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103 Durante il processo di produzione della campagna, la Commissione art. 5 ha il compito di valutare e approvare la strategia media, verificando che le norme relative ai mezzi di comunicazione vengano rispettate. Infine, sarà sempre compito della Commissione di valutazione approvare il lavoro ultimato.

3.3 Le aziende private nel contesto sociale

Le responsabilità delle aziende commerciali erano da sempre legate principalmente alla qualità dei propri prodotti, alle relazioni con i dipendenti, ai metodi produttivi sviluppati, al rispetto delle leggi, ma da qualche anno si è creata una nuova responsabilità, che ha a che fare con i rapporti che l’azienda instaura nei confronti della collettività. Gadotti (2001) distingue questo elemento in responsabilità etica e responsabilità filantropica, dove la prima si riferisce ai doveri di cui il consumatore si aspetta che l’azienda rispetti, e la seconda riguarda il coinvolgimento diretto dell’azienda nelle iniziative sociali di cui si fa carico. In quest’ultimo tipo di responsabilità non c’è una vera e propria aspettativa; cioè se l’azienda non attua iniziative di responsabilità filantropica, nè i consumatori nè gli stakeholder si creeranno un giudizio negativo. Avviene, invece, il contrario nelle iniziative di responsabilità etica. Peverini e Spalletta (2009), citando Faccioli, utilizzano il termine di responsabilità sociale di impresa, comprendente tutte le iniziative che l’azienda sviluppa per promuovere un prodotto o un servizio capace di coinvolge il consumatore in cause sociali, con lo scopo principale del profitto. Gadotti e Bernocchi (2010), invece, affermano che dare una definizione precisa al termine responsabilità sociale d’impresa, sia molto difficile, e illustrano due posizioni completamente estreme degli studiosi Milton Friedman e Edward Freeman, al cui interno è possibile collocare moltissime posizioni intermedie. La prima prospettiva, quella di Friedman, afferma che non è possibile che un’impresa for profit si interessi a questioni sociali. La loro unica responsabilità è fare profitto a favore dei propri azionisti, ovviamente nei limiti legali. A nessuno viene negata la possibilità di effettuare iniziative di beneficenza o filantropiche, ma non è una scelta legata a processi o strategie aziendali, è più una volontà dello stesso imprenditore. La posizione di Freeman, invece, definisce la responsabilità sociale d’impresa come una vera e propria risorsa strategica, che permette all’azienda di sviluppare un “posizionamento” nei confronti degli stakeholders. In altre parole, da un

104 lato abbiamo la prospettiva di fare del bene perché si vuole fare del bene, dall’altro lato c’è la prospettiva di auto-interesse, cioè fare del bene per migliorare la propria posizione e quindi la propria redditività (Christofi et al., 2014). Le attività atte a comunicare e rendere visibile tale responsabilità, nascono soprattutto dai cambiamenti che stanno attraversando la sfera del consumo, e cioè il consumatore. Il suo profilo si è enormemente modificato negli anni, è un consumatore “sempre più attento e consapevole delle implicazioni ecologiche e sociali delle proprie scelte, un individuo che indirizza le proprie scelte di acquisto in coerenza anche con determinati valori” (Gadotti, 2001). Esso è sempre più attento alle operazioni effettuate dalle imprese, ed è sempre pronto a sanzionare o premiare quelle ritenute, rispettivamente, non virtuose o responsabili. I risultati di una ricerca effettuata su di essi, indicano che dovendo scegliere tra due prodotti equivalenti in termini di prezzo e di qualità, ma dove uno dei due sia associato ad una causa sociale a loro cara, il 78% del totale sarebbe più propenso ad acquistare quest’ultimo, e il 54% sarebbe disposto anche a pagare un prezzo maggiore (Nejati, 2014). I consumatori tendono a cercare una sorta di compromesso nell’esperienza di consumo, vista oggi sia come fonte per soddisfare i propri desideri, ma anche come azione che tutela principi e valori. D’altra parte, l’azienda oggi è praticamente “costretta” ad adottare iniziative di responsabilità sociale, sia per la pressione degli stessi consumatori, ma anche per le sollecitazioni provenienti dai gruppi di pressione, dal terzo settore, dai gruppi sostenitori di quella causa sociale, dalle associazioni consumeriste e dai mass media. Soprattutto a causa dei new media, peraltro, le informazioni sono ormai veicolate in tempo reale, e non sono più controllabili nemmeno dall’azienda stessa (Gadotti e Bernocchi, 2010). In ogni caso, le imprese utilizzano oggi tutte le leve della comunicazione per informare non solo sul ruolo economico, ma sui propri obiettivi e valori, e sulla visione che hanno del mondo. Le aziende si fanno carico non solo delle conseguenze che le proprie attività hanno sull’ambiente e sulla società, ma estendono le proprie iniziative a tematiche non sempre connesse con la propria attività produttiva. Comunque, è inevitabile chiedersi se tutti questi cambiamenti si siano sviluppati in conseguenza di una evoluzione dell’eticità dell’impresa o se invece siano semplicemente un’operazione strategica. Alcune imprese, infatti, potrebbero effettuare iniziative di responsabilità sociale solo per migliorare la propria reputazione nei confronti del governo e del pubblico, ottenendo così maggiori benefici commerciali (Derevjanko e Zybin, 2012). Tuttavia questo tipo di attività sono

