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Baxter v Montana, DA 09-0051, 2009 MT 449, del

10. Paesi Bassi

13.5. Baxter v Montana, DA 09-0051, 2009 MT 449, del

dicembre 2009

Robert Baxter è un camionista in pensione a cui viene diagnosticata una leucemia linfatica terminale. Egli vuole porre fine alla propria vita ingerendo una dose letale di farmaci prescritta dal proprio medico e, insieme a quest’ultimo e ad altri ricorrenti, intenta un ricorso contro lo Stato, affinché i medici non vengano sottoposti ad azione penale per averlo aiutato nel suo suicidio. Il tribunale distrettuale stabilisce che, ai sensi dell’art. II, section 4 e 10 della costituzione del Montana, un paziente malato terminale ha il diritto di morire con dignità, il che protegge il medico che gli presti assistenza dall’accusa di omicidio . Lo Stato si appella a questa 289

decisione ma la Corte suprema stabilisce che nulla, nella legislazione statale, impedisce ad un medico di soddisfare la richiesta di un paziente malato terminale e mentalmente capace che vuole ottenere una prescrizione di farmaci che accelerino la morte. Nel 2017 viene presentato un disegno di legge che ribadisce la non conformità dell’assistenza al suicidio rispetto alla policy del Montana, tuttavia la proposta non viene accolta perché non raggiunge la maggioranza prevista (50 voti favorevoli e 50 contrari). Attualmente non ci sono altre proposte di legge in materia di suicidio assistito.

Il testo della sentenza è reperibile alla pagina https:// 288

c a s e s . j u s t i a . c o m / m o n t a n a / s u p r e m e - c o u r t / 2 0 0 9 - 1 2 - 3 1 - DA%2009-0051%20Published%20--%20Opinion.pdf?ts=1462390188

Baxter v. Montana, in CaseBrief, reperibile alla pagina https:// 289

www.casebriefs.com/blog/law/health-law/health-law-keyed-to-furrow/ medically-assisted-dying/baxter-v-montana/

14. Svizzera

In Svizzera, il Codice penale consacra la tutela alla vita in ben 290

sette articoli (dall’art. 111 all’art. 117) e prevede, per il reato di omicidio, la pena dell’ergastolo. Per quanto riguarda la condotta di aiuto o istigazione al suicidio, la legislazione penale sancisce che venga punita quando è realizzata “per motivi egoistici” ex art. 115 c.p. All’art. 114 c.p. si prevedono attenuazioni della pena per l’omicidio del consenziente.

La norma penale svizzera, quindi, non impedisce il diffondersi della prassi del suicidio assistito, e l’intervento sanitario necessario per effettuare la pratica implica il riconoscimento della base economica dell’attività . 291

Il suicidio assistito è praticato notoriamente da diverse cliniche. Le più famose sono Dignitas ed Exit: mentre la prima accompagna al suicidio anche persone provenienti dall’estero, la seconda aiuta solo chi risiede in modo permanente in Svizzera . 292

L'eutanasia attiva diretta, al contrario, è vietata, mentre quella attiva indiretta e quella passiva, non essendo esplicitamente regolate dalla legge, sono considerate ammissibili.

Il testo tradotto in italiano è reperibile alla pagina https:// 290

www.admin.ch/opc/it/classified-compilation/19370083/

M. Donini, La necessità di diritti infelici: il diritto a morire come limite 291

all’intervento penale, in Penale Contemporaneo, 15/03/2017, reperibile

alla pagina https://www.penalecontemporaneo.it/upload/ DONINI_2017b.pdf

J. Fahy, Sempre più persone scelgono il suicidio assistito in Svizzera, 292

in swissinfo, 15/02/2018, reperibile alla pagina https://

www.swissinfo.ch/ita/exit_sempre-più-persone-scelgono-il-suicidio- assistito-in-svizzera/43902678

