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Guglielmo al Goleto: un viaggio fuori del tempo

Chi percorra l’auto strad a N apoli-B ari ha due possibi­ lità per andare a ll'ab ba zia di S. G uglielm o al Goleto. Può uscire alla stazione di A vellino Est e prendere I' Appia (SS. n. 7) ta g lia n d o il Calore al ponte Rom ito e agg ira nd o la testa d e ll’O fanto, oppure può lasciare I’ autostrada al casello di G rottam ina rd a e, al passo di M irabella, im boccare la 303 e correre sul filo dello spartiacque delle valli dell U fita e del Frèdane vedendo a sinistra i bei c o lli della B a ronia pezzati di verde e di ruggine e a destra l’am pio e stupendo anfiteatro dei co lli verdi delle vallate del Frèdane e del Calore sullo sfondo a zzurrino dei m onti P icentini, del Partenio e del T aburno. Al bivio per S. A ngelo dei Lom bardi, poi, con un breve tra tto della 425 arriva s u ll’Appia.

Ad ogni m odo, q u a lu nq u e sia la via seguita, un cin ­ que ch ilo m e tri prim a di Lioni, sulla destra, trova la viuzza asfaltata che lo p orta al G oleto. Manca un car­ te llo ind icato re, ma la grande massa bruna della diruta abbazia, con i volum i del cam panile, della chiesa, e della m assiccia e quadrata to rre di difesa emergenti dai m uri sb re ccia ti co lm i d'edera, netta contro il verde dei cam pi di questo paesaggio id illia c o è subito per I’ o c c h io un irre s is tib ile richiam o.

La stradina rasenta il lato m e rid io n a le della m uraglia esterna e qui s ’apre la p o rta che in tro d u c e in questo m ondo s tra o rd in a rio — vera sfid a per la fantasia — dove il fa scino m iste rio so dei ru d e ri c o n tra p p u n ta la suggestione del d isco rso in tre c c ia to d ’arte e di storia di queste pietre.

Era questo il luo go in cu i S. G u g lie lm o da Vercelli era g iu n to in to rn o al 1130 d o p o due anni di vita erem i­ tica al Laceno e sul m onte C o g n a to — erano già pas­ sati alcuni anni da q ua nd o aveva fo n d a to su M on teve r­ gine la C on gre ga zio n e V e rg in ia n a ed il S a ntua rio — e dove, dopo un anno di vita a sce tica vissuta in un tu g u ­ rio ricavato ai piedi di un alb ero secolare, aveva d eci­ so di fondare un m on aste ro di ve rg in i religiose retto dalla regola b enedettina.

C erto la risp on d en za allo s c o p o del posto — detto G oleto dal d ia le tta le « g o g lito » perché vi cresceva quel g iu n co silvestre (l’ulva latina) ch ia m a to in volgare u glito o g og lia — dovette essere s u b ito chiara al gran cam m inatore G u g lie lm o . Il lu o g o era, per d irla con I’ antico b io gra fo del Santo — un m on aco g oletano suo co ntem poraneo — « fe lice per la fe rtilità della terra, I' abbondanza della legna, la ricch ezza delle a c q u e » ed era in o ltre al ce n tro del sistem a via rio lo n go ba rdo e norm anno, sul ca m m ino di ch i dalle coste di A m alfi e di Salerno per la Sella di C onza menasse al Vulture, cuore del d o m in io n o rm a n n o nel M ezzogiorno c o n ti­ nentale. Così sulla sua c o llin e tta di fondovalle, lungo la strada tra Nusco e S. A n ge lo dei L om bardi, c irc o n ­ dato da paesi, orm ai sco m p arsi, q ua li M o n ticch io , G iri­ falco, O ppido, Viario, il m on aste ro sarebbe so rto in un punto che se era ideale per la vita ascetica restava pu­ re in co n ta tto col m ondo.

Ruggero Sanseverino, s ig n o re di M o n tic c h io donò al « venerabilis herem ita » il te rre n o (« to ta s terras in loco ubi G u llitu vo cab atu r ») — altre d o n a z io n i da parte dei fig li se gu iro no p och i anni d o p o — e così (era la p rim a­ vera del 1133) il m onastero nacque com e un p icco lo o ra to rio che fu fin ito , assiem e a m odesti locali che lo affiancavano, a lcu ni anni d op o, fo rse nel 1138.

