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Tirannide e resistenza nel pensiero politico di John Milton

2. Milton contro Saumaise

Poco tempo dopo l’esecuzione di Carlo I Stuart, il noto umanista e filologo francese Claude de Saumaise viene incaricato dal figlio di Carlo I, futuro Carlo II d’Inghilterra, nel frattempo rifugiatosi in Francia, di redigere una difesa del padre decapitato. La speranza di tutti i monarchici e, in particola- re, dei presbiteriani inglesi e scozzesi è quella di far pronunciare celebri stu- diosi, noti a livello europeo, contro il nuovo Commonwealth inglese e a fa- vore della successione di Carlo II178. Professore a Leida ed esperto in mate-

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176 Observations, p. 243. La ribellione irlandese costituisce una ribellione ‘mostruosa’, co-

me mette in evidenza D. LOEWENSTEIN, ‘An Ambiguous Monster’: Representing Rebel-

lion in Milton’s Polemics and Paradise Lost, «Huntington Library Quarterly», LV, 1992, 2,

p. 301.

177 Observations, p. 248.

ria legale, Saumaise porta a compimento, non senza difficoltà179, questo in-

carico redigendo in latino la Defensio Regia pro Carolo I, che appare nel novembre 1649180. La Defensio, composta da una prefazione e da 12 capito- li, si profila come un atto di accusa nei confronti del governo regicida. A sua volta incaricato dal Consiglio di Stato, Milton redige in risposta alla Defen- sio Regia la Pro populo Anglicano Defensio, apparsa nel febbraio del 1651. Milton prende molto seriamente questo incarico e nutre l’ambizione, già evidente sin dal titolo, di difendere tutto il popolo inglese dalle accuse di Saumaise. La Difesa miltoniana mantiene invariata la struttura del testo scelta dall’autore francese allo scopo di confutare puntualmente le tesi del suo avversario181. Nella Defensio Regia, Saumaise fa sfoggio di una grande erudizione, attraverso le insistite citazioni di autori antichi e moderni, l’uso delle Sacre Scritture e la ripresa delle storie antiche, con particolare atten- zione alla storia di Roma. Milton segnala, però, le carenze del suo avversa- rio, denominato spregiativamente ‘grammatico’182, e mostra come il più grave difetto del suo avversario sia la sua incredibile capacità di contraddirsi in continuazione, al punto da non risultare più credibile nemmeno ai suoi !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

179 Lo scambio epistolare con l’amico Claude Sarrau (o Claudius Sarravius), giudice nel

Parlamento di Parigi, fornisce alcune indicazioni sui problemi che Saumaise è costretto ad affrontare durante la redazione della Defensio Regia. A questo proposito, cfr. L. MILLER,

In Defence of Milton’s Pro Populo Anglicano Defensio, «Renaissance Studies», IV, 1990,

3, pp. 300-14.

180 Nella sua Vita di Milton, John Toland spiega quale sia stata l’occasione che ha portato

Saumaise a scrivere la Defensio Regia: «L’opera fu scritta nella seguente occasione: Carlo, primogenito di Carlo I, durante il suo esilio cercò qualcuno che potesse dipingere la morte di suo padre con le tinte più fosche, per rendere odiosi gli artefici della condanna, e far ri- chiamare l’erede in patria, se tutto fosse andato per il meglio, o almeno per commuovere le potenze straniere e indurle a favorire la sua restaurazione, e gli fu detto che la persona più adatta al suo scopo era Saumaise, professore dell’Università di Leida in Olanda. […] Carlo II perciò ingaggiò proprio lui per un centinaio di jacobus perché scrivesse quel poderoso volume che apparve nel ’49 col titolo di Difesa del Re, ossia una difesa di Carlo I dedicata a Carlo II». Cfr. J. TOLAND, La vita di Milton, cit., p. 103.

181 Già incline alla cecità, la Defensio Prima è l’ultimo lavoro che Milton compone mentre

è ancora vedente.

