’existence de fragments de Julien d’importance variable dans six autres manuscritsʼ. Tuttavia il vulnus insanabile inferto alla ricostruzione dello stemma codicum da parte della Maestre Yenes poggia sul tentativo di aver rintracciato, con leggerezza, un archetipo insulare358: ʻpour Mme Maestre comme pour Beeson, insulaire est l’ensemble de la tradition de Julien, insulaire même l’archétypeʼ. L’expertise dell’Holtz giunge alle medesime conclusioni di quelle del Munzi, già riscontrate in merito all’incompletezza delle citazioni bibliche e delle fonti359: ʻOr, nous avons la surprise de ne trouver en fin de volume qu’un trés bref index auctorum récapitulant uniquement les citations d’auteur profanes et laissant complètement de côté les citations scripturaires!ʼ.

L’attuale edizione ricostruisce il testo, fondandosi su sei manoscritti, già esaminati dal Beeson, ma, tuttavia, dal 1924, data dell’articolo dello studioso inglese, foriero di illuminanti considerazioni, al 1973, in cui è stata edita l’ars Iuliani, la Maestre Yenes non ha effettuato ulteriori ricerche, volte ad un maggior approfondimento dell’euristica di altri codici. Ai canonici sei, bisogna sicuramente aggiungere il Neapolitanus IV. A. 34 della biblioteca Nazionale di Napoli, che tramanda dell’ars i capitoli de barbarismo, de soloecismo, de ceteris vitiis, de metaplasmo, de

schematibus, e parte del de tropis: f. 266v, 32 incipit de barbarismo, barbarismus est…, f. 217r. 35 venimus, vivimus, placuit, corrispondenti alle pagine 179-201 della Maestre Yenes; f. 272v, 6 de tropis: tropus est dictio; f. 273r, navi non obposuisset, corrispondente alle pagine 202-205. Lo

Iannelli360 data il codice all’incirca tra l’XI ed il XII sec., ma il Bischoff361 lo retrodata fino almeno al IX, acclarandone l’origine francese da Luxeuil, nel dipartimento dell’Alta Saona, nella Franca Contea, sede di un’importantissima abbazia, attiva dalla metà del VII sec. e luogo di nascita della scrittura calligrafica in lettera minuscola; tra l’altro il Neapolitanus (N da ora) pare appartenere alla stessa famiglia del Bernensis 207 (F da ora), come si arguisce dalla concordanza di alcune lezioni,