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Un archetipo continentale o insulare?

FN II ostendat P: ostenderet FN 18 huc P: hic tetulissem P: tetulisse FN 29 nomine vocant P:

12. Un archetipo continentale o insulare?

La Maestre Yenes giunge, con eccessivo ottimismo, a sostenere che l’archetipo dell’ars Iuliani sia ascrivibile ad un’area geografica compresa tra l’Inghilterra e l’Irlanda, sulla base di talune caratteristiche grafiche e meramente tecniche dei codici L, F e G: ʻPodemos, en definitiva, admitir que X er insular, así como Ψ e θ, pero no tenemos suficientes pruebas para suponer lo mismo de α,

156 156 4 γ, β e ε, aunque con seguridad el número de manuscritos insulares debió ser bastante elevado’713. X sarebbe dunque insulare, forse appunto irlandese, pur non essendo possibile stabilire con sicurezza il luogo della sua origine. Naturalmente queste conclusioni si appoggiano sulle supposizioni del Beeson, il quale, in virtù di alcune relazioni tra le grammatiche di Adelmo, Beda e Giuliano, come la loro presenza nei codici succitati, giustifica l’assegnazione di X ad una zona insulare, sia perché ʻnot a single Spanish MS of Julian’s Ars has yet been discovered, while en eighth-century fragment and a number of ninth-century MSS survived in France and Germany’714, sia per l’ ʻimportant rôle which the Insular scribes played in the transmission of the text’715. Per i due studiosi il fatto che le

artes di Tatuino (ff. 99r-126r) e di Bonifacio (ff. 162r-184v) siano presenti, con quella di Giuliano,

all’interno di L, suffraga una possibile origine insulare dell’intera tradizione: ʻThis theory finds support in the fact that as early as the eight century there was a MS of Julian at Fulda. From Fulda a copy could easily have reached Lorsch and France. On the other hand there is stronger evidence that France is the land that transmitted our text, tought it may have come to France via Britain’716. Così ‘riadatta’, la filologa spagnola, l’assunto di Beeson nella sua edizione: ʻOtra rama de la tradición desde las islas habría pasado a Francia, que ocupó un lugar preferente en el proceso de transmisión textual. Desde Fulda una copia habría llegato a Lorsch, de donde procede L’717. Pertanto L deriverebbe da un archetipo insulare, anche se realizzato a Lorsch. Occorre ricordare che L è stato vergato da almeno due mani e in due momenti molto distanti tra di loro: i ff. 1r-10v e 72r-126r nell’VIII sec. in minuscola carolina, mentre nel IX sec. i restanti folia 11r-71r e 126v-184v. Più moderata sembra la conclusione del Carracedo Fraga che ammette soltanto la presenza di alcuni tratti grafici insulari in L e F: ʻPara las primeras lineas de los diferentes textos se utiliza también una semiuncial de rasgos insulares’718. Del resto la stessa editrice spagnola aveva ‘corretto’ il tiro, attenuando quanto sostenuto prima ed ammettendo una seconda opzione più condivisibile: ʻPero, per otra parte, pudo suceder, asimismo, que la tradición insular de la Ars proviniera directamente de centros insulares continentales a través de los cuales habría tenido lugar la transmisión de los textos’719. Certo è che, come si vedrà, l’archetipo è stato realizzato in scrittura visigotica, con abbreviazioni, legature e peculiarità paleografiche, in parte già esposte, che ne determinano una ubicazione continentale. La collocazione insulare di X si motiverebbe per mezzo di soli due dati, tali che ʻla démonstration repose sur des arguments de mince portée’720: secondo l’Holtz, infatti, porsi l’annosa quaestio della produzione di codici contenenti opere tecniche ad uso scolastico, quindi soggetto a manipolazioni frequenti, è una ʻproblématique dépassée’, in aggiunta al fatto che è insostenibile la troppa sicurezza che L e F siano di origine insulare solo per alcune caratteristiche comuni. Per la Maestre Yenes, invece, poiché L, F e G sono di origine insulare, come il loro subarchetipo γ, se ne deduce che X ne condivida l’insularità. L’editrice però sembra contraddirsi, laddove prima sostiene che X sia insulare, mentre poi attesta che ʻesto constituye un dato fundamental que nos hace pensar en un viejo original hispano a la cabeza de toda la tradición, que sería el modelo de las copias posteriores, una de las cuales indublemente fue el arquetipo X, del que

713 Maestre Yenes, cit., 1973, CIII. 714 Beeson, cit., 1924, 54.

715 Beeson, cit., 1924, ibid. 716 Beeson, cit., 1924, 69.

717 Maestre Yenes, cit., 1973, CIV. 718 Carracedo Fraga, cit., 2015, 101. 719 Maestre Yenes, cit., 1973, CIV. 720 Holtz, cit., 1974, 77.

