• Non ci sono risultati.

B Ruoppolo: " N atura morta

Campania a tavola

G. B Ruoppolo: " N atura morta

m e rite re b b e ro se non p ro p rio un altro trattato almeno più spazio di q u e llo q ui concesso, naturalm ente lega­ no bene p ro p rio i vini ca m p an i anche quelli che si ser­ vono nelle tip ic h e m isu re di vetro grossolano dette " p ir e tti” : il M o n te di P rocida, il Vesuvio, il Terzigno. Vi sono vini di n o b ile lin g u a g g io , quali ad esempio fra i b ia n c h i il d e lizio so , se a ute n tic o , Capri e fis c h ia da­ gli a ro m i d e lic a ti e tu tta v ia d a ll’anim a robusta e sch ie t­ ta. V in o fam oso fin d alla a n tic h ità è il Lacrim a C hristi, sia b ia n co che rosso,, e a ltre tta n to fam oso era il Faler­ no di M ó n d ra g o n e di cui adesso si sta recuperando il vitig n o . Un v in e llo s tra o rd in a rio da bersi però d'estate, fre s c h is s im o e n e ll'a g ro aversano dove si produce è I' A sp rin o che ha una lieve so m ig lia n za con lo cham pa­ gne (il v itig n o fu p o rta to q ui d ag li Angiò). E un altro vi­ no a ltre tta n to g o d ib ile , anche fu o ri della costiera sor­ rentina, è il G ra g n a n o a rzillo e pressoché spum ante. Ma non b is o g n a d im e n tic a re il vino di Ravello, sopra A m alfi, nè c e rto ig n o ra re il G reco di T ufo giovese fo r­ ma una p e rfe tta tria d e d ella p ro d u z io n e avellinese. Nel B eneventano invece è da te ne re in grande pregio il T aurasi che s’a p p a re n ta com e gusto, forza e arom a al B arolo.

Sem pre a Natale, un p o' di sosta e poi passate ai d olci, alla cassata m o lle al p u n to giusto, ricchissim a di naspro al p is ta c c h io e di fru tta c a nd ita supertroneg- giata dal m a n d a rin o inteso col gam bo e la fo g lio lin a e agli s tru ffo li nel c ro c c a n te a fo rm a di tric o rn o o di fo n ­ tana o di c o rn u c o p ia e alla pasta di m andorle e -a lla pastareale e ai d o lc i tra d iz io n a li, sorseggiandovi su il ro s o lio rosa e tra s p a re n te alla fra g o le tta o quello ver­ d o g n o lo e o pa co ai cin q u e agrum i, per passare alfine alla b ella fru tta che anche vi ho detto. (Ma tra il fritto alla n ap oletan a e la cassata io, per verità, mangerei q ua lch e c o s e re llin a d ’altro, una q uisquilia, diciam o uno s p ic c h io (o due?) di fin o c c h io "m a s c u lo ” (cioè a testa quasi sferica, sodissim a, bianca) striscia to nel sa­ le e nel filin o d 'o lio appena appena pepato e poi, ogni tanto, p ilu c c h e re i un ravanello a te stina tonda, p im ­ pante e b iric h in o : ma ben in te so fin o c c h i e ravanelli di orti di p e rife ria , ben c o n c im a ti a letam e naturale e be­ n issim o lavati, m ag ari anche con una goccia di amu- ch in a p er to g lie re via i p e g g io ri germi).

E per fin ire que sta ra p id issim a panoram ica sulla cu ­ cina in C am pa n ia non si d o vre b b e ro d im enticare i fa ­ m osi e m odesti m a così s q u isiti roso lii di m andarino, di fra g o la , di c in q u e a grum i e quel p erfetto liquore che è il " N o c illo ” che g areggia con il liqu ore d ’erbe a lp e s tri dei m on aci di M on teve rgine e con lo Strega di B enevento, a n c h ’esso ricavato da una felice m escolan­ za di erbe e fio ri di m ontagna. Sono essi — o m eglio erano essi — che s ’a cco m p a g n a n o alle pietanze nap o ­

letane e che ch iu do no così bene un pranzo alla nap o ­ letana, prim a tuttavia di una tazza di caffè di cui a nco ­ ra oggi e forse per sempre i napoletani saranno gli in ­ d is c u tib ili maestri.

Della leggenda di Napoli, quella stessa che ta lvolta si confo nd e con le im m agini incantevoli della beata in ­ fanzia, quanta parte non hanno i d olci di Natale?

