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Behemoth Hobbes interprete della guerra civile inglese

Tirannicidio, resistenza e guerra civile in Thomas Hobbes

3. Behemoth Hobbes interprete della guerra civile inglese

Il Behemoth, redatto intorno al 1667345, vede la luce per la prima volta nel 1679, contro la volontà di Hobbes, che più volte nella sua corrispondenza dichiara di voler prendere le distanze dalla pubblicazione del suo scritto ri- guardante le guerre civili inglesi346. Probabilmente, la sua cautela è giustifi- cata dal fatto che Carlo II Stuart, il sovrano restaurato, si era rifiutato di dare l’approvazione per la stampa del testo347.

Il Behemoth è un dialogo tra due interlocutori non identificati, indicati con A e B, legati tra loro da un rapporto simile a quello di maestro (A) e al- lievo (B) 348. L’interlocutore A, il più esperto e informato sui recenti avve- nimenti della storia inglese, si può considerare il portavoce delle posizioni di Hobbes; il ruolo dell’interlocutore B, più giovane e inesperto, è quello di rivolgere interrogativi ad A per indirizzare la conversazione sui punti cru- ciali della questione349.

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345 Secondo la testimonianza dell’autobiografia, Hobbes compone il Behemoth quando ha

all’incirca ottant’anni. Cfr. T. Hobbes Malmesburiensis Vita, I, XX.

346 Si veda, ad esempio, la lettera di Hobbes all’amico John Aubrey (18 agosto 1679) citata

anche da O. NICASTRO, Introduzione a T. HOBBES, Behemoth, Laterza, Roma-Bari 1979, p. IX.

347 In questo caso la vicenda è piuttosto intricata, perché non si conoscono precisamente i

motivi del rifiuto regale.

348 La presenza di due interlocutori in un rapporto di allievo e maestro può essere dovuta

alla volontà di Hobbes di fornire un esempio di come si insegni al popolo. È questa l’interpretazione, ampiamente supportata, di G. VAUGHAN, The Audiences of ‘Behemoth’

and the Politics of Conversation, in Hobbes’s Behemoth. Religion and Democracy, a cura

di T. Mastnak, Imprint Academic, Exeter 2009, p. 182.

349 In quest’ottica il Behemoth può essere considerato un tentativo di educare attraverso la

Strutturato in quattro dialoghi, il Behemoth si presenta come il reso- conto della storia della prima rivoluzione inglese e, complessivamente, del ventennio 1640-1660. Il primo dialogo tratta delle cause della guerra civile; il secondo affronta gli eventi storici del periodo compreso tra il 1640 e il 1642 fino allo scoppio della prima guerra civile. Il terzo considera gli eventi della guerra civile fino al processo e all’esecuzione di Carlo I nel gennaio del 1649. Il quarto e ultimo dialogo, invece, affronta le conseguenze politi- che della prima rivoluzione inglese, descrivendo le tre fasi successive alla morte di Carlo I: il protettorato di Oliver Cromwell, il governo del figlio Richard Cromwell e la restaurazione del sovrano legittimo, Carlo II Stuart, figlio del re decapitato.

Per la stesura del Behemoth la principale fonte di riferimento è costi- tuita dal testo A brief Chronicle of the Late Intestine Warr (1663) di James Heath, storico inglese di simpatie monarchiche e primo biografo di Oliver Cromwell350. Come esplicita nell’epistola dedicatoria al Barone di Arling- ton, sir Henry Bennet351, Hobbes contrae un pesante debito nei confronti della Cronaca di Heath soprattutto per quanto riguarda le informazioni fat- tuali. Tuttavia, per la stesura del Behemoth sono fondamentali anche i do- cumenti ufficiali delle dichiarazioni, petizioni, rimostranze, che Hobbes uti- lizza soprattutto per studiare e descrivere il rapporto tra re e Parlamento352.

