• Non ci sono risultati.

LE BIOMASSE COME RISORSE RINNOVABILI

BARRIERE ALLO SVILUPPO

Tra gli ostacoli che limitano lo sviluppo dell’utilizzo delle biomasse per fini energetici si elencano:

• Barriere economiche

In generale, l’uso di combustibili non fossili per produrre energia non è associato a margini di convenienza economica; attualmente tali condizioni, a livello dell’impresa, sono raggiungibili esclusivamente nel caso dell’uso di biomasse residuali che debbano comunque essere smaltite per motivi ambientali con relativi costi. In altre situazioni sono necessari aiuti od incentivi per sopperire agli elevati investimenti ed alla concorrenza dei bassi prezzi dell’energia da fonti tradizionali.

Quelle economiche rimangono sicuramente le barriere più impegnative da superare nel breve periodo, ammesso che debbano essere superate. I costi iniziali di investimento, per impianti bioenergetici sono piuttosto elevati: attualmente nell’ordine di 3-6 MLit/kWe.

Tali impianti, infatti, data l’innovatività e l’attuale limitata diffusione, non sono ancora in grado di beneficiare di economie di scala e delle curve di apprendimento.

Altro importante limite alla diffusione delle bioenergie è dato dal prezzo di mercato dei combustibili fossili che attualmente rende poco competitiva qualsiasi altra fonte di energia.

Tuttavia, questa mancanza di competitività è imputabile all’attuale sistema dei prezzi che non tiene conto delle esternalità… e dei costi sociali collegati allo sfruttamento delle risorse fossili (danni alla salute pubblica, degrado dei monumenti, cambiamento climatico,

rischi di incidenti nel trasporto e nella trasformazione dei combustibili ecc.). Recenti studi hanno cercato di quantificare questi costi sociali, valutando in 60-160 Lit/kWh i costi derivanti dall’uso del carbone, 30-100 Lit/kWh per il petrolio, 10-30 Lit/kWh per il gas. Il costo sociale attribuibile alle emissioni di SO2 in termini di salute pubblica è stato stimato nell’ordine di 2 Lit/g e di 0,25 Lit/g per il particolato.

• Barriere organizzative

Gli ostacoli organizzativi discendono essenzialmente dall’elevata dispersione sul territorio di buona parte delle biomasse, dalla loro disomogeneità nella disponibilità temporale e dalla presenza di numerosi soggetti coinvolti nelle filiere; il loro superamento tramite la creazione di consorzi, strutture logistiche, ecc. può modificare i livelli di convenienza economica. Numerose esperienze in altre nazioni europee hanno avuto successo proprio per la attenta programmazione logistica e organizzativa.

• Barriere sociali

La forte carenza di informazioni attendibili e convincenti sui benefici indotti e sui reali limiti connessi alla produzione di energia da biomassa costituisce certamente un ostacolo non indifferente. La freddezza con cui il cittadino valuta l’argomento, ammesso che ne conosca l’esistenza, si accoppia ad una trascuratezza da parte dell’Amministrazione pubblica nell’intraprendere politiche organiche per promuovere coerentemente un settore che, viceversa, ha tale valenza ambientale da poter essere non solo accettato ma addirittura

“fatto proprio” dalla popolazione.

• Barriere politiche

Un ostacolo primario è costituito dalla non chiara, non omogenea e non sufficientemente incisiva politica nel settore a livello nazionale e comunitario. Numerose proposte in favore delle biomasse sono state avanzate ed alcune misure legislative esistono ma il loro reale effetto è vanificato o distorto dall’assenza di un efetivo quadro di riferimento e dalla carenza di coordinamento tra le varie Amministrazioni. La defiscalizzazione di alcuni biocombustibili, ad esempio è limitata a piccole quantità, solo in alcuni Paesi, con regole estremamente diverse tra loro e, soprattutto. senza alcuna visione strategica.

Vi è poi l’incertezza della Politica Agricola Comunitaria. L’introduzione del set-aside obbligatorio ha contribuito all’avvio di coltivazioni destinate esclusivamente alla produzione di energia a livello industriale.

Allo stesso tempo però ha causato, in molti operatori, una visione distorta delle prospettive delle colture non alimentari, da relegarsi cioè ai soli terreni vincolati da tale politica, senza alcun riguardo per considerazioni di efficienza economica dell’investimento. Si è andato

meno remunerativo per gli agricoltori!) destinato a sparire con l’affievolirsi del peso del set-aside. Inoltre la legislazione connessa è, soprattutto in Italia, macchinosa e questo non agevola lo sviluppo delle nuove coltivazioni.