182 L’appellativo è impiegato da Milton lungo tutta l’opera. Si veda, ad esempio, J. MIL-

TON, Pro Populo Anglicano Defensio, [da qui in avanti: Defensio Prima], in ID. The

Works of John Milton, a cura di F.A. Patterson, Columbia University Press, New York

stessi sostenitori e lettori. Saumaise e Milton rappresentano gli opposti: Saumaise sostiene che i ribelli capitanati da Oliver Cromwell siano colpevo- li di regicidio per il fatto di aver decapitato Carlo I, mentre Milton risponde con una giustificazione della fazione parlamentare183. I toni impiegati da Milton sono molto accesi184; senza mezzi termini, Milton esorta Saumaise a tornare alle sterili questioni di erudizione cui è solito dedicarsi. Milton tenta di ridicolizzare l’avversario di fronte all’opinione pubblica inglese dando l’impressione che Saumaise non soltanto si sia immischiato negli affari di una nazione straniera e in questioni che non lo riguardano, ma ancor di più che l’abbia fatto per ingraziarsi il figlio del defunto re nella speranza di ri- cevere in cambio qualche beneficio o favore185.

Nella prefazione alla sua Defensio Regia Saumaise denuncia il fatto che l’omicidio di Carlo I non è l’uccisione di un tiranno, ma deve essere piuttosto considerato l’uccisione di un sovrano legittimo. Il crimine compiu- to nei confronti del sovrano appare incredibile non solo per la sua efferatez- za ma anche per le vicende che hanno condotto alla sua morte. Dal punto di vista di Saumaise, Carlo I Stuart era il legittimo sovrano di tre regni, Inghil- terra, Irlanda e Scozia, ed è stato decapitato sulla base di una sentenza la cui validità è parecchio discutibile. A questo proposito l’autore sostiene che due interi regni, Scozia e Irlanda, abbiano dissentito dalla decisione di condanna a morte e che quasi tutti i cittadini inglesi abbiano ripudiato l’atto di esecu- zione del loro sovrano. A compiere questo gesto scellerato è stata solamente la fazione degli indipendenti e il suo braccio armato, il New Model Army,

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183 Allo scontro tra Saumaise e Milton ha dedicato pagine interessanti M. TURCHETTI,

Tyrannicide or Regicide?, cit., pp. 105-8. Cfr. anche ID., Tyrannie et tyrannicide de l’Antiquité à nos jours, puf, Parigi 2001, pp. 585-89. Cfr. anche P. HAMMOND, Milton and the People, OUP, Oxford 2014, pp. 151-71. Soprattutto per la Defensio Regia pro Ca- rolo I si veda C. CUTTICA, The English Regicide and Patriarchalism: Representing Commonwealth Ideology and Practice in the Early 1650s, «Renaissance and Reformation»,

XXXVI, 2013, 2, pp. 127-60.

184 Nel testo Milton arriva anche all’insulto personale nei confronti di Saumaise e, pur con-

siderando il contesto controversistico, i toni risultano comunque esasperati.

mentre il popolo di tre regni si è trovato improvvisamente privato del legit- timo sovrano, per nessuna altra causa se non il disprezzo ingiustificato nei confronti del governo monarchico. L’argomento addotto da Saumaise è, come si avrà modo di vedere più avanti, analogo alla tesi hobbesiana dell’odio della monarchia sotto forma di pregiudizio. Ciò significa che gli uomini odiano il re, perché disprezzano la forma di governo monarchica e non perché il governante si sia comportato effettivamente in modo ingiusto o tirannico. Così, Carlo I non è stato un malvagio governante, non è stato un tiranno, ma è stato messo a morte da chi aveva in odio la stessa istituzione monarchica.

§ 2.1. Il potere sovrano secondo Saumaise e Milton

Cominciamo ora ad esaminare i temi delle due Difese, impostando un con- fronto tra Milton e Saumaise. All’inizio del capitolo secondo della Defensio Regia Saumaise descrive in poche dense righe il diritto dei re:

Qui regem dicit, eum intelligere velle palam est, cujus suprema est in regno potestas, nullique alii nisi Deo obnoxia, cuique adeo soli actuum suorum rationem reddere cogitur, præterea nemini. Cui quod libet licet. Qui legibus solutus est. Qui leges dat, non accipit, & proinde qui omnes judicat, a nemine judicatur186.

In questo breve passo Saumaise espone diversi punti fondamentali della sua dottrina politica: 1) il re detiene il potere supremo nel regno; 2) è sottomes- !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

186 C. SAUMAISE, Defensio Regia, pro Carolo I. ad serenissimum Magnae Britanniae

regem Carolum II. filium natu majorem, haeredem & successorem legitimum, Elzevier,

Leida 1649, [da qui in avanti indicata come Defensio Regia] cap. II, p. 58. Dove non indi- cato diversamente, le traduzioni italiane dei passi citati sono mie. «Chi dice ‘re’ vuole chia- ramente intendere colui il cui supremo potere risiede nel regno e non è sottoposto a nessun altro se non a Dio; al quale soltanto, e a nessun altro, si è costretti a rendere conto dei propri atti; al quale è lecito ciò che vuole; che è sciolto dalle leggi; che dà le leggi e non le riceve e per questo giudica tutti e non è giudicato da nessuno».

