• Non ci sono risultati.

TIPOLOGIE DI BIOMASSE E LORO REPERIBILITÀ

SISTEMI DI ALIMENTAZIONE

I sistemi di alimentazione sono composti in genere da una o più coclee (più raramente nastri trasportatori) che fanno avanzare il cippato dal silo fino al focolare della caldaia. Tra queste coclee, viene creata una separazione fisica del materiale in modo che non vi sia continuità tra il focolare e il deposito, per evidenti ragioni di sicurezza.

Questa separazione è attuata generalmente creando un dislivello dove il cippato cade per gravità ed è mantenuto ad un determinato livello massimo, controllato da fotocellule o altri sensori. In alcuni tipi di impianto, la separazione è aumentata da una ruota a palette che impedisce anche la continuità dell’aria (il ritorno del fumo e l’aspirazione di aria da parte

Oltre ai sistemi meccanici di separazione e di blocco del combustibile, sono necessari dispositivi di spegnimento che intervengano in caso di ritorno di fiamma. Generalmente, questi sono costituiti da spruzzatori di acqua comandati da sensori e temporizzati per evitare allagamenti; a volte è presente un ulteriore spruzzatore di sicurezza che entra in funzione anche senza la presenza di tensione, in quanto pilotato da una semplice valvola termostatica, il cui bulbo sensibile è posto a contatto con il canale di alimentazione del cippato. La bontà e l’efficienza di tutti questi sistemi distinguono i diversi impianti e ne rappresentano, conseguentemente, una caratteristica importante.

2.1.4 I pellets

Questo tipo di combustibile consiste in fibre legnose di diversa provenienza che vengono ricompattate in un prodotto di piccola dimensione tramite compressione di vario genere (Wood Pellet Fuel Manufacturers Association Of British Columbia, sito Internet). La loro omogeneità, che consegue dal ciclo di produzione stesso, ovvero frantumazione, essiccazione, ricompattazione, permette una migliore combustione con migliore resa termica.

I paesi dove il pelleting è più diffuso sono gli Stati Uniti, il Canada e la Svezia.

La storia dello sviluppo del pelleting si trova sempre associata alla presenza di segherie per la disponibilità di segature da cui i primi quantitativi di pellets sono stati prodotti.

Successivamente, sono stati sminuzzati anche altri residui di segheria e di lavorazione del legno con un miglioramento anche del potere calorifico.

Il processo di produzione di pellets è costituito dalle seguenti fasi (Pellet Fuels Institute, sito Internet):

- essiccazione fino all’ottenimento di un contenuto umido del 6%;

- vagliatura e martellatura del materiale essiccato;

- macinatura del materiale;

- mescolatura con vapore d’acqua;

- estrusione, attraverso matrici, dei pellets bollenti;

- raffreddamento ed invio nei sili di stoccaggio.

Rispetto ad altri scarti legnosi sminuzzati, i pellets presentano un alto contenuto energetico per unità di volume.

Grazie al loro diametro di pochi mm. (4-7) possono alimentarsi in caldaia per via pneumatica, quindi presentano un comportamento affine ad un fluido.

La flessibilità del prodotto di pellettizzazione legnosa si riscontra anche dal range di potenza termica in cui i pellets vengono usati, del tutto onnicomprensivo:

- riscaldamento domestico monofamiliare da 4 a 22 Kw;

- condomini ed edifici pubblici da 25 Kw a 2 MW;

- mega impianti termici ed elettrici da 2 a 80 MW (teleriscaldamento).

La densità media dei pellets è di 650 Kg/m3, pertanto se occorrono 14-16 m3 di scaglie di legna per sostituire 1 m3 di gasolio, 3,3 m3 di pellets sono sufficienti a sostituire 1 m3 di gasolio.

Da notare, quindi, che la dimensione di un eventuale silo di stoccaggio è solo 3,3 volte superiore al gasolio, a parità di contenuto energetico. Circa 2 Kg di pellets di legna sostituiscono 1 litro di gasolio, ovvero 8517 Kcal/l = 4258 Kcal che è il potere calorifico indicativo di 1 Kg di legna pellettizzata. L’aggiunta di sansa esausta d’oliva, un apporto tipicamente nostrano, lo può innalzare ulteriormente.

Un’altra importante flessibilità del concetto di pellettizzazione è costituita dall’impianto stesso.

Sostituendo la matrice d’estrusione con una con diametri di estrusione di 18 mm e più, è possibile produrre pellets di RDF (Residue Derived Fuel) che possono essere impiegati nell’alimentazione di grandi impianti termici per la produzione combinata di energia elettrica e calore.

L’utilizzo energetico dei rifiuti solidi urbani, preselezionati e pretrattati, può diventare, pertanto, un indirizzo integrabile con la produzione di pellets di biomassa legnosa.

2.2 Disponibilità e periodicità

Alcune tecnologie rinnovabili, come anche gli impianti a biomasse presentano notevoli difficoltà di organizzazione della filiera. Ad esempio, questi ultimi necessitano che siano contestualmente soddisfatte diverse condizioni: produzione di materia prima, raccolta, trasferimento, trattamento eventuale, stoccaggio, impianti di combustione idonei, possibilità di connessione alla rete elettrica e/o del calore. In Italia, non sempre è facile realizzare tutte e contemporaneamente queste condizioni, in particolare quelle relative alla produzione e raccolta della materia prima. Si ricorda, in proposito, che nel nostro Paese la proprietà terriera ad uso agricolo è estremamente frammentata, dell'ordine di qualche ettaro per proprietario, a fronte dell'esigenza di disporre di alcune centinaia di ettari per ogni MW di potenza elettrica alimentata a biomassa. Le competenze, ancora una volta, sono distribuite tra molti attori.

