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I TICINESI E IL PIEMONTE

Nel documento Cronache Economiche. N.004, Anno 1985 (pagine 103-107)

Piera Condulmer

Sarebbe certamente interessante delineare un panorama storico dei rapporti italo-svizzeri, ma sarebbe certo un lavoro di lungo respiro, da non potersi racchiudere in un articolo, tanto più se si volessero considerare anche le componenti etniche dei due paesi. Perciò traccerò solo alcune notazioni, quelle che, impertinenti, mi per-correvano la mente mentre tenevo una conversazione, di diverso argomento, al-l'Associazione Piemonte-Svizzera; chissà perché proprio questa volta e non in altre occasioni, mi tornava alla memoria la ce-lebrazione del trentennale della sua istitu-zione fatta dall'allora presidente della re-gione avvocato Oberto. Egli infatti nel suo discorso aveva auspicato che qualcuno si decidesse a rintracciare l'apporto svizzero e soprattutto luganese, nella storia artistica di Torino e del Piemonte. E questo qualcu-no, bontà sua, sarei potuta essere io. L'idea era senz'altro allettante, ma altri la-vori in corso me ne distolsero. Declinai perciò il gentile invito, ma l'idea rimase tanto più che per qualcosa di affine avevo già indagato, ricercando nelle Materie

cri-minali del nostro Archivio di Stato, i

pro-cessi per le introduzioni clandestine di libri politici in Piemonte, intorno al 1840, dalle tipografie di Capolago e di Bellinzona, note da inserire nel libro su I caffè torinesi

e il risorgimento italiano; così pure per la

stesura del volume sul luganese Carlo

Bos-soli, Arte e battaglie, primo studio critico sistematico sul luganese, che tanta parte di sé lasciò a Torino per la gioia di tutti. Con questi precedenti interessi, tento ora uno schizzo dei molteplici rapporti avuti dal Piemonte e soprattutto da Torino con il Canton Ticino, riservando se mai per al-tra occasione quelli politici e squisitamente umani," durante il risorgimento, e quelli con cui gli svizzeri hanno scritto nella se-conda guerra mondiale la loro pagina più bella, quella proprio che ha dato origine, come per riconoscenza, al sorgere qui a Torino dell'Associazione Piemonte-Svizzera nel 1947.

Non scoprirò nulla di nuovo in questo pri-mo excursus brevissipri-mo, ma potrà sempre essere questo un contributo alla idea della comunione dei popoli europei, e alla circo-lazione dei valori culturali ed umani, resi più evidenti se pensiamo che molti degli artisti elvetici vennero a formarsi nella no-stra Accademia, ed alcuni di essi ne diven-nero a loro volta insegnanti e direttori. Testimonianza del lavoro e dell'arte dei ti-cinesi in Piemonte possiamo rintracciarla documentata fin dal 1481 nel portale del duomo di Acqui, opera di quel Giovanni Antonio Pilacurte luganese di Carona, che ha voluto lasciare memoria di sé e del suo paese natale nella lunetta sovrastante il portale stesso. Contemporaneamente a lui lavorava nell'antico duomo di Torino,

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I quello rabberciato dal vescovo Ludovico, ^ un altro luganese, di Scaria, che con la sua

venuta apriva la serie dei Carloni scultori e decoratori in Torino per alcuni secoli. An-tonio fu allora chiamato per scolpire le due figure dei da Romagnano, il giuriconsulto e « il vescovo, giacenti sulla loro pietra

tomba-le, a mo' di coperchio di sarcofago; lavoro finemente eseguito, che nel rifacimento del duomo nel 1494 fu rimosso dal suo sito e incastrato verticalmente sulla parete sini-J stra entrando, nella nuova chiesa del fio-I rentino Meo del Caprina. Credo però che I questo non fosse il primo lavoro del Carlo-( ni in quanto nella stessa epoca viene docu-mentata un'altra sua opera ad Alba, nella cappella di S. Teobaldo in duomo, ese-' guendone in collaborazione con Paolo di i Milano, il bellissimo altare, mentre con I Bernardo Possati di Morcote ne scolpiva magistralmente gli stalli del coro: e questo i nel 1486. Anche il duomo di Chieri lo

