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I PONTI PENSILI DEI PARCHI PIEMONTESI IN EPOCA CARLOALBERTINA

Nel documento Cronache Economiche. N.004, Anno 1985 (pagine 91-97)

Luciano Re

Le fortune del tipo edilizio del ponte so-speso nei parchi dell'Ottocento — tardiva-mente suggellate dalla nota passerella del parco parigino delle Buttes Chaumont (1865) — si sono sviluppate nel secondo quarto del secolo, parallelamente alla ge-neralizzazione di queste costruzioni nei ponti stradali. A differenza che in questi, tuttavia, motivati da ragioni tecniche, eco-nomiche, imprenditoriali, e tesi al conse-guimento di prestazioni non altrimenti conseguibili (come ancora ci è testimoniato dal ponte di La Caille in Savoia), la scelta del tipo del ponte sospeso nei parchi con-segue a ragioni essenzialmente ideologiche, connesse al concetto di progresso — tra il-luminismo e positivismo —, e al mito ro-mantico di una nuova collimazione tra na-tura e arte.

«Fra quante costruzioni ricevono vita e lume dalle scienze esatte, un Ponte sospeso è indubitatamente quella, che più di ogni altra sopra le medesime si fonda, e che of-fre nell'istesso tempo maggior correlazione tra i risultati pratici, ed i principi analitica-mente stabiliti».

Quest'affermazione di Ernest Melano, pro-tagonista dell'Eclettismo nell'architettura piemontese in età carloalbertina, che sem-bra riecheggiare l'osservazione di Navier, «tutte le parti di queste costruzioni sono soggette a regole esenti da arbitrarietà, det-tate dalla geometria e dalla meccanica: la forma stessa è determinata dalle leggi natu-rali dell'equilibrio, e i capricci del gusto non potranno mai alterarne l'eleganza», connota la specificità dei ponti sospesi, ri-spetto agli altri elementi architettonici d'ornamentazione del parco romantico. A differenza che in quelli — chioschi, rovi-ne, tempietti, statue, obelischi, cippi, chà-lets —, il fondamentale significato del pon-te sospeso infatti non riguardava tanto l'e-spressione della predilezione per un parti-colare riferimento, storico o esotico, del gusto (quale ad esempio il consapevole ri-ferimento ai «meravigliosi ponti cinesi», illustrati da Kirchner e Fischer von Erlach e a quelli andini descritti da von Hum-boldt) quanto alcuni dei problemi centrali dell'architettura dell'Ottocento; sia tra quelli allora meglio avvertiti, come la cor-relazione delle tecnologie moderne ai mo-delli del repertorio stilistico e tipologico dell'architettura (già ampliato dallo storici-smo romantico); sia tra quelli che si pale-sarono appieno successivamente con la

dif-fusione delle costruzioni in ferro e per l'e-videnza delle loro qualità formali e am-bientali, contribuendo allo sviluppo di una estetica funzionalista dell'architettura. Il fascino di queste costruzioni, «in qual-che modo aeree» (come le definì Navier), non venne mai meno nel corso della trava-gliata storia della loro tipologia, e fu avver-tito dal pubblico (i dodicimila accorsi all'i-naugurazione del ponte di La Caille nel

1840 o quanti identifichiamo l'immagine

Fig. 1. - Ponte «Charles-Albert» a La Cai/le, Savoia (Le Haìtre, 1839), odo su cartone IBiblioteca Reale di Tori-no).

della metropoli contemporanea col profilo del più che centenario ponte di Brooklyn) come dagli specialisti. Giuseppe Albenga scrisse: «le opere metalliche più pittore-sche sono certo i ponti sospesi (...); essi si adattano tanto alla costruzione di modeste dimensioni quanto a quelle gigantesche e figurano bene così in aperta campagna come nell'interno della città». Non è infat-ti facile trovare un altro infat-tipo strutturale che non abbia una banda piuttosto ristretta di dimensioni ottimali, al di sotto delle quali appaia goffamente miniaturizzato e al di sopra tecnicamente irrealizzabile:

sal-ve le opportunità di ordine economico, la tipologia del ponte sospeso si apprezza in-vece tanto nelle minuscole passerelle pedo-nali, quanto nelle maggiori costruzioni mai realizzate.

Le piccole passerelle dunque entrano a buon diritto nella storia dei ponti sospesi, avendo contribuito alla loro sperimenta-zione tecnica (come la celebre passerella di Annonay dei fratelli Séguin, 1822) e alla diffusione della loro tipologia, promuoven-done l'immagine presso l'opinione pubbli-ca: come testimonia la gustosa descrizione che fece Pictet dal dapprima timoroso e poi entusiastico approccio dei ginevrini al modello parziale del primo ponte pedonale di Dufour nel 1823: «Esso fu sottoposto alle più rudi prove da parte dei curiosi che vi si stipavano sopra è vi facevano salti, o marce militari, il tutto senza il minimo in-conveniente».

