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Milton e Hobbes a confronto

3. Re e tiranno in Milton e Hobbes

In diversi luoghi dei suoi scritti politici Milton ripropone le definizioni di re e tiranno. Per verificare le definizioni accolte da Milton su un ampio spettro di argomenti uno strumento molto utile è il suo Commonplace Book, una sorta di diario di lavoro contenente citazioni e appunti di lettura annotati da Milton550. Nella sezione del Commonplace Book relativa al lessico politico sono particolarmente rilevanti per la nostra indagine i lemmi ‘re’ e ‘tiranno’, ma anche ‘leggi’, ‘sedizione’ e ‘guerra civile’. Alla voce ‘re’, Milton recu-

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548 Behemoth, III, p. 179.

549 Cfr. R. KRAYNAK, History and Modernity in the Thought of Thomas Hobbes, p. 59. 550 Il Commonplace Book non è solo una raccolta di citazioni, ma contiene anche idee nuo-

ve e originali di Milton; questo punto è stato correttamente suggerito da A. PATTERSON,

pera una massima ricavata dalla tradizione giuridica greco-romana sulla funzione di un imperatore, qui usato come sinonimo di re:

There is an admirable definition of the function of an emperor: “A king exists to do good, and whenever he disregards beneficence, he seems to de- base the royal character”. A king wishes to do his duty, and he is not truly a king who cheats the people551.

Da questa definizione risulta chiaro che il re ha come fine il bene del popolo e che non è un atteggiamento degno dello scettro regale quello di non curar- si del bene collettivo. Di conseguenza, un re che inganna e raggira il suo popolo, non merita di essere chiamato re. Per le definizioni di re e tiranno le fonti impiegate da Milton sono san Basilio, Aristotele e il politico e scrittore inglese Thomas Smith552. Nel Commonplace Book Milton annota le opposte definizioni di re e tiranno tratte dall’opera di Smith, il De Republica Anglo- rum: the Manner of Government or Policy of the Realm of England553.

Definition of Sir Thomas Smith is. A King is who by succession or election commeth with good will of the people to his goverment, and doth administer the commonwelth by the laws of the same and by equity, and doth seeke the profit of the people as his owne. And on the contrarie, he that coms by force, breaks laws at his pleasure, maks other without consent of the people, and regardeth not the wealth of the commons, but the advancement of himselfe, his faction, and his kindred he defines for a tyrant554.

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551 J. MILTON, Commonplace Book, Columbia University Press, New York, 1938, vol.

XVIII, pp. 174-75; trad. it.: «C’è un’ottima definizione della funzione di un imperatore: “Un re esiste per fare il bene e, se trascura la benevolenza, sembra svalutare il carattere regale”. Un re desidera compiere il suo dovere, e non è veramente re colui che imbroglia il popolo».

552 Come suggerito anche da R. MOHL, John Milton and his Commonplace Book, cit., p.

181.

553 Composto tra il 1562 e il 1565, il De Republica Anglorum viene pubblicato per la prima

volta nel 1583. In questo testo Thomas Smith sostiene che l’Inghilterra sia una repubblica, un «commonwealth» di carattere misto.

554 Commonplace Book, pp. 176-77; trad. it: «La definizione del Signor Thomas Smith è:

“Un re è colui che per successione o per elezione giunge al governo con buon volere del popolo e amministra lo stato con le leggi dello stesso e con equità, e ricerca il profitto del popolo come fosse il proprio. E, al contrario, colui che giunge con la forza, viola le leggi a

Thomas Smith nel suo De Republica Anglorum si pone in linea con le defi- nizioni aristoteliche, che individuano la differenza più significativa tra re e tiranno nel perseguimento, rispettivamente, del bene collettivo o del profitto personale. Annotando la citazione dal trattato di Smith, Milton segnala di condividere la distinzione tra re e tiranno che, già presente nel Tenure e nel- la Defensio Prima, viene ripresa anche in un passo fondamentale della Se- conda Difesa:

Quod Regibus nego jus esse, vel in regno quovis legitimo pernegare ausim: nemo me læserit Monarcha, quin se prius damnet, tyrannum fassus. Si tyrannos insector, quid hoc ad Reges? quos ego a tyrannis longissime sejungo. Quantum a viro malo distat vir bonus, tantundem a tyranno discrepare Regem contendo: Unde efficitur, tyrannum non modo non esse Regem, sed Regi quidem adversissimum semper imminere. Et sane qui monumenta rerum percurrit, plures a tyrannis quam a populo oppressos Reges, atque sublatos inveniet. Qui igitur tollendos affirmat tyrannos, non Reges, sed inimicissimos Regibus, immo infestissimos regum hostes tollendos affirmat555.