Veniva dicem bre con l’odore delle caldarroste, con i fum i delle nebbie m attutine, con i geloni alle dita ma veniva anche ii dicem bre soave dei presepi e dei pa­ stori, p ic c o li m ondi e p iccole creature che nascevano in sughero creta e cartapesta fra le mani degli um ili scultorei li di San G regorio Arm eno: e allora, nelle case napoletane, nel buio precoce dei pom eriggi d e ll’inve r­ no, l’aria odorava di co lla e di musco e in un angolo crescevano paesaggi di favola, O rienti m isteriosi di cartone, dove una stella com eta sarebbe apparsa, lu c ­ cicante e frem ente, a illu m in are una povera Natività.

E nelle case napoletane più antiche e fedeli alle r i­ sorse deile dom estiche invenzioni, in quelle vastissim e cucine con il fo cola re di pietra e il fo rn o a legna, c o ­ m inciava allora, neH’im m inenza del Natale, l’opera at­ tenta e assidua delle donne indaffarate in to rn o ai loro strao rdina ri dolci. Noi bam bini venivam o rare volte am ­ messi a quei segreti di u n ’a lchim ia d olciaria le cui o ri­ gini si perdevano nelle notti lontane di una Napoli g re ­ ca e saracina e venivam o scacciati dalle pentole e d a l­ le scodelle dentro le quali so bollivano le creme, dai m ortai di m armo dove erano pestate le m andorle, dai b a ra tto li del m iele di arancia, dalle b o ttig lie rico lm e d ’ acqua di rose.

L on tan i da quei laboratori, sognavam o m ontagne di g iu leb be e di to rro n i, cascatene di rosolii, cave di cioc- c o la tta dentro le quali affondare avidam ente le mani e la lingua: e im m aginavam o di p oter un g io rn o c o s tru ir­ ci un presepe di pan di Spagna, con pastori di zu cch e ­ ro ca nd id o, da divorare poi alla festa dell'E pifania...

Quale fata tu rc h in a della nostra infanzia golosa ave­ va mai inventato i d o lci di Natale? La cassata ricca di rose llin e di ostie colorate, col suo bordo di un verde in te n e rito dal p ista cch io di S icilia era a ll’apice dei n o ­ stri desideri, o pim a di crem e, di pan dì Spagna, di scorzette d ’arancia e di grani di cacao ma era seguita s u b ito d a ll'a n e llo d egli " s tru ffo li" , le deliziose am abili p a llin e cem entate dal m iele e cosparse di c o n fe ttin i ar­ zilli fin nel loro bel nom e di "d ia v o lìlli". Q ualcuno c o l­ locava codesti " s tr u ffo li” in una fo ntan a di c ro c c a n tis ­ simi to rro n i dalle strane form e: di cappello, di corno, di ru o ta e noi aspettavam o la fine del pranzo natalizio per d istru g g e re , con ben a ggiustati colpì di denti e dì c o lte llo , quelle la b ili a rch ite ttu re nate dalla fantasia di un G argantua.

Degli altri dolci natalizi soltanto questi venivano fatti in casa: trop po d iffic ili a confezionarsi gli altri, che s’ acquistavano in certe botteghe specializzate o dalle m onache di alcuni famosi conventi. La pasta reale, la pasta di m andorle, i roccocò, i raffioli, i sosamielli, la sapienza, i m ostaccioli chi avrebbe saputo mai fa rli in casa? C ’era sì qualche vecchia zia nubile che avendo­ ne ricevuto la segreta ricetta da una superiora o da una badessa tentava pure, nel chiuso di una cucina napoletana, di ripetere il p ro dig io : ma in fondo si pre­ feriva andare dai pasticcieri più famosi, alcuni dei qua­ li venuti dalla Sicilia, per acquistate sosam ielli e ro c ­ cocò; pasta reale e pasta di m andorle, sapienze, m o­ sta ccioli e raffioli...

