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Barriere finanziarie: valore residuo degli impianti e i modelli proprietari

Nel documento INDICE GENERALE pag. Scopo e metodologia 1 (pagine 176-181)

PROFILI ANTITRUST E AGGREGAZIONI

4.3. Barriere finanziarie: valore residuo degli impianti e i modelli proprietari

La circostanza che gli operatori soddisfino singolarmente i requisiti economici richiesti dalla normativa per partecipare ad una gara d’ATEM non implica la concreta, effettiva possibilità di risultare concorrenti credibili, laddove uno o più competitor abbiamo una disponibilità finanziaria limitata rispetto a quella di altri diretti concorrenti (De Sanctis, 2013).

Le barriere di ordine finanziario costituiscono infatti il principale motivo di discriminazione tra operatori in grado di sostenere la sfida delle gare che, ancora più che in passato, influenzerà in maniera decisiva l’accesso al nuovo mercato e l’esito della selezione concorrenziale (Stagnaro, 2011).

Le barriere economiche sono costituite principalmente (ma non esclusivamente)445 dall’obbligo di riscattare il valore residuo degli impianti di proprietà del gestore uscente (VIR).

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L’art. 8 del Regolamento Criteri definisce l’elenco degli obblighi cui sono tenuti i gestori che intendano partecipare ad una gara. Nel caso di proprietà delle reti da parte dell’ente locale o di una società patrimoniale:

-un corrispettivo a remunerazione del capitale investito netto che l’AEEGSI riconosce ai fini tariffari e il rispettivo ammortamento

-un corrispettivo, fino al 5% (10% nel decreto di modifica del Regolamento Criteri) del valore del capitale di località relativo ai servizi di distribuzione e misura, nonché della relativa quota di ammortamento annuale, quale esito della gara: tale corrispettivo (canone di concessione)

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La partecipazione alla gara passerà infatti necessariamente per la prospettica capacità da parte di potenziali nuovi gestori di reperire i necessari finanziamenti per corrispondere tale valore e dare seguito ai lavori di estensione/potenziamento della rete secondo quanto previsto dal Piano di sviluppo degli impianti presentato in sede di gara (Piron e Morabito, 2013).

L’obbligo di corrispondere un’indennità al gestore uscente è tanto più rilevante quanto più ampia è la dimensione dell’ambito, e quanto più il gestore uscente ha accumulato investimenti nell’ultimo periodo della gara (Testa, 2013). L’aver definito bacini di gara di grandi dimensioni, non peraltro giustificati da rilevanti benefici in termini di sfruttamento delle economie di scala446, avrebbe pertanto contribuito a rafforzare la posizione di chi già in partenza detenga un vantaggio competitivo derivante dalla presenza forte sul territorio (cui si collegano, peraltro, anche i benefici relativi ad una maggiore conoscenza dello stato reale degli asset), con il rischio di vanificare l’utilità della gara come strumento di ottimizzazione concorrenziale, dal momento che l’esito della competizione potrebbe essere di fatto determinato solo dalla maggiore disponibilità finanziaria e non dall’offerta qualitativa a vantaggio degli utenti/consumatori.

Nel corso della trattazione è stato in particolare evidenziato come proprio partendo dall’assunto che gli incumbent godessero di un forte vantaggio rispetto ai competitor, consistente nel mancato esborso per il pagamento di tale valore, l’Autorità di regolazione sia intervenuta prevedendo forme di regolazione asimmetrica, consistenti nel riconoscere in tariffa una diversa remunerazione del capitale investito tra operatori incombent e incumbent per ridurre tale vantaggio e ripristinare una concorrenza effettiva (level playing field).