Per segnalare la peculiarità del Behemoth rispetto agli altri testi storici che si sono proposti di descrivere gli episodi delle guerre civili inglesi, un passo del dialogo primo può essere significativo:

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350 Cfr. anche R. MACGILLIVRAY, Thomas Hobbes’s History of the Civil War. A Study of

Behemoth, «Journal of the History of Ideas», XXXI, 1970, 2, p.182. Riflessioni sul Behe-

moth sono contenute anche in ID., Restoration Historians and the English Civil War, Mar-

tinus Nijhoff, L’Aia 1974, pp. 61-83. Diversi spunti sul Behemoth sono inclusi anche in R. ASHCRAFT, Ideology and Class in Hobbes’s Political Theory, «Political Theory», VI, 1978, 1, pp. 27-62.

351 Cfr. T. HOBBES, Behemoth, a cura di O. Nicastro, Laterza, Roma-Bari 1979, p. 4. 352 P. SEAWARD, Chief of the Ways of God. Form and Meaning in the Behemoth of Tho-

B. […] Suppongo che il vostro proposito fosse quello di farmi conoscere la storia non tanto delle azioni accadute al tempo dei recenti disordini, quanto piuttosto delle loro cause e dei disegni e stratagemmi che le fecero accadere. Varie persone hanno scritto la storia di quel tempo, e da loro potrei appren- dere cosa fecero, ed anche qualcosa degli espedienti escogitati; ma trovo po- co in loro circa le cose che vorrei chiedere353.

Il Behemoth, quindi, si presenta come un’indagine delle cause che hanno condotto alle guerre civili, ma si può leggere anche come una riflessione più generale sulla caduta degli stati354. La prima rivoluzione inglese si può con-

siderare come l’esito di una combinazione di errori di valutazione che si ri- vela fatale per il regno d’Inghilterra355.

§ 3.1. Seduttori e corruttori del popolo

Il dialogo primo del Behemoth si apre con una serie di riflessioni sulle cause che hanno condotto alla cosiddetta prima rivoluzione inglese. Dopo aver dichiarato che volgendo lo sguardo al territorio inglese nel giro d’anni com- preso tra il 1640 e il 1660 era possibile vedere ogni genere di «ingiustizia» e ogni forma di «follia»356 commesse dagli uomini, Hobbes si propone di in- dagare le ragioni di una simile corruzione del popolo. È proprio questo il punto su cui insiste l’interlocutore B quando chiede ad A: «Ma com’è che il popolo arrivò ad essere così corrotto? E che specie di persone erano coloro che riuscirono a sedurlo?»357. Sono molteplici – risponde prontamente l’interlocutore A – i seduttori che hanno ingannato il popolo, conducendolo !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

353 Behemoth, I, p. 54.

354 Questo punto è suggerito anche da M. DUCROCQ, Aux sources de la démocratie an-

glaise. De Thomas Hobbes à John Locke, Presses Universitaires de Septentrion, Villeneu-

ve-d’Ascq 2012, p. 67.

355 L. BOROT, Hobbes’s Behemoth, in Hobbes and History, a cura di G. Rogers e T. So-

rell, Routledge, Londra-New York 2000, p. 139. Per un inquadramento dell’opera politica di Hobbes nel contesto storico-politico del tempo, si veda il bel volume di J. SOMMER- VILLE, Thomas Hobbes. Political Ideas in Historical Context, Macmillan, Londra 1992.

356 Behemoth, I, p. 5. 357 Behemoth, I, p. 6.

sulla strada del disordine e della ribellione. L’interlocutore A elenca diversi tipi di seduttori: i ministri presbiteriani, i papisti, le varie sette religiose (in- dipendenti, anabattisti, quaccheri, uomini della Quinta Monarchia), i politici ammiratori dei Greci e dei Romani, la città di Londra e altri poli di com- mercio, mercenari di vario genere358. Un ultimo aspetto che si può giusta- mente annoverare tra i fattori di corruzione del popolo è l’ignoranza del po- polo sui propri diritti e doveri e, in particolare, sui fondamentali attributi della sovranità359. Le cause della guerra civile e della sconfitta del re sono da ricondursi ad una commistione di fattori intrecciati fra loro, che in questo paragrafo esamineremo in modo più approfondito. Sarebbe troppo semplici- stico, e peraltro non veritiero, ricondurre la guerra civile inglese ad una sola causa; essa deriva piuttosto da un concorso di cause360.