ri-corda operoso nella cappella del Corpus ' Domini con due bellissimi putti sorreggen-' ti una iscrizione; e siamo nel 1508. Ma il l duomo di Chieri pervenne ad ospitare

un-'altra opera di un luganese, una grande pala in marmo bianco in puro stile rina-scenza, proveniente dall'abbattimento del primo tempio innalzato dai Torinesi, anzi dal comune di Torino, per celebrare il grandioso miracolo del Sacramento avve-nuto nel 1453 nei pressi del mercato del grano. Architetto ne era stato Matteo Sam-micheli, che già si era espresso in quello stile nel portale di Casa Cavassa a Saluzzo, nel bassorilievo in marmo di Prancesco Cavassa all'interno dell'attuale Museo di Saluzzo e in quel puro Galeazzo Cavassa giacente nel bel S. Giovanni; probabilmen-te è ancora lui presenprobabilmen-te in quella magnifica inserzione in bianca rinascenza del portale sulla facciata romanico-gotica in cotto del duomo di Revello, ecc.

Il Sammicheli era di Porlezza, come di Porlezza era quel Benedetto Briosco, pur proveniente da Milano, con lo splendido monumento sepolcrale fatto erigere da lui su ordinazione di Margherita di Poix a Ludovico II di Saluzzo, e dove la rinascen-za s'immerletta di gotico internazionale. Ma del Sammicheli, la cui presenza in Pie-monte deve essere stata piuttosto prolunga-ta, ci parla anche il Vasari nelle sue Vite

dei più celebri pittori [...] per opere

fortifi-catorie condotte in Casale Monferrato, opere visitate dal suo illustre cugino

Mi-chele Sammicheli immortalatosi a Vene-zia. Casale lo ricorda ancora per belle scul-ture tombali in S. Evasio e in S. Domeni-co, mentre anche il duomo di Torino ne possiede una, quella dedicata all'arcivesco-vo Claudio di Seisselles morto nel 1520 e posto all'inizio della sacrestia.

In virtù della Lega del 27 agosto 1512 tra i Savoia e i Cantoni confederati si stabilì che durante tutta la sua durata i cittadini dei due stati sarebbero stati esentati da misure fiscali.

Ripresentatosi come vincitore a Torino Emanuele Piliberto, dopo gli sconquassi della lunga occupazione straniera, due era-no i punti principali del programma rico-struttivo del duca: la difesa militare e la rieducazione morale e religiosa del popolo. Diede la precedenza alla difesa militare con il capolavoro architettonico della citta-della e in essa lavorarono parecchi ticinesi, tra cui certo mastro da muro Bernardino Somazzo, che lavorò anche alla cittadella di Vercelli, il cui nome si perpetuerà a To-rino con i suoi figli e nipoti. Circa la rico-struzione morale e religiosa, il duca per va-lorizzare anche il patrimonio di santità at-tribuito per tradizione alla città, vuole far costruire ex novo un tempio dove degna-mente collocare le reliquie dei primi marti-ri del Piemonte, Solutore, Avventore, Ot-tavio; ed ecco porre nel 1570 la prima pie-tra per la erezione della chiesa dei S.S. Martiri in via Doragrossa. Per consiglio di Carlo Borromeo, il progetto per questa chiesa venne richiesto al luganese Pellegri-no Pellegrini, figlio di Tibaldo e sopranPellegri-no- sopranno-minato perciò Pellegrino Tibaldi, il più ri-nomato degli architetti della regione dei la-ghi prealpini. Questi, prima come pittore, e poi come architetto, aveva già dato otti-me prove di sé a Bologna, a Roma e a Mi-lano, dove aveva iniziato allora la costru-zione della chiesa di S. Fedele, attuando la novità architettonica chiesastica con il vaso del tempio ad unica navata, che tutta-via era già stata attuata da Leon Battista Alberti un secolo innanzi, nella magnifica chiesa di S. Andrea in Mantova, ispirando-si, pare al tepidarium delle terme romane. Se con il duomo era entrato a Torino la ri-nascenza, con la chiesa dei S.S. Martiri (il cui progetto nel tempo subirà molte modi-fiche) entra l'ultima rinascenza, che si co-lora di manierismo, e precede il trionfante barocco.