E’ stato tuttavia al contempo sottolineato come la regolazione asimmetrica abbia degli effetti di selezione inefficiente, a causa dell’assenza di strumenti di

Nei confronti della stazione appaltante:

-corrispettivo ‘una tantum’ per la copertura degli oneri di gara, definita da AEEGSI

Corrispettivo annuale pari all’1% della remunerazione del capitale investito di località, a titolo di rimborso forfettario degli oneri sostenuti per lo svolgimento delle attività di controllo e vigilanza del servizio

-tassa del canone di occupazione del suolo e sottosuolo

-controvalore, con un’anticipazione annuale e un successivo conguaglio,se positivo, dei titoli relativi a interventi di efficienza energetica, in proporzione al gas distribuito a ciascun comune concedente nell’anno precedente

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coordinamento con le disposizioni del Regolamento Criteri, che considerano tra gli elementi di valutazione dell’offerta economica lo sconto tariffario calcolato utilizzando come base imponibile il differenziale VIR/RAB.

Gli interventi normativi e regolatori, più o meno legittimi, che si sono susseguiti nei due anni precedenti all’avvio delle gare, finalizzati a contenere la potenziale esplosione dei valori residui degli impianti, di cui si è data ampia menzione del secondo capitolo, cui si rinvia, potrebbero essere pertanto considerati come mezzi di contenimento delle barriere di accesso al mercato della distribuzione. Relativamente alla regolazione asimmetrica, occorre tuttavia rilevare come questa non produca l’effetto di ridurre le barriere di accesso al mercato della distribuzione, posto che chi vince la gara è comunque tenuto a versare al gestore uscente un importo pari al valore residuo dell’impianto.

La riduzione dell’onere derivante dall’obbligo di riscattare le reti è stata invece efficacemente perseguita con altri interventi (in primis con la sottrazione dei contributi privati prevista dal DL Destinazione Italia) che hanno, seppur con modalità retroattive di dubbia legittimità (Ferla, 2014), contribuito ad attenuare, ed in misura significativa (quantificabile tra il 15 ed il 20%447) l’entità degli oneri di cui i new comer dovranno sobbarcarsi per accedere al mercato della distribuzione gas.

Se si volesse cercare di quantificare l’entità del valore del VIR per ciascun ambito (per valutare l’entità della barriera finanziaria, intesa come il costo che un operatore dovrebbe sostenere per entrare nel mercato, in caso di aggiudicazione) a parità di modalità di valorizzazione448, questo dovrebbe essere definito sulla base di due variabili principali: a) lo stato di consistenza degli impianti, b) la quota parte di proprietà del gestore uscente.

Relativamente in particolare alla variabile relativa alla quota di proprietà, studi di settore (Ammanati, Beccarello e Al., 2010) 449 hanno evidenziato come la

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Per la trattazione dell’argomento si rinvia al Capitolo II

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Nel Capitolo II è stato infatti illustrato che i valori di rimborso possono essere determinati o sulla base di convenzioni tra ente locale concedente e cessionario o, in determinate condizioni o se non siano presenti convenzioni, applicando i criteri di calcolo di cui alle Linee Guida Ministeriali (DM 22/05/2014)

449 Per approfondimenti sul tema del rapporto tra i diversi modelli di proprietà e la valorizzazione delle reti di distribuzione del gas naturale si rinvia allo studio a cura di Ammanati L. Beccarello M. e Al., Modelli di proprietà e valorizzazione delle reti nel rinnovo degli affidamenti del servizio di distribuzione del gas naturale in Lombardia, a cura di Energy Lab e Regione Lombardia, aprile 2010

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difficoltà nel definire il valore degli asset sia strettamente connessa - oltre che alla frammentazione delle regole e ad una sovrapposizione della normativa alle convenzioni stipulate tra distributori e Comuni - alla frammentazione dei modelli proprietari.

Si possono infatti distinguere tre modelli principali: a) impianti di proprietà totalmente privata (del gestore o di altri soggetti), b) impianti di proprietà totalmente pubblica e c) impianti di proprietà mista pubblico-privato.

Secondo i dati forniti dell’AEEGSI450, relativi all’anno 2012, a livello nazionale la quota di proprietà degli impianti appartiene all’82% dell’operatore e al 7% del Comune451.

