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52 canali distributivi troviamo diversi livelli, e distinguiamo tre principali modelli di flusso. Nel modello di flusso primario i media hanno il compito di portare il messaggio del prodotto sociale direttamente agli utenti designati; nel modello di flusso secondario, invece, i messaggi veicolati raggiungono un determinato gruppo di utenti designati, che a loro volta, in un momento secondario, raggiungeranno ulteriori utenti. Infine, nel modello di flusso multiplo, il messaggio segue un percorso molto più articolato, e passando per agenzie pubblicitarie, diversi media, fino a raggiungere un primo gruppo di utenti designati che lo trasferiranno verso altri utenti designati. Dato che ogni media possiede proprie caratteristiche, deve essere determinato il mix migliore in base ad esse e in base alle caratteristiche proprie del prodotto, per poter avere una distribuzione efficace dei messaggi. Oltre agli strumenti offerti dai mass media e dai media specializzati, alcuni programmi possono beneficiare dei canali interpersonali, attuando una combinazione di mezzi. I servizi che vengono eseguiti da esperti e volontari, sono una parte essenziale della distribuzione dei prodotti sociali. Anche le linee telefoniche e i siti web sono largamente utilizzati nel marketing sociale, perché riescono a fornire un "luogo" comodo dove il prodotto sociale può essere maggiormente a disposizione del consumatore (Henley et al., 2011).

Esistono numerosi casi in cui è molto importante per una campagna sociale possedere una quinta P, equivalente a Partnership. Alcune problematiche portate avanti da programmi sociali possono essere risolte tramite sforzi integrati, che coinvolgono numerosi soggetti e organizzazioni (Ayadi e Young, 2006). Henley et al. (2011) riportano l’esempio dell’obesità infantile, dichiarando che questo tipo di problema deve essere affrontato non solo dai bambini e dai ragazzi affetti da questa malattia, ma anche dai parenti e dalle diverse parti interessate, tra cui le scuole, gli insegnanti, i servizi sanitari, gli organismi di regolamentazione, l’industria alimentare e le istituzioni di marketing commerciale.

1.7 Controllo e valutazione

L’ultimo stadio della pianificazione di una campagna di marketing sociale è rappresentata dal controllo e dalla sua valutazione. Controllare l’andamento di una campagna è un’azione molto importante, in quanto esistono numerosi fattori che

53 possono provocare delle deviazioni dal programma. Nel caso in cui queste deviazioni portano a seguire un corso sfavorevole, l’intera campagna potrebbe risultare inadeguata. L’idea che sta alla base delle azioni di controllo, è quella di mantenere l’entità di queste deviazioni entro limiti accettabili, per permettere alla campagna di raggiungere i propri obiettivi con una alta probabilità (Kotler e Roberto, 1991). La fase di controllo può essere rappresentata come un processo, composto da quattro principali fasi (Kotler e Roberto, 1991): nella prima fase del processo di controllo si definiscono gli obiettivi che si vogliono raggiungere, cercando di definire obiettivi misurabili. Nella seconda fase si misurano e si confrontano le prestazioni fino ad ora raggiunte, con degli standard definiti preventivamente. Ovviamente è necessario che vengano stabiliti standard misurabili, in caso contrario questa fase perderebbe di significato. Nella terza fase si devono analizzare i risultati ottenuti, misurando sia la prestazione degli interpreti, perché in questo modo si può dedurre se il merito di questi risultati deriva dagli interpreti o da fattori esterni, e se quest’ultimi continueranno a verificarsi. La fase finale del processo di controllo consiste nell’avvio delle azioni correttive, nel caso in cui i risultati apparissero inferiori agli standard stabiliti. Una volta riconosciuta la o le probabili cause, si ritorna indietro. Se questa analisi rivela che la deviazione si è verificata perché è stato scelto un obiettivo irrealizzabile, si ritorna alla prima fase; in tutti gli altri casi si ritorna alla seconda fase. Per avere un controllo adeguato, è comunque necessario compiere tutte le fasi. Per ciò che riguarda il momento temporale del controllo, esistono tre scelte che si possono effettuare: prima, durante o dopo l’esecuzione della campagna. Controllare prima equivale a svolgere una sorta di sondaggio preventivo; controllare durante significa cambiare direzione a metà strada; controllare dopo, invece, significa verificare i risultati dell’intera campagna per migliorare le attività future. Quest’ultimo tipo di controllo è quello maggiormente eseguito.