Il maestro Rubino Profeta che, per essere valorosis­ sim o m usicista è anche pasticciere di gran classe — al p un to da m eritarsi scherzosamente il tito lo di « Mae­ stro in crom e e creme » — interrogato a proposito dei d o lci natalizi lam enta che la tradizione aurea della pa­ stic c e ria napoletana stia cedendo clam orosam ente sot­ to l’assalto della pasticceria a tipo industriale, con d o l­ ci fa tti in grandissim a serie, senza più q ue ll’amor d e ll’ arte che fin o ai prim i decenni del secolo sosteneva I’ estro dei grandi pasticcieri napoletani, m olti dei quali tu tta via em igrati in Inghilterra o in Francia, in Am erica o in A ustralia a insegnar le loro sopraffine ricette ad allievi di altri co ntin en ti. Ma il Maestro Rubino conser­ va i segreti d ell'a rte e se acconsente a svelarci qual­ che p a rtic o la re dei dolci natalizi tuttavia è gelosissim o delle m a n ip o la zion i p articolari alle quali sovrintende di p ersona tra l’uno e l’altro concerto, cosicché infine noi p ossiam o da lui conoscere storie e leggende dei dolci ma non mai conoscerem o la d ifficilissim a arte di tra ­ s fo rm a re un p u g n o di farina, qualche pezzetto di m an­ d orla e un p o ’ di m iele in una squisitezza degna di un abate del Settecento...

T u tta via da lui abbiam o saputo che il "S osa m ie llo ” , d o lce tip ic is s im o del Natale napoletano una volta si d i­ stin g u e v a in "S o s a m ie llo n o b ile ", in "S osam iello per

z a m p o g n a ri” e "S o s a m ie llo del b u o n c a m m in o ” : il p ri­ mo, che si o ffriva alle p ersone di rig u a rd o ve nu te a dar gli auguri n atalizi di p erson a (non si usava a n co ra la "C h ris tm a s c a rd " ve nu taci d a ll’A m erica...) era fa tto di fa rin a bianca, m a n d o rla e m iele ed era di fo rm a ro ­ tonda, m entre il se con do che si o ffriv a a p p u n to agli z a m p og na ri venuti a fa r la n ove na d ava nti al Presepe o ai c o lo n i o ai d o m e s tic i era a fo rm a di "e s s e ” ed era fa tto di fa rin a scura, di ro tta m i di m a n d o rle e di m elas- so. Il « sosam iello del buon c a m m in o » invece era fa tto da un im pasto di m a n d o rla ma c o n te n e va nel suo in ­ te rn o m olta m arm e lla ta di a m arena e veniva o ffe rto di s o lito ai re lig io si. Si dice che il « s o sa m ie llo n o b ile », o ffe rto a s ig n o rin e n u b ili venisse da lo ro c o n s e rv a to fra la b ia n ch e ria nei cassetti per q ua lch e se ttim a n a : d i­ ventato così più m o rb id o , veniva s g ra n o c c h ia to nei lu n g h i p o m e rig g i deserti...

Il "R o c c o c ò " invece, a fo rm a di a ne llo s c h ia c c ia tis s i­ mo è fa tto di fa rin a im p astata con fa rin a di m a n d o rla fin is s im a e m an do rle intere ma c o n tie n e in più il fa m o ­ so " p is to " dei p as tic c ie ri, c o m p o s to da ca nn ella, noce m oscata e c h io d i di g arofano. In fo rn a to , il ro c c o c ò a c ­ q uista q u e ll’arom a p a rtic o la ris s im o col quale lega s o r­ p re nd en te m e nte l’anisetta e in genere o g n i gen ere di ro s o lio , com e la fra g o le tta o il n o c illo .

Vi sono in fin e le paste reali che non b is o g n a c o n ­ fo nd ere con le paste di m an do rla : p erchè le p rim e s o ­ no un im pasto a c ru d o di m a n d o rle passate per il ru llo e raffin atissim e, con a g g iu n ta di z u c c h e ro m e n tre le seconde sono di m an do rle in fo rn a te e inasprate.

Le paste reali nacq ue ro nei co n ve n ti, erano a fo rm a di cuore, d ip in te con ro s o lio rosa, p o rta va n o al c e n tro un c o n fe ttin o d ’a rg e n to e s o lta n to per la in tra p re n d e n ­ za di a lcu ni p a s tic c ie ri s ic ilia n i si d iffu s e ro poi nelle botteghe. Oggi, per d is tin g u e re la ve cchia pasta reale d ’o rig in e co nve ntu a le i p a s tic c ie ri ch ia m a n o "D iv in o A m o re ” quella che con l'a g g iu n ta di uovo, di fo rm a ovale, d ip in ta di rosa è il dolce per i b u o n g u s ta i ris p e t­ tosi d e ll'a u re a tra d iz io n e natalizia.