Si tratta, dunque, di operare per aggregare e organizzare la produzione e l'offerta di materia prima. Allo stesso modo, per promuovere la cogenerazione da biomassa (ma il discorso vale anche per la geotermia a bassa entalpia), certamente più efficiente in termini energetici e di riduzione del bilancio delle emissioni, nell'organizzazione del sistema si deve tentare di includere la domanda e l'uso finale del calore.

A questi scopi è prevista la costituzione di una task force tecnica,da parte del Governo, al servizio di operatori pubblici e privati, che consenta di costruire le condizioni di integrazione verticale per il funzionamento del sistema biomassa.

Un altro utile strumento è costituito dalle intese locali e dai patti territoriali, per la cui attivazione si raccomanda un impegno di Regioni e Enti Locali.

L’Italia si estende per circa 30,1 milioni di ettari, con una densità media di popolazione di circa 191 abitanti/km2. La superficie è costituita per 9 milioni di ettari da terre arabili, 3,2 da colture permanenti, 6,5 da boschi, 4,2 da prati e pascoli, 7,2 da terreni improduttivi ed altro.

La Superficie Agricola Utile, grandezza che misura la consistenza reale del territorio agricolo produttivo, tende a contrarsi in Italia più velocemente che nel resto dell’Europa.

Nell’intervallo di tempo tra il 1989 ed il 1993 tale contrazione è stata in Italia dell’1,4%

contro una media europea dello 0,6% (ISTAT). Attualmente le aree incolte, per di più collinari, ammontano in Italia a 3 milioni di ettari, dei quali 2 nel Meridione.

Un’ulteriore fonte di biomassa è costituita dalla legna traibile dai circa 3.700.000 ha di boschi cedui, che rappresentano circa il 42% del patrimonio forestale italiano. Fra le varie ipotesi di intervento che sono formulate dagli esperti di settore a proposito del bosco ceduo, vi è quella di intervenire, ove le condizioni specifiche lo permettano, con un’operazione di conversione in alto-fusto. Un’analisi condotta nell'ambito del processo organizzativo della Conferenza Nazionale Energia e Ambiente ha concluso che se tale

operazione fosse condotta su una superficie di 2 milioni di ettari si otterrebbe una maggiore capacità del sistema rigenerato di organicare la CO2 pari a 8-9 Mt/anno, un maggior controllo sugli incendi boschivi, il cui costo è valutabile intorno ad alcune centinaia di miliardi l’anno, ed un’accresciuta capacità di stabilizzare i terreni dal punto di vista idrogeologico.

Il legno, risultante dall’operazione, avrebbe un contenuto energetico corrispondente a 0,8 Mtep/anno.

In definitiva, lo sviluppo e la diffusione delle fonti rinnovabili, per loro natura a bassa densità e diffuse, favoriscono un migliore presidio del territorio, il contestuale contrasto dei fenomeni di degrado e l'uso produttivo di terreni altrimenti scarsamente utilizzati.

Tali aspetti sono particolarmente rilevanti per il Mezzogiorno d’Italia, in quanto il processo di riduzione del dissesto idrogeologico può utilmente sposarsi con la produzione di energia rinnovabile.

Manca ancora, in Italia, un accurato studio delle "riserve" di energia rinnovabile, che consenta di definire, in relazione allo stato dell'arte delle tecnologie, le "risorse"

effettivamente sfruttabili. Tuttavia, alcuni dati forniscono elementi utili per una stima di massima del potenziale sfruttabile nei prossimi 10-12 anni.

Un’altra utile informazione deriva dalla considerazione che la coltivazione energetica dei tre milioni di ettari abbandonati dall'agricoltura convenzionale possa rendere disponibili circa 12 Mtep/anno (in termini di potere calorifico inferiore della biomassa, assumendo una produzione annua di biomassa secca di 10 t/ettaro e potere calorifico inferiore della biomassa secca di 4.000 kcal/kg).

2.2.1 Reperimento del combustibile

Per gli impianti di produzione di energia da biomasse è fondamentale il reperimento sufficiente del combustibile necessario. La biomassa è caratterizzata, proprio per il ruolo di residuo che riveste, da stagionalità e periodicità. Prima di intraprendere quindi una qualsiasi iniziativa di questo genere è fondamentale studiare le risorse locali in termini di residui ed assicurarsi dei contratti di fornitura delle stesse. L’eventuale consorzio deve applicare una tecnologia di recupero energetico delle biomasse altamente efficiente, e deve anche suggerire i metodi di coltivazione, raccolta e preparazione delle stesse, tra l’altro favorendo quelle derivanti da specie lignee a rapido accrescimento e a breve ciclo.

Bisogna tenere conto delle variazioni di PCI poiché la composizione merceologica del combustibile può avere significative variazioni (in funzione dell’area di provenienza, della stagione, della piovosità, etc.).

Figura 2.3 - contenuto energetico