La fase finale dell’intero processo di pianificazione e la fase di valutazione o verifica. Verificare l’andamento di una campagna di marketing sociale significa valutarne l’impatto sulla popolazione e sugli utenti designati, cercando di stabilire se sono stati raggiunti i risultati ricercati, e in che modo. Esistono due tipi di valutazione (Kotler e Roberto, 1991):

1. Valutazione causa-effetto. La valutazione causa-effetto comincia con una primaria identificazione degli effetti desiderati. Questa prima fase sembra estremamente

54 semplice, ma in realtà la maggior parte degli obiettivi fissati in una campagna di marketing sociale sono espressi solo in termini qualitativi, solo molto pochi possono essere misurabili e ricercabili. Cercare di formulare obiettivi espliciti aiuta molto l’intera campagna, perché nella fase finale di valutazione è molto più facile distinguere gli obiettivi compatibili e non compatibili. Dopo aver scelto come misurare gli effetti desiderati del programma di marketing sociale, è necessario determinare in quale misura esso ha causato l’effetto desiderato e se hanno contribuito altri elementi;

2. Valutazione del processo. La valutazione del processo è un’estensione della valutazione causa-effetto, che prende in esame due principali domande: in che modo ogni elemento del programma ha contribuito ai suoi effetti? E cosa facilita o ostacola questi effetti nella situazione e nel comportamento degli utenti designati? La prima domanda serve a determinare se i risultati, gli effetti, del programma derivano da caratteristiche del prodotto sociale, o da determinate comunicazioni, da come sono stati affrontati i costi di adozione del prodotto, o dalla sua disponibilità. In pratica, ogni elemento del marketing mix viene trattato separatamente, cercando di determinare i risultati di ognuno di essi. La seconda domanda, invece, sposta l’attenzione sulla situazione in corso durante l’esecuzione del programma, e sul comportamento dell’utente designato. In ogni caso, in questo processo, devono essere combinate diverse tecniche analitiche e teorie per riuscire a riconoscere le variabili protagoniste.

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2. La comunicazione sociale

Dopo aver velocemente analizzato il concetto di marketing sociale e il suo processo di pianificazione, si passa ora allo studio dell’ultima delle 4P, ossia Promotion, o comunicazione. Lo strumento della comunicazione, nell’ambito del settore sociale, rappresenta l’elemento più rilevante del marketing mix, perché il fattore più importante di una qualsiasi campagna di marketing sociale, è riuscire a comunicare agli utenti il proprio scopo, sia che riguardi la distinzione tra un comportamento positivo e negativo in relazione alle norme sociali, o che illustri i vantaggi di un prodotto sociale rispetto ad un altro, o ancora che punti a sviluppare la consapevolezza del prodotto o dell’organizzazione (Dresler-Hawke e Veer, 2006). Rispetto alla comunicazione tradizionale, cioè quella effettuata dalle organizzazioni con fini di lucro, la comunicazione sociale presenta alcune differenze. Ovviamente non persegue scopi di natura commerciale e l’obiettivo principale consiste nel richiamare l’attenzione del grande pubblico su questioni e problemi sociali. Nel presente capitolo si cercherà di dare una definizione completa di comunicazione sociale, analizzando le varie definizioni date dai diversi autori e applicando il modello di comunicazione di Lasswell. Verranno, inoltre, esaminati gli elementi che permettono di ottenere una maggiore efficacia dalle comunicazioni sociali, di cui infine saranno trattati i tre principali modelli: comunicazioni di massa, comunicazioni selettive e comunicazioni personali. 2.1 Cosa significa comunicazione sociale Con il termine comunicazione sociale “intendiamo l’insieme dei messaggi promossi dai diversi attori con l’obiettivo esplicito di educare e/o sensibilizzare il largo pubblico su tematiche di interesse generale.” (Gadotti, 2001, p. 5). Spesso questo concetto viene percepito in opposizione alla pubblicità commerciale, alle organizzazioni private e alla comunicazione a fine di lucro, ma esistono, in realtà, dei punti di incontro. Per esempio, si sta sviluppando in modo crescente l’azione per cui un’azienda privata diventa portavoce di uno o più problemi riguardanti la collettività nel suo complesso, sia di tipo ambientale, che umanitario, che economico; insomma problemi di carattere sociale. È, quindi, evidente che esistano ancora quesiti senza risposta riguardanti la definizione, l’oggetto specifico e i soggetti che promuovono la comunicazione sociale. Molti autori si

