lettori veggano con quanto ra ro acume e con quanto garbo
si discorre di quistioni, che oggi arruffano e ingarbugliano
non pochi cervelli, e giudichino in pari tempo dell’im por
tanza di tutta l’opera dell’illustre professore dell’U niversità
Bolognese.
Reai,e è, stando alla filosofia che c o rre , ciò eh’ è davvero , ossia ciò che a p p a ris c e , che i positivisti in ciò si riscontrano co’ i sofisti per i quali realità e apparenza son tu tt’ uno ; e secondo arte è ciò che è simile a quel che è solito a p p a rire , sia interiorm ente n ell’ a n im o , sia di fuori : per modo d’ esempio questo cavallo, quest’ uomo tal quale si è usati di vederlo, questo am ore, questa gelosia tal quale si è u sati di se n tirla , e via discorrendo. Onde se alcuno figura il cavallo diver sam ente di come apparisce, o 1’ am ore diversam ente di come dall’ u - niversale si sente, noi si dice che egli non ritra e il vero. Quanto al- l’ ideale p o i , a definirlo, c’ è più difficoltà. Il B o n g h i, in uno scritto intorno ai V e risti, buttato li nel F a n fu lla , dice con form a n etta che m ostra la lucidezza della m ente, da prim a che reale è la cosa come si può im m aginare che sussista se nessuno ci fosse al quale ap p arisse: e questo credo che dica secondo filosofia, non secondo a r te , p erch è in rispetto a questa, niuna cosa è reale se non è co lorata o so no ra ; e colore o suono non ci può e s s e r e , se insieme a una qualsivoglia cosa in sè non ci sia alcuna persona che veda e oda. Le statue bel lissime e le bellissim e figure dipinte e le bellissim e o rchestre da sè so n a n ti, poniamo che ciò potesse essere , e le poesie bellissim e, po niamo che per via d’ alcuna m acchina che faccia ufficio di vivo organo vocale potessero essere cantate, considerate in sè medesim e non s a rebbero nè poesia, nè musica, nè figure dipinte, nè statue, m a si nodi di movimenti oscuri ed innominabili. Secondo i Positivisti reale è la cosa in quanto solo apparisce o può ap p a rire, da poi che della cosa in sè non si può dire nulla. Quanto poi all’ ideale, così egli dice, per
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conoscere che s i a , s’ h a innanzi a conoscer che è l’ idea ; e , descri vendola, dice egli che idea è la cosa qual è nel pensiero ; e il vestigio che in esso lascia quando non ti è più davanti; è quel che il pensiero form a di sè e da sè ripensando alle cose, e facendo senza di esse cose. Le quali parole varie son come ricordi di filosofie varie. Secondo i P ositivisti idea sono gli stessi ricordi delle parvenze che per virtù della relazione di som iglianza si collegano, si appicciano insiem e, si saldano, si concorporano. L ’ ideale poi secondo il Bonghi è la ste ssa idea con tem plata come esem plare, come tipo. Io poi dico che ideale non può essere ogni idea, m a quella sola eh ’ è capace di bellezza, cioè quella che si può vivam ente sposare a una form a sensibile. E veram ente ci h a tan te idee che non posson mai diventare ideali, appunto perchè in loro ogni sem e di vita è arido e secco: verbigrazia l’ idea di congiun zione , di p ro n o m e , l’ idea di lo rd u ra , e tutte quelle che il vecchio P arm enide opponeva al giovine Socrate. So benissim o che anco esse possono en trare in un componimento di a rte ; m a e’ ci entreranno come parte di m ateria da esser form ata, e non come idee formative. D a ciò segue che neanco a me p a r vero quello eh’ egli d ic e , c io è , che non si contrappongono il reale e l’ ideale appunto perciò che la cosa stessa per la m ente si fa id e a , e l’ idea ste ssa in quanto si considera come tipo si fa ideale ; im perocché può egli accadere che la cosa si riscontri con l’ ideale suo, m a p er ordinario se ne dilunga assai assai. P e r alcuni poi l’ ideale d’ una cosa è l’ insiem e delle note essenziali disgom brate da ciò eh’ è accidentale: esempio, l’ ideale del furioso è fatto dall’ o c chio cosi e c o si, dal labbro cosi e cosi, e da atti così e così. Ma le note essenziali darebbero ideali medesimi d’ una m edesim a c o sa ; e ciò non è, perchè v a ria n o , in guisa che la furia com’ è ra p p resen ta ta da uno non som iglia a quella eh ’ è ra p p resen ta ta da un altro. E da a ltra p arte le sole note essenziali darebbero degl’ ideali ben m acri, e allam panati , e afflitti, da p arer schem i logicali anziché idee vive vive. Al contrario se avessi a dir più di largo la c o s a , direi che son le note accidentali quelle che fanno la pienezza e la vita e il colore e il calore dell’ ideale ; purché non s’ intenda per accidentale ciò eh’ è irrag ion e vole , m a sì quello che prim a che si v e d a , niuno pensa che ci abbia ad essere, m a dopo veduto, da poi che s’ ad a tta benissimo e consente a m araviglia, si dice eh’ e’ non poteva non essere.
