Lo chiamano alimento sovrano. L'ap-pellativo in altri tempi era riservato al pane, più che per valore nutritivo, per esigenze alimentari primarie delle popo-lazioni esclusi i neonati. Infatti sul finir della Repubblica di Roma e nei tristi secoli dell'impero « panem e circenses » (pane e giochi del circo) erano i desideri della plebe romana. Ma, pur essendo onnipresente nell'alimentazione umana, il pane un alimento sovrano non è per la sua stessa incompletezza protidica, glucidica e lipidica; nonché minerale, vitaminica, enzimatica. Sono alimenti protidici e più che altro veicoli di pro-teine nobili — cioè di propro-teine di alto valore biologico — la carne, il pesce, le uova, il latte e i suoi derivati caseinici (formaggio) e albuminici (ricotta). Sono alimenti protidici esclusivamente o quasi anche i prodotti granellari del-le del-leguminose extraprative come fagioli, piselli, fave, ceci, lenticchie, arachidi, ecc. Ma tali civaie non sono elementi veicolari di proteine nobili, tant'è che sono di piuttosto difficile digestione. Ma rispetto agli alimenti protidici no-bili il latte è un alimento più completo. È pur vero che rispetto al fabbisogno giornaliero umano di calorie (3000) un litro di latte ne contiene circa 700; è pur vero che rispetto al fabbisogno gior-naliero umano di proteine (70 g) il latte ne contiene per litro la metà esatta, tut-tavia esso ha una composizione chimi-ca che non ha un'analogia possibile in nessun altro alimento. Infatti contie-ne: acqua metabolica (88,0%), lattosio (4,5%), caseina albumina e globulina (3,5%), grasso (burro) (3,2%), ceneri o sostanze minerali (0,7%), lipoidi (co-lesterina e lecitina (0,1%), sostanze azotate non proteiche (glicocolla, tirosi-na, lecitina e altri cinque aminoacidi), vitamine A D E C H e Bi B2 B3 o PP, enzimi (idrolasi ossidasi riduttasi), com-ponenti biologici preesistenti o inqui-nanti, quando alla mungitura non segua il processo immediato di raffreddamento. Per quanto il grasso sia considerato il suo costituente principale, tanto che la percentuale lipidica ne determina il va-lore commerciale, tuttavia gli altri com-ponenti ne determinano il valore biochi-mico e l'utilizzazione bromatologica (uti-lizzazione alimentare).
Intanto il lattosio insieme con il latte gli conferisce quasi per intero l'accen-nato valore calorimetrico od energetico. Ma il lattosio predisponendolo alla fer-mentazione lattica dà lo yoghurt; predi-sponendolo alla fermentazione lattica e a quella secondariamente alcolica dà il kefir, e predisponendolo alla fermenta-zione alcoolica e secondariamente a quella lattica dà il koumis: bevande di cui fanno largo e quotidiano uso le po-polazioni caucasiche, armeniche, le qua-li hanno il primato della longevità. Esso pur contenendo sostanze minerali, come ferro e sodio, reca in misura mag-giore e in perfetto equilibrio calcio e fo-sforo. L'uno contribuisce prevalente-mente alla formazione delle ossa e dei denti; regola l'attività muscolare e quel-la del cuore; l'altro concorre, con il cal-cio, alla formazione dello scheletro e costituisce un elemento prezioso per il normale funzionamento del sistema mu-scolare e di quello nervoso. Ne viene che consumando normalmente latte si assicura un rapporto equilibrato di cal-cio e fosforo delle ordinarie razioni ali-mentari; rapporto che sarebbe diversa-mente alterato per eccesso di fosforo come si riscontra nel pane, nella pasta, nelle carni e nelle uova.
Oltre che sovrano, il latte è un alimento universale.
Prova ne sia che mentre in Italia e in Europa (dal Mediterraneo al circolo po-lare artico) esso è tratto dalle bovine, dalle pecore e dalle capre, altrove, co-me in Lapponia, è tratto dalle renne, e in altri continenti dalle femmine del bu-falo, dello zebù, del cammello, nonché del cavallo e dell'asino, ecc. Ma qualun-que ne sia la provenienza la composi-zione chimica è fondamentalmente la stessa.