56 interrogano sulla terminologia più esatta che si debba utilizzare in questo ambito; per esempio Faccioli (2000) chiama la comunicazione sociale effettuata dalle organizzazioni non profit “comunicazione di solidarietà sociale”, separandola dalla “comunicazione sociale” effettuata dai soggetti pubblici. Afferma, infatti, che il ruolo degli attori è diverso, e anche gli obiettivi che si vogliono raggiungere possono esserlo. Mancini (1996), invece, distingue la “comunicazione sociale propriamente intesa”, cioè finalizzata a promuovere un comportamento, un’idea di interesse generale, e portata avanti da istituzioni pubbliche o organizzazioni non profit, e la “comunicazione delle responsabilità sociali”, effettuata da imprese private e molto simile alla comunicazione commerciale. Gadotti (2001) utilizza il termine “comunicazione di pubblica utilità” per dare maggiore attenzione alle finalità non lucrative e di interesse generale di queste comunicazioni, affermando che questa forma di comunicazione debba trattare tematiche particolarmente importanti per la popolazione, e possa essere messa in atto sia da un soggetto pubblico che da uno privato. In particolare, classifica la “comunicazione di pubblica utilità” in base ai soggetti: comunicazione delle istituzioni pubbliche, comunicazione dei partiti, comunicazione delle organizzazioni non profit, comunicazione delle grandi istituzioni, comunicazione delle aziende pubbliche e private. Includere le aziende private richiede, in realtà, molta cautela, perché, anche se attuano una comunicazione di pubblico interesse, spesso questa è comunque legata a obiettivi di profitto. La comunicazione sociale propriamente detta, non prende in considerazione alcune comunicazioni di carattere pubblico (come la comunicazione dei partiti), ma si può definire come una comunicazione finalizzata a promuovere una causa di interesse sociale portata avanti da un soggetto pubblico o privato (anche se più frequentemente proviene da organizzazioni non profit e enti pubblici), senza finalità di lucro (Gadotti, 2001; Gadotti e Bernocchi, 2010). Secondo Peresadko et al. (2014) comunicazione sociale significa trasferire informazioni, idee, emozioni tramite simboli e segni; è un processo con cui si realizza il potere, inteso come tentativo di modificare e definire il comportamento di un’altra persona.

Esiste un modello in cui solitamente si sviluppano le comunicazioni sociali (Peverini e Spalletta, 2009):

1. Inizialmente l’attore, l’agente del cambiamento, individua un valore che vuole portare all’attenzione del destinatario;

57 2. L’utente designato assume il comportamento o adotta lo stile di vita proposto; o,

ovviamente, si astiene dal comportamento o abbandona lo stile di vita dannoso; 3. La fase finale si ottiene con la creazione o il rafforzamento di un rapporto di

fiducia tra l’agente del cambiamento e l’utente designato.

Per avviare nel modo giusto questo processo di comunicazione è necessario utilizzare un linguaggio comune, comprensibile alla collettività; avere ben chiaro il tema della comunicazione; conoscere i canali attraverso cui la comunicazione viene veicolata e le loro modalità di esecuzione (Peresadko et al., 2014).

Per avere maggiore chiarezza sulla definizione di comunicazione sociale, è possibile utilizzare il modello di comunicazione delle 5 W di Lasswell (1948), che afferma che il modo più conveniente per descrivere un atto comunicativo, è rispondere alle seguenti domande: Who Says What In Which Channel To Whom With What Effect?

Rielaborando concetti di Peverini e Spalletta (2009), verrà analizzata ogni domanda, ovviamente prendendo in considerazione il settore della comunicazione sociale.

Who

Con la domanda Who, ossia Chi, ci si vuole chiedere chi siano i soggetti che intervengono nelle azioni di comunicazione sociale, partendo dalla fase della loro ideazione, fino alla fase della loro realizzazione e diffusione. Ovviamente vanno presi in considerazione i soggetti che promuovono o commissionano le campagne di comunicazione sociale, che possono essere istituzioni pubbliche, private, enti, ecc. (verranno maggiormente approfondite nel prossimo capitolo). Oltre a queste organizzazioni, vanno inserite in tale raggruppamento anche tutte quelle istituzioni che partecipano alla realizzazione della campagna di comunicazione, ossia “coloro che traducono l’esigenza comunicativa (dunque il tema o il valore) in idea creativa e, successivamente, in messaggio pronto per essere veicolato agli utenti” (p. 18). Solitamente queste operazioni vengono effettuate dalle stesse agenzie che realizzano pubblicità commerciali, a conferma del fatto che, al giorno d’oggi, il confine tra pubblicità sociale e pubblicità commerciale non è così

58 marcato. Gli obiettivi dei due tipi di comunicazione rimangono, ovviamente, diversi; ma la filosofia, i linguaggi, le strategie, tendono sempre più a uniformarsi. A differenza di quanto può accadere nelle comunicazioni commerciali, però, in quelle sociali non è raro che anche l’agente del cambiamento partecipi all’ideazione del messaggio della campagna.