Nelle pagine del Behemoth viene attaccato il clero in tutte le sue for- me. Un uso settario della religione può causare problemi alla stabilità dello stato, soprattutto perché alcune dottrine religiose possono allontanare i sud- diti dall’obbedienza ai loro sovrani. In particolare, Hobbes ha in mente le false dottrine riguardanti il rapporto tra potere temporale e potere spirituale ed è proprio su questa base che vengono attaccati i cattolici, chiamati in termini dispregiativi ‘papisti’, ovvero seguaci del papa. Attenendosi ad al- cuni passi scritturali scelti (in particolare Deuteronomio 17, 12) i papisti in- tendono attribuire il potere spirituale al papa361. Discendendo direttamente

da Cristo, il potere spirituale, che comprende il potere di decidere e giudica- re in materia di fede e di punire i trasgressori dei precetti della Chiesa, ap- partiene al pontefice, vicario di Cristo in terra. Oltre a sottrarre al sovrano il !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

358 Su questo si sono soffermati a riflettere più di tutti: L. BOROT, Hobbes’s Behemoth,

cit., p. 141 e R. MACGILLIVRAY, Thomas Hobbes’s History of the Civil War, cit., p. 187.

359 Questo punto è suggerito anche da N. CAMPAGNA, Thomas Hobbes. L’ordre et la

liberté, Éditions Michalon, Parigi 2000, pp. 19-20.

360 Per questo punto si veda W.R. LUND, Hobbes on Opinion, Private Judgment and Civil

War, cit., pp. 66-67. La guerra civile è generata secondo Hobbes da un’interpretazione sba-

gliata dei principi di giusto e ingiusto; per questo punto cfr. B. GERT, Hobbes on Reason, «Pacific Philosophical Quarterly», LXXXII, 2001, 3-4, p. 243.

potere spirituale, che dal pontefice si dirama anche ai vescovi362, i papisti

mantengono una posizione ambigua anche in merito al potere temporale. Essi non pretendono che il papa detenga il potere temporale direttamente, bensì indirettamente; ciò significa che il pontefice è legittimato ad interveni- re quando le azioni compiute contro le leggi civili ostacolino la religione o la morale. Questa convinzione dei papisti non è priva di conseguenze, per- ché il pontefice può ingerire in materia civile in modo pressoché costante. I papisti, quindi, non soltanto rifiutano di riconoscere la sovranità religiosa del monarca, ma con l’ingerenza papale mettono in crisi anche il suo potere temporale. Il risultato della dottrina papista è una sovranità instabile perché divisa363. Per Hobbes, invece, è fondamentale che la sovranità resti indivisa, se vuole essere efficace; dividere la sovranità significa indebolirla drastica- mente fino ad esaurirla completamente. Non soltanto i papisti dividono il potere in spirituale e temporale, ma addirittura considerano il potere spiri- tuale superiore a quello temporale. A sostegno di questa convinzione addu- cono i casi storici di incoronazione degli imperatori per mano dei pontefici. Sono questi alcuni dei più eclatanti imbrogli dei papisti364, ormai ricono- sciuti e smascherati dai più. Non a caso, quando il Parlamento intende met- tere in cattiva luce Carlo I insinua che il sovrano voglia reintrodurre la reli- gione romana nel regno d’Inghilterra.

Nel dialogo gli interlocutori passano poi ad affrontare «l’altra malattia dello stato»365, rappresentata dai ministri presbiteriani, annoverati fra i più

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362 Behemoth, I, pp. 10-11.