105 ben accolte dai consumatori, senza eccessivi sospetti (Gadotti, 2001), soprattutto perché la popolazione percepisce la comunicazione sociale come un’azione disinteressata, non come uno strumento atto a deviare l’attenzione del pubblico o il cui obiettivo sia sviluppare un atteggiamento positivo nei confronti dell’azienda per interessi prettamente economici (Derevjanko e Zybin, 2012).

Riassumendo, la responsabilità sociale d’impresa è un termine generale che riflette tutte le organizzazioni che “fanno del bene” (Vanhamme et al., 2012), cioè partecipano in modo volontario a questioni sociali come la salute pubblica, l’educazione, la gestione delle risorse umane, lo sviluppo economico del paese, la sicurezza sul lavoro, le relazioni con i diversi stakeholder, la realizzazione dei bisogni umani e la protezione dell’ambiente (Kotler e Lee, 2005; Branco e Rodrigues, 2006; Lindgreen et al., 2009). Tramite questo strumento, inoltre, le aziende possono aumentare la propria differenziazione e quindi essere più competitive (Kotler e Lee, 2005), sviluppare nuove capacità e risorse (Branco e Rodrigues, 2006), aumentare la fidelizzazione dei clienti (Liu et al., 2010), migliorare la propria reputazione (Drumwright, 1994; Brown e Dacin 1997; Meyer 1999) e, infine, affermarsi maggiormente nel mercato azionario (Klein e Dawar 2004).

Esiste un percorso, descritto da Gadotti (2001), che l’azienda privata segue per portare avanti iniziative di responsabilità sociali d’impresa, formato da sei fondamentali passaggi. Scegliere la causa sociale Ogni azienda deve scegliere la causa sociale da perseguire in base alle proprie necessità, ponendosi diverse domande: qual è il territorio su cui si vuole agire? Verso quale target? Qual è la causa sociale che risulta in maggiore sintonia con la propria immagine? Quali sono gli effetti che si vogliono ottenere sulla propria immagine? Ad esempio, sembra che si producano risultati migliori quando si associano aziende produttrici di beni di lusso a iniziative riguardanti la donazione a favore di cause di beneficenza, perché sembra che compensino il senso di colpa dei consumatori (Strahilevitz e Myers, 1998; Vanhamme et al., 2012). Identificare la causa migliore non solo in relazione dell’impresa, ma anche del target di riferimento, può produrre una campagna di marketing sociale di maggior successo (Gupta e Pirsch, 2006).