so a Dio e a lui solo deve rendere ragione delle sue azioni; 3) impone le leg- gi, pur essendone sciolto; 4) è colui che giudica tutti e non può essere giudi- cato da nessuno. Questo brano pone molte complesse questioni da esamina- re. Procediamo con ordine valutando sia le argomentazioni impiegate da Saumaise per difendere il diritto assoluto dei re sia le controargomentazioni addotte da Milton per abbattere le false pretese del suo avversario.

In primo luogo, trattiamo della questione del diritto divino dei re, cioè della credenza secondo cui un monarca debba il suo potere unicamente alla volontà di Dio e non a quella del popolo o di un’altra autorità, come ad esempio il Parlamento o un consiglio aristocratico. La fonte antica, frequen- temente addotta per sostenere la derivazione dell’autorità da Dio e la sotto- missione ai poteri civili, è il capitolo XIII della Lettera di San Paolo ai Ro- mani, che recita nei suoi primi versetti:

1Ciascuno stia sottomesso alle autorità costituite; poiché non c’è autorità se non da Dio e quelle che esistono sono stabilite da Dio. 2Quindi chi si oppone all’autorità, si oppone all’ordine stabilito da Dio. E quelli che si oppongono si attireranno addosso la condanna187.

Riprendendo i contenuti dell’epistola paolina, Saumaise sostiene che la san- tità del re sia inviolabile e che dipenda dall’autorità divina188. Il re viene nominato da Dio e unicamente da lui può essere giudicato. Se un sovrano può essere giudicato da altri, allora quello non è un vero re, poiché sarebbe soggetto ad un potere – non divino – che gli è superiore189. Da questa pro- spettiva, opporsi all’autorità significa opporsi all’ordine stabilito da Dio e allo stesso volere divino. A parere di Saumaise, il precetto paolino è spesso oggetto di distorte e fantasiose interpretazioni; in questo non fanno eccezio- ne i regicidi inglesi. I ribelli inglesi ritengono, infatti, che l’autorità di cui

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187 Si riporta il testo tratto da La Sacra Bibbia, CEI-UECI, Roma 1974, p. 1160. 188 Defensio Regia, cap. VI, p. 275.

sta parlando Paolo risieda nel popolo, ma, secondo Saumaise, non ci può essere convinzione più sbagliata e lontana dalla realtà dei fatti:

Fanatica est hariolorum Angliæ interpretatio de præcepto Pauli, jubentis omnes subjectos esse potestatibus, & non esse resistendum potestati a Deo ordinatæ monentis. Hanc enim potestatem de populo intelligunt190.

Di fronte all’accusa che Saumaise rivolge ai «ciarlatani inglesi» Milton non si fa trovare impreparato. Milton replica che ad aver mal interpretato il pas- so paolino non sono stati gli inglesi quanto, piuttosto, lo stesso Saumaise. La risposta di Milton è incisiva, pur nella sua semplicità: con ‘autorità’ San Paolo indica i magistrati legittimi, non i tiranni. È ovvio, infatti, che Paolo non possa aver compreso sotto un’unica definizione il magistrato e il tiran- no, due soggetti politici così radicalmente diversi da risultare contrari191. Di pari passo cambia anche il concetto di assoggettamento al potere; perciò, l’ammonimento paolino per cui opporsi alle autorità significa opporsi a Dio, risulta effettivamente valido nei confronti della resistenza ad un potere legit- timo, ma non quando si resiste ai tiranni. San Paolo – Milton ne è sincera- mente convinto – non condanna la lotta contro un tiranno, che è un pericolo- so nemico degli uomini e va contrastato192. Anzi, a ben guardare, se è vero che resistere al potere legittimo significa resistere all’ordine stabilito da Dio, allora i re si rendono colpevoli ogni volta che rifiutano di sottomettersi alle leggi193.

Nella dottrina politica di Saumaise, il governante è tenuto a rendere ragione soltanto a Dio, in quanto a lui direttamente e unicamente sottoposto. Al contrario, dalla prospettiva miltoniana, sostenere che i re siano responsa- !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

190 Defensio Regia, cap. III, p. 121: «È assurda l’interpretazione dei ciarlatani inglesi a pro-

posito del precetto di Paolo che ordina che tutti siano sottoposti alle autorità e che impedi- sce di opporsi ad un’autorità costituita da Dio. Essi, infatti, intendono che si tratti dell’autorità del popolo».