157 157 4 derivan más o menos directamente todos los manuscritos conservados’721, ma subito dopo, ʻDe aquí llegamos a la conclusión de que X era insular’ (CII).

La studiosa suffraga la sua ipotesi con dati speciosi e labili, costituiti da un errore in E e F ed una confusione tra F e R, comune ai due rami α e β: in II, XI, 103 remissioribus EF, in luogo di

remissionibus dei codici ed in II, XV, 6 acceptant R, acceptant F, in luogo di ad certam. Ancora,

sostenere che la scrittura, le abbreviazioni e gli inchiostri dei codici E, F e G siano di derivazione e diffusione inglese o irlandese non sembra una motivazione molto convincente né adatta per collocare X in Irlanda; non era raro ritrovare amanuensi e copisti che, sebbene insulari, operassero in Spagna, a Fulda o a Lorsch, con l’ovvia conseguenza di imprimere nei codici alcune caratteristiche tipiche del loro modus scribendi, cosicché l’Holtz722 puntualizza che: ʻd’autent que le système d’abréviation insulaire, le style d’ornamentation finissent par appartenir au domaine commun. A fortiori, quand un texte dont l’original était en cursive wisigothique affleure dans un témoin en minuscule caroline, il faut avoir de solides arguments pour soutenir qu’entre la wisigothique et la caroline s’est interposée toute une série d’ancêtres en minuscule irlandaise ou anglo-saxone’. Ebbene F, pur conservando tratti insulari come le policrome decorazioni innestate all’interno delle lettere capitali, non deriva da un antigrafo insulare. Occorre infatti considerare non tanto le peculiarità grafiche insulari, quanto quelle visigotiche ed iberiche tra cui: smlr = similiter,

qmd = quomodo, sglrs = singularis, nmn = nomen, prptō = praepositio, aum = autem, nsm = nostrum, vrb = verbum e abltbs = ablatibus. Un secondo indizio che fa propendere per una origine

continentale di F risiede in una serie di opere grammaticali in esso riportate, nei primi 112 folia, la cui tradizione è soverchiamente iberica723:

ff. 2v-12v Donato, Ars minor, (ramo α) ff. 12v-13v Donato, Ars maior I

ff. 13v-17r Donato, Ars Maior III

ff. 18v-45r Ars Iuliani, commento all’Ars Minor di Donato ff. 45v-59v Ars Iuliani, commento all’Ars Maior I di Donato ff. 59v-72v Ars Iuliani, commento all’Ars Maior III di Donato ff. 72v-77r Giuliano, Conlatio de generibus metrorum

ff. 77vv-80v Servio Onorato, Centimeter

ff. 80v-81r Publio Optaziano Porfirio, Carmina 3 e 26 ff. 81v-101r trattato toledano, commento all’Ars Maior II ff. 101r-112r Donato, Ars Maior II.

Il Reynolds ed il Wilson724 invitano ad una sostanziale cautela nell’assegnare ad aree insulari quei codici che mostrano i cosiddetti ʻsintomi insulari’, cioè errori che potrebbero spiegarsi come originati dalla trascrizione sbagliata di lettere o abbreviazioni particolari delle mani inglesi o irlandesi, testimoni di un passaggio attraverso la tradizione insulare in una fase di storia più antica di quella presentata dai codici rimanenti. Del resto la convinzione di un antenato insulare si mostra

721 Maestre Yenes, cit., 1973, CI. 722 Holtz, cit., 1974, 78-79.

723 Di Giuliano sono conservati tre trattati che seguono da vicino rispettivamente Ars Minor, Ars maior I e III e la

Conlatio de generibus metrorum, una parafrasi del De metris di Mallio Teodoro. Cfr. Holtz, cit., 1974, 80: ʻF perpétue donc sans en modifier la disposition un corpus grammatical tolédan’.

724 Cfr. L. D. Reynolds-N. G. Wilson, Copisti e filologi, la tradizione dei classici dall’antichità ai tempi moderni, (trad.

