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SOLUZIONI IMPIANTISTICHE PER L IMPIEGO ENERGETICO DI BIOMASSE: ASPETTI TECNICI, ECONOMICI E LOGISTICI

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Academic year: 2022

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(1)

U NIVERSITÀ D EGLI S TUDI D I L’A QUILA FACOLTÀ DI INGEGNERIA

T

ESI DI

L

AUREA IN

I

NGEGNERIA

M

ECCANICA

SOLUZIONI IMPIANTISTICHE PER L’IMPIEGO ENERGETICO DI BIOMASSE:

ASPETTI TECNICI, ECONOMICI E LOGISTICI

RELATORI: LAUREANDO:

Prof. Marcello Pacifico Pelagagge Fabio Parisella Ing. Antonio Caputo

Anno Accademico 2000-2001

(2)

Ringrazio tutti coloro che, nel contribuire alla realizzazione della tesi, mi hanno fornito dell’ottima letteratura dedicandomi parte del loro tempo prezioso, ed in particolare il Prof. Marcello Pacifico Pelagagge e l’Ing. Antonio Caputo, del Dipartimento di Energetica dell’Università di L’Aquila.

“La mente non ha bisogno, come un vaso, di essere riempita, ma piuttosto, come legna, di una scintilla che l’accenda e vi infonda l’impulso della ricerca”

PLUTARCO

(3)

INDICE GENERALE

INTRODUZIONE

1. LE BIOMASSE COME RISORSE RINNOVABILI 1.1 Scenari energetici e tecnologie pulite

1.2 La biomassa di origine vegetale e l’ambiente

1.3 L’uso energetico delle biomasse in Europa ed in Italia 1.3.1 Le energie rinnovabili e il loro possibile utilizzo in Europa 1.3.2 Biomasse in Italia e nel Mediterraneo

1.4 Scenari di mercato e di occupazione diretta-indotta

2. TIPOLOGIE DI BIOMASSE E LORO REPERIBILITÀ 2.1 Classificazione ed analisi delle biomasse più utilizzate 2.1.1 Le biomasse disponibili

2.1.2 Colture energetiche 2.1.3 Il cippato

2.1.4 I pellets

2.2 Disponibilità e periodicità 2.2.1 Reperimento del combustibile

2.3 Metodologie di produzione, raccolta e trasporto 2.3.1 Scelta del terreno e specie selezionata

2.3.2 Descrizione delle macchine impiegate e dei prodotti utilizzati per lo svolgimento delle singole operazioni

2.3.3 Ipotesi sulle modalità di stoccaggio ed essiccazione della biomassa

3. UTILIZZO DELLA BIOMASSA A FINI ENERGETICI 3.1 Panoramica sulle normative vigenti

3.1.1 Legislazione comunitaria in vigore 3.1.2 Posizionamento dell’impianto

(4)

3.2 Processi di conversione della biomassa 3.2.1 La combustione

3.2.2 La pirolisi

3.2.3 La gassificazione

3.2.4 La digestione anaerobica 3.2.5 La fermentazione

3.3 Tipologie impiantistiche per produrre energia da biomassa 3.3.1 Combustione in letto fluido

3.3.2 Produzione di energia da combustione diretta 3.3.3 Gassificazione in letto fluido e pulizia del gas

3.3.4 Gassificazione ed utilizzo di turbina a gas con ciclo combinato a vapore 3.3.5 Celle a combustibili

3.3.6 Gassificazione ed utilizzo di turbina o motore a gas 3.3.7 Co-combustione

3.4 Opere di contenimento e monitoraggio inquinamento 3.4.1 Trattamento fumi

3.4.2 Emissioni sonore

3.5 Movimentazione della biomassa 3.6 Evacuazione e stoccaggio delle ceneri

3.6.1 Descrizione del sistema di evacuazione ceneri 3.6.2 Descrizione del processo

3.6.3 Condizioni di funzionamento 3.6.4 Descrizione delle apparecchiature

4. ANALISI COMPARATIVA TECNICO-ECONOMICA

DELLE DUE PRINCIPALI TIPOLOGIE IMPIANTISTICHE PER LA PRODUZIONE DI ENERGIA DA BIOMASSE

4.1 Gli impianti studiati

4.1.1 L’impianto a combustione in letto fluido con ciclo a vapore 4.1.2 L’impianto a gassificazione in letto fluido con turbina a gas e ciclo combinato a vapore

(5)

4.2 Analisi dei costi degli impianti a combustione in letto fluido con ciclo a vapore

4.2.1 Costi d’investimento 4.2.2 Costi d’esercizio

4.3 Analisi dei costi degli impianti a gassificazione con turbina a gas e ciclo combinato a vapore

4.3.1 Costi d’investimento 4.3.2 Costi d’esercizio

4.4 Valutazioni economiche e tecniche

4.4.1 Studio comparativo degli indici economici delle due tipologie Impiantistiche

4.4.2 Analisi di sensibilità 4.4.3 Analisi parametrica

4.5 Analisi economica della localizzazione di un impianto 4.5.1 Bacini di utenza

4.5.2 Analisi della disponibilità annua limite

CONCLUSIONI

ALLEGATI

BIBLIOGRAFIA

NOTA REDAZIONALE

Questa tesi si compone di 290 pagine

(6)

Indice delle figure

Fig. I.1 – Consumi energetici mondiali Fig. 1.1 – Il ciclo del carbonio

Fig. 2.1 – Il cippato

Fig. 2.2 – Tre tipi di organi taglienti montati dalle cippatrici. I tipi a tamburo e a disco sono i più frequenti

Fig. 2.3 – Contenuto energetico

Fig. 3.1 – Processi di conversione e prodotti in funzione delle biomasse

Fig. 3.2 – Processi di conversione in funzione dell’umidità e del carbonio presenti nella biomassa

Fig. 3.3 – Impianto a combustione Fig. 3.4 – Rendimenti di combustione Fig. 3.5 – Combustione su griglia

Fig. 3.6 – Prodotti della pirolisi del legno Fig. 3.7 – Processi ed utilizzi della pirolisi Fig. 3.8 – Produzione di energia da pirolisi Fig. 3.9 – Cono rotante per processi di pirolisi

Fig. 3.10 – Cono rotante per processi di pirolisi, rotori e statori Fig. 3.11 – Prodotti della pirolisi veloce

Fig. 3.12 – Diagramma triangolare di Reed, Milne e Graboski

Fig. 3.13 – Schema semplificato dell’impianto di McNeil con gassificatore a doppio letto fluido

Fig. 3.14 – Schema semplificato di impianto con gassificatore a vapore pressurizzato Fig. 3.15 – Diagramma di flusso per la digestione anaerobica

Fig. 3.16 – Processi legati a combustione e gassificazione Fig. 3.17 – Combustore a letto fluido

Fig. 3.18 – Impianto di combustione alimentato con paglia

Fig. 3.19 – Impianto a combustione a caldaia multipla per diversi tipi di biomassa Fig. 3.20 – Gassificatore a letto fluido circolante

Fig. 3.21 – Gassificatore a doppio letto fluido a sabbia bollente

Fig. 3.22 – Impianto a gassificazione con TG e ciclo combinato con TV Fig. 3.23 – Rendimenti elettrici per gassificazione e combustione Fig. 3.24 – Impianto di co-combustione

Fig. 3.25 – Depolveratore a ciclone Fig. 3.26 – Macchina cippatrice mobile

Fig. 3.27 – Diagrammi di flusso per la movimentazione delle biomasse

(7)

Fig. 3.29 – Sistema automatizzato di movimentazione delle balle di paglia per impianti energetici

Fig. 4.1 – Schema del processo di generazione di elettricità con impianto a vapore Fig. 4.2 – Schema del processo di produzione di energia dell’impianto a gassificazione con turbina a gas e ciclo combinato a vapore

Fig. 4.3 – Bacino di reperimento delle biomasse

Indice dei grafici

Graf. 4.1 – Andamento dei costi per il settore “Generazione di potenza” (comb.) Graf. 4.2 – Andamento del costo delle caldaie

Graf. 4.3 – Andamento del costo delle turbine a vapore

Graf. 4.4 – Andamento dei costi per il settore “Impianti elettrici” (combustione) Graf. 4.5 – Andamento dei costi per il settore “Piping” (combustione)

Graf. 4.6 – Andamento dei costi d’investimento in funzione delle dimensioni d’impianto

Graf. 4.7 – Costi d’investimento per MW installato in funzione delle dimensioni d’impianto (combustione)

Graf. 4.8 – Costo annuo per il personale impiegato in funzione delle dimensioni d’impianto (combustione)

Graf. 4.9 – Andamento della spesa per l’acquisto di biomasse (combustione) Graf. 4.10 – Distanza di minima trasporto per le dimensioni d’impianto analizzate (combustione)