L'uso che se ne fa è multivario, sia co-me bevanda che coco-me vivanda. Utiliz-zato in bevanda tale e quale, previa-mente o no addolcita, o unitaprevia-mente al caffè e al tè; in luogo dell'acqua nei frullati di frutta succulenta; in cocktail, in zabaioni, in edizioni fermentate — cui si è accennato — ; utilizzato in vi-vanda (entrando in numerose pietanze); in leccornia come gelato, budino, cre-ma, cioccolato, ecc., esso dà comunque all'umanità una razione ordinaria di
si-curezza, una dieta specifica ideale (die-ta latica), in quanto che provvede a ri-fornire l'organismo di proteine nobili, di colina (componente basico della fo-sfatidica lecitina), di lattosio, che sono, nel complesso, indispensabili al mante-nimento dell'efficienza di organi vitali preziosi come il fegato e il rene, ambe-due mallevadori della salute e del ren-dimento biologico.
Non è escluso che molti lo abbiano non-dimeno in antipatia, non lo trovino di loro gusto, ne siano idiosincratici. Ai gu-sti evidentemente non si comanda. Però anche chi ne fosse intollerante dovreb-be soppesare che la virtù alcalogena del latte è tale da affrancare gli individui dal fastidio della stitichezza, dalla ten-denza al diabete, dai pericoli dell'aci-dosi cui sono esposti gli attempati. E dovrebbe anche non dimenticare che la sua digeribilità è sollecita integrale, pur-ché non sia biologicamente e chimica-mente distrutta dalla inveterata steriliz-zazione mediante bollitura. Mantenendo in conclusione in relativo riposo gli or-gani digestivi esso ne accresce e ne sol-lecita la funzionalità.
In Italia ad onta delle multivarie utiliz-zazioni il consumo annuo capitario è vergognosamente basso. Nella Comunità europea dei 9 siamo all'ultimo gradino della graduatoria: Irlanda 1 212,6 Regno unito » 139,7 Danimarca » 112,5 Paesi Bassi » 107 Germania Federale » 77,4 Belgio e Lussemburgo » 76 Francia » 71,3 Italia » 66,5 Il nostro consumo è pari a quello della Grecia 1 66, ma superiore soltanto a quelli del Portogallo 1 42,5 e del Giap-pone 1 25,4. È invece notevolmente in-feriore ai consumi dei Paesi di alta ci-viltà alimentare: Finlandia 1 252,6 Norvegia » 173,8 Svezia » 161,7 Austria » 148,7 Svizzera » 131,7 USA » 122 Canada » 110 Spagna » 78,5
... e poi è buono anche cosi.
E dire che la pubblicità gastronomica ha coniato slogans più o meno incisivi, anche se di modesto valore auricolare. Ne riproduciamo i principali:
« Nel concerto alimentare dà la nota migliore ».
« Scrigno di preziose sostanze nutri-tive ».
« Le sue proteine hanno un elevato va-lore biologico ».
« Insieme con il sole forma ossa salde e denti sani ».
« Nutre molto e costa poco ».
« Alimento ideale per sani e malati ». « Indispensabile alimento dell'infanzia, della adolescenza e della senescenza ». Nessun slogan lo dice, ma è intuitivo che il valore alimentare e dietetico e la utilizzazione gastronomica devono poter utilizzare un prodotto igienicamente garantito.
Dato che il consumo limitato era ed è attribuibile al timore di una contamina-zione bacterica di natura tifica, difteri-tica. colerica, tubercolotica e brucelln-sica (febbre maltese) sono sorte centrali e latterie incaricate di fornire latte ste-rilizzato in bottiglie sigillate.
È tuttava il caso di ricordare che il lat-te appena munto, purché la mammella
dell'animale non abbia lesioni tuberco-lari, è bactericamente indenne, anche perché la mammella è un filtro energico. Nulla di meglio sarebbe poter bere il latte fresco di mungitura.