158 158 4 spesso più pretesa che reale, se si tiene in conto che appunto i copisti d’oltre Manica operavano anche negli scriptoria del continente. Il cauto giudizio con cui il Carracedo Fraga725 aveva all’inizio sostenuto che ʻTeniendo en cuenta el área de elaboración y circulación de los códices que hoy conservamos, es muy probable que el arquetipo del que derivan esos códices fuera una copia realizada por una mano formada en escritura insular irlandesa o anglosajona, o en todo caso influenciada por ese sistema de escritura’, sembra rafforzato laddove il filologo spagnolo rigetta in

toto le conclusioni a cui la Maestre Yenes era pervenuta, aggiungendo che726: ʻAsí pues, debemos entender que u ejemplar en escritura visigótica con el Ars grammatica de Julián abandonó la Península y en algún centro de estudio donde se utilizaba escritura de tipo insular o de influencias insulares acabó siendo utilizado como modelo para elaborar la copia del arquetipo X o quizás de un intermediario anterior’, e ribadendo727: ʻSi a eso añadimos que pervien en varios de los códices transmisores algunos de los rasgos o de las abreviaturas peculiares de esa escritura peninsular, a pesar de que fueron copiados todos ellos fuera de la Península y en otros tipos de escritura, podemos concluir con bastante seguridad que la tradición textual del manual de gramática remonta a un antecedente común copiado en Hespania en letra visigótica’. Alcune coincidenze e punti di contatto tra l’ars Iuliani ed il trattato De pedum regulis di Aldelmo di Malmesbury, dedicato a Aldfrith, re di Northumbria, lascerebbero desumere che l’erudito abbia avuto a disposizione la nostra ars; a ciò si assommano le corrispondenze con l’operetta De schematibus et tropis di Beda, di cui si era occupato il Beeson, composto intorno al 709. Tuttavia i due grammatici hanno forse attinto alle medesime fonti comuni senza che si debba credere ad una diretta dipendenza da qualche copia della grammatica giulianea, proprio come accade per le opere di Audace e di Pompeo, citate dall’arcivescovo toletano728. Pertanto se non si può con assoluta certezza individuare lo scriptorium in cui venne confezionato l’archetipo, in qualche centro delle isole britanniche, pare più opportuno e metodico ipotizzare che X sia stato realizzato in ambiente continentale da qualche copista irlandese o anglosassone, così da legittimare le abbreviazioni risalenti ad una effettiva tradizione insulare, come srhl o srl = Israel, tm = tamen, usr = vester. Il Lapidge729 infatti individuava nell’abbazia di San Benoît-sur-Loire a Fleury un florido scriptorium frequentato da copisti provenienti da zone insulari, sotto l’abbaziato del visigoto Teodulfo nel 794. In tal senso F costituirebbe la prova dell’unione di influenze insulari e continentali, in quanto contiene un’antologia grammaticale di origine visigotica (De nominibus mobilibus730 f. 127r-v e le Etymologiae isidoriane ff. 168r-194v), con caratteri e ornamenti palesemente irlandesi. Nello stesso scrittorio fu prodotto anche il codice B del IX sec., che dell’ars Iuliani reca soltanto la prima parte, per la perdita di alcuni folia731. Il monaco irlandese Colombano fondò l’abbazia di Luxeuil nel 585 nella regione francese della Franca Contea, in cui operarono, con ogni probabilità, copisti irlandesi. Proprio a Luxeuil venne copiato anche il codice N, recante innegabili influenze insulari. Monaci irlandesi furono attivi sia nella Germania Occidentale, nel monastero di Fulda, fondato nel 744 dall’anglosassone Bonifacio,

sia a Lorsch, eretta nel 764 dal conte dei Franchi Cancor; negli scriptoria di questi centri furono copiati rispettivamente E ed L, di cui il primo vergato in una particolare minuscola anglosassone ed il secondo contenente significativi testi grammaticali inglesi. Anche il codice Q, di cui sembra

725 Cfr. Carracedo Fraga, cit., 2015, 114. 726 Cfr. Carracedo Fraga, cit., 2015, 115. 727 Cfr. Carracedo Fraga, cit., 2015, 14-15. 728 Cfr. Hillgarth, cit., 1971, 97-118.