Prima di partire per la Spagna invitato da

Filippo II, il Tibaldi lascia il progetto per S. Eusebio di Vercelli, e incompiuta la chiesa di S. Gaudenzio di Novara.

Dato che le file degli artigiani e degli artisti dell'area del Ceresio non solo, ma anche del comasco e del milanese, che avevano la comune matrice dei maestri comacini, no-minati già nell'Editto di Rotari del 643, andavano qui sempre più infittendosi, fin dal tempo di Emanuele Filiberto essi si unirono in una compagnia per difendere meglio i loro diritti e sentirsi più forti. Tale compagnia richiese al duca la esten-sione anche a lei dei privilegi di cui la Lega tra Savoia e cantoni confederati conchiusa-si il 27 agosto 1512 beneficiava, cioè che concedesse anche a loro l'esenzione da mi-sure fiscali.

Questa compagnia s'intitolò a Sant'Anna, e in essa compaiono numerosi gli ingegneri militari; nel 1580 Giacomo Soldati, che è anche cosmografo (come i Conti della Te-soreria dimostrano con vari pagamenti), così Fabio de Bassi che nel 1578 lavora alle fortificazioni di Torino e Vercelli. Carlo Promis in Miscellanea di storia

ita-liana (1871) ricorda parecchi nomi; così

nel 1593 Gianpietro Castagno e Fabrizio Mazzi luganesi, che lavorano come impre-sari alle fortificazioni di Casale, Baldassare Azzale di Somma Lombarda,

GiantommaFig. 2 Cherasco. Chiesa dì Santa Maria del Popolo -Stucchi delle pareti

Fig. 3 - Torino, Castello del Valentino - Gabinetto dei fiori dorati.

so Scala di Carona, Gian Gerolamo Qua-druplani che con una squadra «di genti-luomini piemontesi andò nel 1605 in aiuto ai veneziani assediati a Candia, meravi-gliando per il suo coraggio». Giacomo Sol-dati si alterna tra Torino e Milano, ma nel

1580 torna dal duca Carlo Emanuele I e partecipa alla guerra del '92. Nel 1625 Carlo Vannelli di Lugano decide dell'espu-gnazione della fortezza di Ventimiglia. «forando la controscarpa ed attaccando la mina alla punta del baluardo opposto. Poi dispose una batteria che motivò la resa». Nell'indizione del concorso d'appalto per la costruzione della vigna della Regina di-segnata dal Costaguta, il 10 ottobre 1648, si presentarono ben dieci luganesi, «li qua-li cadauno di loro hanno presentato partite per la fabbrica in scritto», rimase vincente Stefano Borgnetta di Mazzano.

Allo scoppio delle guerre di religione tra cantoni cattolici e protestanti, nel 1632 i cantoni cattolici fecero un censimento a Lugano e a Torino degli ingegneri, archi-tetti, capi mastri, spacca pietre, minatori, bombardieri, per poterli reperire e chiama-re in caso di necessità: ebbene l'elenco di

Torino eseguito dalla compagnia di S. Anna presenta diciotto uomini di Bregan-zone, otto di Grancia, nove di Lugano e Carona, undici di Cureglia e via via. Un documento di E. Mazzetti cita come al servizio del duca di Savoia nel 1655 Giu-seppe Maino di Arogno, Stefano Melchio-ne di Capolago, Cristoforo e Pietro Maz-zetti e Bertola MazMaz-zetti di Rovio, poi com-pare un Antonio Bertola Mazzetti. Quanti

di questi ingegneri militari lavorarono alle fortezze di Verrua, di Cuneo, di Demonte? Intanto la compagnia di S. Anna si afferma sempre meglio: da Carlo Emanuele I ottie-ne il riconoscimento e il titolo di universi-tà, e il carisma religioso di un patronato di cappella ne sancisce definitivamente il ran-go. Questa cappella viene loro concessa nella chiesa dei cappuccini di S. Francesco d'Assisi il 19 febbraio del 1636. Tutta la

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Fig. 4 - Torino. Palazzo Carignano - Stucchi di Pietro Somazzi.

compagnia aveva concorso in opere e in denaro per il restauro della cappella intito-lata naturalmente a S. Anna, adornandola poi con un quadro di G. Zuccari e di due affreschi laterali di G. F. Casella.