Il tipo del ponte sospeso come elemento costruttivo appropriato al parco è proposto già nel 1839 dalla quinta edizione «entiè-rement refondue» del Traité de la

Compo-sition et de l'Ornement des Jardins, Paris,

Audot, éditeur du Bon Jardinier. La sezio-ne «ponts» delle «Fabriques propres à la décoration» dei giardini si è arricchita, ri-spetto alle edizioni precedenti, di una tavo-la (ptavo-lanche 138) di ponti sospesi, invero tratti dalla trattatistica dell'epoca piuttosto che costituiti in prototipi originali. Con-frontando quelle immagini con i contem-poranei progetti piemontesi, che illustrere-mo qui, constatiaillustrere-mo però come questi pre-sentino ancora maggiori motivi d'interesse, in quanto si collocano in una posizione non soltanto cronologicamente di anticipa-zione; ma addirittura esemplare, per impe-gno e qualità progettuale.

In effetti, in Italia, i ponti pensili dei par-chi sembrano aver sovente precorso — in senso di campo elettivo di sperimentazione — le maggiori opere stradali; dalla passe-rella sul fiume Aniene presso Castel Mada-ma, costruita a spese della famiglia Palla-vicini, ai ponti toscani nel parco e nelle ca-scine di Poggio a Caiano e alla passerella della Villa Paolina di Quinto sulla via di Careggi.

In Piemonte, gli esempi di ponti sospesi nei parchi del secondo quarto dell'Otto-cento riguardano tre luoghi, un giardino privato di Agliè e i due Parchi reali di Rac-conigi e Pollenzo, che presentano aspetti diversi del problema del rapporto tra

que-sta sorta di costruzioni e l'ambiente. Le di-verse oggettivazioni storiche del concetto e della funzione del parco nel secolo scorso costituiscono riferimenti determinanti per lo sviluppo e l'articolazione dell'esperienza tecnica e tipologica.

La passerella di Agliè, sul canale di Calu-so, dava accesso alla villa del notaio Vitale Priè. Venne realizzata nel 1830 dall'inge-gnere Ignazio Michela, uno dei più esperti tecnici piemontesi di quegli anni (suoi il completamento della Curia Maxima di Torino e il ponte in muratura sul Tanaro ad Acqui); e celebrata come il primo ponte sospeso italiano (erroneamente, in quanto già preceduta, oltreché dalla passerella di Castel Madama, da quella — più citata — del colonnello Galateo a Padova, e coeva al più impegnativo Ponte di Minturno). Si-mile, per funzione, alla poco successiva passerella della Villa Paolina, presentava la singolarità di un impalcato ascendente a gradini, intelaiato da un'armatura in ferro forgiato.

La sospensione era a funi, e non a catene, come in tutti i ponti piemontesi, influenza-ti in ciò dagli indirizzi della tecnica france-se. Tali funi erano costituite da fasci di fili di ferro assemblati parallelamente, qui av-volti da una spirale continua, e avevano anche funzione di mancorrente; delicati elementi ornamentali in ferro a palmette decoravano gli attacchi dei tiranti. Gaeta-no Bertolotti descrisse la costruzione nella seconda metà del secolo, quando già storia e natura si erano impossessati di essa, ri-solvendola in termini di memoria e pae-saggio: ma oggi quanto resta della passerel-la — pipasserel-lastri, funi, armatura dell'impalcato — è in totale disfacimento, pur costituendo tuttora una presenza leggibile e qualifican-te dell'ambienqualifican-te.

Più complessa e rilevante, per la storia del-la tipologia strutturale, del-la serie dei progetti e delle realizzazioni nel Regio Parco di Racconigi, quale si può illustrare con do-cumenti inediti, conservati nei fondi del-l'Azienda della Real Casa dell'Archivio di Stato di Torino (per lo più raccolti nell'in-cartamento n. 7, «Racconigi - ponte sospe-so», della cartella 29).

Com'è noto, l'ascesa al trono di Carlo Al-berto (1831) comportò per il Piemonte l'avvio di un processo di rinnovamento culturale nel campo delle arti, segnato dal pensionamento dell'ormai anziano archi-tetto Bonsignore, «buon uomo, che (aveva)

Fig. 2. - «Ponts Suspendus», Planche 138 dal Traité

de la Composition et de l'Ornamentation des Jardins, 5' édition, Paris 1839. Tra gli esempi sono

ri-portate anche opere non specifiche ai parchi, quali la passerella di Annonay dei fratelli Séguin, 1822, e il ponte deUT/e-de-Bourbon di Brune!, 1823.