Il dato non è disponibile a livello di ATEM, ma solo a livello regionale.

In linea generale può essere evidenziato che il settore del gas presenta, rispetto ad altri servizi a rete, in cui è totale o prevalente la proprietà degli enti locali, una predominanza netta di casi in cui la proprietà degli impianti di distribuzione è degli attuali gestori/concessionari privati e solo in minima parte, invece, dei Comuni.

TABELLA N. 5 -QUOTE PROPRIETA’ ASSET A LIVELLO REGIONALE

REGIONE QUOTA % DI PROPRIETÀ*

OPERATORE COMUNE Val d'Aosta 98,6 0,8 Piemonte 87,9 4,9 Liguria 72,6 0,1 Lombardia 73,0 15,2 Trentino A.A. 90,1 9,6 Veneto 78,3 14,5 Friuli V.G. 70,9 28,4 Emilia Romagna 70,0 14,1 Toscana 56,7 10,4 Lazio 94,9 5,0 Marche 51,8 30,9 450

AEEGSI, Relazione Annuale sullo stato dei servizi e sull’attività svolta, presentata il 31 marzo 2014

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La somma delle quote di proprietà può non raggiungere il 100% in quanto le reti possono appartenere a soggetti diversi dall’operatore e dal Comune.

176 Umbria 65,2 34,2 Abruzzo 72,8 24,1 Molise 72,9 26,8 Campania 77,6 16,4 Puglia 92,2 7,7 Basilicata 71,1 28,5 Calabria 90,6 9,4 Sicilia 95,3 2,2 Sardegna - - Totale complessivo 82,3 6,6 FONTE: AEEGSI

Dall’analisi emerge come le Regioni in cui i Comuni detengono una quota significativa della proprietà delle reti sono: l’Umbria (34%), le Marche (31%), il Friuli Venezia Giulia (28%), la Basilicata (29%), il Molise (27%), l’Abruzzo (24%) e, seppur in misura ridotta, la Campania (16%), la Lombardia (15%) e il Veneto (14%).

Si rileva che l’informazione relativa alla distribuzione della proprietà delle reti tra soggetto privato e pubblico è rilevante ai fini della valutazione delle barriere finanziarie dal momento che, in quegli ambiti in cui la proprietà delle reti è (anche) del Comune, il valore del VIR è ridotto, non essendo questo dovuto al gestore uscente per la quota parte di proprietà che non sia del gestore uscente ma dell’ente locale. Se pertanto tale informazione fosse conosciuta a livello di ATEM, potrebbe essere utilizzata per arricchire la valutazione sul grado di concorrenzialità della gara, inteso come incentivo alla partecipazione da parte di soggetti diversi dall’incumbent o che non vantino una situazione significativa pregressa nel ATEM.

Si consideri un caso limite, invero piuttosto irrealistico, in cui la proprietà delle reti nell’ambito a gara fosse al 100% del Comune y. In tale ipotesi, nessun valore di riscatto sarebbe dovuto al gestore uscente. Conseguentemente, il presunto vantaggio competitivo in capo a quest’ultimo in termini di mancato esborso del VIR, alla base della previsione di forme di regolazione asimmetrica tariffaria, verrebbe meno, e l’ambito risulterebbe accessibile dal punto di vista finanziario anche ad un soggetto che non vanti una presenza pregressa nell’ATEM e con scarse capacità finanziarie.

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Da ciò ne consegue che l’entità della quota di proprietà delle reti detenuta dal Comune fornisce un’indicazione del livello della barriera finanziaria di accesso all’ATEM, che dovrebbe pertanto essere considerata in un’analisi d’ambito. Non essendo tuttavia i dati disponibili a livello di ATEM, tale variabile non potrà essere considerata se non in termini generici, come fattore di correzione prendendo a riferimento il valore medio a livello regionale.

Nel documento INDICE GENERALE pag. Scopo e metodologia 1 (pagine 176-181)