Graf. 4.11 – Costi unitari di trasporto delle biomasse in funzione delle dimensioni d’impianto (combustione)

Graf. 4.12 – Andamento dei costi d’esercizio in funzione delle dimensioni d’impianto (combustione)

Graf. 4.13 – Costi totali annui per MW installato (combustione)

Graf. 4.14 – Andamento dei costi del gassificatore in letto fluido ad alta pressione Graf. 4.15 – Andamento dei costi del gruppo turbogas

Graf. 4.16 – Andamento del costo del generatore di vapore a recupero Graf. 4.17 – Andamento del costo del filtro a caldo ad alta pressione

Graf. 4.18 – Andamento del costo d’investimento in funzione delle dimensioni Graf. 4.19 – Confronto dei costi d’investimento per MW installato in funzione delle dimensioni dei due tipi d’impianto

Graf. 4.20 – Peso economico dei vari settori sul costo d’investimento Graf. 4.21 – Andamento del costo annuo di acquisto del combustibile

(8)

Graf. 4.22 – Confronto tra le minime distanze di trasporto del combustibile per i due impianti

Graf. 4.23 – Confronto tra i costi di trasporto unitari per i due impianti

Graf. 4.24 – Confronto tra i costi d’esercizio annui dei due impianti in funzione delle dimensioni

Graf. 4.25 – Costi totali annui (gassificazione)

Graf. 4.26 – Confronto tra i costi totali annui per MW installato

Graf. 4.27 – Confronto dei costi totali annui in funzione delle dimensioni Graf. 4.28 – Peso economico dei vari settori sul costo d’esercizio

Graf. 4.29 – NPV per l’impianto a combustione da 20 MW nel caso di 0% f. agevolato e 0% f. a fondo perduto

Graf. 4.30 – NPV per l’impianto a combustione da 20 MW nel caso di 25% f. agevolato e 0% f. a fondo perduto

Graf. 4.31 – NPV per l’impianto a combustione da 20 MW nel caso di 50% f. agevolato e 0% f. a fondo perduto

Graf. 4.32 – NPV per l’impianto a combustione da 20 MW nel caso di 0% f. agevolato e 50% f. a fondo perduto

Graf. 4.33 – NPV per l’impianto a combustione da 20 MW nel caso di 25% f. agevolato e 50% f. a fondo perduto

Graf. 4.34 – NPV per l’impianto a combustione da 20 MW nel caso di 50% f. agevolato e 50% f. a fondo perduto

Graf. 4.35 – Curve degli NPV in funzione delle dimensioni d’impianto 0% f. a., 0% f.f.p.

Graf. 4.36 – Curve degli NPV in funzione delle dimensioni d’impianto 25% f. a., 0% f.f.p.

Graf. 4.37 – Curve degli NPV in funzione delle dimensioni d’impianto 50% f. a., 0% f.f.p.

Graf. 4.38 – Curve degli NPV in funzione delle dimensioni d’impianto 0% f. a., 50% f.f.p.

Graf. 4.39 – Curve degli NPV in funzione delle dimensioni d’impianto 25% f. a., 50% f.f.p.

Graf. 4.40 – Curve degli NPV in funzione delle dimensioni d’impianto 50% f. a., 50% f.f.p.

Graf. 4.41 – Confronto della sensibilità dell’NPV alle variazioni del tasso di attualizzazione( I )

Graf. 4.42 – Confronto della sensibilità dell’NPV alle variazioni del tasso di attualizzazione ( II )

(9)

Graf. 4.44 – Confronto della sensibilità dell’NPV alle variazioni del costo della biomassa ( II )

Graf. 4.45 – Confronto della sensibilità dell’NPV alle variazioni del costo di trasporto delle biomasse ( I )

Graf. 4.46 – Confronto della sensibilità dell’NPV alle variazioni del costo di trasporto delle biomasse ( II )

Graf. 4.47 – Confronto della sensibilità dell’NPV alle variazioni del costo del finanziamento ( I )

Graf. 4.48 – Confronto della sensibilità dell’NPV alle variazioni del costo del finanziamento ( II )

Graf. 4.49 – Confronto della sensibilità dell’NPV alle variazioni del costo d’inv. ( I ) Graf. 4.50 – Confronto della sensibilità dell’NPV alle variazioni del costo d’inv. ( II ) Graf. 4.51 – Confronto della sensibilità dell’NPV alle variazioni del costo

d’esercizio ( I )

Graf. 4.52 – Confronto della sensibilità dell’NPV alle variazioni del costo d’esercizio ( II )

Graf. 4.53 – Confronto della sensibilità dell’NPV alle variazioni del prezzo di cessione dell’energia elettrica alla rete ( I )

Graf. 4.54 – Confronto della sensibilità dell’NPV alle variazioni del prezzo di cessione dell’energia elettrica alla rete ( II )

Graf. 4.55 – Analisi di sensibilità nel caso di finanziamento agevolato sul 25%, 0% f. f. p. (combustione 20 MW)

Graf. 4.56 – Analisi di sensibilità nel caso di finanziamento agevolato sul 25%, 50% f. f. p. (combustione 20 MW)

Graf. 4.57.1 – Analisi di sensibilità nel caso di finanziamento agevolato sul 25%, 0% f. f. p. (gassificazione 20 MW)

Graf. 4.57.2 – Analisi di sensibilità nel caso di finanziamento agevolato sul 25%, 50% f. f. p. (gassificazione 20 MW)

Graf. 4.58 – Costi e ricavi annui (combustione) Graf. 4.59 – Costi e ricavi annui (gassificazione)

Graf. 4.60 – NPV in funzione del costo della biomassa (80000£/kg) Graf. 4.61 – NPV in funzione del costo della biomassa (20000£/kg) Graf. 4.62 – NPV in funzione della disponibilità annua (1 t/km2) Graf. 4.63 – NPV in funzione della disponibilità annua (20 t/km2)

Graf. 4.64 – Viaggi annui degli automezzi per il trasporto di biomasse (combustione) Graf. 4.65 – Area del bacino di utenza per le tre disponibilità analizzate (comb.) Graf. 4.66 – Distanza di trasporto per le tre disponibilità considerate (comb.) Graf. 4.67 – Costo di trasporto unitario per le tre disponibilità considerate

(10)

Graf. 4.68 – Costo totale annuo di trasporto (comb.)

Graf. 4.69 – Viaggi annui degli automezzi per il trasporto di biomasse (gass.) Graf. 4.70 – Area del bacino d’utenza per le tre disponibilità considerate (gass.) Graf. 4.71 – Distanza di trasporto per le tre disponibilità considerate (gass.) Graf. 4.72 – Costo di trasporto unitario per le tre disponibilità considerate(gass.) Graf. 4.73 – Costo totale annuo di trasporto (gassificazione)

Graf. 4.74.1 – Disponibilità annua limite, NPV=0 (combustione)

Graf. 4.74.2 – Costi annui di trasporto consentiti, NPV=0 (combustione) Graf. 4.75 – Costi di trasporto unitari consentiti, NPV=0 (combustione) Graf. 4.76 – Disponibilità annua limite, NPV=0 (gassificazione)

Graf. 4.77 – Costi annui di trasporto consentiti, NPV=0 (gassificazione) Graf. 4.78 – Costi di trasporto unitari consentiti, NPV=0 (gassificazione) Graf. 4.79 – Confronto tra le disponibilità limite dei due impianti

Indice delle tabelle

Tab. I.1 - Riduzione prevista delle emissioni di gas serra per il 2012

Tab. 1.1 - Produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili: emissioni evitate di CO2 Tab. 1.2 - Produzione di energia termica da fonti rinnovabili: emissioni evitate di CO2 Tab. 1.3 - Percentuali delle fonti di energia rinnovabili sul consumo totale di energia Tab. 1.4 - Contributo delle rinnovabili

Tab. 1.5 - Bilancio di sintesi dell’energia in Italia nel 1997 Tab. 2.1 – Biomasse e poteri calorifici

Tab. 2.2 – Caratteristiche delle colture da biomassa Tab. 2.3 – Caratteristiche chimiche delle biomasse

Tab. 2.4 – Valori del coefficiente correttivo del PCI in funzione dell’umidità del legno Tab. 2.5 – Periodicità e modalità di reperimento delle biomasse

Tab. 2.6 – Coltivazione del pioppo in vivaio

Tab. 2.7 – Coltivazione del pioppo in pieno campo

Tab. 2.8 – Procedura per la produzione di colture energetiche

Tab. 3.1 – Fattori e pesi della metodologia matriciale per la scelta del sito idoneo Tab. 3.2 – Pesi specifici dei due studi della metodologia matriciale per la scelta del sito idoneo

