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IL BANDITISMO SICILIANO

3. Banditismo alle pendici dell'Etna.

A metà del Cinquecento alle pendici dell'Etna vi fu un proliferare di banditi che scorrazzavano liberamente per i piccoli paesini pedemontani.

Nel 1558 i benedettini decisero di lasciare il monastero di S. Nicolò l'Arena, che si trovava a Nicolosi, perché stanchi di dover avere a che fare con banditi e malandrini che chiedevano rifugio o tentavano di entrare nel monastero per rubare. I monaci abbandonarono, dopo circa

242 Di Giovanni V., Del Palermo restaurato, «Biblioteca Storica e Letteraria di Sicilia», serie II, voli. I-II,

Palermo 1872 (opera ristampata a cura di M. Giorgianni e A. Santamura, Palermo 1989), p. 222.

243 Cit., Di Blasi G. E., Storia cronologica dei Viceré, Luogotenenti e Presidenti del Regno di Sicilia, Palermo,

Pensante, 1867, II, pp. 220-221 (da Buonfiglio e Caruso).

244 Sul capitano d'armi di Forza d'Agrò, vero e proprio bandito di campagna nel 1629-31, AGS Visitas, leg. 245,

quattro secoli di permanenza, il monastero e si trasferirono in città, a Catania, dove ne fondarono uno nuovo con lo stesso nome.

Molti erano i banditi che si rifugiavano nei boschi dell'Etna e non raramente si avvicinavano ai paesi, per cercare cibo e racimolare qualche denaro.

In una lettera scritta al capitano della città di Nicolosi, si denuncia la fuga del 30 agosto 1579 di un prete che era stato scomunicato e rinchiuso nel carcere della città di Catania. Tra i possibili luoghi dove il fuggitivo è possibile si sia nascosto vengono proprio menzionati i boschi etnei.

« [illeggibile] cumpli al servitio [illegibile] amministratore della justitia haver per li mani

a don Hettore Pituso excomunicato a canone fugito in questa matina dalle mani del nostro erario et per tanto perché sarria cosa possibile che passasse per questi parti, boschi di etna, per andare alla volta de Messina, videcimo raccomandano che non gavitando ad dispesa itanaglio alcuno che non per lo zelo della giustitia, vini facimo predisporre de birri da subito mettere le spie et eri voi et quantes esser cum lo capitano valtri vidissi lui o compagni a voi ben visti per tutte quelle vie, strate dove potesse passare. Lo prenderete con bona guardia, lo manderete nello castello de Catania e cossi essere con ogni diligentia con quando tenere cari la gratia nostra sotto pena di uno [illegibile] alla camera nostra. Die XXX augusti 1579»245.

Non sappiamo se il sacerdote scomunicato si sia andato realmente a nascondere alle pendici dell'Etna, ma è la prima ipotesi che viene fatta; questo perché era risaputo, che quelle zone erano piene di banditi e malandrini, i quali vivevano tranquilli e indisturbati.

In queste zone impervie e montagnose non vengono fatte sistematicamente delle ricerche di banditi, in linea con la morbida politica repressiva dell'intera regione; se non in casi come questo, dove viene richiesta la presenza di sbirri e spie che cerchino fuggiaschi.

Oltre alla politica morbida del viceré, alcuni banditi riuscivano a farla franca “appigliandosi” pure alle bolle papali. È il caso di Masi Lombardo di Mompilieri che chiese l'immunità ecclesiastica, dopo aver acquistato una terra da un gabellotto246, in conformità della

bolla di papa Gregorio XIII.

«Masi Lombardo del casale di Mompilieri del territorio di Catania, havendo accattato per

certi passamani dei terrenj per un suo amico di casale, quelli non volsi et exponenti fu constretto quelli vendere conforme vendio et in questo venne uno gabillotto […] prese sua difesa dicendoci che era in pena cercando officiali per farlo pigliari et esso exponenti se ne

245 La lettera mostra delle aree non leggibili a causa di chiazze di umidità. Si trova nelle carte sciolte del:

A.S.D.C., Fondo Atti giudiziari, Carpetta 3 Criminali, Fascicolo Revelationes facte metu excomunicationes, Catania, 1579, 1 carta sciolta non numerata.

246 I gabellotti sono degli uomini che comprano o affittano dei terreni da un barone, li suddividono in piccole

fugìo dentro S. Agata matrice ecclesia da dove fu per ordine di carcerarlo nelli soi carceri dove al presente si retrova et pechè godesse di immunità ecclesiastica conforme è la bolla di Gregorio XIII, netti sentita essendo quella stanti che si muore di necessità dentro quelli carceri il che essendo di ingiusti li»247.

Nicolosi, Momplieri, ma soprattutto Belpasso, sono dei paesini alle falde dell'Etna dove il fenomeno del banditismo, tra la seconda metà del Cinquecento e la prima del Seicento, era molto diffuso.