L ’ ideale adunque che cosa è? Ecco, nessuno speri che dopo udito quello che a me ne pare possa proprio form arsi in m ente immagine ch iara tanto, da p arer che la tocchi; chè, se ciò fosse, sarebbe questo o quell’ ideale particolare, m a non l’ ideale in g en ere; solam ente cre- d’ io che potrà vedere schiarito un poco più quello che vedeva già tra lume e bujo. Ecco, reale per me è ciò che è, e l’ ideale è ciò che dee essere : ecco perch è dissi io di sopra che il reale e l’ ideale s ’ oppon-
gono per lo più fra di loro. Così l’ ideale del ch im ico , del filo so fo , dell’ artista, è un segno al quale il chimico, il filosofo, 1’ a rtista in carne e in ossa m irano, e che non hanno toccato, e che sentono di dover toccare. Se poi si vuol sapere che è l’ ideale nell’ arte, dico eh ’ è quel che dee essere sensatam ente , in form a viva ; e reale è quella forma viva eh’ è o suole essere. Onde l’ ideale essendo p e rfe tto , è più vero è più vivo del reale, il quale, in quanto che è im perfetto, è non vero, è morto. E però i V eristi che spacciano volersi tenere solam ente al reale, s’ avrebbero a chiam are fa lsisti, come dice assai lepidam ente il Bonghi; se non che anche il nome di Veristi che si sono pigliati si può loro la s c ia re , perchè adatto ; in quanto c h e , non altrim enti che il nome saccen te è in rispetto a quello di s a p ie n te , esso è una stor piatura o sconciatura del nome che si dà agli am anti della verità. L ’ i- deale, non che differire dall’ idea per ciò che non ogni idea può essere ideale o bella, ne differisce anco per un altro verso, ed è che l’ ideale è sem pre incorporato in una immagine ; la quale da prim a è vaga, e dipoi si disegna a mano a mano , si contorna e colorisce e arieggia. L’ idea è altresi accom pagnata a un immagine ; m a q u e s ta , anziché velarla leggerm ente da far che trasp a risca ch iara non altrim enti, di rebbe Dante, che festuca in vetro, le fa da ombra o da segnale qual siasi, che a noi si presta per discernerla dalle altre in quello che p are infinito vano della mente. E l’ immagine nella quale velasi l’ ideale si definisce in quello che si definisce 1’ opera d’ arte , e nella m aniera medesima. In vero nessuno artista ha nella fantasia bello e fatto il tipo dell’ opera su a ; ma quello insieme con questa si fa, procede e si compie. T ra l’ ideale e la sua forma sensibile è per questo rispetto la relazione stessa eh’ è tra 1’ idea e la parola che la significa. L ’ idea si partico- lareggia insiem e con la parola, si fa chiara, quella schiarendosi; tanto che è in tutto falso ciò si sente dire ad alcuni : L ’ idea io 1’ ho netta, ma non mi viene su la lingua la parola convenevole; som igliantem ente il tipo s’ affìgureggia più e più a ogni tocco di scalpello o p en n e llo , e in poesia a ogni verso che ci vien fatto, e 1’ aria sua m uta col m u tare della m ovenza stessa dei v e r s i, delle singole parole , de’ singoli suoni che le compongono.
L ’ ideale è uno o molti p e r ciascuna c o sa ? È m o lti, anzi indefi nitam ente molti, perocché ogni cosa m uta aspetto a ogni nuova atti nenza che piglia con 1’ altre cose, non altrim enti che una m ontagna , un’ isola, un seno di m a r e , una s p ia g g ia , fanno diversa app arita se condo che t u , via facendo, li riguardi da un luogo o vero da un altro ; si che anco per una m edesim a cosa si può dire: Noi eravam nuovi di compagnia ad ogni m uover d’ anca.
E l’ ideale è invariabile, o variabile ? è assoluto, ovvero relativo ? P er ciascuna cosa considerata da un solo verso 1’ ideale, tal quale è
concepito dall’ a rtista perfetto o da D io, è assoluto e invariabile; tal quale poi è concepito da artisti im perfetti, è relativo e variabile per tan te guise, per quante digrada la imperfezione loro.