14.1 La legislazione penale

L’articolo 115 del Codice penale punisce l’assistenza al suicidio, stabilendo che “Chiunque per motivi egoistici istiga alcuno al suicidio o gli presta aiuto è punito, se il suicidio è stato consumato o tentato, con una pena detentiva sino a cinque anni o con una pena pecuniaria”. Già ad una prima lettura si capisce che il legislatore ha voluto criminalizzare solo parzialmente l’aiuto al suicidio, infatti esso è punibile penalmente soltanto se, in primo luogo, l’autore del reato agisce per “motivi egoistici” e, in secondo luogo, se il suicidio è per lo meno tentato. Decisivo è sapere, quindi, se l’autore (ossia chi ha prestato il proprio aiuto) abbia agito per “motivi egoistici”. Il Codice penale, però, non dà una definizione di questi e la dottrina ritiene che si è in presenza di un motivo egoistico se l’autore tenta di soddisfare, prestando il suo aiuto al suicidio, interessi personali di natura materiale o affettiva, come ad esempio il fatto di poter ambire all’eredità della persona defunta. Sotto il profilo affettivo, un aiuto al suicidio con un sentimento di odio o vendetta realizza il reato penale. L’art. 115 CP si distingue dalle altre forme di reato contro la vita (per esempio l’omicidio intenzionale), poiché l’autore di questo reato non compie lui stesso l’uccisione di una persona. In altre parole, la dominanza della situazione e degli eventi, i quali in definitiva provocano la fine di una vita, non è in mano all’autore del reato, ma alla vittima. È la vittima che decide di mettere fine ai propri giorni e si rivela, in definitiva, l’autrice della propria morte. L’art. 115 CP presuppone implicitamente che chi chiede aiuto al suicidio sia capace di discernimento, che sia in grado di capire il significato degli eventi i quali lo condurranno verso la morte e che sia in grado di decidere in piena libertà di mettere fine ai suoi

giorni. In caso contrario, l’interessato non sarebbe autore della propria morte, le sue azioni non potrebbero essere qualificate come “suicidio” nel senso dell’art. 115 CP e l’“aiuto” si rivelerebbe essere invece un omicidio. È proprio su questo sottile spartiacque che nel 2009 il Tribunale federale ha dovuto confrontarsi con il caso di un noto psichiatra basilese (sentenza 6B_48/2009 dell’11 giugno 2009 ) il quale accompagnava al suicidio persone affette 293

da malattie psichiche . 294

Va comunque specificato che l’art. 115 CP non sancisce un diritto positivo, cioè un “diritto a”; da ciò consegue che l’assistenza al suicidio non è garantita dallo Stato, come lo sono, ad esempio, le cure. Nessun cittadino, pertanto, può rivendicare un’assistenza al suicidio e, allo stesso modo, nessuno è obbligato ad offrirla.

14.2 Il Soft law

Il legislatore svizzero è stato sollecitato più volte a legiferare in materia di suicidio assistito, data la mancanza di una normativa precisa in materia, ma la Commissione degli affari del Consiglio nazionale, il 30 marzo 2012, ha respinto la mozione e ha deciso di non dare seguito alle iniziative cantonali e parlamentari. Negli anni si sono sviluppate regole, direttive e raccomandazioni, soprattutto da parte dell’ ASSM , più che altro per fornire ai medici delle 295

Il testo della sentenza è reperibile alla pagina http:// 293 r e l e v a n c y . b g e r . c h / p h p / a z a / h t t p / i n d e x . p h p ? lang=de&type=highlight_simple_query&page=1&from_date=&to_date=& sort=relevance&insertion_date=&top_subcollection_aza=all&query_word s=6B_48%2F2009&rank=1&azaclir=aza&highlight_docid=aza%3A%2F %2F11-06-2009-6B_48-2009&number_of_ranks=8%20)

A. Bernasconi, Suicidio assistito – L’art. 115 sotto la lente dell’analisi 294

– di Ares Bernasconi (prima parte), in ticinolive, 26/03/2016, reperibile

alla pagina http://www.ticinolive.ch/2016/03/10/122295/ Accademia svizzera delle scienze mediche.

linee guida. Anche la Commissione nazionale d’etica per la medicina umana ha rilasciato dei pareri in materia. Secondo queste autorità la professione medica presuppone in primis un’assistenza alla tutela della vita e, quindi, l’aiuto al suicidio non è un aspetto di questa attività. Un medico, tuttavia, può scegliere liberamente di prestare o meno assistenza al suicidio: se decide di farlo e di prescrivere il farmaco, deve poi notificare il fatto all’autorità cantonale competente entro 30 giorni. Se, dopo una scrupolosa attività di informazione, il paziente desidera ancora ricorrere all’assistenza al suicidio, il medico può prestargli aiuto a patto che siano soddisfatti alcuni presupposti:

• il paziente deve avere la capacità di intendere e di volere;

• il paziente non deve agire su impulso ma deve avere un desiderio persistente di morire;

• il paziente non deve essere sotto influsso di terzi ; 296

• i sintomi della malattia del paziente gli causano una sofferenza insopportabile;

• si sono cercate altre opzioni terapeutiche e altre soluzioni di aiuto e sostegno, ma sono risultate inefficaci o sono state rifiutate; • sulla base di ripetuti colloqui, il medico ritiene comprensibile il

desiderio del paziente di porre fine alla propria vita e quindi decide di prestargli assistenza.