Tab. 3.3 – Produzione di energia da pirolisi Tab. 3.4 – Caratteristiche del bio-olio da pirolisi

Tab. 3.5 – Caratteristiche della biomassa per la gassificazione nell’impianto dimostrativo

(11)

Tab. 3.7 - Composizioni del biogas prodotto nell’impianto dimostrativo di Cascina Tab. 3.8 - Consumi di aria ed ossigeno per la gassificazione nell’impianto dimostrativo di Cascina

Tab. 3.9 - Aspetti generali dell’impianto di trattamento del caffè di San Juanillo Tab. 3.10 - Aspetti Tecnici dell’impianto di trattamento del caffè di San Juanillo Tab. 3.11 - Aspetti economici dell’impianto di trattamento di San Juanillo Tab. 3.12 – Velocità superficiali tipiche per combustori a letto fluido Tab. 3.13 – Principali impianti a co-combustione funzionanti attualmente Tab. 3.14 – Valori limiti alle emissioni

Tab. 3.15 – Rapporti di forma del depolveratore a ciclone Tab. 3.16 – Limiti di emissioni sonore

Tab. 4.1 – Requisiti limite del biogas

Tab. 4.2 – Voci di costo del settore “Generazione di potenza” (combustione) Tab. 4.3 – Costi del settore “Generazione di potenza” per le dimensioni analizzate Tab. 4.4 – Voci di costo del settore “Impianti elettrici” (combustione)

Tab. 4.5 – Costi del settore “Impianti elettrici” per le dimensioni analizzate Tab. 4.6 – Voci di costo del settore “Piping” (combustione)

Tab. 4.7 – Costi del settore “Piping” per le dimensioni analizzate Tab. 4.8 – Voci di costo del settore “Opere civili” (combustione) Tab. 4.9 – Costi del settore “Opere civili” per le dimensioni analizzate Tab. 4.10 – Voci di costo del settore “Linea dei fumi” (combustione) Tab. 4.11 – Costi del settore “Linea dei fumi” per le dimensioni analizzate Tab. 4.12 – Voci di costo del “settore combustibile” (combustione)

Tab. 4.13 – Costi del “Settore combustibile” per le dimensioni analizzate

Tab. 4.14 – Costi totali d’investimento per un impianto da 20 MWe (combustione) Tab. 4.15 – Costi d’investimento per le dimensioni analizzate

Tab. 4.16 – Voci di costo per lo smaltimento delle ceneri Tab. 4.17 – Costi legati al combustibile

Tab. 4.18 – Costi totali annui d’esercizio per un impianto da 20 MWe (combustione) Tab. 4.19 – Potenze totali e parziali generate dagli impianti a gassificazione con TG e ciclo combinato con TV

Tab. 4.20 – Voci di costo del settore “Generazione di potenza” per il reparto vapore (gassificazione)

Tab. 4.21 – Voci di costo del settore “Generazione di potenza” per il reparto gas (gassificazione)

Tab. 4.22 – Costo totale di investimento per un impianto da 20 MWe (gassificazione) Tab. 4.23 – Costi d’investimento per le dimensioni d’impianto analizzate

Tab. 4.24 – Costi annui d’esercizio per un impianto da 20 MWe (gassificazione) Tab. 4.25 – Relazioni per il calcolo dei costi delle apparecchiature

(12)

Tab. 4.26 – I sei casi di finanziamento considerati

Tab. 4.27 – Parametri assunti per l’analisi economica comparativa degli impianti Tab. 4.28 – Calcolo dell’NPV per l’impianto a combustione da 20 MW nel caso di 0% f. agevolato e 0% f. a fondo perduto

Tab. 4.29 – Calcolo dell’NPV per l’impianto a combustione da 20 MW nel caso di 25% f. agevolato e 0% f. a fondo perduto

Tab. 4.30 – Calcolo dell’NPV per l’impianto a combustione da 20 MW nel caso di 50% f. agevolato e 0% f. a fondo perduto

Tab. 4.31 – Calcolo dell’NPV per l’impianto a combustione da 20 MW nel caso di 0% f. agevolato e 50% f. a fondo perduto

Tab. 4.32 – Calcolo dell’NPV per l’impianto a combustione da 20 MW nel caso di 25% f. agevolato e 50% f. a fondo perduto

Tab. 4.33 – Calcolo dell’NPV per l’impianto a combustione da 20 MW nel caso di 50% f. agevolato e 50% f. a fondo perduto

Tab. 4.34 – Valori degli NPV, relativi alle potenze studiate, nelle sei diverse condizioni di finanziamento (combustione)

Tab. 4.35 – Valori degli NPV, relativi alle potenze studiate, nelle sei diverse condizioni di finanziamento (gassificazione)

Tab. 4.36 – Variazione delle grandezze d’influenza

Tab. 4.37 – Variazione degli NPV al variare del tasso di attual. (comb. 20MW) Tab. 4.38 – Variazione degli NPV al variare del costo della biomassa (comb. 20MW) Tab. 4.39 – Variazione degli NPV al variare del costo di trasporto della

biomassa (comb. 20MW)

Tab. 4.40 – Variazione degli NPV al variare del costo del finanz. (comb. 20MW) Tab. 4.41 – Variazione degli NPV al variare del costo d’investimento (comb. 20MW) Tab. 4.42 – Variazione degli NPV al variare del costo d’esercizio (comb. 20MW) Tab. 4.43 – Variazione degli NPV al variare del prezzo di cessione dell’energia elettrica alla rete (comb. 20MW)

Tab. 4.44 – Variazione degli NPV al variare del tasso di attual. (gass. 20MW) Tab. 4.45 – Variazione degli NPV al variare del costo della biomassa (gass. 20MW) Tab. 4.46 – Variazione degli NPV al variare del costo di trasporto della

biomassa (gass. 20MW)

Tab. 4.47 – Variazione degli NPV al variare del costo del finanz. (gass. 20MW) Tab. 4.48 – Variazione degli NPV al variare del costo d’investimento (gass. 20MW) Tab. 4.49 – Variazione degli NPV al variare del costo d’esercizio (gass. 20MW)

Tab. 4.50 – Variazione degli NPV al variare del prezzo di cessione dell’energia elettrica alla rete (comb. 20MW)

(13)

Tab. 4.53 – NPV in funzione della disponibilità annua (gassificazione) Tab. 4.54 – NPV in funzione della disponibilità annua (combustione) Tab. 4.55 – Consumi di biomasse per le due tipologie di impianti Tab. 4.56 – Distanze e costi di trasporto per ∆ = 1 t/km2 (comb.) Tab. 4.57 – Distanze e costi di trasporto per ∆ = 5 t/km2 (comb.) Tab. 4.58 – Distanze e costi di trasporto per ∆ = 20 t/km2 (comb.) Tab. 4.59 – Distanze e costi di trasporto per ∆ = 1 t/km2 (gass.) Tab. 4.60 – Distanze e costi di trasporto per ∆ = 5 t/km2 (gass.) Tab. 4.61 – Distanze e costi di trasporto per ∆ = 20 t/km2 (gass.) Tab. 4.62 – Costi e disponibilità consentite (combustione) Tab. 4.63 – Costi e disponibilità consentite (gassificazione)

Tab. 4.64 – Distanze di trasporto ed aree del bacino di utenza consentite

(14)

INTRODUZIONE

Il graduale sviluppo che ha caratterizzato i primi millenni della storia dell’uomo ha conosciuto negli ultimi 250 anni un’impennata vertiginosa, dovuta alla possibilità di attingere alle fonti energetiche abbondanti e a basso costo, rappresentate dai combustibili fossili. Questo modello di sviluppo non ha tenuto conto però di tre fatti fondamentali:

1) i combustibili fossili rappresentano, almeno nella scala umana del tempo, una risorsa finita, che ha impiegato milioni di anni per costituirsi e che l’uomo sta dilapidando a ritmi rapidissimi;

2) la Terra è un sistema chiuso, limitato e l’uomo è destinato a convivere con i propri rifiuti, che rappresentano il destino ultimo di tutto ciò che viene prodotto;

3) l’Uomo è diventato l’unica specie animale che da sola è in grado di alterare gli equilibri millenari del pianeta, potendo accelerare i meccanismi di selezione delle specie e provocare (basti l’esempio dei CFC e della CO2) variazioni nell’atmosfera e nel clima.

La responsabilità che noi tutti abbiamo nei confronti delle generazioni future impone di attuare fin d’ora una serie di provvedimenti che pongano un freno a queste trasformazioni, non tanto in ragione di un nostalgico sentimentalismo nei confronti del passato, ma perché il ripristino delle condizioni ambientali a cui per secoli siamo stati - come specie - abituati e che ci hanno visto crescere e svilupparci, rappresenta una certezza, mentre la prosecuzione verso un modello di sviluppo, che sappiamo non essere sostenibile nel tempo, rappresenta al contrario un’incertezza dalle conseguenze potenzialmente catastrofiche.