Luca Forte: M Natura morta con la tuberosa »». Roma - Galleria Nazionale d’ Arte antica

Un a ltro dolce tip ic o del Natale napoletano è il "M o - s ta c c io lo ” , un d o lce a fo rm a di rom bo, fatto di farina, p oc h is s im a fa rin a di m an do rla e m olto pisto che viene ric o p e rto da uno s tra to di c io c c o la tto al naspro e che deve m an gia rsi fresch issim o , com e d 'a ltro nd e i raffioli, fa tti di pan di Spagna e crem a, qualche cosa di sim ile alla cassata s ic ilia n a ma senza il bordo di pasta di p i­ sta c c h io e senza pezzetti di c io cco la tta .

Erano questi i d o lc i della nostra infanzia, quelli che co stellava no di m ira g g i gli in c o n tri davanti al presepe con i c u g in i e con le cu g in e contegnose, con le tre c c i­ ne sul petto e le m anine nei g re m b iu li di cotonina; erano questi i d o lc i che andavam o a rubare nelle vaste credenze dove erano te n u ti in serbo per le feste, col b a ttic u o re n a tu ra lm e n te ma senza resistere alla gola.

N e ll’aria o d o ro s a di fio rd a ra n c io e d'acqua di rose, m entre lo z u c c h e ro b ru c ia to filava dai cucchiai d ’ar­ gento fin sui ca s te lli di c ro c c a n te non sapevamo certo che la tenera barca d e ll’infan zia andava alla deriva e che le sta g io n i sa re bb ero passate lasciandoci non più il m iele ma il fie le nella bocca.

Era anche q u e lla dei d o lci natalizi la stagione fa volo ­ sa di N apoli, nelle p ic c o le strade anguste del centro più a n tic o dove le case sono serrate l'u n a a ll'altra per farsi c o m p a g n ia e darsi calore di um anità, le botteghe dei d o lc ie ri s’addossavano a q uelle dove si costruiva­ no i presepi e si s c o lp iv a n o i m in u sco li pastorelli. Ne se ntiva m o l’o d o re di lontano, uscendo dalle aule sco ­ lastich e che si a priva n o p ro p rio verso Piazza del Gesù, verso San S ebastiano, verso i V e rgini, alla Torretta, a S a n t’A n na di Palazzo: e n e ll’aria del dicem bre che net g rig io diventava festosa, tra g h irla n d e di cartavelina c i­ lestrina e rosea, i d o lc i di Natale s’am m ucchiavano a m o n tag n e davanti ai nostri ing en ui occhi, davanti al fu m o che il fre d d o cavava dal nostro respiro.

Invece del q u a d e rn o o del pen nino com pravam o q u a ttro so ld i di so sam ie lli o mezza lira di pasta reale e con il d olce stre tto in una m ano andavam o verso Nata­ le con una fe lic ità di cui non sapevam o m isurare la fa ­ tuità...

Forse i b am b in i d ’o ggi rip e to n o quanto noi faceva­ mo? D esiderano anch'essi strani d o lci a form a di c u o ­ re, a fo rm a di esse, a fo rm a di rom bo?

Non lo so, s p eria m o tu tta via che i bam bini di oggi, n e ll’aria o d o ro s a di p io g g ia e di miele, di venti e di c a n n e lla s o m ig lia n o a noi b am bin i napoletani di una volta e che fra le loro dita, orm ai senza geloni, s’ac­ cenda la rosa di m andorla, il ram o di zucchero, il ca- n e s trin o di c ro c c a n te : e a quel fu o c o senza fiam m a re­ sista fe lic e anche la lo ro infanzia.

Mario Stefanile

• Les hommes sont en train d'oublier l’un des plaisirs fondamentaux de la vie: la borine chère.

Que mangeront nos pàles et maigres desoendents?

Connaìtront-ils la joie de nos repas de Noèl où les sensations et les émotions ne sont pas moins importantes que les saveurs et les odeurs. A mi-chemin entre l’évocation sentimentale et la ridicule ma­ nie d'un régime alimentaire rationnel dù à l’évolution sociologìque, I' auteur décrit pour les générations futures le rite de notre repas de ré- veillon de Noél. Plaisir ancien mais toujours neuf; moment de rencon- tre, d'exaltation, de sensations raffinées. La belle cuisine napolitaine aux murs recouverts de faìence est une exemplaire manifestation des authentiques gourmandises de chez nous: bar péché dans les aux de la Gaiola, langouste crépitante de Ponza, raisin de l'Etna, pommes «annurche», mandarines de Sorrente, dindonneaux de bassecour, grosses anguilles capturées du còté des lacs de Fusaro et Patria, « broccoletti » noirs, clovisses, spaguettis de blé dur... et les gàteaux et le vin. Les saveurs et les odeurs, en un mot, de notre enfance; la dernière aventure, sans doute, concédée à l’Ulysse de notre epoque. • Mankind is going to forget one of thè oldest pleasures, e.g. « good eating ». What will they eat, our pale and undernourished children’s children? Will they too know thè pleasure of a Christmas dinner, this mixture of taste and smeli, sensations and feelings?