Inoltre, l’ultimo atto del processo che porta alla morte deve essere compiuto dal paziente. Il decesso, una volta sopraggiunto, deve essere notificato all’autorità competente come morte per cause non

J. Fahy, Sempre più persone scelgono il suicidio assistito in Svizzera, 296

in swissinfo, 15/02/2018, reperibile alla pagina https://

www.swissinfo.ch/ita/exit_sempre-più-persone-scelgono-il-suicidio- assistito-in-svizzera/43902678

naturali ed essa farà le necessarie verifiche per valutare il rispetto delle disposizioni di legge.

14.3 La giurisprudenza

Il limite all’assistenza medica al suicidio deriva anche dalla normativa sulle sostanze stupefacenti (BetmG SR 812.121 ), che 297

richiama le regole sopra citate. In merito alla necessità della prescrizione medica di tali farmaci, è intervenuta anche la Corte EDU in due casi.

Il primo è Haas contro Svizzera (ric. 313220/7 ), del gennaio 298

2011: il ricorrente è un cittadino svizzero di nome M. Ernest G. Haas, che soffre da ben venti anni di una malattia molto grave, la quale gli fa ritenere che la sua vita non sia più degna di essere vissuta. Dagli atti processuali si rinviene il dato che già per due volte egli ha cercato di porre fine alla sua esistenza attraverso il suicidio, ma senza raggiungere l’obiettivo. A questo punto, pur di porre termine alla sua vita, decide di ricorrere all’aiuto offerto da una nota associazione privata che fornisce assistenza al suicidio attraverso la somministrazione del pentobarbitale sodico, un barbiturico ad azione letale rapida. Il ricorrente, però, non riesce a ricevere tale trattamento dall’associazione Dignitas, in quanto la malattia di cui soffre non rientra tra quelle definite terminali; si tratta, infatti, di una sindrome psichiatrica per la quale, nonostante lo stadio avanzato, non può escludersi, dal punto di vista medico- scientifico, la guarigione. Dopo aver tentato tutte le vie nazionali, il

Il testo della legge è reperibile alla pagina https://www.admin.ch/ 297

opc/de/classified-compilation/19981989/index.html

Il testo in inglese della sentenza è reperibile alla pagina http:// 298

ricorrente decide di adire la corte EDU, lamentando proprio la violazione dell’art. 8 CEDU: a suo modo di vedere, l’ingerenza da parte dello stato nega il diritto riconosciuto in tale articolo, cioè il diritto di decidere della propria morte. Il signor Haas sostiene che l’obbligo di prescrizione medica al fine di ottenere la sostanza necessaria al suicidio e l’impossibilità di procurarsi una tale prescrizione costituiscono un’illegittima limitazione da parte dello Stato del pieno godimento del diritto al rispetto della sua vita privata. La Corte comincia con il sottolineare il fatto che la malattia del ricorrente non gli impedisce di agire da solo procurandosi la morte e, quindi, si deve comprendere se nel diritto ad autodeterminarsi, garantito dall’art. 8 CEDU, venga incluso anche il diritto di un individuo di vedersi accordare un aiuto al suicidio sempre e comunque, a prescindere dall’esistenza di determinate circostanze e senza alcuna condizione. Stante l’affermazione che il diritto di un individuo di decidere in che modo e in che momento mettere fine alla propria vita, con il limite invalicabile che tale volontà sia formata in modo libero, sia uno degli aspetti del diritto al rispetto della propria vita privata, l’ineludibile necessità della prescrizione medica al fine del rilascio del pentobarbitale costituisce un modo appropriato e necessario affinché sia tutelata la vita delle persone che si trovano in una condizione di vulnerabilità. Si vuole evitare che l’intenzione del suicidio possa fondarsi su una crisi temporanea e su una limitata capacità di discernimento. Questa interpretazione, in combinato con l’art. 2, fa sì che la normativa in esame sia rispettosa dell’obbligo gravante sugli Stati di tutelare il diritto alla vita, in quanto riesce ad assicurare che la decisione di suicidarsi derivi da una libera volontà dell’interessato e risponda

allo scopo legittimo di impedire gli abusi dell’utilizzo di sostanze letali. Dunque, stante anche il margine di apprezzamento degli Stati membri nelle questioni interne, la Corte europea ritiene che non vi sia stata violazione dell’art. 8 della Convenzione, grazie alla previsione normativa di subordinare a perizia psichiatrica il rilascio di un medicinale letale.

