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DELL'AUTOSTRADA DELLE GALLIE"

Nel documento Cronache Economiche. N.004, Anno 1985 (pagine 51-55)

Bruno Pusterla

1 passaggio dall'economia agricola a quella industriale, che ha caratterizza-to, nei Paesi dell'Europa centro-occiden-tale, la seconda metà del secolo scorso, ha portato alla ribalta, in termini di necessità ed indilazionabilità, il problema del mi-glioramento delle vie di comunicazione in-ternazionali.

Col crescere degli scambi commerciali, del trasporto delle materie prime, delle merci e dei viaggiatori, la costruzione dei collega-menti ferroviari e stradali, non soltanto in-terni, ma anche fra le Nazioni confinanti, è salita ai vertici degli impegni programma-tici e poliprogramma-tici dei vari governi nazionali. In Piemonte, la catena delle Alpi si poneva come barriera naturale ed invalicabile, nei lunghi mesi invernali, alla possibilità di stabilire con i Paesi confinanti, in partico-lare con la Francia, scorrevoli ed efficienti collegamenti.

La via dell'industrializzazione del piccolo regno, destinato, poi, ad unificare l'Italia, ed il suo progresso economico e sociale

passavano, necessariamente, attraverso l'a-pertura di nuove vie di transito, da realiz-zarsi perforando le Alpi.

Nel 1857, il Conte di Cavour, convinto fautore della politica dei trafori, faceva ap-provare dal Parlamento piemontese il pro-getto della galleria ferroviaria del Frejus, che entrava in esercizio nel 1871.

Nel 1882 si apriva al traffico anche la gal-leria sotto il Colle di Tenda, a quota 1.320 m, lunga 3.181 m, sulla strada fatta co-struire da Vittorio Amedeo III; la galleria ferroviaria del Tenda, a quota 1.031 m, lunga 8.100 m, era a sua volta ultimata se-dici anni dopo, nel 1898.

Qualche anno dopo la conclusione della seconda guerra mondiale si apriva la pro-spettiva di una Europa (quella occidentale) nuova e diversa: il Trattato di Roma met-teva, infatti, le basi per un'integrazione — in prospettiva — sociale, politica ed eco-nomica dei popoli europei; preludio alla crescita ed al Consolidamento della filoso-fia della costruzione comunitaria e, quindi,

alla nascita degli Stati Uniti d'Europa. In questo contesto, era naturale avvertire immediatamente l'esigenza di un maggiore ed efficiente collegamento fisico tra le Na-zioni interessate, presupposto necessario alla realizzazione dell'ideale dell'unione europea.

Da qui la necessità di creare vie di comu-nicazioni internazionali adeguate ed effi-cienti.

In questo spirito, l'obiettivo di superare ra-pidamente il geografico naturale isolamen-to del Piemonte dalle aree economicamen-te forti e sviluppaeconomicamen-te del nord Europa appa-riva, ed appare tuttora, compito di così primaria e determinante importanza, al fine di una diffusione equilibrata dello sviluppo economico territoriale, da concentrare, su di esso, l'impegno di tutte le componenti so-ciali, da quelle amministrative e politiche a quelle produttive e commerciali.

In questo contesto, per l'agricoltura pie-montese — ad esempio — che cosa signifi-ca aprirsi sempre più intensamente verso l'Europa? Risponde Luca Remmert, Presi-dente dell'Unione agricoltori di Torino.

«Nell'ottica di un vero decollo di una fatti-va politica agricola comune, è chiaro che anche il potenziamento delle vie di comu-nicazione rappresenta, ancora oggi, 1985, un elemento di fondamentale importanza. Le realtà del settore agricolo, ed in partico-lare quelle della nostra regione e provincia, stanno subendo radicali mutamenti, mi sembra quindi auspicabile che anche le in-frastrutture essenziali si adeguino il più possibile per agevolare questo repentino cambiamento.

Assisteremo nel prossimo futuro — ma è già chiaro oggi — al passaggio da un 'agri-coltura concentrata sulla produzione, ad un 'agricoltura orientata al mercato, proiet-tata sul mercato, nella quale cioè la fase di commercializzazione assumerà una valen-za sempre maggiore.

Risulta quindi chiaro quanto sarà impor-tante il potenziamento di tutti quei fattori, vie di comunicazione in primis, che agevo-lano i processi di libero scambio.

Potrebbe sembrare anacronistico, in un momento in cui la parola dazio è solo un ricordo, parlare di liberalizzazione degli scambi; ma è invece ancora argomento at-tuale solo che si pensi ad uno degli aspetti di questo problema: il costo dei trasporti. Problema, quello dei trasporti, essenziale

per il nostro settore, soprattutto per le ca-ratteristiche intrinseche della maggior par-te della nostra produzione. La deperibilità e l'elevato prezzo unitario dei prodotti agricoli, la concentrazione temporale del-l'offerta, la mancanza di strutture di stoc-caggio nelle nostre aziende, il ricorso a ter-zi per i trasporti, sono tutti elementi che contribuiscono in maniera ed in misura ri-levanti alla formazione del prezzo al pro-duttore.