Esso è bactericamente innocuo perché contiene una sostanza bactericida, la cui azione antisettica può durare 48 ore se la temperatura nel serbatoio di raccolta, o vasca, è inferiore a 0 °C; o a 24 ore se non supera i 18 °C. Bisogna però che la carica bacterica iniziale sia trascura-bile, cosa che si raggiunge — ripetiamo — facendo affluire il latte in vasche aziendali refrigerate in attesa di convo-gliarlo ai Centri di raccolta e di steriliz-zazione. Prove effettuate nel Regno uni-to indicano in 2500-3000 germi il centi-metro cubico — entità trascurabile — la carica bacterica del latte in arrivo alle Centrali di sterilizzazione e di smista-mento, tutte le volte però che esso ab-bia subito la prima energica refrigera-zione in cascina.
Quello della contaminazione bacterica è dunque più una causa esterna che una concausa interna specialmente nel caso della mungitura a mano (pulviscolo at-mosferico. sfiuto fecale, ecc.), e nel caso della mungitura meccanica alla posta che non convogliasse il latte nel chiuso ermetico d'una tubazione al recipiente refrigerato di raccolta, dal quale con automezzi o con lattodotti defluirà alle Centrali o alle latterie.
È evidente che il sopraindicato accenno alla innocuità del latte fresco di mungi-tura e refrigerato alla stalla non esclude tuttavia ai fini igienico-alimentari i tre grandi processi di sterilizzazione in uso nelle Centrali, nelle latterie e negli sta-bilimenti caseari. Processi termici che si distinguono l'uno dall'altro, pur rag-giungendo lo stesso energico risultato, e che vanno sotto i rispettivi nomi di pastorizzazione, di stassanizzazione e di uperizzazione.
La pastorizzazione sottopone il latte a riscaldamento, fuori contatto dell'aria al-la temperatura di 75 °C per 10 minuti primi. La stassanizzazione (dal nome dell'inventore) lo sottopone invece a strato sottile alla temperatura di 75 °C per 5 minuti secondi. Lo strato sottile è dell'ordine di pochi millimetri di spes-sore. La uperizzazione è — grosso
mo-do — una stassanizzazione termicamen-te più energica e conseguentermicamen-tementermicamen-te più rapida (ridotta cioè a pochi secondi). Le Centrali più moderne e le latterie più attrezzate sottopongono il liquido alla omogeneinizzazione: processo di suddi-visione estrema dei globuli grassi renden-doli di conseguenza più sollecitamente digeribili. Ne viene che la uperizzazio-ne e la omogeuperizzazio-neizzaziouperizzazio-ne sono due pro-cessi che associano alla fragranza del latte appena munto, del buon latte fre-sco e genuino, la sua lunga conserva-zione nel tempo.
Il latte comunque sterilizzato viene po-sto in commercio in bottiglie di vetro sigillate ed etichettate o in contenitori in « tetra pak ». Appositi cestelli in car-tone ondulato ne contengono una ven-tina.
La sterilizzazione industriale del liqui-do come idea è remota, ma come inizia-tiva pratica è recente, a meno di non vo-lerla agganciare ai tentativi effettuati in Germania nel 1894 attraverso curiosi apparecchi domestici dei quali si è ef-fettivamente perduto il ricordo. Ma il criterio della sterilizzazione a fuo-co diretto e all'aperto sopravvive ed è duro a morire, talché ad onta della ste-rilizzazione moderna su scala industria-le il latte viene dalindustria-le massaie sottoposto scriteriatamente a bollitura. Il timore che quello attinto alle rivendite sia un untorello di malattie infettive e costitu-zionali è ossessivo e spinge perfino alla minorazione nutritiva del prodotto. Le stesse massaie in campagna non poten-dolo consumare tutto appena munto ne sterilizzano la quota rimanente alla ma-niera abominevole antica. Nemmeno un eccesso di prudenza la giustifica. E ne precisiamo il perché.