363 Cfr. S. HOLMES, Political Psychology in Hobbes’s Behemoth, in Thomas Hobbes and

Political Theory, a cura di M. Dietz, University Press of Kansas, Lawrence 1990, p. 137.

Su questo punto insiste anche M. JENDRYSIK, Explaining the English Revolution. Hobbes

and his Contemporaries, Lexington Books, Lanham 2002, pp. 127-33.

364 Tutta la storia della loro religione è una storia di inganni. Su questo punto insiste J.

SOMMERVILLE, Behemoth, Church-State Relations and Political Obligation, in Hob-

bes’s Behemoth. Religion and Democracy, cit., p. 97.

persuasivi e influenti seduttori del popolo366. La loro ingombrante presenza

è valutata soprattutto alla luce delle loro straordinarie abilità nella predica- zione. Con impeccabile arte oratoria i presbiteriani recitano i loro sermoni riuscendo perfettamente a mascherare al pubblico il loro reale intento, cioè la loro «trama ambiziosa di sollevar sedizioni contro lo stato»367. Spesso predicano contro l’oppressione e, mediante i loro artifici e la loro efficace gestualità, attirano le simpatie del popolo convincendolo di essere oppresso dal re368. In generale, i ministri presbiteriani coprono «col manto della reli- gione» i loro malvagi progetti di ribellione, tanto che l’interlocutore B del Behemoth si riferisce ai presbiteriani come ad «empi ipocriti»369. Le loro dottrine godono di particolare fortuna per almeno due motivi: in primo luo- go, poiché i predicatori, diffondendo dal pulpito le loro dottrine, sono in grado di raggiungere un pubblico molto ampio; in secondo luogo, poiché le loro dottrine si compenetrano con le idee di uomini con aspirazioni demo- cratiche. L’interlocutore A spiega in modo chiaro questo secondo fattore:

Non fu solo per arte propria che [i presbiteriani] riuscirono, ma ebbero il concorso d’una grande quantità di gentiluomini, che desideravano nello stato un governo popolare, non meno di quanto questi ministri lo desiderassero nella chiesa. E come gli uni dal pulpito attiravano il popolo verso le proprie opinioni, e lo inducevano ad avversare il governo episcopale della chiesa, i canoni, ed il Libro di preghiera comune, così gli altri facevano amare al po- polo la democrazia, con le arringhe che pronunciavano in parlamento, coi di- scorsi e la corrispondenza che tenevano con gli abitanti delle province, con- tinuamente esaltando la libertà, scagliandosi contro la tirannide, e lasciando che il popolo traesse da sé la conclusione che questa tirannide era la forma vigente di governo dello stato370.

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366 Quando parla dei presbiteriani, Hobbes fa riferimento anche agli esuli mariani, come si

vedrà meglio in seguito. Cfr. Behemoth, I, pp. 27-28.

367 Behemoth, I, p. 30.

368 Behemoth, I, p. 32. Hobbes insiste sul fatto che il popolo facilmente riusciva a credere di

essere oppresso, mentre, al contrario, faceva fatica a realizzare che poteva comportarsi da oppressore.

369 Ibidem. Nel dialogo III, il termine ‘presbiteriano’ viene usato dall’interlocutore B come

sinonimo di ‘crudele’. Cfr. Behemoth, III, p. 154.

In questo passo viene in luce come le credenze dei presbiteriani ben si ac- cordino a quelle degli uomini che sostengono un governo popolare371. Per fare ciò in modo più credibile questi ‘uomini democratici’ iniziano a critica- re il governo monarchico con il nome di tirannide e ad esaltare la libertà dei governi popolari come unica autentica forma di libertà. In questa strategia essi possono contare sulle letture degli autori antichi, da cui sono profonda- mente influenzati. È questa un’altra categoria di seduttori, i quali:

Studiando il greco e il latino, vennero a conoscenza dei principi democratici di Aristotele e Cicerone, e, per amore dell’eloquenza di questi autori, s’invaghirono della loro politica, sempre di più, finché non si giunse alla ri- bellione di cui stiamo parlando372.