Vi sono poi altre numerose considerazioni per valutare positivamente un'ulteriore sbocco per l'agricoltura, piemontese e non, verso l'Europa; si pensi all'allargamento ed all'internazionalizzazione dei mercati, al repentino mutamento della domanda dì prodotti agricoli, all'urbanizzazione di

nuove aree, allo spopolamento di altre, a! turismo, ecc.

Esiste anche, però, un aspetto fondamenta-le che si deve tenere in considerazione quando si parla di industrializzazione, di urbanizzazione, di costruzione di reti stra-dali: l'uso e la tutela del territorio.

Troppe volte, e la provincia di Torino ne è un esempio, gli agricoltori sono stati ogget-to di vere e proprie depauperazioni di

ter-reno agricolo, loro patrimonio fondamen-tale, in occasione dell'attuazione di piani che non tenevano minimamente conto del-la realtà delle imprese agricole.

Non è assolutamente sufficiente ricevere, in ritardo, indennizzi di esproprio, il più delle volte inadeguati ed insufficienti a risanare situazioni aziendali compromesse dall'ese-cuzione di opere pubbliche. Tali opere do-vrebbero essere vagliate più attentamente, predisponendo adeguati piani di

utilizza-zione del territorio e prevedendo misure d'indennizzo che, al di là del pagamento di un corrispettivo, riescano a garantire a chi ne viene coinvolto la possibilità di conti-nuare la propria attività (agevolazioni fi-scali, credito speciale, ecc.).

Queste ultime considerazioni, seppure irri-nunciabili per l'agricoltore che vede com-promessa la sua azienda per un superiore fine di utilità sociale, non fanno venir

meno un positivo giudizio su ogni iniziati-va diretta a porre le premesse, anche in ter-mini di infrastrutture, per una reale inte-grazione dei Paesi europei».

T V el 1956 si completava ed entrava in

Ber-Panoramica del piazzale e dell'imbocco nella valle di Rochemolles.

nardo e nel 1965 anche il Traforo del Monte Bianco.

Promossa dalla Provincia e dal Comune di Torino e con l'adesione della Camera di Commercio, dell'Unione Industriale, delle banche Istituto Bancario San Paolo di Tori-no, Banca Popolare di Novara, tutte le Cas-se di Risparmio del Piemonte, nonché la Cassa di Risparmio di Genova e Imperia, di Savona ed infine di Piacenza, delle Compa-gnie di Assicurazione e delle più importanti industrie piemontesi, si costituiva a Torino, il 29 ottobre 1960, la Società Italiana Trafo-ro Autostradale del Frejus, S.I.T.A.F. S.p.A., finalizzata a promuovere, costruire e gestire il Traforo del Frejus e l'autostrada di collegamento tra esso e la rete autostradale che fa capo a Torino.

Al Presidente dell'Unione Industriale di Torino, Giuseppe Pichetto, chiediamo quali motivazioni hanno indotto gli indu-striali piemontesi ad impegnarsi attiva-mente, ed in prima linea, in questa impre-sa.

«Per l'industria è fondamentale disporre di reti di trasporto che garantiscano rapide e razionali comunicazioni con i principali poli nazionali ed europei.

Tale necessità è sentita sia nei momenti di difficoltà del settore sia nei momenti in cui questo compie rapidi passi sul rinnovo del-le tecnologie e deldel-le produzioni.

Per l'area torinese, polo industriale per ec-cellenza, era ed è fondamentale ampliare e migliorare i collegamenti soprattutto con il resto dell'Europa.

La sua posizione geografica infatti, decen-trata rispetto ai principali assi nazionali, la proietta sempre di più verso gli altri paesi europei e verso mercati sempre più ampi».

Il 23 febbraio 1972 veniva firmata a Parigi la convenzione tra l'Italia e la Francia rela-tiva alla costruzione del Traforo del Fre-jus.

Nel 1973 la S.I.T.A.F. otteneva dall'A.-N.A.S. la concessione della costruzione e della gestione, per 70 anni, della parte ita-liana del traforo, nonché, per 30 anni, del-l'autostrada fra Torino (Rivoli) e Bardo-necchia.

I lavori del Traforo, iniziati nel gennaio 1975, venivano ultimati nel 1980.

¥ 112 luglio il Traforo era inaugurato e * si apriva al transito un nuovo collega-mento tra l'Italia e la Francia, una tappa fondamentale per l'unione economica e politica della nuova Europa.