Nella bollitura in pentola i componenti del liquido subiscono modificazioni tal-mente profonde che fanno inorridire chiunque abbia anche una parvenza di domestichezza con la chimica organica e bromatologica.
1° L'albumina — il costituente princi-pale della ricotta — coagula.
2° La caseina — il costituente fonda-mentale del formaggio — si altera. 3° I grassi abbandonano lo stato natu-rale di emulsione.
4° I sali minerali precipitano. 5° La lecitina si decompone. 6° Il lattosio si caramellizza.
7° Gli enzimi scompaiono e alla loro scomparsa subentra una flessione nella digeribilità dei protidi e dei lipidi (gras-si) e nella solubilità delle sostanze mi-nerali in dissoluzione.
8° Le vitamine vengono distrutte. Il quadro è dunque apocalittico. In più la massaia è costretta in posizione di sentinella di fronte alla cucina eco-nomica o al fornello per evitare che il liquido esorbitando, per rigonfiamento, dal margine della pentola, vada in parte perduto e, riversandosi sulla fiamma, ammorbi di bruciato la cucina.
Fin qui ci siamo indugiati sul latte sen-za altra aggiunta, e brevemente su quel-lo fermentato. Ma qui giova segnalare — a chi non lo sapesse — che si tro-vano in commercio tipi di latte modifi-cato integrato per tutti i gusti e per tutti gli usi dietetici:
Scremato, ad uso di coloro che hanno una costituzionale intolleranza per i grassi.
Irradiato, a vantaggio di chi ha bisogno di una cura D-vitaminica onde arricchi-re l'organismo di calcio, essendo la vita-mina D calciofissatrice.
Vitaminizzato, richiesto da quanti han-no bisoghan-no di una alimentazione vita-minica d'urto e completa: cosa di cui si giovano gli adolescenti per evitare il rachitismo.
Maltato, cui ricorrono coloro che vo-gliono avere un alimento super energe-tico, grazie alla aggiunta di una percen-tuale di orzo germogliato o di farina d'orzo.
Acidificato, preferito da coloro che de-siderano una bevanda intermedia tra il latte naturale e quello sottoposto a fer-mentazione in virtù della aggiunta al li-quido di fermenti lattici.
Aclorurato, richiesto da coloro che esi-gono una dieta carente di sali sodici. Fermentato, come yoghurt, gioddu, ecc., ma ingentilito ed arricchito da succhi di piante erbacee medicinali (rabarbaro);
da succhi o sciroppi di frutta, di frago-la, ecc.
Aromatizzato, grazie all'aggiunta di aro-mi estratti dalle classiche piante offici-nali, come anice, menta piperita, vaini-glia, agrumi, ecc.
Spumoso, mediante la gasificazione car-bonica che lo rende frizzante, più gra-devole e digeribile.
Ma le aggiunte più invitanti al latte fer-mentato e a quello solidificato dal fred-do (gelati) sono diverse, e le une val-gono le altre, e per lo più sono a base di: sciroppi di frutta (lampone, mirtillo, fra-gola, mandorla, arancia, limone, manda-rino, pompelmo, ananas, ecc.).; frutta candita;
noci, pesche, ciliegie; cacao;
estratti di erbe medicinali indigene ed esotiche;
liquori.
Molto è stato escogitato e si escogita an-cora per indurre i palati più difficili, gli individui dieteticamente più esigenti, la gastronomia ordinaria e quella più im-pegnativa, al consumo di latte rispetti-vamente come bevanda e come vivanda. L'una e l'altra igienicamente garantita, da ingerire senza patemi d'animo, senza ricorrere alla mai abbastanza condanna-bile operazione della bollitura casalinga. Lo scritto odierno è inteso appunto a sottrarre il latte sterilizzato a un'opera-zione superflua, empirica, rovinosa, che fa di un alimento predigeribile — non come il miele ma quasi — una palla di piombo o un rudere nello stomaco co-me lo è la pasta asciutta rispetto al riso. Ma almeno la pasta asciutta ha un va-lore nutritivo che il latte bollito non ha.