Fig. 3, 4. - Passerella a scala sul canale di Ca/uso, d'in-gresso alla villa del notaio Vitale Priè. in Agliè (Ignazio Michela, 1830).

Fig. 5. - Progetto di ponte sospeso di 20 m di luce nel Parco di Racconigi (Ghefa/dy, 1834) - (A.S.T., Azienda Rea/ Casa, cart. 29, fase. 7).

Fig. 6. - Progetto di ponte sospeso di 20 m di luce nel Parco di Racconigi (Gaulliard, 1834) - (A.S.T., Azienda Real Casa, cart. 29, fase. 7).

Fig. 7. - Progetto di ponte sospeso di 10 m di luce nel Parco di Racconigi (Gaulliard, 1834 ?) - (A.S T., Azien-da Real Casa, cart. 29, fase. 7).

del merito come architetto del partito clas-sico, ma non già per quello che lui inten-deva) di fare», come disse il re; e dalla chiamata a Torino di Pelagio Palagi. 11 gusto romantico si affermò nelle arti e nella cultura piemontese in quell'atteggia-mento «nell'apparenza ambivalente, in realtà fortemente univoco» (A. Griseri), che si esprimeva ecletticamente nel lin-guaggio neogotico così come in quello neo-classico. Il compimento della ristruttura-zione nel gusto del pittoresco del Parco di Racconigi, patrimonio dei Principi di

Cari-Fig. 8. - Progetto di ponte sospeso di 20 m di luce nel Parco di Racconigi (anonimo, s.d.) - (A.S.T., Azienda Real Casa, cart. 29. fase. 7).

Fig. 9. - Progetto di ponte pensile Neville di 30 m di luce nel Parco di Racconigi (anonimo, ma Alfred Henry Neville, s.d. ma 1837, firmato dal « serragliere » Pietro Ropolo e dai suoi garanti Gabriele Capello detto il Mon-calvo e Giuseppe Scarognina) - (A.S.T., Azienda Real Casa, cart. 29, fase. 7).

gnano, rinnovato a fine Settecento ad ope-ra dell'architetto-scenogope-rafo Pregliasco con inserimenti nel tracciato classico attribuito a Le Nòtre, e successivamente radicalmen-te ridisegnato all'inglese da Saverio Kur-ten, per volere di Carlo Alberto dopo il

1820, è il primo grande cantiere della nuo-va cultura architettonica e paesaggistica. Le tracce del sontuoso disegno, nato per ri-valeggiare con quello dei parchi delle resi-denze reali di Torino, Venaria, Rivoli, Stu-pinigi, vengono cancellate, per sostituirle con le macchie alberate, le radure, le ac-que, gli episodi architettonici della inalte-rabile «eterna Natura», reinventata dal Romanticismo e specchio dell'ideologia borghese (non estranea ai Savoia-Cari-gnano, come connotato dalle scelte della famiglia in epoca napoleonica e dalla stes-sa formazione di Carlo Alberto).

Fig. IO. - Rilievo (1864) del ponte sospeso di 30 m di luce nel Parco di Racconigi, costruito nel 1843 su pro-getto di Ernest Melano (A.S.T., Azienda Real Casa, cart. 31/1).

Ed ecco che allora non stupisce ritrovare — proprio nel parco privato del re — qual-che significativo esempio dell'altro com-plementare aspetto della cultura borghese, definito da Roland Barthes nell'«illimitata trasformazione della natura» attraverso il progresso tecnico e scientifico.

1 progetti per i ponti sospesi si collocano in questo contesto, testimoniando l'interesse di Carlo Alberto alle innovazioni tecniche, confermato dall'incoraggiamento personale alla non realizzata offerta della Compagnia Séguin per la costruzione del ponte sospeso sul Po a Casale, 1830; dal consenso all'in-titolazione al suo nome dei successivi gran-di ponti sospesi gran-di La Caille, Casale, Pol-lenzo; e non frustrato, come vedremo, nemmeno dal fallimento dell'iniziativa più avanzata: il primo ponte a trave reticolare in ferro in Piemonte.

La cartella sopra ricordata conserva infatti tre diversi progetti di ponti sospesi carrabi-li, con varianti e dettagcarrabi-li, di 20 e 30 metri di luce, per il medesimo sito, alla

con-fluenza del naviglio nel lago del parco, in quel suo settore settentrionale più radical-mente innovato dalla costruzione neogoti-ca del «Castello delle Verne» e della Serra, ad opera di Palagi, Sada e Melano; un pro-getto per un altro ponte carrabile, di soli

10 metri di luce; alcuni altri progetti, per gli stessi e altri luoghi, in pietra, muratura, legno ad arco o a palificata; ed infine il ri-cordato ponte a trave reticolare.