106 Scegliere il partner non profit

L’azienda privata, per produrre l’iniziativa sociale, può scegliere di collaborare con un’organizzazione non profit, oppure può agire direttamente a favore della causa prescelta. Creando una partnership, l’impresa privata sostiene un progetto sociale sviluppato da un’organizzazione non profit, tramite l’apporto di risorse economiche o umane. In questo modo è possibile sviluppare operazioni complesse e di lungo termine (Gadotti e Bernocchi, 2010). Agendo direttamente, invece, l’azienda diventa, simultaneamente, promotrice, sostenitrice e responsabile degli obiettivi sociali predisposti. Le comunicazioni pubblicizzeranno, in questo caso, l’impegno intrapreso dalla stessa impresa (Gadotti e Bernocchi, 2010). In realtà esiste anche una terza modalità, dove l’impresa semplicemente associa il proprio marchio a cause di interesse collettivo.

Definire gli obiettivi

L’azienda deve capire e definire gli obiettivi che vuole raggiungere, in quanto in base ad essi si modifica sia la tipologia di intervento sia la strategia di comunicazione. Le iniziative di responsabilità sociale possono, infatti, rispondere a diversi obiettivi, come aumentare la motivazione all’acquisto dei consumatori, costruire una relazione con essi e quindi fidelizzarli, migliorare la propria immagine (Benezra, 1996; Strahilevitz e Myers, 1998; Kim e Johnson, 2013), migliorare il comportamento che i consumatori hanno con l’azienda, attrarre figure professionali molto talentuose ed avere un effetto positivo sulle vendite dell’impresa (Carroll e Shabana 2010; Vanhamme et al., 2012). Altri obiettivi possono essere differenziare i propri prodotti, creare strumenti nuovi di pubbliche relazioni, migliorare i rapporti con i propri dipendenti, attirare attenzione da parte dei media, raggiungere nuove nicchie di mercato e anche nuovi consumatori, sviluppare un legame con il territorio, facilitare l’entrata in mercati ancora non penetrati (Gadotti, 2001).

Scegliere la tipologia di intervento da adottare

Esistono moltissime forme di intervento tra cui l’azienda può scegliere, quelle maggiormente utilizzate sono il cause-related marketing e la sponsorizzazione. Il primo strumento viene definito da Gadotti (2001, p. 216), citando Adkins, come “un’attività commerciale in cui imprese, organizzazioni non profit o cause di utilità sociale formano

107 una partnership al fine di promuovere un’immagine, un prodotto, un servizio traendone reciprocamente beneficio”. Per il suo utilizzo frequente e per la sua complessità, il cause- related marketing verrà brevemente trattato in seguito. La sponsorizzazione, invece, è legata strettamente ad uno specifico evento realizzato, la maggior parte delle volte, da un’organizzazione non profit. La sponsorizzazione può essere di due principali tipologie: tecnica (dove l’azienda sostiene una parte dei costi dell’evento tramite cessione di beni materiali o di spazi) oppure economica (in questo caso l’impresa dona un contributo monetario) (Gadotti, 2001). Tramite questo strumento è possibile migliorare l’immagine dell’organizzazione privata, in quanto essa associa il suo nome ad una causa sociale, particolarmente importante per un determinato gruppo di utenti (Menon e Kahn, 2003; Sneath et al., 2005). La sponsorizzazione permette di esporre maggiormente il proprio prodotto, arrivando a coinvolgere anche quella parte della popolazione che è difficilmente raggiungibile tramite forme di comunicazioni tradizionali come la pubblicità (Liu e Ko, 2011).