L'opera è costata oltre 165 miliardi di lire, finanziata con 25 miliardi di capitale so-ciale della S.I.T.A.F. e con 140 miliardi di mutui concessi da Banche italiane ed estere (B.E.I.).

Nell'ottobre del 1975, a lavori ormai av-viati, a seguito della crisi petrolifera e di quella politica, il Parlamento italiano so-spendeva la costruzione di nuove autostra-de, includendo fra queste, inopinatamente, anche la Torino-Bardonecchia.

Ad Enrico Salza, Presidente della Camera di Commercio di Torino, chiediamo un giudizio sull'importanza che per gli scambi commerciali internazionali riveste la co-struzione dell'autostrada.

«Le imprese italiane non hanno nulla da invidiare alle altre imprese sparse nei vari continenti; ritengo infatti che i nostri im-prenditori, le nostre maestranze ci siano invidiate da tanti. Ciò nonostante però in molti settori rischiamo di non poter essere competitivi sul contesto internazionale a causa di "costi esterni " indipendenti dalla volontà e capacità dell'impresa. In poche parole, sulle imprese italiane gravano pesi di gran lunga superiori alle analoghe im-prese estere: intendo riferirmi a dei supe-riori costi finanziari, previdenziali, energe-tici e di trasporto.

Ora è fuori dubbio che quando sarà realiz-zato questo tratto autostradale ne verranno beneficiate molte imprese situate in ampie aree geografiche al di qua e al di là del confine, ed anche da un punto di vista cul-turale oltre che socio economico gli europei avranno modo di sentirsi più vicini, e ciò mi pare di fondamentale importanza».

Il sistema del Frejus, concepito e progetta-to per essere realizzaprogetta-to contemporanea-mente come un insieme di strutture inscin-dibili per garantire che l'investimento fos-se, autonomamente, produttivo, veniva in tal modo mutilato e si determinava così la grave situazione economica nella quale, ancora oggi, la S.I.T.A.F. è costretta ad operare.

Caselli d'esazione pedaggi.

Gli interessi per i mutui di costruzione gra-vano infatti sulla Società per oltre 27 mi-liardi di lire all'anno, mentre gli introiti da pedaggio della gestione del Traforo, anche con flussi di traffico da sempre crescenti, non vanno oltre, nel corrente esercizio, ai 12-13 miliardi di lire.

Per porre rimedio a tale situazione, final-mente, nell'agosto del 1982, il Parlamento italiano, accogliendo le istanze avanzate dalla S.I.T.A.F. e dagli Enti territoriali pie-montesi, approvava la Legge n. 531, in base alla quale la S.I.T.A.F. otteneva un contributo in conto capitale (a fondo per-duto) dallo Stato di 40 miliardi di lire, mentre veniva rimossa la sospensione della costruzione dell'autostrada Torino-Bardo-necchia e stanziati i primi 410 miliardi per la sua realizzazione.

Nel gennaio 1985 la S.I.T.A.F. ha appalta-to i primi tre lotti dei lavori, per 175 mi-liardi di lire, che sono ora in fase di esecu-zione.

I programmi predisposti dalla Società pre-vedono che il collegamento autostradale, per il tratto montano tra Bardonecchia e l'autoporto di Susa (da poco entrato in funzione), possano essere completati nel 1989.

II piano decennale per la grande viabilità, approvato recentemente dal Consiglio di amministrazione dell'A.N.A.S., indica, al primo posto, uno stanziamento di 600 mi-liardi per il completamento dell'intera au-tostrada, compreso il tratto fra Susa e To-rino.

Il piano finanziario che la S.I.T.A.F. ha

elaborato ipotizza, infine, che, già a partire dagli anni novanta, possa essere raggiunto il pareggio economico della gestione, desti-nata nel futuro, sicuramente, a produrre considerevoli utili, rendendo così produtti-vo l'investimento effettuato nelle infra-strutture del sistema del Frejus.

La galleria del Frejus abbrevia di circa 100 chilometri, rispetto alla galleria del Monte Bianco e a quella del Gran San Bernardo, il raggiungimento delle località francesi e svizzere (Marsiglia-Lione-Parigi-Ginevra) che costituiscono punti nevralgici sulla via dei grandi porti europei.

Sarà in tal modo completamente concretiz-zata l'idea guida di quanti hanno operato per la costruzione del Traforo del Frejus e del suo collegamento con la rete autostra-dale italiana: una strada aperta nelle visce-re delle Alpi occidentali per univisce-re, in un'e-ra di pace, l'Europa ed i suoi abitanti, e per assicurare al Piemonte ed all'Italia un avvenire di progresso economico e sociale.

Nel documento Cronache Economiche. N.004, Anno 1985 (pagine 51-55)