Tra i progetti di ponti sospesi, due sono datati: una prima tavola, a firma Ghefaldy in data 15 febbraio 1834, propone in scala 1 : 100 il profilo di un ponte a funi di 20 metri di luce, con piloni in forma di colon-ne doriche sormontate da vasi e con plinti d'ancoraggio decorati da leoni. Il costo era stimato in ventimila franchi «non compris les ornements de sculpture». Un progetto analogo, più elaborato, è quello a firma di Gaulliard, in data del 10 marzo 1834 da Lione, che presenta in profilo, pianta di una spalla e sezioni in scala 1 : 50 un pon-te di 20 metri di luce a 4 funi, previspon-te cia-scuna di 50 fili di calibro di 0,7345 mm. I piloni sono costituiti da svelte colonnette in ghisa di 10 cm di diametro poggianti su plinti in pietra, simili a quelli degli anco-raggi, ornati da vasi, anch'essi in ghisa. La didascalia spiega come il ponte, calcolato al consueto sovraccarico di 200 kg/mq, po-tesse complessivamente sopportare 240 tonnellate, ed in particolare il carico di rottura di ciascuna colonnina di ghisa fosse di ben 500 tonnellate. Il costo sarebbe sta-to di trentamila franchi.

La stessa costruzione è oggetto di un se-condo disegno, una minuta quotata e an-notata che ne rappresenta metà campata. I parapetti sono costituiti da una esile rin-ghiera in ferro a lame diagonali, che non contribuisce a irrigidire l'impalcato, for-mato semplicemente da un tavolato in-chiodato sulle traverse, rilevato da longhe-roni soltanto ai bordi. Entrambi questi progetti si possono verosimilmente attri-buire ad un primo orientamento del sovra-no per l'adozione di questo tipo di costru-zione, cercato ancora all'estero, là dove più avanzate erano le esperienze tecniche; e — come manifesta il progetto Gaulliard — il problema della specificazione del tipo alla sua particolare destinazione poteva già trovare soluzioni di grande eleganza. Un secondo progetto di Gaulliard riguarda un altro ponte, in altro sito, di 10 metri di luce e di costo stimato in

dodicimilacin-quecento franchi. Analogamente al noto ma più tardo ponte dell'Ile de Reilly al Bois de Vincennes, la catenaria è contenu-ta nell'altezza del parapetto: nonoscontenu-tante le apparenze, anche qui esso non ha alcuna funzione strutturale.

Due altri disegni senza data né firma, ri-guardano con alcune differenze un altro «progetto non stato eseguito», per il primo sito. Il ponte, di 20 metri di luce, appare sostenuto da sole due funi, di cui nella ver-sione più elaborata si presentano i dettagli di giunzione, con appoggi su massicci pilo-ni in muratura. L'impalcato è qui contro-ventato, alle spalle, da saettoni metallici diagonali; questo dispositivo manca nel-l'altra versione, un semplice abbozzo a

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Fig. 11.- Resti del ponte sospeso di E. Melano (1834! nel Parco di Racconigi.

Fig. 12. - Ponte sospeso nel Parco di Poitenzo. realizza-to nei 1839/40 da G. M. Catlinetti. lirealizza-tografia IBibliote-ca Reale di Torino<).

matita, che presenta una più accurata de-corazione, di stile dorico, dei piloni. Si può avanzare l'ipotesi che questi disegni siano opera successiva, di un progettista locale, anche se lontano dal nitido gusto del Mela-no, cui si può invece attribuire un profilo, in scala l : 200 del più tardo ponte del Par-co reale di Pollenzo, che chiude la serie. Il progetto più singolare resta però il «ponte pensile Neville» di 30 metri di luce,

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Fig. 13. - Progetto per il Ponte dell'Isola nel Parco di Pollenzo IErnest Melano. 1843 ca.) - (A.S.T., album

Polenzo. Monumenti ed edifizi reali, tavola sciolta,

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Fig. 14. - Rilievo di Luigi Vigite/lo (1851) del ponte «Carlo Alberto» sul Tanaro della strada Pollenzo-Verduno (Ernest Melano. 1847 ca.) - (A.S.T., album

Polenzo. Monumenti ed edifizi reali/

Fig. 15. - Il ponte «Carlo Alberto» sul Tanaro in un'im-magine d'epoca.

presentato in pianta, prospetto e sezione in scala di 2,4 cm per metro, che costituisce il primo esempio di struttura a trave reticola-re in ferro in Piemonte e la prima opera realizzata del suo inventore, l'ingegnere in-glese Alfred Henry Neville, destinato dopo l'incerto esordio piemontese a maggiori fortune nel Lombardo Venetp, di là dalla diffusione su scala mondiale del brevetto, perfezionato dal suo rappresentante londi-nese, Warren.