Un altro tipo di intervento che le aziende for profit possono utilizzare, sono le donazioni a fondo perduto, che si verificano quando l’azienda in oggetto offre un contributo in denaro ad una specifica organizzazione non profit, con lo scopo di sostenerla. Diverso è il caso della donazione di materiale, dove l’impresa privata non dona denaro all’organizzazione, ma prodotti e servizi, utili al suo sostenimento. Solitamente, le aziende sono più propense a donare prodotti e servizi, piuttosto che denaro (Liu e Ko, 2011). Il materiale offerto può essere il particolare bene o servizio prodotto dall’impresa (Lafferty e Browning, 1993), dei volontari interni all’azienda (Muthuri et al., 2009; Peterson, 2004), o prodotti portatori di migliorie alle strutture (Bronn e Vrioni, 2001). Un altro tipo di donazione è la charity promotion, dove l’impresa si impegna a donare ad un’organizzazione una parte dei profitti derivanti dalla vendita di ogni prodotto. Il fatto che l’entità donata sia collegata ai prodotti venduti, crea un incentivo nei consumatori ad acquistare quello specifico bene (Olsen et al., 2003). Inoltre questo strumento permette di coinvolgere tutti e non solo l’azienda, nell’iniziativa, soprattutto lo stesso consumatore (Liu e Ko, 2011). L’ultimo strumento riconducibile alle donazioni, è il support salary program, dove i dipendenti dell’impresa partecipano alla causa sociale, donando una piccola parte dei loro stipendi. Altri interventi utilizzabili sono il merchandising solidale, dove l’impresa crea prodotti o gadget con finalità sociali, e il licensing, dove un’organizzazione non profit cede l’utilizzo del proprio marchio ad una

108 azienda privata, ricevendo una specifica royalty sulle sue vendite (Gadotti, 2001). Infine, l’ultimo strumento preso in considerazione, è la promozione congiunta. In questo caso l’azienda privata coopera con un’organizzazione o con una causa specifica, per produrre una pubblicità sociale (Liu e Ko, 2011). Questo strumento, ma anche tutte le tipologie di donazioni, a differenza delle sponsorizzazioni, non sono riconducibili ad alcun evento specifico.

Delineare le strategie di comunicazione

Dopo aver scelto lo strumento da utilizzare, l’azienda deve capire come rendere nota l’iniziativa nel pubblico. Si possono utilizzare i mass media, gli eventi, la comunicazione sul packaging del prodotto o sul punto vendita, Internet, conferenze stampa, ecc. Vanhamme et al. (2012) identificano due principali approcci di comunicazione: l’approccio tattico e quello strategico. Il principale obiettivo del primo è aumentare le entrate dell’azienda privata pubblicizzando l’iniziativa, mentre nell’approccio strategico si prendono in considerazione obiettivi di lungo termine, come il miglioramento dell’immagine o la realizzazione di un atteggiamento positivo del pubblico verso l’impresa o la marca (Berger et al., 2007). Alcune ricerche riportano che le iniziative effettuate con obiettivi di medio-lungo termine, portano i consumatori ad effettuare valutazioni migliori rispetto alle strategie di breve termine (Van den Brink et al., 2006). Kim et al. (2015) distinguono, in particolare, due strategie di comunicazione, effettuabili tramite messaggi che promuovono cause sociali (promotional social cause message, o PSC message) e messaggi che invitano i consumatori a partecipare alle cause sociali (partake-in-our-cause message, o PIOC message). La differenza principale fra questi due messaggi, quindi, è che il secondo incoraggia i consumatori a partecipare all’iniziativa portata avanti dall’impresa, mentre il primo semplicemente informa i consumatori sul coinvolgimento dell’impresa in una causa sociale. In quest’ultima strategia l’azienda semplicemente sottolinea ciò che essa ha fatto o può fare per la società (Drumwright 1996), ma non coinvolge in prima persona l’utente. Solitamente il messaggio viene scritto in forma di prima persona plurale, usando il noi, riferendosi all’azienda promotrice. I messaggi PIOC, invece, utilizzano la seconda persona, sottolineando che ciascun individuo può fare la differenza per la causa sociale che l’impresa pubblicizza (Kim et al., 2015). Quest’ultimo tipo di strategia comunicativa, che chiede al pubblico di

109 relazionarsi in primis con l’iniziativa, è anche nota come strategia autoreferenziale (Burnkrant e Unnava, 1995; Sujan et al., 2003; Escalas, 2007; Hung e Wyer, 2011).