Del paese di Belpasso erano i fratelli Germanà; essi facevano parte di una banda che imperversava nei territori tra Acireale, Pedara, Belpasso e Paternò.

Lo stesso nome Belpasso, nasconde un “interrogativo” a cui nessuno ha dato risposta. La prima volta il nome Malpasso (malupassu in siciliano) viene menzionato nella cosìddetta

rationes decimarum del 1308-1310: “Ecclesiae SS. Mariae et Petri de Passu opud Vallem corrente invente sunt valere tar. XV solverunt primis subcollectoribus tar. I”.

“Passu”sta ad indicare una zona di passaggio, “malu” aggiunto all'inizio si riferisce ad

una zona dove è pericoloso passare, o a causa della presenza di banditi oppure più probabilmente deriva dalla presenza di alberi di mele (mallum). Nessuno ha fatto delle approfondite ricerche in merito all'origine del nome Malpasso, ma l'idea che si faccia riferimento alla presenza dei banditi, e quindi che il passaggio sia pericoloso, alletta ed incuriosisce. Entrambe le teorie possono essere accettate: infatti la zona è sicuramente piena di banditi, ma la sua natura è impervia per via della presenza di fitti boschi e di terrazzamenti con alberi da frutto.

La storia di Malpasso va necessariamente inserita e collegata con quella della città di Paternò. Con la morte di Federico III, la moglie Eleonora si stanziò a Paternò; nel 1365 Malpasso andò a finire nelle mani del grande feudatario Artale Alagona. Durante la riconquista aragonese Paternò, e quindi Malpasso, ritornarono nelle mani del potere regio e nuovamente nella camera reginale nel 1404 con Bianca di Navarra.

Le popolazioni delle zone pedemontane nel Quattrocento si riorganizzarono seguendo nuovi schemi: Nicolosi cresceva lungo l'antica trazzera che collegava Paternò con Acireale; Momplieri ed i suoi abitanti venivano separati da Paternò nel 1439; i casali di Guardia, Botteghelle e lo stesso Malpasso crescevano lungo queste rotte commerciali.

Nel 1456 don Guglielmo Raimondo Moncada, conte di Adernò, gran camerlengo e maestro giustiziere di Sicilia, acquistò dal re di Napoli, Alfonso d'Aragona, il territorio di Paternò e

Malpasso; uno suo discendente Francesco Moncada, riceverà nel 1566 il titolo di principe dello Stato di Paternò e Malpasso.

Il territorio di Malpasso apparteneva quindi ai ricchi feudatari di Paternò. Malpasso era quindi un paesino situato in una zona strategica, crocevia di scambi che avvenivano tra la città di Acireale e Paternò.

Il documento analizzato racconta l'interessante vicenda della banda dei fratelli Germanà, ma non è datato. Analizzando la scrittura e il contesto è possibile datarlo tra la fine del 1500 e la prima metà del 1600.

Due sono le ipotesi che si possono fare su questi banditi: la prima è che si trattava una banda dedita ai furti delle merci che venivano trasportate tra Acireale e Paternò; la seconda ipotesi è legata alla rivolta del grano. Tale rivolta cominciata a Palermo si era diffusa, nel 1647, a macchia d'olio in tutta l'isola. Abolizione delle gabelle, una più razionale politica alimentare e una partecipazione maggiore al governo locale, erano le richieste dei rivoltosi. Come le rivolte dei primi del Cinquecento, anche in questo caso ci fu una partecipazione di massa tra banditi e malandrini di ogni tipo. È quindi probabile che i banditi Germanà stessero partecipando a questa rivolta.

I banditi Germanà, insieme ad altri malandrini, si trovavano rifugiati in una chiesa del malpassoto, dopo aver svolto delle azioni criminose; la loro posizione si aggravò perché dopo un'animata discussione venne ucciso una persona che si trovava con loro: un certo Spampinato. Dopo questo omicidio i Germanà, insieme ad altri banditi, e ad altre persone che si trovavano lì con loro, furono arrestati; Proprio uno tra gli arrestati, un certo Alessio chiede la grazia, perché estraneo ai fatti e racconta come sono andati i fatti.