Says What

L’attenzione passa ora al contenuto del messaggio. Per molti anni il settore della comunicazione sociale in Italia ha utilizzato maggiormente la televisione come mezzo di diffusione dei messaggi, ma facendolo in modo errato, cioè utilizzando un linguaggio non adatto al mondo televisivo. Inoltre queste comunicazioni erano legate da una sorta di “monomedialità”, cioè il messaggio che veniva formulato per un mezzo specifico, era replicato sugli altri senza effettuare modifiche. Queste strategie sono molto spesso controproducenti, in quanto ogni mezzo possiede caratteristiche diverse e il messaggio deve essere personalizzato in base ad esse, senza mai, ovviamente, perdere il tema principale. Da tutto questo sono derivate due principali conseguenze: si è affermata la convinzione che i messaggi di comunicazione sociale siano banali, noiosi e colpevolizzanti; in secondo luogo, come conseguenza di quanto detto, l’utente designato si è sentito libero di evitare questo tipo di comunicazioni. Negli ultimi anni la situazione è ampiamente cambiata: i messaggi di comunicazione sociale sono stati caratterizzati da una sorta di revisione, sia in termini di modalità espressive che di linguaggio, scoprendo un elevato livello di originalità. In Which Channel

I media maggiormente utilizzati dalle comunicazioni sociali nel nostro paese, come parzialmente accennato, furono televisione e stampa. Tuttavia, soprattutto con il mezzo televisivo, la relazione era particolarmente difficoltosa, sia per ragioni economiche (i costi televisivi sono spesso fuori dalla portata dei soggetti che promuovono le comunicazioni sociali) che per ragioni creative. Così come sono avvenuti dei cambiamenti nel contenuto dei messaggi, anche gli strumenti che li veicolano sono stati sottoposti a modifiche. La rosa dei possibili strumenti adoperabili, si è arricchita. Dalla semplice nozione di “mezzo” si è passati alla più complessa nozione di “modalità”, dove,

59 al suo interno, i media tradizionali vengono utilizzati congiuntamente alle nuove forme di comunicazione, appartenenti al contesto delle nuove branche del marketing. To Whom

Individuare l’utente designato, il target di riferimento, è molto complicato nella comunicazione sociale; infatti, spesso, sembra quasi che il messaggio si rivolga, indistintamente, all’intera collettività. Invece, come nella pubblicità commerciale, anche nella pubblicità sociale è importante individuare e stabilire un target di riferimento, verso il quale si progetta l’intera campagna di comunicazione sociale. Anche se sembra superfluo, individuare gli utenti designati e rivolgersi ad essi, è estremamente importante per la buona riuscita della campagna.

With What Effect?

L’obiettivo primario della comunicazione sociale, come già illustrato nei capitoli precedenti, consiste nel modificare un determinato comportamento. In altre parole, la comunicazione sociale cerca di informare l’utente designato (che può essere l’intera società, un suo particolare gruppo o semplicemente l’individuo) dell’importanza sociale di quanto comunicato e, di conseguenza, cerca di convincerlo ad adeguare i propri comportamenti in base ad esso. Le campagne di comunicazione sociale cercano di risolvere problemi di interesse generale, inducendo l’intera popolazione o un suo determinato segmento a modificare atteggiamenti e comportamenti (Grandi, 2001). Mancini (2003) sottolinea come la comunicazione sociale spesso assolva due principali funzioni: di integrazione funzionale (tutte quelle comunicazioni che cercano di promuovere servizi di pubblica utilità) e di integrazione simbolica (le comunicazioni che promuovono un’idea, un valore, di interesse generale e quelle effettuate dalle aziende private, che promuovono temi di interesse collettivo, ma che comunque puntano alla realizzazione di un profitto). Bosco (2005) individua, invece, altre due finalità della comunicazione sociale: la prima riguarda l’esigenza di affermare o contrastare determinati valori e comportamenti; la seconda cerca di ampliare i servizi della sfera pubblica.