Il secondo è il caso Gross c. Svizzera (sentenza n. 67810/10 ), del 299

maggio 2013: la signora Alda Gross è un’anziana cittadina svizzera di ottant’anni. Non è affetta da alcuna malattia, né tanto meno da malattia degenerativa incurabile tale da condurla a morte in breve tempo. Ella, solamente, non riesce più a sopportare il suo progressivo, seppur fisiologico, invecchiamento e con questo la naturale perdita delle proprie capacità psicofisiche, o comunque un loro inarrestabile deterioramento: per questo la signora Gross vuole porre fine alla sua vita, considerata non più degna d’essere vissuta. Tenta, allora, il suicidio, ma senza raggiungere l’esito auspicato, per cui decide di ricorrere alla richiesta di somministrazione del pentobarbitale sodico, unico espediente che possa assicurarle la morte senza il rischio di fallire nuovamente nel suo proposito, evidentemente non venuto meno dopo il tentativo di suicidio fallito. La signora Gross, infatti, si è rivolta a diversi medici che, pur ritenendola persona in grado di assumere decisioni in condizioni di perfetta lucidità, constatano che ella non è affetta da malattia, tanto meno terminale, rifiutando pertanto di prescriverle la sostanza. Dopo aver adito le corti nazionali senza vedere soddisfatta la sua pretesa, la donna allora si rivolge alla corte EDU, sostenendo la Il testo della sentenza in inglese è reperibile alla pagina https:// 299

www.associazionelucacoscioni.it/wp-content/uploads/2017/08/CASE- OF-GROSS-v.-SWITZERLAND.pdf

violazione dell’art. 8 della CEDU. La Grande Chambre della Corte EDU dichiara irricevibile il ricorso della signora Gross, dato che nel frattempo la stessa è morta e il suo legale si è comportato in modo scorretto, commettendo un abuso di diritto, perché ha continuato l’iter del ricorso, ma tacendo (perché, paradossalmente, lo stesso non ne era informato) sulla morte della sua assistita. L’avvocato della ricorrente, infatti, non ha fatto nulla per collaborare con la Corte EDU, così come vorrebbe l’art. 44 del Regolamento della Corte . 300

15. Uruguay

La legislazione penale uruguaiana non disciplina espressamente il suicidio assistito, ma la legge n. 9.155 del 4 dicembre 1933, 301

recante il Codice penale, sanziona il reato di omicidio ex art. 310 e il reato di induzione o di ausilio al suicidio ex art. 315. Inoltre, è possibile, per il giudice, decretare, al concorrere di certe evenienze, la non punibilità dell’omicidio pietoso, disciplinato dagli art. 37 e 127 c.p. La Costituzione uruguaiana poi, all’art. 7, protegge il 302

diritto alla vita.

U. Adamo, Il diritto convenzionale in relazione al fine vita (eutanasia, 300

suicidio medicalmente assistito e interruzione di trattamenti sanitari prodotti di una ostinazione irragionevole). Un’analisi giurisprudenziale sulla tutela delle persone vulnerabili., in Rivista AIC n. 2/2016, del

15/05/2016, reperibile alla pagina https://www.rivistaaic.it/images/ rivista/pdf/2_2016_Adamo.pdf

Il testo è reperibile alla pagina https://www.wipo.int/edocs/lexdocs/ 301

laws/es/uy/uy044es.pdf

Il testo della Costituzione è reperibile alla pagina https:// 302

Nel 2009, si è avuto un passo in avanti nella disciplina del buen

morir, con l’approvazione della legge n. 18.473 sull’interruzione 303

dei trattamenti sanitari in caso di fine vita: essa stabilisce che tutte le persone maggiorenni e psichicamente idonee possono opporsi in modo volontario, consapevole e libero ai trattamenti e procedimenti sanitari, a meno che ciò interessi o possa interessare la salute di terzi. Allo stesso modo la normativa sancisce che ogni persona ha il diritto di esprimere anticipatamente le sue volontà per opporsi alla futura applicazione di trattamenti che prolunghino la sua vita a scapito della sua qualità, qualora si trovi affetta da una patologia terminale, inguaribile ed irreversibile, certificata dal medico curante e ratificata da un secondo professionista . 304