«Torre e camera forte di questa città dove assinte sono carcerati nelle carceri della quale

anco ci stato esso Alessio essendo stato carcerato d'ordine del mar. Andrea di Randazzo Capitano della terra di Malpasso dipendi di questa città in esecuzione dell'ordine del signore Governatore degli Stati [...] principe di questa città duca di Montalto io me Alessio scrivente deponeva essendovi stati all'ora in loco di compagnia di banniti o male fu arrastato esso Alessio da essi Simone ed essi armati tutti loro di scopette ad artificio di […] di maleficio altre persone che furono esse Luciano Germanà fratello di esso Simone e Nunzio Germanà Carlo Farina et altri di questa città pure armati di loro scopetta ad artificio di fuoco di atti di maleficio che riparandoli avea esso Simone che sentia esso Alessio esser bannito e che se ne stava il giorno fu più salvato e refugiato nella chiesa in contrada S. Maria della Catena di questa curia di frati Carmelitani allo suddetto Nunzio suo fratello capi di detti banditi discossori lo trattenne dicendoci in questo modo quietati e non voglio che si ammazzi e così

sconvolto di furcà lo trattenne a nel farci male e udendo allora di Simone si ritirasse in dicto loco un poco di questo da loro vidde poi che tutte esse persone e banniti et l'altri di loro compagnia quali ha nominato di Alessio si accomodari et accettano di niurso ed esso Alessio e manciano che allora come aveva veduto all'altri e conoscè […] la chiarezza delle stelli e presentisi parlare chi si avea inteso anco d'innante e conoscio all'hora del manciare essere stati anco di altri banniti che sapeva esso Alessio stati il giorno rifugiati nella chiesa di S. Maria del Rosario di questa Città li quali furono […] del Sign. Sambarella Mauro et Franscesco la favara et carravvia di questa città alli quali certo tempo era alcuni giorni si intise dire esso Alessio che si suadi banniti che l'assaltarono in strada allo passaggio che facia disgusti che havessero avuto fra loro altri banniti di Gambarella […] la favara in compagnia avendo un altro giovane Giovanni cumpari della città di Iaci e alla fine dello manesso che fecero di banniti e l'altri suadi grossi vidde esso Alessio che si venne il miserando Antonio Spampinato della terra di Biancavilla alla quale rinfaveando uno di questi banniti di rostori che nel conoscio all'hora era Alessio ci disse in questa manera o come si sui fatto bona è quello respondando ci disse in quello modo e ci ho fatto si malanni chi ci infilano e quello retto ad un tempo avendo la sua scupetta a mani vidde esso Alessio che tirasi il grillo e ci sparau una scupettata e seguitando l'altri sparavi 3 scupettati cui una di Simone Germana l'altra esso Luciano Germana fratelli dello suddetto Nunzio capo di banditi e l'altra il suddetto [...] miserando della favara che si sentia dire esso Alessio lamentandosi dello suddetto di Spampinato che avi stato alla morte miserando Antonino la favara scoprio che fu ammazzato da cumpagnia di banditi di questi scopettati sparati ad essi di Spampinato vidde esso Alessio quello aver cascato a terra avessi morto di questi tipi furiosamente gridando dire levamoci la testa di questo cane. germana fratelli ed esso dello brundio vidde esso che si volgevano […] a troncarci la testa esclamando detto Simone e i fratelli Nunzio e Luciano Germana questo cane ci fece perdere 150 onze che mi davano li catinati che ci salvamo in parere e ci guarda Horatio Cundella et altri compagnia così esso Alessio vidde la testa secata di Spampinato e la prese esso [...] ad esso et all'hora passendovi di questa città fora dell'abitato dietro la contrada della grazia e doppo di Simone aventi adesso Alessio minacciandolo comeanes Nunzio dicendoci che non parlare ne dicesse cosa alcuna di quanto avea udito ed passato loro essi banniti e l'altri loro compagni che si parlava lo averiam ammazzato e […] di banniti […] di parrevo dal loco andavano verso la contrada della Grazia e questo esso […] che trovò nel passaggio in dicto loco, fu ammazzato e e trattenuto da li banditi in compagnia delle altre persone fu quando ad loro vidde e ci rese

quanto facessero e parlassero nello modo come [...]»248.

Alessio è stato arrestato insieme ai fratelli Simone, Luciano e Nunzio Germanà, per l'uccisione di un certo signor Spampinato. Alessio racconta del perché si trovava in quella chiesa con quei banditi, e chiede la grazia, perché la sua presenza in quel luogo era casuale e quindi non aveva commesso nessun reato, né tanto meno un omicidio. Era passato all'ora di pranzo e sentendo delle voci provenire da dietro la chiesa si fermò lì con loro. Ad un certo punto sentì delle urla, dei colpi di scopetta e dei movimenti concitati da parte dei fratelli Germanà. Passando dietro la chiesa per capire cosa stesse succedendo, si accorse dell'omicidio dello Spampinato a cui era stata tagliata persino la testa.

Non sappiamo se il prete era a conoscenza della presenza di quei banditi intorno alla chiesa, se gli stava dando o meno rifugio e come detto in precedenza non sappiamo perché i fratelli Germanà erano stati banditi.

La presenza di banditi nel comprensorio dei paesi etnei era molto alta, bande come quella dei fratelli Germanà scorrazzavano libere ed erano il terrore del popolo.