Dopo aver applicato il modello di Lasswell alla comunicazione sociale, sorge spontaneo chiedersi come venga effettata la comunicazione sociale. Secondo Gadotti (2001) si

60 possono identificare tre principali modelli: appelli al pubblico, comunicazioni di sensibilizzazione e comunicazioni di educazione. La prima tipologia comprende tutte quelle comunicazioni che sollecitano nei destinatari un volontario apporto di denaro, beni o prestazioni che dovranno essere destinati al sostegno o alla tutela di terzi. Questi contributi sono inizialmente donati al comunicatore della campagna, che solo in un secondo momento li verserà al beneficiario finale di essa. Le comunicazioni di sensibilizzazione puntano a informare e sensibilizzare l’utente designato su questioni sociali e di difesa dei più deboli, cercando di stimolare un loro comportamento. In questo caso il comportamento viene effettuato direttamente verso il beneficiario ultimo della campagna, quindi non esiste nessuna azione che ritorna al comunicatore. L’ultimo modello cerca di educare il singolo a correggere determinati suoi comportamenti dannosi o ad adottarne di positivi. In questo caso, l’azione del comunicatore è realizzata direttamente verso il destinatario del messaggio, quindi esso e il beneficiario finale sono la stessa persona, coincidono. Anche Peresadko et al. (2014) individuano tre modelli che classificano la comunicazione sociale in base al contenuto: il modello innovativo, che punta a fornire nuove informazioni al destinatario della comunicazione; il modello di orientamento, che aiuta a comprendere i valori e le informazioni riportate nelle campagne; e il modello di stimolazione, che cerca di motivare gli utenti designati ad adottare o modificare un determinato comportamento. La comunicazione sociale, quindi, cerca principalmente di soddisfare tre differenti obiettivi, in modo simultaneo o alternativo: “favorire l’affermazione di valori, con conseguente sanzione nei riguardi di chi non li condivide; ampliare la sfera pubblica e dunque incidere sul declinarsi dei rapporti sociali; promuovere l’immagine/identità del soggetto proponente” (Peverini e Spalletta, 2009, p. 33).

Prendendo in considerazione quanto descritto fino a questo momento, si evince che è tutt’altro che semplice attuare una campagna di comunicazione sociale. Le difficoltà e le trappole da “attraversare” sono complesse e riguardano molteplici punti. In tale ambito Grace-Bishop (2004) ha elaborato una serie di caratteristiche chiave che permettono di realizzare una campagna di comunicazione sociale di successo: 1. È molto importante trarre vantaggio da ciò che è già stato realizzato, in quanto, conoscendo le caratteristiche che hanno portato al successo o al fallimento di una campagna di comunicazione sociale, è più facile replicare o evitare determinate azioni;

61 2. Una campagna ha una maggiore probabilità di buona riuscita quando è realizzata in mercati già pronti per tale azione; il mercato di riferimento deve essere, infatti, attentamente studiato; 3. È più facile cercare di promuovere singoli comportamenti fattibili, piuttosto che incoraggiare cambiamenti drastici. L’utente designato potrebbe, infatti, spaventarsi;

4. I messaggi realizzati devono essere esplicati in termini chiari e semplici;

5. Incorporare e promuovere un oggetto tangibile nelle azioni di comunicazione aiuta l’utente designato a comprendere in modo migliore il comportamento promosso;

6. Una buona conoscenza dei benefici e dei costi di ogni punto della campagna, permette anche un loro migliore indirizzamento;

7. È estremamente importante rendere l’accesso alla comunicazione e al prodotto sociale il più semplice possibile;

8. I messaggi da realizzare devono essere motivazionali e devono attrarre immediatamente l’attenzione dell’utente designato;

9. Scegliere i più appropriati canali mediatici per la comunicazione che si vuole diffondere è essenziale per la sua riuscita, soprattutto tramite un’analisi dell’audience dei media tradizionali;

10. Cercare di prevedere dei meccanismi di risposta che rendano più facile e conveniente per il pubblico e per l’utente designato adottare i comportamenti consigliati dalla comunicazione;

11. Ad ogni media utilizzato per promuovere la campagna deve essere destinata una quantità di risorse adeguata;

12. I risultati raggiunti devono essere costantemente monitorati, così da permettere l’effettuazione di eventuali regolazioni.

Questi elementi possono facilitare non solo la stessa campagna di comunicazione, ma anche una corretta e completa comprensione del beneficio che il nuovo comportamento può apportare alla società (Aras, 2011).

62 2.2 I modelli di comunicazione sociale

La comunicazione sociale ha come scopo l’effettiva consegna del messaggio, per convincere l’utente o gli utenti designati che il cambiamento promosso è giustificato e utile. Gli sforzi di comunicazione comprendono: la comunicazione diretta con il proprio target (ossia la vendita personale); la pubblicità effettuata nei mass media (per riuscire a raggiungere un ampio gruppo della popolazione); le relazioni pubbliche (eventi,