Fra gli interventi da effettuare, oltre al miglioramento nell’efficienza dell’utilizzo dell’energia e a pratiche "virtuose" mirate al risparmio energetico, un passo fondamentale è rappresentato dallo sfruttamento delle fonti rinnovabili, di quelle cioè che traggono energia direttamente dal Sole. Una di queste fonti è rappresentata dalle biomasse di origine vegetale che, in virtù della loro distribuzione pressoché uniforme su tutta la superficie del pianeta e della capacità tipica delle piante di assorbire l’anidride carbonica atmosferica per costruire la propria struttura molecolare, presentano ottime caratteristiche per uno sfruttamento a scopo energetico ecologicamente compatibile.

Lo sfruttamento esteso di questa risorsa porterebbe al risultato sicuro del risparmio di combustibile fossile e, nel caso dell’impiego di "energy crops", alla riduzione delle emissioni di CO2 nell’atmosfera, essendo le biomasse caratterizzate da un bilancio quasi pari fra anidride carbonica assorbita durante la crescita e quella rilasciata durante la combustione.

Il punto di partenza, peraltro ovvio, per una politica di più intenso sfruttamento della risorsa è rappresentato dall’utilizzo con sistemi convenzionali di quanto è già presente

(15)

adottando le soluzioni tecnologiche più efficienti compatibilmente con la capacità dell’impianto, con il livello di complessità tollerato dal tipo di utenza e con l’uso finale dell’energia.

Il passo successivo consiste nello sperimentare soluzioni tecnologiche e impiantistiche avanzate volte ad un miglioramento dei rendimenti e dell’impatto ambientale delle strutture, e nell’incoraggiare le esperienze di coltivazione di specie energetiche al fine di individuare le migliori soluzioni possibili in campo sia agronomico (produttività) che logistico (raccolta, concentrazione, lavorazione).

Per quanto concerne i processi di conversione, occorre specificare che non esiste un modo univoco per sfruttare l’energia rappresentata dalle biomasse, bensì una serie di vie la cui scelta dipende da molti fattori, fra cui l’uso finale che si intende fare dell’energia stessa, il livello di complessità tecnologica che si è disposti ad accettare, la scala dell’impianto di conversione (con le ripercussioni di carattere economico che ne conseguono), oltre naturalmente ad una serie di motivazioni di carattere ambientale.

In ogni caso però la scelta deve essere basata fondamentalmente sulla conoscenza delle caratteristiche della biomassa, in funzione delle quali alcuni processi risultano decisamente favoriti e altri più difficoltosi.

Il passaggio delle nuove tecnologie energetiche ecocompatibili dalla sperimentazione all’impiego non è sempre automatico. Anche quando la loro competitività economica è accertata può essere necessario vincere difficoltà e ostacoli di natura finanziaria.

La possibilità di impiego delle nuove tecnologie, collaudate e dimostrate, non implica la loro automatica trasmissione al mercato: numerose barriere ne ostacolano normalmente il passaggio alla fase competitiva, la penetrazione nel mercato e, in definitiva, l’adozione da parte degli operatori e l’uso da parte degli utenti finali.

Solo in pochi casi le nuove tecnologie, benché collaudate in laboratorio e dimostrate in campo, vengono adottate dall’utenza senza che sia necessario promuoverle: sovente i prodotti innovativi, oltre a non essere conosciuti per il semplice fatto di essere nuovi, incontrano resistenze aggiuntive in quanto:

1) la loro adozione minaccia di mettere fuori mercato altri prodotti affermati, seppure meno efficienti sotto il profilo energetico;

2) esistono carenze normative che ne ostacolano la diffusione.

La promozione delle tecnologie energetiche alternative persegue tre obiettivi:

- aumentare la sicurezza del sistema energetico;

- ridurre la spesa per l’approvvigionamento di combustibili fossili;

- alleviare la pressione sull’ambiente mediante la riduzione delle emissioni, inclusa la CO2;

ed include tre passaggi fondamentali:

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- lo studio e l’analisi, settoriali e riferiti al territorio di applicazione, degli ostacoli e delle barriere tecniche, normative, socio-economiche e finanziarie che limitano l’adozione delle tecnologie e la realizzazione dei progetti;

- l’informazione all’utenza e la formazione degli operatori;

- l’assistenza tecnica e finanziaria dei promotori di progetti.

Nei moderni sistemi industriali non esiste una carenza finanziaria: ci sono difficoltà a investire in determinati settori. Spesso gli utenti industriali non eseguono una trasformazione energetica, perché, pur avendola presa in considerazione e giudicata vantaggiosa, preferiscono dedicare le risorse economiche e umane disponibili ad altri progetti, in particolare quelli destinati al miglioramento del prodotto.

Talvolta, invece, e più frequentemente nei settori dei servizi e della piccola e media industria (PMI), mancano o non riescono ad esprimersi, una informazione ed una preparazione sufficienti a sfruttare pienamente i vantaggi e le potenzialità delle nuove tecnologie.

Gli sviluppi economici e politici in Europa si sono tradotti in genere in un aumento della prosperità, nell'allungamento della speranza di vita e nel miglioramento delle condizioni di lavoro. A questi benefici si sono tuttavia affiancati il degrado dell'ambiente e le accresciute preoccupazioni etiche.

Il divario tra le risorse naturali, siano esse i prodotti della terra, del mare e del sottosuolo o l'ambiente in generale, e le attività umane si acuisce sempre più. Paradossalmente questa situazione si è venuta a creare in un periodo caratterizzato dalla «esplosione» delle

conoscenze sulla struttura e sui meccanismi fisiologici degli organismi viventi che aprono la strada a nuovi sviluppi nei settori corrispondenti.

L'Europa può vantare una solida tradizione e un'ottima reputazione nel settore della ricerca e nell'applicazione delle scienze e tecnologie della vita. Essa dispone quindi del potenziale per affrontare e risolvere importanti sfide.

Lo sfruttamento delle risorse viventi e delle materie naturali a questi fini si basa su conoscenze scientifiche che stanno subendo un radicale cambiamento, dovuto ad una migliore comprensione dei meccanismi interni ed interattivi degli organismi viventi. Il programma si basa soprattutto su determinati capisaldi scientifici nei campi delle nuove conoscenze e nei settori produttivi con un forte potenziale di crescita, tra cui l'industria delle biotecnologie.

I cardini attorno ai quali ruota il programma, ovvero il miglioramento della qualità della vita, la promozione delle scienze e tecnologie biologiche e l'obiettivo di una crescita economica compatibile con l'ambiente, contribuiranno nel breve e lungo termine a rafforzare la competitività europea e ad aumentare l'occupazione.

La produzione annua di biomassa nel mondo ammonta a 220 miliardi di tonnellate,

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Alla luce dell’immensa potenzialità rappresentata da questa risorsa, e in considerazione del fatto che i giacimenti di combustibili fossili sono destinati prima o poi ad esaurirsi, il presente lavoro si prefigge lo scopo di esaminare le modalità di conversione delle biomasse in energia, con particolare riguardo nei confronti della trasformazione termochimica di biomasse di origine vegetale. Viene offerta un’ampia visione di insieme dell’argomento e qualche approfondimento sulle tecnologie più innovative.

La finalità più diretta è quella di fornire alcune linee guida circa l’utilizzo più razionale della biomassa in funzione delle caratteristiche della stessa, della taglia dell’impianto e dell’uso finale richiesto. Una seconda finalità consiste nel tentativo di presentare le problematiche relative allo sfruttamento delle fonti rinnovabili e alla tutela dell’ambiente in una forma semplice e diretta, che possa essere utilizzata anche a scopi didattici ed educativi.

La biomassa, attraverso il processo della fotosintesi, cattura la radiazione solare e la trasforma in energia chimica; essa costituisce quindi una risorsa per la produzione di altre forme di energia, rinnovabile ed inesauribile se opportunamente utilizzata.

La biomassa include:

- boschi e foreste naturali e loro residui, scarti di legname o altro (residui taglio dell’erba, foglie, ecc..);

- le colture (arboree ed erbacee) destinate specificatamente alla produzione di biocarburanti e biocombustibili;

- residui inutilizzabili di produzioni destinate all’alimentazione umana o animale (pule dei cereali, canna da zucchero, ecc..);

- rifiuti solidi organici urbani ed industriali;

- reflui zootecnici destinati alla produzione di biogas.