L 'id e a le è universale e p artico lare; e questo è in rispetto a quello, com e un’ idea è in rispetto all’ universo delle idee o, più propriam ente, come 1’ universo delle idee guardato da un lato solo all’ universo m e desimo guard ato da tutti i la ti; im perocché, 1’ ho m ostrato in un altro mio scritto , un’ id e a , intesa b en e, non è scollegata dalle a ltre idee tutte quante. E l’ ideale, considerato in s è , è u n o, assoluto, im m ute- vole, perchè uno è 1’ ordinam ento vero delle idee che è concepito dalla m ente di Dio ; m a in rispetto alle m enti degli uomini è molti e v aria bile, perchè variabili e molti sono gli ordinam enti loro delle idee, cioè le filosofie e le religioni, le quali fanno un cotale am biente dove le fantasie loro s ’ inspirano e spirano, creando le diverse viste dell’ uni verso come di cosa viva.
P er questa ragione all’ occhio d’ E sio d o , Eschilo , V irg ilio, non dico già questo o quel soggetto p artico lare, m a l’ universo tutto come cosa bella , com parisce diverso che ad Archiloco , Orazio , Lucrezio. L’ ideale particolare poi che fa da spirituale vita a questa o quella particolare opera d’ a r t e , è un cotal aspetto che 1’ artista intravvede nel balenio dell’ ideale universale. P erocché questo è desso che lo ispira e fa che piuttosto un soggetto p articolare che un altro lo im pressioni; e l’ ispirazione è 1’ apparita di quella sua faccia che a esso soggetto particolare riguarda. L a form a sensibile è come sch ietta pupilla nella quale trem a e luce l’ ideale suo ; e questo a su a volta è pupilla nel quale l’ ideale universale si specchia. E la relazione eh ’ è tra i due ideali, l’universale e il p artic o la re, è fra le due ispirazioni che prece dono e seguono la loro v i s t a , cioè 1’ una è 1’ a ltra m edesim a che si risolve e si definisce. E l’ ispirazione particolare e l’ ideale particolare, quella in tanti per cosi dire movimenti , e questo in tanti altri ideali o viste più piccole si dispiegano, si com partiscono, quante sono le parti sino alle menome che fanno un’ opera d’ arte , come dirà appresso.
Detto che gl’ ideali universali sono m o lti, e cosi pure molti gli ideali particolari che in quelli sono inchiusi, molti per la qualità diversa della fantasia degli artisti e della fa n ta sia della gente alla quale quelli appartengono; ora ho a dire che l’ ideale universale più perfetto in sè, cioè quello in che s’ avviva il concetto più vero dell’ universo, com prende per certo modo gli altri ideali universali più im perfetti : cosi l’ ideale dell’ universo che splende ai C ristiani com prende quello degli Orientali e quello de’ Greci, la vita contem plativa e cupa degli uni, e quella operosa e rum orosa e festevole degli altri. E però un che sente la bellezza dell’ ideale del Cristianesim o può trasferirsi nel tempo p a s sato e sentire quella del paganesim o; ma non al contrario. Orazio, se
rinascesse ora, non gusterebbe D ante; m a Dante poteva g u stare Orazio. E da altra parte un che sente la bellezza vera del C ristian esim o , e vede di q u elli, che , non inten d en d o la, s’ inspirano a ideali p a g a n i, ritraendoli, non già come cosa p assata, come si farebbe in teatro , m a si nella stessa anim a loro che sch ian ta ne’ versi, si stupisce e al più può anco rallegrarsene per un poco d’ ora, come un che vede Taddeo e Ambrogio sino a ieri in pastrano, oggi con un pezzo di pallio buttato su la ignuda persona passeggiare per il m ercato a modo d’ Apollo.
Ma perchè cotesti giri e rigri? p er riescire a due cose : prim a che i così detti V eristi sono anco idealisti; e secondo, che essi sono idea listi di cattivo gusto. Che le poesie o prose loro sono ispirate dalla vista, non già delle cose reali schiette, ma sibbene da certi ideali, è chiaro; im perocché non ritraggono i loro soggetti cosi come farebbe la lu c e , m a si in quella tal m aniera che p ar che abbiano a fare un più bel com parire. E sse ritraggono positure e atti nuovi. P er dirne una, a fin d’ uscire dalle generali, in una prosa g u erresca indirizzata alla povera g e n te , eh’ io lessi non mi ricordo più in quale diario , su per giù si dice: « Sbucate dalle taverne, dai lupanari, dalle cloache; date di piglio al ferro, al fuoco, am m azzate, incendete » ; e altre simili garbatezze. Dove tu vedi che certi particolari il poeta li cava da ciò eh’ è reale ; m a quel concetto delle cloache lo cava dall’ ideale che v agheggia; perchè veram ente laggiù non ci sta accovacciato nessuno, che non ci si resp ira bene, non ci si cam pa. Questo va per il genere di verismo feroce ; quanto all’ altro m o lle, mi ricorda d’ una poesia dove si dice d’ una asp ra donna riluttante alle voglie del poeta, e che il poeta, per vendetta, m essosi a dorm ire, se la sogna divenuta facile e dolce. O ra certo è che non la donna vera fu cagione del so g n o , ma si quella ideale che biancheggiava nella pura fan tasia del poeta virginale.