Praticam ente la chiesa separava due co rp i di fa b b ri­ ca abitati risp ettivam en te dalle re lig io se e dai m onaci che dovevano provvedere alla cu ra sp iritu a le delle sa­ cre vergini, c u ra n d o n e p e ra ltro anche gli interessi ma­ teriali, e dovevano o ffic ia re la chiesa m adre e le even­ tuali chiese d ip e n d e n ti.

Le due fa m ig lie m o n astich e fo rm a van o una sola co ­ m unità che, g u id a ta dal fo n d a to re fin o al g io rn o della sua m orte (nel di di S. G io van ni del 1142), passò da quel g io rn o so tto la d ire zio n e d elle badesse elette dal « ca p ito lo » delle m onache.

A sinistra: un'abside della Cappella di S. Luca. In alto: le rovine del con­ vento dei 'monaci dal pronao delia q chiesa grande »; particolare di un sarcofago; il S. Guglielmo del maestro Orso e uno scorcio della Cappella di S. Luca

ebbe Sepoltura. Il suo s e po lcro divenne meta di pelle­ grinaggi e oggetto di devozione e quelle pop olazio ni che avevano god uto del suo m essaggio di letizia e di concordia vollero, quale atto di o m aggio e di perenne ricordo, cam biare il nome del m onastero, che era stato dal fondatore dedicato al SS. Salvatore, in quello di S. Guglielm o. Così da allora fu: S. G u glielm o al Goleto.

Le suore vestite di ruvido panno bianco con una to ­ naca serrata alla vita da una c in tu ra di cuoio, uno sca­ polare, una cappa chiusa so tto la gola, il capo coperto da un velo bianco e un velo nero, conducevano, in ri­ gida clausura una vita estrem am ente dura ed austera punteggiata da rigorose astinenze e da penitenze. « Il loro v itto » , scriveva il b io gra fo di S. G uglielm o, « c o n ­ siste in solo pane, pom i ed erbe crude in tre g io rn i della settimana, negli altri tre in pane e una sola vivan­ da condita con olio. Inoltre dalla festa di Tutti i Santi fino a Natale e dalla Settuagesim a fin o alla Pasqua, si m antengono solo con pane ed acqua. Alcune si asten­ gono anche dal pane e si c o n te n ta n o di pomi e di le­ gumi ».

Ma, m algrado questo, nei secoli XII e XIII, la fam a del m onastero era tale che le vocazioni fu ro n o sempre più numerose, specie n e ll’am bito d e ll’aristocrazia m eri­ dionale norm anna e sveva. Una tra d izio n e a ristocratica che durò peraltro a lungo com e te stim o nia no gli stem ­ mi gentilizi delle badesse (degli Orsini, Carata, Bran­ caccio, Filangieri, Gesualdo, M on fort, Sanseverino, Ca­ racciolo, Correale...) affrescati sotto le volte della cap­ pella di S. Luca. Ouesta p re dilezione della n ob iltà del tempo, che spesso cercava così di dare una lustratina alla propria coscienza, si accom pagnò a cospicue do ­ nazioni, lasciti, pii legati e concessioni di p articolari benefici ed esenzioni (ma d onazioni si ebbero anche da m ercanti e da borghesi) che c o n trib u iro n o alla co ­ stituzione di un notevole p a trim o n io consistente non solo nel latifon do circo sta nte l'abbazia, ma anche in una ricca rete di dipendenze (chiese, grancie, priorati) che, secondo gli storici, andavano da un m inim o di 30 a un m assimo dì 64 e si estendevano dalla valle del Calore al litorale pugliese (tra le più cospicue, quelle di M elfi, Atella, Lavello, C alitri Canosa, Gravina, Alta-

A fianco e nella foto In basso: due particolari della torre Febronia. Al centro, particolare del portalino d'ingresso della C appella di S. Luca. A destra: in ­ terno della C appella di S. Luca e due vedute della « chiesa piccola »

m ura, B a rle tta e Bari) e che, c e n tri di vita s p iritu a le e di a ttiv ità e c o n o m ic h e , che le re n d e v a n o a u to s u ffic ie n ­ ti, e .s tre tta m e n te legate a ll'a b b a z ia , c o n fe riv a n o al Go- leto una n ote vole d is p o n ib ilità di d e n a ro liq u id o che p erm etteva di svo lg e re una im p o rta n tis s im a fu n z io n e e c o n o m ic a d a n d o la p o s s ib ilità di e ffe ttu a re o pe ra zion i fin a n z ia rie di p re s tito e di p e g no .