Hobbes sta qui condannando i politici che si sono lasciati sedurre dall’esempio degli «antichi governi popolari dei Greci e dei Romani, presso i quali i re erano odiati e marchiati col nome di tiranni, mentre il governo popolare passava sotto il nome di libertà (anche se mai vi fu un tiranno cru- dele come un’assemblea popolare)»373. Hobbes insiste sul fatto che nella

visione semplificatrice e banalizzante degli uomini democratici la monar- chia è equiparata alla tirannia e considerata assolutamente contraria alla li- bertà del popolo374. Secondo Hobbes questo è il classico esempio di parole utilizzate in modo ambiguo e fuorviante al solo scopo di fare presa sul po- !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

371 Cfr. M. DUCROCQ, Aux sources de la démocratie anglaise, cit, p. 65, che vede

nell’accoppiata presbiteriani e repubblicani i veri colpevoli di aver iniziato il popolo inglese all’amore per la democrazia. Hobbes propone di leggere in parallelo l’aspirazione dei pre- sbiteriani a dar vita ad un governo popolare nella chiesa e la volontà dei repubblicani di costituire un governo popolare nello stato. Per la vicinanza tra le dottrine dei presbiteriani e le pretese dei parlamentari cfr. J. COLLINS, The Allegiance of Thomas Hobbes, OUP, Ox- ford 2005, p. 152.

372 Behemoth, I, p. 52.

373 Behemoth, I, p. 29. Sulla confusione generata dai termini ‘tirannide’ e ‘libertà’ ha ragio-

nato M. DUCROCQ, La quête de la vérité en politique chez Thomas Hobbes: lecture du Léviathan, cit., p. 87.

374 I. CREPPEL, The Democratic Element in Hobbes’s Behemoth, in Hobbes’s Behemoth.

polo375. In quest’ottica il termine ‘tirannide’ è potentissimo, perché può ad-

dirittura spingere il popolo a prendere le armi contro un presunto tiranno. La convinzione secondo cui soltanto nei governi popolari i sudditi possano go- dere della vera libertà costituisce un altro esempio in tal senso, dove i nomi sono utilizzati come meri strumenti nelle mani di chi intende influenzare il popolo e le sue opinioni volubili376. Hobbes esprime tutta la sua preoccupa- zione esponendo l’esito di queste credenze che si diffondono capillarmente fino a diventare patrimonio comune: «quasi tutti i sudditi erano diventati nemici del re, per la predicazione dei ministri presbiteriani e i mormorii se- diziosi di politici falsi e ignoranti»377. Agli occhi di Hobbes, l’obiettivo co- mune di queste due fazioni, presbiteriana e democratica, che sono ben radi- cate nella Camera dei Comuni, è la trasformazione del governo monarchico in governo popolare. Com’è facile immaginare, un simile intento non viene reso esplicito da queste fazioni, ma è evidente che le azioni parlamentari, dalla Petizione dei Diritti fino alle Diciannove Proposizioni, vanno lette e interpretate in questa chiave:

Essi non pretesero la sovranità a chiare lettere, chiamandola col suo nome, fino a quando non ebbero ucciso il re; né pretesero, specificandoli uno per uno, tutti i diritti sovrani, fino a quanto il re non fu costretto ad allontanarsi da Londra a causa dei tumulti sollevati contro di lui in quella città, e a ritirar- si a York, per la sicurezza della sua persona378.

Con le Diciannove Proposizioni del 1642, che rappresentano una ripresa della Petizione dei Diritti del 1628, il Parlamento, di fatto, osa richiedere al re «parti essenziali del potere sovrano»379. Il tentativo messo in atto da que- !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

375 A questo proposito M. DUCROCQ, Aux sources de la démocratie anglaise, cit., p. 66,

propende per la lettura secondo cui ‘libertà’ e ‘tirannide’ sono ormai espressioni vuote, utilizzate unicamente secondo convenienza da chi intende rovesciare il re e la monarchia.