In questo passo Milton intende rimarcare la profonda distanza che divide un re da un tiranno. Allo stesso modo in cui un uomo buono differisce radical- mente da un uomo cattivo, tra re e tiranno c’è una distanza enorme. Il tiran- no è ciò che vi è di più distante da un re, è un vero e proprio anti-re. Il tiran- no, che per sua natura desidera assoggettare gli altri uomini, in realtà, divie- !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

suo piacimento, ne fa altre senza il consenso del popolo, e si occupa non del benessere co- mune, ma del progresso personale, della sua fazione e dei suoi parenti, quello si definisce tiranno”».

555 Defensio Secunda, pp. 24-26; trad. it: «Quanto al fatto che io nego che i re abbiano il

diritto, oserei additittura negarlo per un qualsiasi regno legittimo: nessun monarca mi può danneggiare, se prima non si condanna dichiarandosi tiranno. Se attacco i tiranni, che cosa c’entrano i re? Io li separo nettamente dai tiranni. Quanto un uomo buono dista da un uomo malvagio, altrettanto io affermo che un re si differenzia da un tiranno; dalla qual cosa si ricava che un tiranno non soltanto non è un re, ma rimane sempre quanto di più lontano da un re. E chi ripercorre la storia scoprirà che sono stati più i re oppressi e deposti dai tiranni che dal popolo. Chi dunque afferma che i tiranni debbano essere scacciati sostiene che vadano deposti non i re, ma coloro che dei re sono più nemici, e anzi i peggiori».

ne il più vile degli schiavi556. Il tiranno, infatti, è schiavo di se stesso, dei

suoi vizi, delle sue ossessioni e manie; volendo controllare tutto e tutti, si sente perseguitato dal timore di venir ucciso dai suoi stessi sudditi. In tal senso, la tirannide è ciò che più si allontana dalla monarchia, poiché un buon monarca è ben voluto e protetto dai sudditi. Nel lungo passo citato viene recuperato il consueto tema dell’ostilità nei confronti dei tiranni e an- che in questa occasione Milton asserisce in tono apertamente polemico che la sua condanna dei tiranni non deve essere mal vista dai re. In altri luoghi della Seconda Difesa Milton precisa di non aver mai scritto niente contro i re, ma soltanto contro i tiranni557. Al contrario di quanto potrebbe apparire ad una lettura superficiale, la sua squalifica morale della tirannide serve a tutelare gli interessi dei monarchi558. Dunque, occorre stare attenti a non confondere re e tiranno appiattendoli l’uno sull’altro559; il tiranno indossa la maschera del re, ma non è un vero re560. Allo stesso modo, non bisogna con-

fondere l’uccisione di un re e la punizione di un tiranno, non si può scam- biare un regicidio per un tirannicidio, poiché non costituiscono affatto la stessa azione561.

D’altro canto, conosciamo le opinioni di Hobbes in merito alla distin- zione tra re e tiranno. Nel suo Leviatano Hobbes pone fine alla tradizionale distinzione tra monarchia e tirannia562. Questa distinzione viene annullata

proprio nel momento stesso in cui si provano a ricercare le differenze tra le due figure di re e tiranno. Re e tiranno costituiscono due termini distinti che indicano un unico concetto e cioè il potere sovrano, il potere di un solo in-

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556 Defensio Secunda, p. 28. 557 Defensio Secunda, p. 104.

558 Cfr. W. WALKER, Antiformalism, Antimonarchism, and Republicanism in Milton’s

“Regicide Tracts”, «Modern Philology», CVIII, 2011, 4, p. 508.

559 Cfr. Defensio Secunda, p. 26. 560 Defensio Prima, prefazione, p. 16.

561 Cfr. Defensio Secunda, p. 92. Su questo punto si veda W. WALKER, Antiformalism,

Antimonarchism, and Republicanism cit., p. 513.

562 Cfr. R. FARNETI, Filosofia e tirannia. Hobbes e la trasformazione della politica, «Fi-