- Molto interessante è anche lo sviluppo delle colture destinate alla produzione di biodiesel e bioetanolo, quali le colture oleaginose o zuccherine, che porterà in futuro all’auspicabile creazione di veri e propri “poli” per la produzione, raccolta e trasformazione del prodotto.

Sistemi di conversione dell’energia immagazzinata nelle biomasse:

- gassificazione - processi di fermentazione anaerobica delle biomasse, che danno origine a biogas e ad una miscela combustibile di CH4 e CO2 ;

- conversione biologica ad alcoli – conversione dell’amido in glucosio che viene sottoposto all’azione di fermentazione alcolica attuata da microrganismi: l’alcol

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etilico ottenuto ha vari utilizzi industriali tra cui quello di combustibile (meno inquinante dei derivati del petrolio);

- combustione diretta – combustione diretta della biomassa sotto forma di legno, residui delle operazioni di potatura delle piante, rifiuti, letami, biogas per produzione di calore o vapore; sistemi di combustione a letto fluido che consentono di produrre calore o vapore per generare energia elettrica: si tratta del sistema più semplice e potrebbe essere anche economico se la fonte di reperimento della biomassa è vicina all’impianto;

- pirolisi – processo di degradazione della biomassa fornendo calore in assenza di ossigeno; la biomassa alimentata è riscaldata ad una temperatura tra i 400 ed i 900°C, in assenza di ossigeno: i prodotti della pirolisi sono gas, bio-olio combustibile e carbone;

- digestione anaerobica – conversione della materia organica in una miscela di metano e dei principali composti del gas naturale e di CO2: i liquami ed i rifiuti organici della biomassa sono miscelati con acqua ed alimentati in un digestore anaerobico;

- cogenerazione – produzione simultanea di più di una forma di energia utilizzando un unico combustibile ed un unico impianto: forni, caldaie o motorini alimentati a biogas possono generare energia elettrica e calore, aumentando in questo modo l’efficienza energetica dell’impianto;

- gas da discarica – gas generati a seguito della degradazione (anaerobica) della frazione organica dei rifiuti in discarica, composti principalmente da metano (~

50%) e dalla maggior parte dei composti dei gas naturali.

CAMPI DI APPLICAZIONE

residenziale: la biomassa può essere impiegata per il riscaldamento; il combustibile utilizzato è il legno e la tecnologia in questo campo mira a migliorare l'efficienza dei sistemi di riscaldamento, diminuendo la quantità di combustibile necessario;

commerciale/industriale: la biomassa, oltre all'impiego come combustibile per il riscaldamento dei locali, può generare calore ed elettricità: molti impianti industriali, come ad es. le falegnamerie, producono poi a loro volta rifiuti, scarti organici.

L'UE ha avviato negli ultimi anni un programma per la diffusione delle colture energetiche, per l'utilizzo di residui agroindustriali e zootecnici e di biomasse acquatiche

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ancora in minima parte, considerato che negli USA più del 20% del fabbisogno energetico è ricoperto da energia derivante da biomassa.

Nel nostro Paese, infatti, copre meno dell'1% del fabbisogno energetico. Questo è soddisfatto in larghissima parte da combustibili fossili, che devono essere importati e che contribuiscono alle emissioni di gas serra e di altri inquinanti. Per la rapidità con cui le risorse fossili sono utilizzate, il loro esaurimento è previsto in tempi relativamente brevi, diversi per tipo di risorsa, ma nel loro complesso contenuti in circa 150 anni.

L’Italia importa dall'estero più del 75% delle risorse energetiche di cui ha bisogno e dipende per oltre l'80% dagli idrocarburi.

La domanda italiana di petrolio è ormai da anni attestata fra i 90 e i 95 milioni di tonnellate, mentre la produzione nazionale è di poco superiore ai 5 milioni. Per quanto riguarda le importazioni, che sono superiori al quantitativo consumato dal momento che la nostra industria di raffinazione lavora anche per il mercato internazionale, per circa il 35%

esse provengono dal Medio Oriente, per quasi il 50% dall’Africa (dove con il 33%

dell’importo totale la Libia fa la parte del leone), per poco più del 10% dai paesi che facevano parte dell’URSS, il restante dal Mare del Nord e dall’America Latina. Rispetto al 1979 (seconda crisi petrolifera) quando i due terzi delle importazioni provenivano dal Medio Oriente, la diversificazione c’è stata, anche se sostanzialmente limitata a due aree (Libia ed ex URSS): la prima cresciuta in valore assoluto del 62%, la seconda di quasi due volte e mezzo. Nello stesso periodo fra i paesi medio orientali l’Arabia Saudita ha perso il proprio ruolo dominante, cosicché oggi le forniture iraniane pareggiano o superano quelle saudite.

Le biomasse, coltivate in maniera ciclica, costituiscono invece una risorsa rinnovabile.

Esse sono inoltre rispettose dell'ambiente perchè non contribuiscono ad accrescere l'effetto serra e l'acidificazione delle piogge.

Il Governo italiano attribuisce alle fonti rinnovabili una rilevanza strategica. Pertanto, nell’ambito di una coerente e incisiva politica di supporto dell’Unione Europea, intende sostenere la progressiva integrazione di tali fonti nel mercato energetico e sviluppare la collaborazione con i paesi dell’area mediterranea.

L'obiettivo perseguito al 2008-2012 è di incrementare l’impiego di energia da fonti rinnovabili fino a circa 20,3 Mtep, rispetto ai 11,7 Mtep registrati nel 1997.

Verrà favorito un ampio e crescente coinvolgimento delle Regioni e degli Enti Locali nell’amministrazione dei programmi di diffusione, garantendo, in una prima fase, la disponibilità di sufficienti risorse finanziarie necessarie per l'incentivazione diretta della produzione di energia rinnovabile; infatti nulla può essere più pericoloso per una tecnologia, che muove i primi passi e tenta di affermarsi, di una serie di realizzazioni sbagliate, che inevitabilmente influenzeranno gli operatori ed i decisori, rispetto ai risultati positivi ottenuti da altre iniziative simili.

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Le biomasse sono state vittime di questa situazione in Piemonte circa una decina di anni fa quando una serie di iniziative, mal realizzate o neppure messe in atto, hanno interrotto la diffusione di questa tecnologia.

Innanzi tutto risulta necessario garantire la divulgazione dell’informazione su questa tecnologia coinvolgendo tutti gli operatori ed esperti del settore per fare in modo che l’informazione stessa risulti corretta ed esaustiva.

Inoltre, essendo la localizzazione e la taglia di questi impianti strettamente dipendente dalla possibilità di reperimento del combustibile, diveniva prioritario disporre per il territorio regionale dei dati relativi alla diffusione e alla tipizzazione di tutte quelle biomasse che potevano essere disponibili a costi compatibili senza interferire con il rifornimento d’altri settori (ad esempio i produttori di pannelli truciolari).

Un maggiore uso energetico delle biomasse potrebbe produrre consistenti benefici ambientali, occupazionali e di politica energetica.

- Benefici ambientali

Le biomasse sono neutre per quanto attiene l'effetto serra poichè il biossido di carbonio (CO2) rilasciato durante la combustione viene riassorbito dalle piante stesse mediante il processo di fotosintesi; il basso contenuto di zolfo, gli ossidi di azoto, le ceneri e gli altri inquinanti fanno sì che, quando utilizzate in sostituzione di carbone e di olio combustibile, le biomasse contribuiscano ad alleviare il fenomeno delle piogge acide.

- Benefici occupazionali

Derivano dal fatto che le diverse fasi del ciclo produttivo del combustibile da biomassa, sia esso di origine agricola o forestale, creano posti di lavoro e favoriscono la rivitalizzazione di questo settore. Anche l'industria collegata alle tecnologie di conversione energetica potrebbe trarre un considerevole beneficio occupazionale.

- Benefici per la politica energetica

L'energia delle biomasse vegetali contribuisce a ridurre la dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili e a diversificare le fonti di approvvigionamento energetico. Aderendo alla convenzione internazionale sul clima, l’Italia si è impegnata a stabilizzare le emissioni in atmosfera di gas serra. La sostituzione di combustibili fossili con biomasse vegetali può fornire un con- tributo al conseguimento di questo obiettivo.

Esistono settori di mercato nei quali la biomassa, quale fonte di energia rinnovabile e pulita, è già fortemente competitiva rispetto ai combustibili fossili:

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• Il riscaldamento degli edifici pubblici e privati, dove metano e gasolio costano 2-4 volte di più delle biomasse ligneo-cellulosiche;

• Ia produzione di energia elettrica, grazie agli incentivi previsti dalla delibera CIP 6/92.

Tra i fattori che limitano l'affermazione delle biomasse per l'uso energetico ve ne sono tuttora diversi di natura tecnica, collegati sia alle fasi di approvvigionamento sia di conversione.