• Obiettivi

Considerando che il target di ottenere dalle biomasse l’1,5% del fabbisogno energetico nazionale entro l’anno 2000, previsto dall’attuale PEN, è stato del tutto inadeguato (già oggi le biomasse contribuiscono al 2% della domanda energetica nazionale) ed in considerazione dell’esperienza di altri Paesi Europei e di quanto indicato nel “Libro Verde” della CE sulle energie rinnovabili, l’ITABIA ritiene realistico e perseguibile l’obiettivo di portare il contributo delle biomasse dal 2% attuale al 4-6% entro il 2010 (9-11Mtep/anno). Occorre sottolineare che, per questo traguardo, vengono prese in considerazione soltanto le biomasse elencate più sopra e nelle quantità che lo stato attuale delle conoscenze e dei mezzi tecnici rendono effettivamente accessibili per gli usi energetici (30-40% di quelle totali prodotte). Contributi addizionali potranno venire da appropriate colture erbacee o da piantagioni forestali a ciclo corto, ove venisse attuata una organica politica per l’agricoltura non alimentare e per lo sviluppo del patrimonio boschivo.

Questi traguardi sono in linea con quanto si prospetta nell’UE dove già oggi le biomasse coprono in media oltre il 3,5% della domanda energetica globale con un consumo di materia prima pari a 50 Mtep/anno (Fonte CE: Prospectives de la Biomasse pour l’Energie dans l’Union Europeene, Rapport EUR 17260 FR, 1996).

Per l’UE gli obiettivi da raggiungere entro il 2010, considerati assolutamente realistici dalle Dichiarazioni di Madrid (1994) e di Milano (1996), sono 70 Mtep/anno. Altre valutazioni (Fonte CE citata) pongono traguardi più ampi: 130 Mtep/anno per il 2010-2015 che corrisponde al 4-7% della domanda globale di energia nell’Europa dei 15.

La premessa alle raccomandazioni è che lo sviluppo dell’uso delle biomasse potrebbe apportare numerosi benefici all’intera Unione Europea; i principali possono essere così sintetizzati:

- valorizzazione di risorse interne, riduzione della dipendenza da risorse fossili importate, diversificazione dei mercati energetici;

- sensibile contributo alle comunità rurali ed all’economia agro-forestale, con particolare enfasi sul mantenimento di posti di lavoro;

- sviluppo di tecnologie e relative conoscenze per le quali vi sarà una forte domanda in tutto il mondo; la maggiore potenzialità è nell’uso di residui agro-industriali e in quello delle colture energetiche nei Paesi tropicali;

- protezione globale dell’ambiente, in particolare per l’uso di combustibili che non rilasciano CO2 ed hanno in generale basse emissioni nocive;

- numerosi benefici ambientali a livello locale, tra cui: lo sviluppo della fauna derivante dalla introdu-zione di foreste a corta rotazione al posto di seminativi; il contributo di tali foreste al mantenimento del paesaggio agrario; la riduzione del rischio di incendi e di attacchi parassitari collegata con l’asportazione dei residui agro-forestali;

- riduzione delle perdite di distribuzione dell’energia elettrica e termica derivante dalla diffusione della generazione a livello locale.

1.4 Scenari di mercato e di occupazione diretta-indotta

Il settore delle biomasse, come si è visto, ha un peso rilevante per il raggiungimento degli obiettivi previsti dal Libro Bianco europeo e dovrà, dunque, coprire una vasta gamma di applicazioni nelle tre aree della domanda energetica: calore, elettricità e trasporti.

Nell’ambito della Campagna il contributo del settore delle biomasse è stimato in 14,5 milioni di tonnellate equivalenti petrolio (tep), cioè il 16% degli obiettivi del Libro Bianco.

L’investimento necessario previsto dalla campagna è di poco superiore ai 12 miliardi di Euro, con un sostegno del settore pubblico oscillante tra il 10% per gli impianti di riscaldamento domestico ed il 30% per gli impianti combinati

calore-energia, fino al 50% per i biocombustibili.

Un ruolo importante avrà la promozione ed il sostegno di impianti combinati calore-energia alimentati a biomassa. Queste installazioni hanno una scala che va da pochi centinaia di kW a diversi MW e sfruttano varie tecnologie e combustibili a seconda del contesto locale. Impianti di questo tipo dovranno consentire un uso più razionale delle risorse di biomassa su scala regionale e locale. Secondo il Libro Bianco europeo le biomasse per impianti combinati calore-energia potranno contribuire, al 2010, per 26 milioni di tep, con una capacità installata di circa 20 GW elettrici o 60 GW termici.

Pertanto, la promozione di 10.000 MW termici rappresenta 1/6 del totale e sarà decisivo per il decollo di questo mercato attivare misure ed incentivi adeguati.

IL PROGRAMMA NAZIONALE PER L’ENERGIA DA BIOMASSE E IL NUOVO