Misurare i risultati

L’ultimo passaggio riguarda la misurazione dei risultati ottenuti dall’iniziativa. È importante stabilire preventivamente non solo i risultati che l’azienda vuole raggiungere, ma anche la metodologia da utilizzare per misurare gli effetti sulla propria immagine e sulle proprie vendite. 3.3.1 Il cause-related marketing Il cause-related marketing, o CRM, è una strategia di marketing effettuata da un’impresa privata, che fonde la sua beneficenza, la sua responsabilità sociale e la raccolta fondi a favore di un’organizzazione non profit, con l’obiettivo principale di aumentare il proprio profitto (Bronn e Vrioni, 2001; Gourville e Rangan, 2004; Larson et al., 2008; Folse et al., 2010; Zdravkovic et al., 2010; Christofi et al., 2014). Nell’ultimo decennio le iniziative di CRM sono cresciute notevolmente, più rapidamente anche delle sponsorizzazioni, raggiungendo, negli Stati Uniti, tassi di crescita medi annui maggiori del 12% (Koschate- Fischer et al., 2012). A differenza della responsabilità sociale d’impresa, il cui obiettivo principale è migliorare la reputazione dell’azienda, dimostrando che essa è impegnata socialmente in cause rilevanti, lo scopo principale delle iniziative di CRM è aumentare le vendite del proprio prodotto (Perks et al., 2013; Kim et al., 2015).

Attuando azioni di CRM è necessario anche scegliere attentamente la causa a cui l’azienda privata vuole correlarsi, tenendo in considerazione in che modo viene percepita dai consumatori. Infatti, quando essi la percepiscono importante, sono più propensi a sostenere l’iniziativa di CRM, portando la campagna a produrre una maggiore efficacia. Gli individui, solitamente, sono maggiormente preoccupati quando i problemi possono direttamente influenzare le proprie vite e la propria comunità; questo tipo di cause potrebbero avere un impatto maggiore in termini di sostegno. Infatti, è stato dimostrato che la maggioranza delle persone considerano più importanti le cause locali piuttosto che quelle nazionali. Nejati (2014), individua tre elementi che rendono una campagna di CRM di successo:

110 1. La causa da sostenere deve essere non solo importante per i consumatori, ma

anche personalmente rilevante;

2. Sarebbe più opportuno concentrarsi su cause capaci di influenzare direttamente gli individui e il loro territorio, dal punto di vista locale;

3. Ovviamente, la causa scelta deve essere sempre corrispondente al core business dell’impresa.

Ulteriori ricerche hanno dimostrato che quando alla causa sociale viene associato un prodotto edonistico, piuttosto che utilitarista, le iniziative di CRM sono più efficaci

(Strahilevitz e Meyers, 1998; Strahilevitz, 1999; Baghi et al. 2010; Kim e Johnson, 2013),

perché, come detto in precedenza, i consumatori sono coinvolti da un senso di colpa nel momento in cui acquistano prodotti che non possiedono alcuna utilità particolare. Tuttavia, sapere che acquistando quel tipo di prodotto, si dà un aiuto concreto alla raccolta fondi a sostegno di un particolare problema sociale, porta ad aumentare la disponibilità dei consumatori all’acquisto. Esistono due diversi modi per comunicare il prezzo di prodotti facenti parte di azioni di CRM: dividere il prezzo, esprimendo il prezzo del prodotto e l’importo da donare alla causa sociale (ad esempio, il prezzo di un libro equivale a € 30 + € 5, che saranno donati alla costruzione di scuole nel terzo mondo); oppure presentare un unico prezzo, dove i due elementi sono combinati (ad esempio, il prezzo di un libro equivale a € 35 di cui circa il 15% sarà donato alla costruzione di scuole nel terzo mondo). Con la prima strategia si ha il vantaggio della trasparenza, ossia l’importo devoluto alla causa è riferito in modo esplicito. Tuttavia le persone potrebbero pensare che sia semplicemente un modo per aumentare il prezzo del prodotto, e potrebbero chiedere di pagare a parte la donazione. La seconda strategia comporta meno chiarezza, non si sa esattamente quanto denaro sarà devoluto, a meno che non sia lo stesso consumatore a calcolarlo. D’altra parte, utilizzando questa strategia sembra veramente che la società rinunci ad una parte delle proprie entrate per donarle a favore di una specifica causa sociale, e anche il consumatore non è più indotto a credere di pagare semplicemente un sovrapprezzo (Baghi et al., 2010).