Per rimuovere questi ostacoli occorre agire attraverso:

• l’ottimizzazione delle fasi di produzione, raccolta, condizionamento, stoccaggio e trasporto della biomassa, al fine di ottenere un prodotto della migliore qualità al minor costo possibile;

• la sperimentazione, la messa a punto e la dimostrazione delle tecnologie di conversione.

Dai primi anni ottanta fino ai giorni nostri abbiamo assistito ad un susseguirsi di incontri internazionali della comunità scientifica per tentare di dar voce e soluzione ai numerosi disastri ambientali di origine antropica degli ultimi cento anni. Ultimo in ordine di tempo è il summit di Kyoto durante il quale seguendo lo slogan “pensare globalmente agire localmente” si è raggiunto l’accordo di una riduzione globale, da parte delle nazioni industrializzate, delle emissioni dei gas serra del 5.2 % rispetto al livello del 1990 nell’arco di 4 anni, dal 2008 al 2012.

Le percentuali di riduzione individuali variano secondo quanto riportato nella seguente tabella:

Riduzione percentuale su base 100 (1990 o 1995) delle emissioni di gas serra di alcune nazioni entro il 2012.

Australia 108

Belgio 92

Canada 94

Italia 92

USA 93

Federazione Russa 100

UE 92

Tabella I.1 – Riduzione prevista delle emissioni di gas serra per il 2012(Fonte: Enea)

L’effetto serra, amplificato dall’aumento di concentrazione in atmosfera dei gas-serra antropogenici, provoca un aumento anomalo della temperatura media mondiale. Il colpevole primario è l’emissione di CO2 (se ne stima una quantità pari a 22,8 Gt annue), proveniente in massima parte dal settore della produzione di energia.

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Per raggiungere gli obiettivi prefissati a Kyoto sarà necessario rivedere le politiche energetiche fino ad ora adottate dai vari Paesi a partire dagli anni settanta.

Come riorientare i sistemi energetici senza rischiare un potenziale nuovo collasso economico rimane ancora oggi la più grande sfida.

A livello europeo importanti passi avanti sono stati fatti per garantire un mercato interno dell’energia stabile ed eco-compatibile. Numerosi accordi di programma varati dalla Comunità Europea negli ultimi anni hanno come obiettivi chiave il miglioramento della competitività, la sicurezza delle scorte e la protezione dell’ambiente.

La promozione delle fonti di energia rinnovabili è identificata come un elemento importante per il raggiungimento di tali obiettivi.

La finalità di tali politiche energetiche è far passare entro il 2010 dal 6% al 12% il contributo delle fonti rinnovabili al mix energetico europeo. I possibili scenari economici individuati dalla Comunità Europea per garantire la penetrazione nel mercato delle fonti rinnovabili prevedono incentivi specifici, disponibilità di terreno per colture energetiche al 12% con il set-aside, internalizzazione dei costi ambientali dei combustibili tradizionali.

In Italia lo sfruttamento di questa risorsa è ancora in fase embrionale, con applicazioni per circa 100 MWe da rifiuti solidi urbani e per 1240 MWt da residui della lavorazione del legno. Una spinta al settore è venuta dal provvedimento CIP 6/92, sospeso nel 1995, che prevedeva incentivazioni tariffarie per gli autoproduttori che intendevano cedere all’Enel l’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili.

Con la sospensione del provvedimento si è venuta a determinare una grave carenza legislativa, tenuto conto del fatto che le Regioni non hanno redatto i loro piani energetici che dovrebbero definire le aree di sviluppo ed i possibili incentivi previsti a livello locale.

Le interazioni tra la biomassa e l’ambiente sono numerose e non tutte producono effetti positivi. Tuttavia questi sono molteplici, ad esempio nel processo di conversione della biomassa l’ossigeno si combina con il carbonio delle piante e produce, tra l’altro, anidride carbonica, ma la stessa quantità di CO2 viene assorbita dalle piante nella fase di crescita.

Nel caso, quindi, di un processo ciclico (SRF), qual è il nostro, in cui le piante raccolte sono rimpiazzate con nuove, l’immissione netta di anidride carbonica in atmosfera è nulla.

A ciò si aggiunge il basso tenore di zolfo rispetto ai combustibili fossili che riduce quindi l’emissione di SOx. Indubbi vantaggi si riscontrano inoltre, secondo dati riportati in letteratura, nell’utilizzo di terreni a riposo su biodiversità, nell’aumento del carbonio nel terreno, nella riduzione del run-off e dell’erosione del suolo. Gli effetti ambientali negativi sono strettamente dipendenti dalle pratiche agricole messe in atto, cioè dall’utilizzo di fertilizzanti naturali o di sintesi e di pesticidi chimici o biologici.

In quest’ottica è stata condotta l’analisi dei due sistemi, con particolare riguardo al sistema a biomassa, studiandone i flussi di materiali ed energia dei processi coinvolti, partendo

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Per ognuno di questi processi sono stati individuati i sottoprocessi principali collegati e le relative emissioni e consumi di risorse.

La protezione del clima rappresenta, senza dubbio, uno degli aspetti più importanti della tutela globale dell’ambiente: di questo si è parlato a New York in vista del vertice svoltosi a Kyoto, in Giappone, nel dicembre 1997.

Al Summit erano presenti i rappresentanti di 168 paesi. La conferenza si è aperta all’insegna dello scontro tra i grandi blocchi industriali che si contendono il mercato dell’industria a basso impatto ambientale e tra gli USA e l’UE soprattutto, sulla percentuale di riduzione dei cosiddetti gas serra (vedi tab.1) entro il 2012.

Fin dalla rivoluzione industriale la concentrazione in atmosfera di biossido di carbonio (CO2) e degli altri gas serra (metano CH4, perossido di azoto N2O, idrofluorocarburi HFC, perfluorocarburi PFC, clorofluorocarburi CFC, esafluoro di zolfo SF6) è aumentata costantemente.

Tale incremento è dovuto, senza dubbio, alle attività umane, specialmente alla deforestazione selvaggia del territorio ed al consumo indiscriminato di combustibili fossili.

La respirazione delle piante e la decomposizione di materia organica rilasciano CO2 in atmosfera in misura 10 volte maggiore rispetto alle attività umane, ma questi rilasci sono bilanciati dalla CO2 assorbita dalle piante durante la fase di fotosintesi. Quello che è cambiato negli ultimi cento anni è l’aumento delle emissioni antropogeniche di CO2. Al momento i maggiori esperti mondiali stimano l’emissione annuale di CO2

nell’atmosfera pari a 22,8 Gt (equivalenti a 6 Gt di C) (US EPA www-site, 1998;

Turkenburg, 1997). Per studiare l’evolversi della situazione climatica fu istituito nel 1988 dall’ONU e dall’Organizzazione Mondiale di Meteorologia nell’ambito del Programma Ambiente l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC).

Gli obiettivi dell’IPCC sono valutare le informazioni, nella letteratura scientifica e tecnica, riguardante il problema del cambiamento globale del clima. Lo scenario fornito dall’IPCC sulle emissioni di CO2 arriva a prospettare un aumento fino a 15-20 Gt di C nel 2050 e 20- 35 Gt di C nel 2100. Tale scenario implica che nel prossimo secolo l’umanità incrementerà la CO2 presente nell’atmosfera da 2 a 7 volte in più di quanto non sia stato fatto nell’ultimo secolo.

Sul piano scientifico la conferenza di Kyoto ha offerto solo le conferme che c’è un’evidente influenza umana sul clima e che l’effetto serra provocherà un inevitabile riscaldamento globale del pianeta.

Il fenomeno dell’effetto serra è facilmente spiegabile se consideriamo che l’energia del sole che colpisce la terra regola il tempo (atmosferico), il clima, e riscalda la superficie della terra; una parte di questa energia viene successivamente irradiata dalla terra verso lo spazio.

I gas serra atmosferici (vapore acqueo, CO2, e altri gas) trattengono una parte di questa energia, proprio come i pannelli di vetro di una serra. Senza questo effetto serra naturale, la

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temperatura del nostro pianeta sarebbe molto più bassa di quanto non lo sia ora, e la vita così come la conosciamo non sarebbe possibile. Invece, grazie ai gas serra, la temperatura media è intorno ai 60°F. Comunque, possono sorgere dei problemi quando la concentrazione atmosferica dei gas serra aumenta, perché una maggiore quantità di energia solare viene intrappolata nell’atmosfera, causando un aumento anomalo della temperatura.