191 Cfr. Defensio Prima, cap. III, p. 176. 192 Defensio Prima, cap. III, p. 164. 193 Defensio Prima, cap. III, p. 174.

bili solo nei confronti di Dio è contro ogni legge e principio di giustizia. Ol- tre a Dio, i re sono tenuti a rispondere del loro operato al popolo, altrimenti il giuramento avvenuto all’incoronazione e il patto che ne discende sarebbe- ro privi di ogni valore e consistenza. Già nel Tenure of Kings and Magistra- tes Milton sostiene a chiare lettere che:

Dire che i re non devono rispondere del loro operato se non a Dio è capovol- gere ogni legge e governo. Infatti, se possono rifiutare di rendere conto, tutti i patti stretti con loro all’incoronazione e tutti i giuramenti sono vani, pure ir- risioni, e tutte le leggi che essi giurano di osservare sono state promulgate senza una ragione194.

Poi, nella Prima Difesa, Milton riprende le parole di Saumaise con il preciso scopo di smontare il diritto dei re introdotto dal suo avversario:

Cum enim regem definiat, cujus suprema est in regno potestas, nulli alii nisi

Deo obnoxia, cui quod libet licet, qui legibus solutus est, siquidem id definiri

dicendum est, quod infinitum in terris ponitur, evincam ego contra, non meis tantum, sed vel ipsius testimoniis et rationibus, nullam gentem aut populum, qui quidem ullo numero sit, nam omnem penetrare barbariam necesse non est, nullam, inquam, gentem istiusmodi jura aut potestatem regi concessisse,

ut legibus solutus esset, ut quod libet liceret, ut omnes judicaret, a nemine judicaretur; nec vero quenquam cujuscunque gentis tam servili ingenio

exstitisse puto, præter unum Salmasium, qui tyrannorum immania quæque flagitia, regum jura esse defenderit195.

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194 TKM, p. 21.

195 Defensio Prima, cap. II, p. 70: «Quando, infatti, definisce il re, il cui supremo potere

risiede nel regno e non è sottoposto a nessun altro se non a Dio, al quale è lecito ciò che vuole, che è sciolto dalle leggi (a patto che si possa dare una definizione di ciò che sulla

terra è infinito), io, al contrario, non soltanto sulla base delle mie testimonianze e dei miei ragionamenti, ma anche dei suoi, sosterrò che nessuna nazione e nessun popolo che abbia almeno una certa rilevanza (non è infatti necessario valutare ogni popolo barbaro), nessun popolo, dico, ha mai concesso ad un re diritti e poteri di questo tipo, che fosse sciolto dalle

leggi, cui fosse lecito ciò che volesse, che giudicasse tutti e non fosse giudicato da nessuno;

e non credo sia mai esistito qualcuno in un qualche popolo, eccetto il solo Saumaise, di spirito tanto servile da sostenere che tutti i crimini disumani dei tiranni fossero i diritti dei re».

Milton spiega che persino i più grandi sostenitori della monarchia ammetto- no di non condividere la descrizione del diritto regale contenuta nella De- fensio Regia, poiché ciò che Saumaise sta difendendo altro non è che il dirit- to dei tiranni196. Milton avverte che il giusto diritto dei re non va confuso con la perniciosa licenza dei tiranni e che le legittime azioni dei governanti non vanno scambiate con gli abusi e le ingiustizie197. Agli occhi di Milton, il diritto descritto dal suo avversario è quello per cui il re può fare ciò che più gli piace, senza alcun limite o controllo198. Tuttavia, insiste Milton, nella legge di natura non si ritrova alcuna traccia di un diritto simile199. Il dogma del diritto divino dei re permette a qualsiasi potere di tutelarsi e Milton ne riconosce immediatamente il seme ideologico della tirannia. Riprendendo Sallustio, Milton sostiene che il diritto dei re non dovrebbe consistere, al contrario di quanto spesso accade, nel dominio e nella superbia200. In questo

passo, l’autore chiarisce che il potere monarchico, che originariamente do- vrebbe mantenere e promuovere il bene dello stato, spesso degenera in ti- rannia. L’autentico diritto dei re non coincide assolutamente con un dominio oppressivo e tirannico, che viene giustificato attraverso un costante richiamo a Dio. I re malvagi, infatti, sono soliti ricondurre il loro potere direttamente a Dio nell’intento di terrorizzare il popolo per tenerlo a bada e sotto control- lo201. Mantenendo fermo il riferimento a Dio, Milton capovolge la dottrina

di Saumaise, mostrando come il diritto del popolo provenga da Dio allo stesso modo del diritto del re. Da questo punto di vista, un popolo che ha eletto un re può, con lo stesso diritto, procedere alla sua deposizione202.