La scelta di questa «opera di genere affatto nuovo da eseguirsi in un recinto

frequenta-to dalle LL.MM.» può verosimilmente es-sere attribuita solo ad un diretto interessa-mento di Carlo Alberto. Realizzato dal «serragliere» Pietro Ropolo (garantito dal-l'ebanista Gabriele Capello, esecutore degli arredi progettati dal Palagi nel castello), il ponte, appaltato il 2 dicembre 1837, fu co-struito nei primi mesi del 1838; ma già il 2 luglio 1839 fu giudicato irreparabile dal Congresso Permanente di Acque e Strade, che non approvò le opere di consolida-mento proposte dall'Ispettore Carbonazzi (studi cui forse si riferiscono i saettoni e travi in legno a sostegno del terzo centrale della costruzione, schizzati a matita e poi cancellati sul disegno).

Il ponte fu ricostruito secondo l'ormai

spe-rimentata tipologia della sospensione a funi, su progetto di Ernest Melano datato 14 ottobre 1842 e appaltato il 20 febbraio 1843 per una spesa di 28.738,33 lire. La costruzione, di 30 metri di luce, con una carreggiata di 3,30 e due marciapiedi a sbalzo di 1,40, era calcolata per presentare nelle gomene la tensione di 18 kg/mq per un sovraccarico uniforme di 200 kg/mq; era prescritto che «il filo ferro dov(esse) provenire dalla Francia e dalle migliori fu-cine di Lione»; ai parapetti previsti in le-gno a diagonali era assegnata la funzione d'irrigidimento dell'impalcato, adottando una innovazione tecnica introdotta dai

Sé-guin. La nuova opera ci è testimoniata da un rilievo del 1864, che ci consente di ap-prezzare la insolita disposizione delle so-spensioni all'interno dell'impalcato, analo-ga a quella del Ponte Egizio di Pietroburgo (1825), su progetto di De Traitteur, divul-gato dal saggio di von Wiebeking.

Del ponte, successivamente sostituito da una modesta struttura a travate a tre luci, restano i quattro piloni monolitici in pietra di Malanaggio in forma di colonne doriche greche: suggestiva presenza, e ricordo di una costruzione che per qualità architetto-nica si colloca, con gli altri monumenti di Bonsignore, Palagi, Melano, tra le compo-nenti più significative del paesaggio del parco. Consta che un altro ponte sospeso carrabile su disegno del Melano, di 16 me-tri di luce, con parapetto irrigidente, era già stato realizzato nel 1840 in un diverso sito del parco: di esso non resta traccia. A differenza di Racconigi, il parco di Pol-lenzo non è il risultato della riplasmazione di un impianto preesistente, ma costituisce l'elemento centrale di una cospicua inizia-tiva di organizzazione agricola del territo-rio, intrapresa da Carlo Alberto verso la fine degli anni Trenta, valorizzando la pre-senza di un vecchio castello, inventiva-mente restaurato ad opera di Palagi e Me-lano (ne ricordiamo il fantastico torrione e il salone ottenuto mediante la copertura a lucernaio del cortile, assunta a prototipo nella cultura piemontese ottocentesca del restauro, come testimoniano i castelli di Pralormo e Reano e la casa degli Alciati di Vercelli), procedendo alla bonifica delle sponde del Tanaro, il cui corso venne spo-stato alquanto più a mezzogiorno, e ai nuovi insediamenti di fabbricati civili e ru-rali con opere monumentali, quali la chie-sa e la piazza, che si collocano tra le più si-gnificative testimonianze del gusto neogoti-co, oltre che della colonizzazione agricola ottocentesca. Sono tuttora molto scarse, ancor più che per Racconigi, le notizie sui lavori ottocenteschi, forse contenute in ul-teriori documenti dell'Azienda della Real Casa di recente accesso all'Archivio di Sta-to, fin ora insondati.

Tuttavia, un primo quadro delle opere può essere, talora congetturalmente, ricostrui-to; in gran parte sulla base di uno splendi-do album di rilievi, Polenzo. Monumenti

ed edifizi reali (Archivio di Stato di

Nel documento Cronache Economiche. N.004, Anno 1985 (pagine 91-97)