La temperatura media del pianeta negli ultimi cento anni è cresciuta di 0,6– 1,2°F (equivalente a circa 0,34-0,67°C). I 9 anni più caldi in assoluto si sono verificati tra il 1982 ed il 1996. Tra questi l’anno più caldo è stato il 1995. La neve che copriva l’emisfero nord e gli iceberg in movimento nell’Oceano Artico sono diminuiti, comportando perciò un aumento globale del livello del mare pari a 10-25 cm, rispetto al secolo scorso. Le precipitazioni sono cresciute di circa l’1%. La frequenza di eventi meteorologici eccezionali è aumentata.

Gli esperti mondiali prevedono (in base agli scenari proposti dall’IPCC sull’emissione di gas serra) che la temperatura media globale della superficie della terra potrebbe aumentare di 1,6-6,3°F (0,89-3,5°C) entro il 2100, con ovvie differenze di zona. Il cambiamento climatico avrebbe conseguenze disastrose sui sistemi ecologici, la salute umana, i settori socio-economici (agricoltura in primis).

Il Summit di Kyoto ha riacceso le speranze che qualcosa possa ancora cambiare, che ci possa essere un’inversione di tendenza e che ci sia spazio e possibilità per le generazioni future.

Per una corretta localizzazione degli impianti è inoltre importante la messa a punto di una metodologia per la valutazione dell’impatto di questi impianti sul territorio interessato.

IL "SEGRETO" PER PROGETTI DI BIOMASSA DI SUCCESSO Per portare a termine progetti di biomassa di successo è necessario:

• studiare la disponibilità di biomassa del paese o dell'area;

• analizzare le opzioni tecnologiche possibili; effettuare uno studio preliminare di impatto ambientale;

• eseguire uno studio di fattibilità. Valutare gli investimenti;

• studiare come affrontare le barriere esistenti (istituzionali o altre);

• scegliere il sito "migliore" per l’impianto considerando le varie possibilità sia tecnologiche che ambientali;

• definire gli obiettivi del progetto e nel contempo addurre buone motivazioni;

• credere nel progetto;

• essere realistici, essere innovativi;

• cercare di avere dalla vostra parte sia coloro che prendono le decisioni che l'opinione pubblica.

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L’uso delle biomasse, con particolare riferimento alle coltivazioni agricole e forestali, oltre che ai rifiuti e residui organici, per la produzione di energia può rivestire un ruolo rilevante nel prossimo futuro, più ancora di altre fonti rinnovabili, soprattutto a causa di un ampio spettro di interrelazioni con differenti settori: l’energia, la chimica, l’uso del territorio, la protezione dei suoli, la politica agricola e forestale, la gestione dei rifiuti, il commercio internazionale, l’inquinamento atmosferico, la qualità della vita nei centri urbani, ecc.

Di conseguenza, lo sviluppo di più efficienti ed avanzati sistemi per la produzione, il recupero e l’utilizzazione della biomassa può far conseguire una gran quantità di effetti positivi dovendosi però scontrare con ostacoli provenienti da comparti molto diversi.

In sintesi: grandi prospettive ed ancora maggiori difficoltà.

Le biomasse, così come tutte le altre fonti rinnovabili, non sono in grado di rimpiazzare le fonti fossili né a breve, né a lungo termine. Tuttavia, focalizzando l’attenzione sugli usi più promettenti, il loro ruolo può diventare strategico, sia nei Paesi industrializzati che in quelli in via di sviluppo, soprattutto in funzione dei benefici indiretti sull’ambiente, sul territorio, sulla salute dell’uomo.

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Figura I.1- Consumi energetici mondiali

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CAPITOLO 1

LE BIOMASSE COME RISORSE RINNOVABILI

1.1 Scenari energetici e tecnologie pulite

L’evoluzione storica della tecnologia evidenzia chiaramente come i grandi cambiamenti tecnologici abbiano avuto l’effetto sia di migliorare le condizioni di vita nei paesi più sviluppati, sia di provocare grandi catastrofi ecologiche, oppure forme d’inquinamento graduale a causa dell’introduzione di prodotti o processi non eco-compatibili.

Dall’analisi del ruolo della tecnologia e dell’innovazione come fattori della produzione nel sistema economico, emerge chiaramente il modo in cui esse siano la fonte principale del progresso della civiltà e al contempo, riguardo alla risorsa naturale, siano la causa diretta o indiretta del degrado ambientale.

Sembra, dunque, esistere uno scambio di concessioni tra incremento della qualità della vita e rispetto dell’ambiente naturale: ad esempio, nel settore energetico si evidenzia il trade-off tra miglioramento della vita rappresentato dalla comodità che il consumo di energia consente e il forte impatto ambientale provocato dalla produzione e dal consumo della stessa. D’altra parte non è proponibile ritornare al basso utilizzo di energia del passato, né ignorare la gravità della situazione attuale.

L’emergere della questione ambientale, insieme ad altri fattori, ha provocato evidentemente un cambiamento socio-economico ed ha fatto nascere una maggiore considerazione del bene-ambiente che si riflette di conseguenza anche sul paradigma tecnologico.

Si può affermare di essere in presenza di un cambiamento tecnologico in cui gli effetti di nuove tecnologie si riversano in più settori dell’economia e/o stimolano la creazione di settori nuovi, o di essere alle porte di una rivoluzione tecnologica in cui è l’intera economia ad essere influenzata dall’invenzione e dall’innovazione.

Come alcuni autori sostengono, la tecnologia e l’innovazione hanno contribuito al degrado ambientale, ma possono rappresentare il sentiero principale per la soluzione del problema ecologico stesso.

Ciò è possibile solo se, nell’ambito del cambiamento tecnologico e a differenza del passato, la traiettoria dello sviluppo e del progresso della tecnologia sia indirizzata anche dal rispetto della risorsa ambientale e sia protesa verso un modello di produzione a maggiore compatibilità ecologica.

È di facile intuizione che nel mutamento tecnologico lo sviluppo di tecnologie pulite, più di altre innovazioni, risulta complesso ed è determinato da molti fattori non legati all’ambiente, in particolare dalle politiche istituzionali che, attraverso diversi strumenti

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possono sollecitare le imprese a perseguire miglioramenti in termini ambientali come la sostituzione di quelle tecniche di produzione altamente inquinanti.

Gli elementi critici nel processo di miglioramento, in termini di impatto ambientale, delle tecnologie sono costituiti dai tempi di sviluppo e di diffusione che caratterizzano ogni innovazione tecnologica: la ricerca di nuovi prodotti, processi, metodi di produzione, di commercializzazione o di gestione può richiedere ingenti risorse finanziarie e lunghi tempi di ideazione e di realizzazione.

La diffusione di tecnologie sul mercato è influenzata da molteplici variabili, quali la convenienza economica o il vantaggio competitivo o un obbligo normativo, ecc., a prescindere dall’interesse di tutela dell’ambiente, anche se quest’ultimo fattore è ormai in grado di stimolare l’introduzione di prodotti o processi più eco-compatibili.

Si pensi allo sviluppo e alla diffusione di processi e tecnologie di produzione di energia elettrica e termica da biomassa: la spinta proveniente dall’esigenza di limitare il danno ambientale del settore energetico porta alla creazione di diverse soluzioni, ma la velocità di diffusione della nuova tecnologia è frenata da fattori non correlati al problema ambientale.

Il cambiamento tecnologico in senso ambientale si caratterizza rispetto alla tipologia di innovazione: l’innovazione incrementale migliora le prestazioni ambientali di prodotti o processi esistenti e consiste spesso in tecniche di abbattimento incorporabili nella produzione, mentre l’innovazione radicale crea nuovi processi nel rispetto dell’ambiente che comportano una variazione nei modelli di consumo e/o produzione e, quindi, anche un dilatamento dei tempi di diffusione.

La correlazione delle tecnologie con elevato impatto ambientale, al fine di migliorare la performance della produzione e ridurre il rischio tecnologico di catastrofi ecologiche, si scontra con le caratteristiche dell’ambiente e del danno ambientale.

L’ambiente è un bene che non ha un’adeguata considerazione nella formazione dei prezzi di scambio delle risorse produttive e il danno ambientale, laddove sia globale, non è limitato ad una zona definita e non è attribuibile ad un determinato soggetto o ad un solo paese, ma ricade su diversi Stati e coinvolge nelle conseguenze catastrofiche vari soggetti tra i quali anche coloro che non inseriscono l’ambiente entro le priorità nella scala dei bisogni.

Diventa fondamentale il tema del trasferimento della tecnologia e della cooperazione tecnologica tra paesi industrializzati, dove emerge l’esigenza di tutela dell’ambiente, e i paesi in via di sviluppo, dove si privilegia lo sviluppo economico anche a danno dell’ambiente.

Le tecnologie obsolete a basso costo e ad alto impatto ambientale vengono adottate dai paesi meno ricchi per le stesse valide motivazioni di sopravvivenza ed incremento del benessere che in passato erano alla base dell’economia dei paesi oggi più avanzati.

