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Le energie rinnovabili e il loro possibile utilizzo in Europa

LE BIOMASSE COME RISORSE RINNOVABILI

L’IMPATTO AMBIENTALE DELLE RINNOVABILI

1.3 L’uso energetico delle biomasse in Europa ed in Italia

1.3.1 Le energie rinnovabili e il loro possibile utilizzo in Europa

Le energie rinnovabili sono forme di energia inesauribili ed includono, in particolare, quella idroelettrica, del vento, solare (termica e fotovoltaica), delle biomasse e geotermica.

La promozione di tali fonti è stata per un consistente periodo di tempo un obiettivo centrale della politica energetica della Comunità, confermato dapprima nella Risoluzione del Consiglio del 16 Settembre 1986 ed in un secondo tempo nella Raccomandazione del Consiglio del 9 giugno 1988. Con il programma Altener il Consiglio per la prima volta ha adottato uno strumento finanziario specifico per la promozione delle risorse di energia rinnovabili. Nel programma si stabilisce l’obiettivo che le fonti rinnovabili dovrebbero crescere e coprire l’8% della domanda totale di energia nell’EUR-12 nel 2005 e il 15% nel 2010.

Nel White Paper “An Energy Policy for the European Union”la commissione, sulla base di una dettagliata analisi della situazione energetica ha presentato il suo punto di vista circa gli obiettivi delle politiche energetiche della comunità e gli strumenti per raggiungerli.

Sono stati identificati tre obiettivi chiave: migliorare la competitività, rendere sicure le scorte e proteggere l’ambiente. La promozione delle fonti di energia rinnovabili è, tra le altre politiche, identificata come un elemento importante per il raggiungimento di tali obiettivi.

Tabella 1.3 - Percentuali delle fonti di energia rinnovabili sul consumo totale di energia (Fonte: Eurostat, 2000)

La Tabella 1. mostra la percentuale delle fonti rinnovabili (idroelettrica, eolica, solare, da biomassa) rispetto al consumo totale di energia nell’Unione Europea e negli Stati Membri.

Vi si possono notare le grandi differenze tra i diversi Paesi e la media europea attestata attorno al 6,5%, che corrisponde all’incirca a 75 Mtep. Questo dato riflette un 16% del potenziale tecnico per le fonti rinnovabili che è stimato attorno alle 400 Mtep, senza considerare l’apporto che potrà essere dato dalle nuove fonti, quali l’energia delle maree, delle onde, delle hot dry rock.

Le differenze tra i diversi Stati Membri possono essere in parte spiegate, ovviamente, da differenti condizioni politiche, economiche, geografiche e climatiche.

Per garantire la penetrazione delle fonti rinnovabili nel mercato Comunitario dell’energia, la Commissione incaricata di studiare l’Energia europea nel 2020 ha individuato tre possibili scenari. Il primo di questi è quello chiamato “Industrial Policies”, che è basato sulle proposte fatte pervenire dalle industrie europee per le energie rinnovabili. In queste si legge:

incentivi specifici per l’uso delle energie rinnovabili, inclusi sovvenzioni e finanziamenti a tasso fisso;

incremento di ricerca e sviluppo per portare ad una riduzione del 10% dei costi delle fonti rinnovabili;

disponibilità del terreno per colture energetiche al 12% (set-aside);

internalizzazione dei costi esterni (ambientali) dei combustibili tradizionali per favorire il mercato delle biomasse.

Il modello economicobasato su queste ipotesi porta ad una previsione del contributo delle fonti energetiche rinnovabili al consumo totale pari al 9,9% entro il 2010.

Il secondo scenario, “ExterN e Internalisation”, assume che tutti i costi esterni dei combustibili convenzionali siano internalizzati. In questo caso tutte le fonti rinnovabili sono caratterizzate da una crescita moderata che porta ad un contributo totale leggermente maggiore di quello precedente (10,1%).

Il terzo ed ultimo scenario, “Best Practice Policies”, ipotizza che le politiche, che si sono dimostrate più efficaci nel promuovere l’utilizzo delle fonti di energia rinnovabili, saranno applicate nei paesi dell’UE. Queste politiche includono principalmente:

Programmi di governo concentrati sulla mobilità delle tecnologie per le energie rinnovabili e sistemi migliori per la pianificazione locale;

Incremento della ricerca e dello sviluppo per portare a 20% la riduzione dei costi;

Disponibilità di terreno per colture dedicate portata al 25% e sussidi sul 12% dei terreni agricoli coltivati per farne set-aside da utilizzare per colture energetiche, entro il 2000;

Internalizzazione dei costi esterni dei cicli a combustibili convenzionali (come ExterN e).

In questo scenario le fonti rinnovabili mostrano una forte spinta nell’introduzione nel mercato energetico rispetto al precedente, soprattutto per le biomasse.

In conclusione, i vari scenari illustrano chiaramente che le fonti di energia rinnovabile possono dare un contributo significativo alle scorte energetiche dell’Unione Europea.