376 S. HOLMES, Political Psychology in Hobbes’s Behemoth, cit., pp. 129-30. 377 Behemoth, I, p. 34.

378 Behemoth, I, p. 33. 379 Ibidem.

ste fazioni è quello di intaccare ed erodere gradualmente la sovranità. Esse non soltanto vogliono rendere il re inviso al popolo, ma mirano a deporlo o a lasciargli solamente il titolo, ormai svuotato di qualsiasi significato e di qualsiasi consistenza380. Più avanti nel dialogo Hobbes spiega che i ministri presbiteriani puntano probabilmente a trasformare il governo monarchico in senso oligarchico. Quindi, il «disegno» dei ministri presbiteriani non è vago, ma risponde a degli interessi precisi e determinati:

Desideravano l’intera ed assoluta sovranità, e volevano trasformare il gover- no monarchico in un’oligarchia, cioè attribuire, in un primo momento, la so- vranità assoluta al parlamento, composto da alcuni Lord e da circa quattro- cento membri della Camera dei Comuni, e, subito dopo, eliminare la Camera dei Lord381.

I presbiteriani vogliono plasmare il governo civile sul modello di Chiesa che hanno in mente e che desiderano costruire382. Per raggiungere i loro scopi i presbiteriani istigano il popolo contro il re, eccitandolo continuamente alla ribellione con i loro sermoni. Essi, inoltre, intendono modificare il governo nella speranza che, una volta sconfitto il re, possano dominare incontrastati nella Camera dei Comuni383.

Per terminare l’excursus sui fattori di corruzione del popolo bisogna spendere qualche parola anche sugli altri seduttori già menzionati. Un ruolo abbastanza importante è svolto dalla città di Londra e da altri poli commer- ciali minori che, durante gli scontri civili, riforniscono di materiali e di de- naro la fazione parlamentare, mettendo così in difficoltà il re, che fatica, in- vece, a recuperare le risorse necessarie per condurre una guerra. La città di

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380 Behemoth, II, p. 103. Questa tesi è in linea con l’interpretazione delle guerre civili ingle-

si come «struggle for sovereign power» suggerita anche da A. ORR, Sovereignty, Suprema-

cy and the Origins of the English Civil War, «History», LXXXVII, 2002, 288, p. 490.

381 Behemoth, II, p. 88.

382 Lo stesso principio viene ribadito anche più avanti nel testo. Cfr. Behemoth, IV, p. 185. 383 Cfr. J. SOMMERVILLE, Behemoth, Church-State Relations and Political Obligation,

Londra rappresenta un gruppo economico forte e un nemico difficile da bat- tere, perché in grado di organizzare e mantenere un esercito grazie alle no- tevoli risorse su cui può contare384. Tuttavia, cosa realmente motiva Londra a sostenere la fazione parlamentare? Hobbes suggerisce una risposta basata sulla volontà inglese di imitare i Paesi Bassi nella speranza di raggiungere un benessere simile:

La città di Londra ed altri grandi centri commerciali, ammirando la prosperi- tà raggiunta dai Paesi Bassi dopo che si erano ribellati al loro monarca, il re di Spagna, erano inclini a pensare che in Inghilterra analogo cambiamento di governo avrebbe portato loro analoga prosperità385.

Infine, l’ultimo gruppo di ‘corruttori’ ricordato da Hobbes è costituito da mercenari di ogni genere, da tutti coloro cioè che, mossi esclusivamente da interessi economici, si schierano dalla parte che sembra loro più conve- niente386.

§ 3.2. Ignoranza di molti, ambizione di pochi. Le cause della ribellione

Tra i fattori di corruzione del popolo Hobbes menziona anche l’ignoranza degli uomini comuni387. Per il filosofo di Malmesbury, l’ignoranza è sino-