A ll'in te re s s e d ella n o b iltà si a c c o m p a g n a v a l'a p p o g ­ gio su prem o di re e di papi. G ià vivo S. G u g lie lm o nel d ice m b re del 1140 B u g g ie ro II il n o rm a n n o aveva pre­ so s o tto la sua p a rtic o la re p ro te z io n e l’abbazia p ro i­ bendo ai fe u d a ta ri lo c a li di re c a rle m olestia e dando loro am pia fa c o ltà di fa re d o n a z io n i. G u g lie lm o II « il buo no » c o nce de va un im p o rta n te p riv ile g io p e rm e t­ tendo il lib e ro p a sco lo e p a s s a g g io d elle ricch e m an­ drie d e ll’abbazia per tu tte le te rre del regno ed esen­ tando da im p o ste ve n d ite ed a c q u is ti fa tti d a ll’abbazia stessa. Papa L u c io III, con b o lla del 24 fe b b ra io 1182, co nfe rm a va l’a c c o rd o s tip u la to tra la badessa M arina del G o leto ed il vescovo G io v a n n i di S. A ngelo dei L om ba rd i e m a n c ip a n d o il m o n a s te ro d a ll'O rd in a rio lo ­ cale, m entre nel 1191 la S a nta Sede d ic h ia ra v a « n ul- lius d io cesis » l'a b b a z ia che veniva così ad essere so g ­ getta d ire tta m e n te al papa ed al re, c o s titu e n d o un te r­ rito rio ed un fe u d o s e p a ra to co n g iu ris d iz io n e a u to ­ noma.

Era que sto il p e rio d o del m a ssim o s p le n d o re del G oleto con le badesse o rm a i d iv e n u te feud atarie, in d i- p en de nti da ing ere nze lo c a li, ris p e tta te e venerate, fo r­ nite di g ra n d i ricchezze, a u te n tic h e sovrane.

E non era il solo ris u lta to , q u e sto , d e ll’opera di que ­ ste pie ed e n e rg ic h e d o n ne , ché esse p ro vvid e ro pure ad un a rric c h im e n to del p a trim o n io a rc h ite tto n ic o ed a rtis tic o d e ll'a b b a z ia le g a n d o — anche m ate ria lm e nte — il p ro p rio nom e alle o pe re p iù im p o rta n ti. Cosi su q uella strana lapide — s ic u ra m e n te ricavata da una delle pietre del s e p o lc ro di M. P. M a rc e llo — messa a c o p rire la stre tta fin e s trin a d e lla fa c c ia s u d -o c c id e n ta le della m assiccia to rre di g u a rd ia , che lei aveva fa tto c o ­ s tru ire nel 1152 a d ifesa d elle p e rso n e e dei beni in m odo che vi si potesse a cced ere s o lo con un p on te le­ vatoio, leg gia m o il nom e d ella badessa F e b ron ia (forse la p rim a delle badesse del G o leto ). S u lla lapide c o rro ­ sa inse rita nel b e ll’arco d e lla p o rta p iù a ntica che in­ tro d u c e al m o n a ste ro riu s c ia m o , invece, anco ra a leg­ gere il nom e d ella badessa M a rin a che la fece erigere. Il nom e d ella badessa Agnese era n e ll'e p ig ra fe incisa sul nuovo s a rco fa g o (« o p u s e x im iu m » di un m aestro Orso — forse O rso da Venosa — ) nel quale aveva fa tto 72

siste m a re il c o rp o di S. G u g lie lm o d o p o aver fa tto am ­ p lia re ed a b b e llire la c h ie s a p rim itiv a c o s tru ita dal san­ to e re m ita , m e n tre , in u n a d e lle tre is c riz io n i del tim p a ­ no del p o rta lin o d e lla c a p p e lla di S. Luca, ecco i nom i d elle due badesse del p e rio d o p iù lu m in o s o del Gole- to, M a rin a II e S c o la s tic a , ch e e ra n o riu s c ite a realizza­ re q u e s to g io ie llo di a rc h ite ttu ra .