729 Cfr. M. Lapidge, The Anglo-Saxon Library, Oxford 2006, 67-78.

730 Cfr. E. Krotz, Auf den Spuren des althochdeutschen Isidor, Heidelberg 2002. 731 Cfr. Bischoff, cit., 1998-2004.

159 159 4 assodata una localizzazione in zona cassinate?732, benché realizzato nel Nord-Est della Francia, riporta testi irlandesi, come il De orthographia di Beda. Non si può neanche sottacere l’importanza degli scriptoria associati alla corte carolingia, punto di incontro di molti eruditi come Paolo Diacono e Pietro da Pisa, in cui si colloca il codice E. Copie dell’ars Iuliani circolavano in ambienti carolingi della Gallia e della Germania, come attesta il noto Liber glossarum, voluminoso dizionario enciclopedico, collocabile a Corbie sul finire dell’VIII sec., il quale ai ff. 46r-60v ospita una ars grammatica anonima che inizia con Quod e che risulta formata da tutte le sezioni delle

artes donatiane, il cui compositore secondo il Bischoff733 sarebbe da indentificarsi con la stessa mano che realizzò il Berlin. Diez. B Santen. 66.

Altre somiglianze con la grammatica di Giuliano mostrano almeno tre manuali di maestri irlandesi come il Commentum in Donati Artem maiorem di Murethach, il Commentum in Donati

Artem maiorem di Sedulio Scotto e l’adespota Ars Lauresamensis734. L’Holtz735, e poco dopo, il Löfstedt hanno ampiamente comprovato che le tre grammatiche, che impiegano abbondanti

excerpta dei vitia et virtutes orationis giulianei, derivano da un archetipo irlandese tra l’VIII ed il

IX sec., pur non essendo così agevole distinguere se i contatti tra l’opera giulianea e i tre testi si giustifichino con un’influenza diretta del testo toletano o, come pare più plausibile, con la dipendenza da fonti comuni. Che queste grammatiche circolassero nei citati centri carolingi ne è prova che Sedulio Scoto era attivo a Liegi, Murethach a Metz ed a Auxerre e l’anonimo erudito a Lorsch.

Per quanto invece concerne la Spagna, si suppone che la nostra ars fosse impiegata da subito come manuale d’insegnamento nelle scuole toletane. Il fatto che di essa non se ne conservi alcuna copia di produzione spagnola si motiverebbe, stando al Carracedo Fraga736, con l’invasione araba e con la conseguente scomparsa del regno visigotico nel 711, eventi che probabilmente non consentirono né la diffusione né la propagazione dell’ars in codici pensinsulari. Nonostante l’insormontabile limite storico-geografico, si può isolare qualche indizio dell’impiego del manuale di Giuliano in alcuni centri spagnoli, anche dopo la conquista araba. In alcune scuole mozarabiche, nelle quali ci si preoccupava dello studio della lingua latina, l’ars giulianea, al pari di quella donatiana, trovò larga diffusione ed applicazione, almeno secondo gli studi di Roldán737 e di Muñoz738. A suffragio di questa ipotesi non si ometta che Beato di Liébana739 avrebbe citato il De

tropis per spiegare la metonymia:

732 Cfr. F. Lo Monaco, Per una storia delle relazioni culturali cassinesi tra i secoli VIII e IX, «Montecassino. Dalla

prima alla seconda distruzione. Momenti e aspetti di storia cassinese (saec. VI-IX). Atti del II convegno di studi sul Medioevo Meridionale (Cassino-Montecassino, 27-31 maggio 1984)», a c. di F. Avagliano, Montecassino 1987, 527- 559.

733 Cfr. P. F. Alberto, Poesía visigótica en la escuela medieval: florilegios, glosarios y escolios carolingios, «Voces»

19, 2008, 13-27 e Id., cit., 2012, 267-284.

734 Cfr. J. J. Campbell, Knowledge of Rhetorical Figures in Anglo-Saxon England, «Journal of English and Germanic

Philology» 66, 1967, 1-20 e M. P. Bussières, La littérature des questions et réponses dans l’Antiquité profane et chrétienne: de l’enseignement à l’exégese, Turnhout 2013, 33-42.

735 Cfr. L. Holtz, La typologie des manuscrits grammaticaux latinis, «Revue d’Historie des Textes» 7, 1977, 247-269,

Id., cit., 1977.

736 Cfr. Carracedo Fraga, cit., 2015, 122: ‘No conservamos o, al menos, no conocemos todavía ningún ejemplar

manuscrito del Ars grammatica copiado en la Península durante la Edad Media’.