Fintanto che, però, non saranno messi in atto specifici incentivi, è poco realistico aspettarsi che il potenziale delle fonti rinnovabili sarà sfruttato a pieno e che queste risorse daranno un contributo significativo al bilancio energetico Europeo. Le speranze e le prospettive del Consiglio dei Ministri Europei sono rivolte perciò a quegli scenari che garantiranno di arrivare almeno al 12% di contributo delle fonti rinnovabili al mix energetico Europeo entro il 2010.

La quantità di biomassa prodotta annualmente sulla terra in termini del suo contenuto energetico può essere stimata in circa 70 Gtep, pari a oltre otto volte il consumo mondiale di energia (circa 8.5 Gtep). Al momento la popolazione mondiale soddisfa il 10-15% del proprio fabbisogno primario di energia con biomassa. In Europa come abbiamo visto la percentuale media è ferma al 6%.

Tale contributo sale al 35% nei paesi in via di sviluppo, dove tuttavia viene utilizzata con tecnologie a bassissimo rendimento energetico e con l’aggravante di non rimpiazzare la biomassa sottratta all’ambiente con nuove coltivazioni (il rapporto fra ettari disboscati e rimboscati ogni anno in Asia, per esempio, è attualmente di circa 25/1). Oggi sono disponibili tecnologie affidabili e sperimentate che consentono uno sfruttamento intensivo e capillarmente diffuso del grosso potenziale energetico delle biomasse, sia di quelle appositamente coltivate per uso energetico, sia di quelle derivanti dai sottoprodotti delle attività agro-industriali e forestali. Recenti attività di ricerca hanno permesso di identificare le migliori specie adatte per colture energetiche, a seconda del clima, del tipo di terreno ecc. A livello europeo, dove si era prevista la disponibilità di 20 milioni di ettari di buoni terreni agricoli e di 20 milioni di ettari di terreni marginali, il programma LEBEN (Large European Biomass Energy), promovendo la realizzazione di Progetti Regionali Integrati per la valorizzazione della biomassa, ha già gettato le prime basi per un nuovo sviluppo agricolo, realizzato mediante colture nuove e tecnologie innovative.

In Italia l’uso di biomassa di tipo vegetale è praticamente inesistente, con applicazioni per circa 100 MWe (fonte: Enel, PEN 1997) da rifiuti solidi urbani e per 1240 MWt da residui della lavorazione del legno. Una spinta allo sviluppo del settore delle energie rinnovabili è

stata data dalle incentivazioni tariffarie offerte dal Provvedimento CIP 6/92, per gli autoproduttori che intendevano cedere all’Enel l’energia elettrica derivante da fonti rinnovabili, rendendone economicamente conveniente la produzione di energia elettrica da biomassa in diversi casi. Il costo riconosciuto dall’Enel era di 256 lire per kWh (incentivo previsto per 8 anni).

Questo prezzo teneva conto, anche dei minori costi ambientali che la collettività avrebbe sostenuto e dei costi evitati dall’Enel per la costruzione di nuove centrali elettriche. A partire dal 1994 sono stati presentati al ministero dell’Industria, che insieme all’Enel determinava l’ammissibilità alle agevolazioni previste dal provvedimento citato, numerosissimi progetti che riguardavano impianti per la produzione di energia elettrica per taglie che andavano da 1 MWe a oltre 250 MWe, con l’utilizzo di tutte le forme di energia alternative. Alla fine del 1995, con l’ultima graduatoria che chiudeva le agevolazioni in relazione alla sospensione del provvedimento Cip 6/92 da parte del ministro dell’Industria, Pierluigi Bersani, risultavano in progetto ed in corso di realizzazione impianti aventi una capacità complessiva di circa 8.000 MW, di cui però solo 2.700 MW provenienti da energie effettivamente rinnovabili (solare, eolico, biomasse, idrico, rifiuti ecc.) (Di Marzio T., 1997).

Con la sospensione del provvedimento Cip 6/92 si sono venute a determinare una grave carenza legislativa e una forte incertezza sul futuro delle fonti rinnovabili in Italia, tenuto conto anche del fatto che le regioni non hanno redatto i loro piani energetici che dovrebbero definire le aree di sviluppo ed i possibili incentivi previsti a livello locale.

Mancano i piani comunali, i regolamenti e in genere tutto quanto a livello decentrato dovrebbe essere fatto per una maggiore diffusione delle energie rinnovabili (Curcio E., 1997).

Una novità nel settore è giunta dall’America, ed è il Green Pricing, una strategia utilizzata da alcune compagnie elettriche con lo scopo di aprire nuovi mercati alle fonti di energia rinnovabili. Il Green Pricing (Prezzi Verdi per l’energia), ancora in fase transitoria di sviluppo, si basa sull’opzione, offerta agli utenti, di pagare un prezzo aggiuntivo sulla bolletta elettrica in modo che l’elettricità consumata (tutta o solo una parte) sia generata da impianti alimentati da fonti rinnovabili. I programmi Green Pricing possono essere distinti generalmente secondo due approcci:

a) ogni compagnia offre all’utente di contribuire, con una certa somma, ad un fondo destinato alla realizzazione futura di un progetto non ancora specificato;

b) l’utente paga quel premium per un progetto da realizzare, ma già definito.

L’esperienza in questo settore è iniziata in coincidenza con la fase di liberalizzazione del mercato dell’energia e della conseguente ristrutturazione delle compagnie.