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modelli di produzione sostenibili e non consente l’abbandono definitivo del precedente paradigma economico-tecnologico e delle sue diseconomie.

L’IMPATTO DEL SETTORE ENERGETICO SULL’AMBIENTE

Il settore energetico che rappresenta una serie di attività di produzione e consumo di energia, comporta un determinato impatto ambientale così come si verifica per ciascuno degli altri macrosettori che compongono l’economia: agricoltura, trasporti e industria.

I principali inquinanti prodotti dai processi di combustione delle energetiche sono:

l’anidride carbonica, il monossido di carbonio, l’anidride solforosa, gli ossidi di azoto e i gas serra tra i quali il metano.

In realtà risulta difficile misurare l’impatto ambientale dell’attività di consumo e produzione dell’energia elettrica in quanto determina l’emissione di sostanze disomogenee fra loro ed è causa di effetti diversi sull’ambiente. Di essi, il principale, provocato dal settore energetico, è quello dell’inquinamento atmosferico ed in particolare l’effetto serra.

La stima del cambiamento climatico si può compiere, in termini fisici, comparando le attuali concentrazioni di gas serra in atmosfera, che hanno la funzione di trattenere il calore e causare un aumento della temperatura, con quelle relative al periodo pre-industriale. Ciò si può ottenere attraverso prelievi di ghiaccio, i cosiddetti “carotaggi”, ad elevate profondità da cui si può ricavare la composizione dell’atmosfera nel momento in cui il ghiaccio si è formato.

La concentrazione di anidride carbonica nell’era pre-industriale è stata stimata pari a 280 ppmv (parti per milione di volume), mentre attualmente è pari a 350 ppmv e si prevede che aumenti nei prossimi anni.

Maggiori difficoltà presenta la valutazione economica dei fenomeni di inquinamento globale ed in particolare l’effetto serra. Tuttavia, viene diffusamente riconosciuto l’impatto economico negativo provocato dalle diverse emissioni pur non potendo essere quantificato con la precisione dei prezzi di quei beni che sono scambiati in un mercato: ciò necessita l’intervento dello stato per la tutela del bene ambiente come bene pubblico non adeguatamente considerato nelle transazioni private.

Dai recenti studi dell’Ipcc si può attribuire al settore energetico una notevole implicazione nel problema dell’aumento della temperatura dovuta all’entità delle emissioni: un terzo dell’anidride carbonica prodotta sulla Terra proviene dalla produzione di energia elettrica.

Inoltre, la domanda di energia continuerà ad aumentare sia per la crescita della popolazione sia per il progresso dei Paesi in via di sviluppo: il problema che sorge non è legato tanto alla reperibilità delle fonti energetiche, quanto appunto all’incremento delle emissioni.

Per ridurre l’effetto negativo sull’ambiente correlato alla produzione e al consumo di energia si possono attuare diverse soluzioni tra le quali l’utilizzo di fonti a minor impatto ambientale nell’ambito della produzione.

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Il ricorso alle fonti rinnovabili per soddisfare una parte del fabbisogno di energia elettrica implica la riduzione dell’impatto ambientale ed una serie di altri benefici, ma non potendo ancora competere con le fonti tradizionali non presentano un adeguato livello di penetrazione del mercato.

LE ENERGIE RINNOVABILI

La domanda mondiale di energia è soddisfatta per il 90% da combustibili fossili con due principali conseguenze: una economica, di dipendenza dai Paesi terzi ed una ambientale relativa al forte impatto sull’ambiente.

L’utilizzo delle fonti rinnovabili potrebbe al tempo stesso consentire una riduzione dei rischi associati all’impatto ambientale e il conseguimento dei seguenti vantaggi:

- riduzione della dipendenza dall’estero attraverso la parziale sostituzione dei combustibili fossili importati;

- incremento dell’occupazione interna derivante dalla costruzione e dall’esercizio di impianti per energie rinnovabili oltre che un possibile riequilibrio territoriale dell’attività economica;

- riduzione degli effetti netti del settore energetico sull’ecosistema;

- aumento della sostenibilità delle attività umane sull’ambiente nel lungo periodo.

Il petrolio e i suoi derivati rappresentano quasi il 40% del mercato dell’energia e la dipendenza da questa fonte varia dal 100% della Mauritania al 15% della Cina: per l’Italia i prodotti petroliferi incidono per il 47,4% sulla produzione nazionale di energia elettrica.

I combustibili solidi, di cui il carbone rappresenta quello più rilevante, ammontano a circa il 30% dei consumi mondiali (in Italia circa il 14,7%).

Il gas naturale è il combustibile più dinamico e copre attualmente circa il 25% del mercato mondiale (in Italia circa il 18%) e utilizzato in maniera efficiente contribuisce alla riduzione dell’inquinamento.

L’Italia presenta una dipendenza energetica dall’estero pari all’83%, molto maggiore degli altri paesi dell’Unione europea dove in media è del 49%.

La produzione di energia da fonti rinnovabili che per loro natura sono fonti interne e garantite nel lungo periodo, ridurrebbe la dipendenza dai Paesi terzi esportatori di combustibili ed aumenterebbe la sicurezza nelle forniture.

Inoltre, per un paese che importa combustibili fossili, l’introduzione di fonti rinnovabili garantisce la sostituzione di fonti importate con lavoro e capitale interni.

Le diverse fasi del ciclo produttivo del combustibile da biomassa, sia esso di origine agricola o forestale, creano posti di lavoro e favoriscono la rivitalizzazione dei rispettivi

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Il costo esterno ambientale della produzione di energia da fonti rinnovabili risulta, dopo accurati studi, mediamente inferiore rispetto alla produzione tradizionale: l’impatto ambientale per kWh mediamente si riduce.

Si consideri la produzione di energia elettrica dalla combustione della biomassa: le emissioni di anidride carbonica di tale processo risultano nulle rispetto al contenuto complessivo del gas nell’atmosfera in dato periodo.

Si può affermare che la CO2 emessa durante il processo di combustione da biomassa è neutralizzata da quella assorbita dalle piante durante il loro naturale ciclo di vita.

Quando, ad esempio, il materiale forestale brucia per produrre energia elettrica, l’ossigeno presente nell’aria si combina con il carbonio delle piante e produce anidride carbonica;

tuttavia la stessa quantità di gas prodotta dalla combustione è assorbita dalle piante nel corso della loro vita.

Se le biomasse bruciate sono rimpiazzate da nuove biomasse che durante la crescita assorbono CO2 , l’immissione netta nell’atmosfera di tale gas sarà nulla. La CO2 emessa durante un processo a combustibili fossili, al contrario, è compensata dall’assorbimento delle piante in un’era geologica diversa, dunque la quantità emessa non viene attualmente neutralizzata, ma si aggiunge a quella contenuta nella nostra atmosfera. Per questo la biomassa è considerata una delle fonti a minor impatto ambientale e ne è incoraggiata la produzione di energia: in Italia il provvedimento del CIP n. 6 del 1992 ha scaturito una domanda di cessione di energia da biomassa pari a 1000 MW, di cui 452 MW sono stati accettati per un totale di 51 impianti (solo 8 impianti di capacità totale di 57 MW erano in funzione al giugno 1997).

Nonostante queste premesse, gli ostacoli all’introduzione delle energie rinnovabili sono molteplici: difficoltà politiche, amministrative, economiche e finanziarie, barriere infrastrutturali ed informative. Tra i fattori che limitano l’affermazione delle biomasse per la produzione di energia, ve ne sono tuttora diversi di natura tecnica, collegati sia alle fasi di approvvigionamento sia a quelle di conversione. In particolare si verifica che i benefici sociali derivanti da una maggiore diffusione di energia alternativa non siano incorporati nei prezzi di vendita e, dunque, a parità di servizio offerto, si preferisca quello che presenta dei costi di produzione minori come l’energia da combustibili fossili. Il ricorso alle fonti rinnovabili è, però, auspicato dalle istituzioni che attraverso varie iniziative tentano di promuovere e sostenere questo processo. Nelle previsioni si evidenzia l’obiettivo di raddoppiare il contributo delle energie rinnovabili fino al 2010 e si osserva, inoltre, che l’incremento del consumo di dette energie deriva in gran parte dalla biomassa: il contributo delle biomasse al fabbisogno energetico europeo passa da circa 45 Mtep (3.5%) a 135 Mtep (8.5%). In Italia, però, la biomassa copre appena il 2-3% dei consumi energetici (2 Mtep) e vengono sfruttate soltanto per circa un settimo del loro potenziale: l’obiettivo è di incrementarne il contributo fino a 8 Mtep (4-6%).

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