737 Cfr. P. P. H. Roldán, Cultura y lengua latinas entre los mozárabes cordobeses del siglo IX, Córdoba 1995, 35-41. 738 Cfr. F. G. Muñoz, Latinidad mozárabe. Estudios sobre el latín de Álvaro de Córdoba, A Coruña 1996, 17-20. 739 Cfr. R. Gryson, Beatus Liebanensis. Tractatus de Apocalipsin (CCSL 107A-B), voll. 2, Turnhout 2012, 95.

160 160 4 Beat. In Apoc. 1, 4, 55-56 ars, trop., 62-66 L.

Dicitur et hic de vasculo, quod continet, per id quod continetur, ut Calix tuus inebrians quam

praeclarum est! Calix enim neminem inebriat,

sed quod in calice continetur. Et mundus vos

odit pro eos dicit, qui in mundo sunt et dies mali sunt, cum dies mali esse non possint, sed

homines sunt, qui in diebus sunt.

Item in Evangelio Dominus: ‘Mundus vos odit’, pro his qui in mundo sunt (…). Item Apostolus: ‘Quoniam dies mali sunt’, pro his qui in diebus mali sunt, quia dies mali esse non possunt. Et Psalmus: ‘Et calix tuus inebrians’, dum non calix inebriat sed hoc quod intra calicem est’.

Appare dunque incontrovertibile che l’ars di Giuliano non solo abbia trovato vasta circolazione a Toledo, ma che addirittura sezioni e parti di essa siano state usate per creare grammatiche centonarie di cui ampie tracce si rinvengono nei codici già menzionati. Il fatto che la conlatio de

generibus metrorum, le partes orationis ed i vitia et virtutes compaiano distaccate dal resto della

grammatica in vari manoscritti, testimonia sia il frequente utilizzo dell’ars sia la sua capillare diffusione negli scriptoria del Nord Europa. La selezione a cui venne sottoposto il trattato toletano è dimostrata dallo scorporamento e dallo smembramento di alcune sue partes, utilizzate indipendentemente per dar forma ad altre grammatiche epitomate e compendiate, circolanti anche in territori extracontinentali. Ancora, l'Holtz740 sostiene che, se i codici di β (LEB) recano tracce insulari, tuttavia gli errori di E si riscontrano invece nella tradizione visigotica, in cui il tipo d'istruzione insulare penetra con un certo ritardo, a partire dalla seconda metà dell'IX secolo. Un congruo numero di errori comuni a Donato e a Giuliano nella tradizione visigotica dimostrerebbe la plausibile collocazione dell'archetipo in area continentale:

604, 7 in unam syllabam S BC cd Iul. L

615, 3 om. sunt S AB de Iul. Par. 5570 z ambr. Laur.

618, 2 secundo: conparativo S AB de Par. 5570

619, 7 add. Et S Be Par. 5570 h i z V Sed.

619, 15 add. grecae dictionis S AB de Iul. Par. 5570

622, 6 add. ab epykenon S Ae Iul.

624, 7 om. ex utraque parte S ε Iul. Y V Rem.

629, 3 personam quae S B Iul.

633, 10 a neutrali verbo S AB cd Iul., X Y Cons. Seru.

634, 1 om. alia S AB cd Iul., Par. 5570 Z Y U r Au

640, 2 explanat et inplet S AB cd Iul., Y r Laur. Sed.

740 Cfr. Holtz, cit., 1981, 455-457.

161 161 4

642, 7 quasi: tamquam S AB Iul. Par. 5570

643, 13 om. de repente S AB Iul.

645, 12 componuntur S AB Iul. Par. 5570 Laur. Rem.

657, 15 pro subiectisve S Iul. A

660, 6 recensere S AB cd Iul. A X Au.

663, 5 add. id est figurae S Bce Iul.

663, 10 add. praecedens S A

664, 4 add. quibusque S AB ce Iul. Hji n Vz Beda ψ

664, 4 add. proprie A AB ce Iul. Isid. Isid. Iun.

664, 9 non solum S Bce Iul. Isid. P Sed.

664, 13 sequitur: equitum S Bc Iul.

666, 2 relinquere vei S B Iul.

669, 11 pronuntiet S AB c Iul. g z Sed.