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196 Cfr. Defensio Prima, cap. II, p. 72. 197 Defensio Prima, cap. III, p. 148. 198 Defensio Prima, cap. IV, p. 262. 199 Defensio Prima, cap. V, p. 270. 200 Defensio Prima, cap. II, pp. 88-90. 201 Defensio Prima, cap. II, p. 112.

202 A maggior ragione, la liberazione dalle oppressioni di un tiranno è più gradita a Dio ri-

spetto al governo di un tiranno. Cfr. Defensio Prima, cap. II, pp. 112-14: «Jus itaque populi pariter ac regis, quicquid est, a Deo est. Populus ubicunque sine Deo manifesto regem creavit, potest eodem jure suo regem rejicere. Tyrannum sane tollere quam constituere

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Si è già notato come nella Defensio Regia Saumaise sostenga che il sovrano non sia soggetto alla legge. Il potere monarchico si colloca al di sopra di ogni altro potere, perché se ve ne fosse uno superiore, la suprema potestas spetterebbe a quello. Il sovrano si situa al di sopra delle leggi, è l’unico a stabilirle (o ad ordinare ad altri che vengano predisposte) e non è vincolato a rispettarle203. Sciolto da ogni costrizione esterna, il sovrano può liberamente esercitare il proprio potere.

Secondo Milton, le tesi sostenute da Saumaise sono contraddette dal fatto che, quando i re prestano giuramento all’atto di incoronazione, ammet- tono di essere soggetti alla legge. Se i re sono responsabili soltanto di fronte a Dio – come sostiene erroneamente Saumaise – allora ci si potrebbe chie- dere quale motivo li spinga a giurare di obbedire alle leggi civili all’atto di incoronazione204. Inoltre, precisa Milton, il re non è stato incaricato di fare le leggi, ma di far eseguire e rispettare quelle che il popolo ha fatto attraver- so l’opera concreta del Parlamento205. In veste di garante della costituzione, il re ha il compito di controllare che nulla venga compiuto contrariamente alla legge stabilita206. Il popolo conferisce il potere al re e ai magistrati – è quanto si è già avuto modo di vedere nel Tenure of Kings and Magistrates – perché questi si rendano esecutori del mandato. È questo il presupposto da cui prende le mosse Milton per polemizzare contro Saumaise. Se la sovrani- !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

divinius est; plusque Dei cernitur in populo quoties injustum abdicat regem, quam in rege qui innocentem opprimit populum»; trad. it.: «Dunque, il diritto del popolo, al pari di quello del re, qualunque cosa sia, viene da Dio. Il popolo ha ovunque creato il re senza la manife- stazione di Dio, dunque, secondo il proprio stesso diritto, può deporre il re. È certamente più divino cacciare un tiranno piuttosto che eleggerlo; e si riscontra una maggiore traccia di Dio nel popolo quando depone un re piuttosto che in un re che opprime un popolo innocen- te».

203 Defensio Regia, cap. VII, pp. 338-39.

204 Su questo punto insiste D. WOLFE, Milton’s Conception of the Ruler, «Studies in Philo-

logy», XXXIII, 1936, 2, p. 256.

205 Defensio Prima, cap. VIII, p. 416. 206 Defensio Prima, cap. VIII, p. 430.

tà fosse definitivamente trasferita nelle mani del re, quest’ultimo acquisi- rebbe un diritto assoluto. Ciò sarebbe inaccettabile, poiché in contrasto con i principi della legge naturale e del diritto positivo, che vieta espressamente al monarca di fare uso dei possedimenti legati alla Corona come se fossero un patrimonio privato207. Quando si crede che i re detengano un potere assolu- to, superiore a ogni altro potere umano e non sottomesso alle leggi civili, in realtà, si sta plasmando la monarchia sul modello della tirannia208. Per di più, il potere assoluto sembra escludere colui che lo detiene dalla società, rendendolo estraneo alla collettività anziché un membro della stessa. Anche se è vero che possono esistere dei re buoni, è un rischio dotare i monarchi di un potere assoluto, poiché saranno maggiormente indotti a utilizzare il pote-