A llo s p le n d o re d el te m p o d e i n o rm a n n i seguiva q uel­ lo del te m p o d e g li svevi. F e d e ric o II, n on osta n te le se­ vere d is p o s iz io n i « s u p e r a lie n a tio n e b on orum feuda- lium » e « d e re g n a n tis p r iv ile g is » che vietavano le d o n a z io n i dei b e n i fe u d a li ad o rg a n is m i re lig io si e an­ n u lla v a n o le d o n a z io n i fa tte a d is c a p ito dello Stato, non s o lo c o n fe rm a v a al G o le to i p re c e d e n ti p rivile g i e p re n d e va s o tto la su a p ro te z io n e l'abbazia, ma perm et­ teva nuove d o n a z io n i e c o n c e d e v a alla badessa M arina Il di fo rtific a re il m o n a s te ro co n l'e re zio n e di alte m u­ rag lie che lo tra s fo rm a ro n o in una c itta d e lla a u to s u ffi­ cien te d o ta to c o m 'e ra o ltre ch e di chiesa, o ra tori, sala c a p ito la re , b ib lio te c a , s c rip to riu m e d o rm ito ri, anche di m u lin o , fo rn o , o ffic in e , un a m p io o rto e le abitazioni dei c o lo n i p iù fe d e li che, in caso di necessità, co rres­ sero a n ch e in sua d ifesa .

Ma l’a m o re , p iù ch e I in te re s s a m e n to , del grande im ­ p e ra to re p e r il G o le to è c e rto te s tim o n ia to dalla co­ s tru z io n e di q u e l « g io ie llo di sveltezza e di fe lic i p ro ­ p o rz io n i » — c o m e la d e fin ì il B e rta u x — che è la cap­ p ella di S. Luca , p e r la q u a le sp ostò presso l'abbazia sue s p e c ia liz z a te m a e s tra n z e c is te rc e n s i, p ro p rio quan­ do, là s u lle c o llin e d e lle M u rg e , stava sorgendo la g i­ g an tesca c o ro n a di p ie tra d o ra ta di Castel del M onte.

A lla p ro te z io n e di F e d e ric o II fe ce s e gu ito quella di M a n fre d i e p oi q u e lla dei s o v ra n i a n g io in i ed aragone­

si. Ma il m om ento m agico era passato. Dopo gli Svevi co m inciò una lenta ed inesorabile decadenza finché al tem po degli Aragonesi gravi forze lo strem arono: dai d is o rd in i del d om in io baronale alle devastazioni di com pagnie m ercenarie al servizio di francesi e di spa­ gnoli, dalle scorrerie dei corsari alle prepotenze di b ri­ ganti, al disastroso terrem oto del 1485.

Non più efficacem ente p ro tetta l'abbazia perdeva gran parte del p a trim o n io m entre le suore si riduceva­ no a poche unità. I tem pi erano tanto cambiati che si arrivò a d d irittu ra a ll'o ccu p a zio n e arbitraria, profanatri- ce e scandalosa del m onastero da parte di due violenti messeri: A n to ne llo e Francesco de Senerchia che furo­ no poi slog gia ti solo per l'in terven to diretto del re Fer­ dinando D'Aragona. E in questi tem pi cosi diversi scoppiò lo scandalo che portò alla soppressione del m onastero fem m inile. La bolla, di papa G iulio II. porta la data del 24 gennaio 1505. Le suore andarono pres­ so altri conventi m entre il G oleto, aggregato all'abba­ zia di M ontevergine, veniva, con questa, dato in com ­ menda al cardinale O liviero Carata. Ma la commenda fu in seguito rin un ziata dal cardinale Luigi d'Aragona e le due abbazie passarono così in am m inistrazione al­ la S. Casa d e ll’A nnunziata di N apoli. Fu questo per il G oleto un perio d o di assoluto abbandono. Solo due m onaci restarono a c u s to d ire le reliquie di S. G ugliel­ mo e di S. Luca. Alla grave depauperazione della pro­ prietà si a ccom pagnava la fa tiscen za degli e d ifici tanto che nel 1559 per evitare guai m a g g io ri dovette interve­ nire il co nte di S. A ngelo con una donazione dì qua­ ranta d uca ti per « far conzare et co p e rire la Ecclesia di detto m onastero » e perché « la ca pp ella di S. Luca fosse in to n ic a ta et conzata da so pra ».