671, 14 ut est S AB c Iul. J gh

673, 9 est expolitum S Be Iul. i Laur

Nell'edizione critica a Donato dell'Holtz S indica il Berolinensis Diezianus 66 i cui errori ora riportati, comuni ad altri codici di area continentale, permettono di individuare una recensione comune che consente, a sua volta, di escludere una derivazione insulare.

Pertanto, si può concludere che la tradizione della nostra ars si fonda esclusivamente su di un archetipo continentale e su testimoni che, conseguentamente, non possono essere ricondotti ad un’origine insulare, benché ne tradiscano l’influsso di copisti e lettori provenienti dalle isole

EDITIONES

Lor.= editio princeps: Sancti Iuliani episcopi Toletani Ars grammatica, poetica et rhetorica e

membranis antiquis Bibliothecae Vaticano-Palatinae nunc primum in lucem edita. Auctarium voluminis II Patrum Toletanorum. Opera, auctoritate et expensis eminentissimi domini Francisci cardinalis de Lorenzana, archiepiscopi Toletani, Hispaniarum primatis et generalis inquisitoris, Romae MDCCXCVII, apud Antonium Fulgonium.

Keil = ed. H. Keil, Excerpta ex Iuliani commentario in Donatum (1855-1880: GL 5, 317-324) Hagen = ed. H. Hagen, De iuliano Toletano grammatico cum excerptis ex eius opere deperdito

indeditis ( 1870: GL 8, CCIV-CCXXXIX)

Lind.= ed. Lindsay (1922: 6-41)

M. Y.= ed. Maestre Yenes (1973: 13-239) Carr.= ed. Carracedo Fraga (2015: 176-375)

162 162 4 TESTIMONIUM

Gloss.=Liber Glossarum in Erfurtense Amploniano F. 10, ff. 46r-60v. CONSPECTUS SIGLORUM

B Bernensis Latinus 123, ff. 117r-122v (De nomine), 122v-126v (De pronomine), 126v-128v (De verbo), saec. IX-X.

D Berolinensis Dietianus B Santen. 66, pp. 274-275 (excerpta interpolata), saec. VIIIex.

E Erfurtensis Amplonianus F. 10, ff. 60v-69v, 121r-122r, saec. IX + Liber glossarum saec. VIII (De ceteris vitiis, De metaplasmo, De schematibus e De tropis)

F Bernensis Latinus 207, ff. 18v-77v, saec. VIII.

G Gothensis Latinus II 193, ff. 1r-2v (De tropis da tris notus abreptas 167 e la Conlatio

metrorum), saec. VIII.

H Parisinus Latinus 7540, ff. 49r-52v + 60v, saec. X-XI (De adverbio)

L1 Vaticanus Palatinus Latinus 1746, ff. 72r-98v, (pars secunda artis Iuliani) saec. VIIIex. L Vaticanus Palatinus Latinus 1746, ff. 126v-152v, (pars prima artis Iuliani) saec. VIIIex. M Monacensis Latinus Clm 807, ff. 71r-71v (De litteris), saec. XV.

N Neapolitanus Latinus IV. A. 34, ff. 266v-271r e 272v-273r (De vitiis et virtutibus fino al rigo 46 De tropis) saec. IXin.

P Parisinus Latinus 18520, ff. 127v-135v (De littera, De tonis, De posituris, De

barbarismo, De soloecismo e De ceteris vitiis), saec. IX1/2.

Q Parisinus Latinus 7530, ff. 129r-132v (De adverbio, De participio, De coniunctione, De

praepositione), saec. VIII.

R Vaticanus Reginensis Latinus 1586, ff. 73r-77v (Conlatio metrorum), saec. X3/4. β Consensus codicum BEL

Codd. Consensus omnium codicum.

add. addidit/addiderunt codd. codices colloc. collocavit/collocaverunt con. conieci/coniecit corr. correxi/correxit desid. desideratur evanid. evanidum exp. expunxi i. m. in margine iter. iteravit/iteraverunt lac. lacuna om. omisit/omiserunt s. l. super lineam tr. transposuit/transposuerunt < > omissa [ ] delenda †† valde corrupta *** lacuna

163 163 4 DE NOMINE

Partes orationis quot sunt? Octo. Quae? Nomen, pronomen, verbum, adverbium,

participium, coniuctio, praepositio, interiectio. Quomodo partes orationis? Partes

elocutionis. Quomodo? Oratio dicitur elocutio, id est oris ratio, quia quicquid loquimur per