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4. La pubblicità sociale

Il concetto di pubblicità sociale è specificato nel “Dizionario della pubblicità” (Stella, 1994, p. 361), definita come “l’insieme dei messaggi e delle comunicazioni creati con i metodi e diffusi con i mezzi della pubblicità commerciale, ma che, contrariamente a questa, non sono finalizzati alla vendita di un prodotto o alla circolazione del nome di una marca, poiché perseguono scopi di utilità sociale di interesse generale”. Questa forma di comunicazione, quindi, è riconducibile al concetto di pubblicità commerciale, in quanto utilizza le sue tecniche, spesso persuasorie, per provare a convincere il suo target ad agire verso una specifica direzione, che la maggior parte delle volte consiste nell’adozione o modifica di un determinato comportamento. Tuttavia, a differenza di quest’ultima, la pubblicità sociale ha obiettivi sociali e di interesse generale; non è una comunicazione ingannevole, ma è promossa soprattutto a favore di chi ascolta i messaggi, piuttosto di chi li promuove. Il suo scopo principale è cambiare l’atteggiamento dei cittadini verso un particolare problema sociale, e nel lungo termine, fare in modo che la società nel suo complesso adotti alti valori sociali (Derevjanko e Zybin, 2012). La pubblicità sociale viene utilizzata, ogni anno, per cercare di prevenire e di dare una soluzione ad un numero sempre più crescente di problemi sociali. Diventa importante comprendere in che modo è possibile renderla più efficace, soprattutto per quanto riguarda la sua percezione da parte del consumatore, che deve essere maggiormente significativa e coerente. Secondo Andreev (2012) la condizione della cognizione sociale di ogni singolo individuo è uno dei fattori fondamentali capaci di influenzare il proprio grado di selettività nella percezione della pubblicità sociale. Tale leva, ovviamente, non deve essere considerata come uno strumento capace di realizzare un vero e proprio cambiamento sociale, ma risulta essere un modo per provare ad arricchire la popolazione dal punto di vista culturale e morale. Per riuscire a cambiare i modelli comportamentali degli individui, infatti, la sola pubblicità sociale non è sufficiente, ma è necessario affiancarle determinati programmi, e sviluppare la partecipazione dell’intera società (Derevjanko e Zybin, 2012).

Pubblicità e comunicazione sociale non sono sinonimi, infatti la prima è solo uno dei numerosi strumenti della seconda, è una sua leva. Va riconosciuto che, comunque, è uno dei suoi strumenti più potenti, data la sua capacità di presentazione dei messaggi in modo accattivante (Gadotti e Bernocchi, 2010). I suoi elementi principali sono tre: il

112 messaggio che deve veicolare, lo stile o il linguaggio che utilizza e i media che la rendono visibile (Aras, 2011). Nel presente capitolo verranno inizialmente illustrate le principali differenze riscontrabili tra pubblicità commerciale e pubblicità sociale, per poi passare all’analisi delle caratteristiche e dei problemi nella creazione dei messaggi sociali. Infine, verranno esaminati i principali linguaggi che questo tipo di pubblicità utilizza, con lo scopo di dare un quadro generale dello stile di cui si serve questo strumento.

4.1 Pubblicità sociale e pubblicità commerciale a confronto

Una delle analisi più importanti, e forse la più importante, che illustra le principali