Solo nel 1588 la b uo na ste lla del G oleto ritornò a ri­ splendere con l ’in te rve n to di papa S isto V che ridava la libe rtà alla C o n g re g a zio n e V e rg in ia n a . L 'elezione di questo papa era stata c e rto una fo rtu n a perché Sisto V co no sceva m o lto bene le c o n d iz io n i di M on teve rgine e a nco r più d e ll'a b b a z ia di S. G u g lie lm o dato che, quando era il m onaco F elice P eretti. era stato s u p e rio ­ re del c o n v e n to fra n c e s c a n o di S. M arco nei pressi di S. A ngelo dei L o m b a rd i. La rip re s a c o n tin u ò per tu tto il Sei e S e tte cen to ta n to che nel 1732, dop o un v io le n ­ to te rre m o to , che aveva a n c o ra una volta d an ne gg iate le fa b b rich e , i m on aci che g iu d ic a v a n o la chiesa g ra n ­ de, che si era ve nu ta s tra tific a n d o nel tem po sul p rim i­ tivo o ra to rio di S. G u g lie lm o , « ch ie sa non già ma qua­ si o rrid a g ro tta » d ecisero di fa rla rie d ific a re di sana pianta e. d o p o aver ra c c o lto 2000 d u c a ti tra i vari m o­ nasteri ve rg in ia n i. d ie de ro l’in c a ric o a D om enico A n to ­ nio Vaccaro.

Ma questa chiesa non ebbe fo rtu n a e nem m eno un secolo dop o veniva va n d a lic a m e n te d is tru tta dopo la so pp re ssion e d e ll'a b b a z ia , nel m arzo del 1807 a se g u i­ to della legge di G iuseppe B o na p arte , nuovo re di Na­ poli. Alla gara nata tra i c o m u n i c irc o s ta n ti — Lioni, S. A ngelo e N usco — per avere il c o rp o di S. G u glielm o (e la q ue stion e fu ris o lta d a ll'In te n d e n te Mazas col tra ­ sfe rim en to delle re liq u ie a M o n te ve rg in e ) seguì la gara per sp a rtirs i statue, q u a d ri ed a rre d i del G oleto: anzi il vescovo di Nusco, M astro pa squ a, d istru gg eva a d d irit­ tu ra la chiesa del V accaro rica va n d o n e « m olti scelti m a te ria li» per il restauro dell abbazia di F on d ig lia n o , e l’e sem pio non cadde nel vu oto .

Ora q ui tu tto è q u ie te , m a i ric o rd i si a ffo lla no e il te m p o passato è u n ’a u ra q u a si p a lp a b ile che avverti e ti a c c o m p a g n a g ià da q u a n d o , varcata la porta delle m ura di c in ta , vedi a s in is tra n elle basse rustiche ca­ sette di c o n ta d in i, c o n a ttre z z i da lavoro fu ori le porte e g a llin e che vi ra z z o la n o d a v a n ti, i resti del « casale di S. G u g lie lm o » d im o ra dei c o lo n i d e ll'a n tic a abbazia.

La strad a sale le g g e rm e n te p er portarsi nel cuore del G o le to e, p rim a di e n tra re nel m onastero per la p orta d ella bad essa M a rin a , c o s te g g ia l’o rtic e llo (che serve al m o n a c o p ad re L u c io De M a rin o e ai due g io ­ vani la ic i che lo a iu ta n o a rid a r v ita a questo com ples­ so, se m p re co n la sp eran za di un a usp ica bile restauro) sul qua le veglia, la m an o d e s tra levata a benedire e la s in is tra p o g g ia ta su l b a s to n e da e rem ita, il bel S. Gu­ g lie lm o che il m a e stro O rso aveva s c o lp ito nella bian­ ca lastra di m arm o , p e r c o p rire il s e p o lcro del Santo, così co m e l ’aveva v isto n ella m in ia tu ra del codice che, in c a ra tte ri b e n e v e n ta n i, n arra va la « Legenda de vita et o b itu S a n c ti G u ile lm i c o n fe s s o ris et herem ite».

Un p ic c o lo v e s tib o lo , fre s c o p er il v e ntice llo che vi si incanala, co l p a v im e n to a g ro sse lastre di pietra bian­ ca e la vo lta che, q ua si tu tta c ro lla ta , fa intravvedere il cielo, ti in tro d u c e n ella p rim a vasta co rte rettangolare dove dal g ra n d e p ra to verde, c h iu s o su due lati dai ru­ deri del m o n a s te ro d ei m o n a c i (ru d e ri che per uno stran o s c h e rz o del te m p o h a n n o assunto l’aspetto m erlato di un c a s te llo da saga), so rg o n o su di un de­ c liv io — ché d elle g ra d in a te o rm a i non v ’è più traccia — le ro v in e im p o n e n ti d ella chiesa grande del Vacca-