Struggling between thè attempt at refreshing an old habit and thè sad tendency of rational nutrition as a consequence of thè social development, thè writer describes for thè generations to come thè « ritual » of our christmas dinner, which is a reason for meeting, rejoicing, exquisiteness, for thè enjoyment of an old pleasure always new.

The pretty kitchens of Naples with their tiled walls are an example of genuine locai specialities: fish from Garjola, lobster from Ponza, grapes from Sicily and apples, mandarins from Sorrento, turkeys raised naturally, eels caught between Patria and Fusaro, black broc­ coli, mussels, ribbon-vermicelli made of hard semolina, and sweets and wine. Altogether thè taste and thè smeli of our childhood; perhaps thè last adventure granted to today's Ulysses.

• Die Menschheit ist ìm Begriff, einen der herkoemmlichsten Ge- nuesse des Lebens zu vergessen, naemlich den des « guten Tisches ». Was werden unsere blassen und unterernaehrten Kindeskinder es- sen? Werden auch sie die Freude eines Weihnachtsessens kennenler- nen, das ein Gemisch von Geschmack und Duft, Empfindungen und Gefuehlen ist?

Hin— und hergerissen zwischen dem Versuch des Wiederauffri- schens alter Braueche und der traurigen Sucht der rationellen Ernae- hrung infolge der soziologischen Entwicklung, beschreibt der Verfas- ser fuer die Nachkommen den «R itus» unseres Weihnachtsessens, das ein Grund des Zusammenkommens. des Jubels, der Auserlese- nheit, des Auskostens eines antiken und immer neuen Genusses ist.

Die schoene napolitanische Kueche mit den Kachelwaenden ist ein Muster echter heimìscher Koestlichkeiten: vor Gajole gefìsche See- barsche, zappelnder, bei Ponza gefangener Hummer. sizilianìsche Weintrauben und annurkische Aepfel, Mandarinen von Sorrent, im Freien Gezuechtete Truthaehne, zwischen Patria und Fusaro gefange­ ner Aal, schwarze Broccoletti, Muscheln,- Bandnudeln aus Har- tgriess... und Suessigkeiten und Weìn. Alles in allem der Geschmack und der Duft unserer Kindheit; vielleicht das letzte Abenteuer, das dem Ulisse unserer Zeit noch zugestanden wird.

Manifesto murale del San Carlino

Q u an do B e n e d e tto C ro ce nel 1898 s c ris s e il su o c e ­ lebre sa g g io su P u lc in e lla , da c o n s id e ra re fo n d a m e n ta ­ le n ella valanga di stu d i g ra v a n ti in Ita lia e a ll’E ste ro su q ue sta m aschera p er l ’o rd in e ch e p o rta v a in m ezzo a ll’in tric a ta q u e s tio n e d elle o rig in i e del ra c h itic o s v i­ lu p p o e ste tico d e ll’eroe, P u lc in e lla si tro v a v a : « d a p ­ p e rtu tto , quale inse gn a di b o tte g a (s c o lp ito o d ip in to , ta lo ra uscente fu o ri da un m e lo n e rosso a p e rto , ta lo ra anche le lettere del nom e del p ro p rie ta rio fo rm a to di m in u tis s im i P u lcin e lli), nei g io c a tto li, nei p re s e p i, d ove era ra ffig u ra to non m o lto lu n g i d a lla g ro tta del r e d e n ­ tore ». P u lc in e lla era p arte in te g ra n te d e lla m ito lo g ia in fa n tile , com e l’a ltro ieri P in o c c h io e in q u e s ti a n n i T o p o lin o . A d is p e rd e re l'a p o p le ttic a ra ffig u ra z io n e del 'm a m m o n e ” in te rv e n iv a il n o s tro s a ltim b a n c o : q u a ttro