In questa cappella i consociati adempivano agli obblighi religiosi che si erano posti, le adunanze invece le tenevano nel chiostro dei Padri, e lì avvenivano le elezioni del priore, dei due consiglieri, dei due sindaci, dei massari, si raccoglievano le obade, si

provvedeva alla distribuzione di elemosine per i luganesi poveri, ecc.

Tutto procedette regolarmente tanto che si provvide a costruire una casa per l'univer-sità nell'attuale via Guastalla 7, univerl'univer-sità che fu poi trasferita in altra più ampia sede nell'attuale via Gioberti al numero 77, fin-ché nel 1762 gli Ordinati della compagnia parlano di una scissione, per la quale i lu-ganesi rimasero a S. Francesco, mentre i milanesi e i comaschi si trasferirono in S.

Lorenzo. I verbali non fanno assolutamen-te cenno delle ragioni che portarono a que-sta scissione, che tuttavia non mutò il rap-porto e l'aprap-porto dei maestri da muro, dei fornasari, degli stuccatori luganesi, che at-tinsero nel '600 e nel '700 qui a Torino il loro massimo splendore nelle grandiose co-struzioni sabaude e nelle case della nascen-te aristocrazia commerciale, in gara con l'antica nobiltà.

Poi a poco a poco il rapporto con lo stato si fa sempre più fiscale, fino a quando la stagione protezionistica delle università, delle pastoie corporative, con Carlo Alber-to finisce nel 1844, ed anche l'università dei luganesi cessa la sua funzione protezio-nistica artigiana come quella di tutte le al-tre università del genere, per mantenere in vita solo l'attività benefica e caritativa. Dobbiamo tuttavia ricordare che l'essere pervenute fino a noi le notizie che in sinte-si ho riferito, è stato possinte-sibile grazie alla cura e alla solerzia con cui venne redatto il

Registro de/li Negotii et affari della Com-pagnia di S. Anna, e le relazioni delle

va-rie adunanze con nome e cognome dei vari partecipanti, attraverso cui si è potuto ave-re un panorama si può diave-re completo, del contributo luganese e ticinese alla fisiono-mia artistica di Torino, contributo che si fa sempre più evidente tra il settecento e l'ot-tocento con nomi che rimarranno noti nel-l'arte e nell'urbanistica cittadina. Verbali di cui l'ingegnere Michet Boschetti, morto nel 1911 dopo essere stato per decenni se-gretario della pia associazione dei luganesi di S. Anna, ha trascritto stralci nelle sue

Memorie, a partire dallo strumento «de li

19 febbraio 1636 [quando] si è fatto l'in-strumento della cappella da farsi di S. Anna nella chiesa dei Rev. Padri di S. Francesco per la compagnia de li mastri da muro luganesi e stuccatori e fornasari e la sepoltura». A questo i luganesi erano-giun-ti durante il priorato di Isidoro Bianchi in-signito del titolo di Cavaliere di giustizia dell'Ordine dei S.S. Maurizio e Lazzaro, ed era divenuto possessore di una casa nella città Nova.

Lavori storici ripresi dal Liebeman e che il «Bollettino storico della Svizzera italiana» ha continuamente ripreso e riproposto.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI PROMIS. C. Miscellanea di storia italiana, XII. CLARETTA G. Storia della reggenza di Maria Cristina, Torino 1868.

«Bollettino storico della Svizzera italiana», anni 1887: 1933.

ARTE

Nel documento Cronache Economiche. N.004, Anno 1985 (pagine 103-107)