Ma noi si disse che ogni ideale particolare è una faccia dell’ ideale dell’ universo ; dunque conviene ora dire qual è quest’ ideale dell’ un i verso secondo i poeti v eraci? È una festa: tiro alla m ia sentenza una dottrina esplicata stupendam ente, e non so se intesa da molti, nell’ arte del dire del F ornari. E che è la festa della quale io intendo? È quella che gli atom i d’ o ssig en o , idrogeno, carb o n io , a z o to , non che alcuni di fosforo , che per avventura im battutisi insieme hanno composto il celabro, e per questo bene avventurato accostam ento da buji eh ’ erano si sono illuminati interiorm ente e hanno preso coscienza e intelligenza, vogliono celebrare innanzi che di nuovo rabbuino e si dissipino e sp er dano per lo sm isurato spazio. È la festa de’ m orituri. Questo è per i Veristi molli e volg ari; quanto a quelli feroci, l’ ideale è il dispetto di non potere ancor fare la festa.
e i B I L 2 © > G R A F 2 A a
La realtà delle cose e della vita um ana nel Leopardi — Dissertazione del prof. S. Ch i r i a t t i, inserita nella Cronaca del Liceo T. Tasso —
(A nn. 1880-81).
È un im portante lavoro critico sul concetto eh’ ebbe il L eopardi della vita um ana. Q uesta investigazione che l’ egregio autore, h a condotto con molto giudizio, sebbene non ap p arten g a alla critica alta come la dicono; nulladimeno è una preparazione ad essa, e le serve come di fon dam ento. È un bel dire : Il critico deve porsi solo dinanzi a ll’ opera d’ arte, per investigare quanta vita sia in e ssa ; per vedere, se il concetto dell’ autore sia aereo, astra tto , indeterm inato, o, passando dalle regioni dell’ intelletto a quelle del cuore e della fantasia, sia divenuto persona che vive, si ag ita e m uove; se il parto della im m aginazione sia c re a tu ra vivente e baliosa, o sia nato morto. È un bel dire : B isogna che il critico badi all’ arte so ltan to , non già al contenuto — Ma se igno riam o la n atu ra del co n ten u to , credete voi che sia possibile farci un’ idea della potenza creatrice dell’ ingegno che 1’ h a trasform ato e gli h a dato vita e persona? Ch: non sa che ci è un contenuto che obbedisce alla voce dell’ a r tis ta , e ci è un contenuto eh ’ è sordo e ribelle all’ intenzion dell’ arte ? che ci sono idee e fatti che inspirano , sollevano e fecondano la fa n ta sia ; e ce ne sono altri che ne tarpano le a li, la deprimono e la isteriliscono? Or come volete che il critico giudichi e m isuri la forza produttiva della fan tasia senza conoscere la resistenza oppostale dal contenuto da essa elaborato ? Più il soggetto è di sua n atu ra im poetico; m aggiore è la potenza della fan tasia che 1’ h a trasform ato. Quando vediamo un concetto a stra tto pren der forma e persona da d isgradar quelle che dona la n a tu ra s te s s a ; quando di mezzo alle tenebre di uno sconsolato scetticism o vediamo brillare la luce della p o esia; non è questo un sicuro indizio che nel poeta vi sono ricchissim i tesori di fantasia e di affetto?
Il concetto eh’ ebbe il Leopardi della vita e delle c o s e , è la v a nità, omnia vanitas; e questa infinita vanità è il pensiero che dom ina in quasi tutte le sue prose e le sue poesie. B e lle z z a , v ir tù , g lo r ia , p a tria , p ro g resso , civiltà sono vane illusioni, che abbellivano e ren devano beata 1’ età antica, e che ora non sono più. F ra le tenebre e le am arezze della vita ora non c’ è che un solo raggio di lu ce, una sola dolcezza, e nel deserto del mondo non c’ è che u n a sola oasi: e questa è am ore , che sparisce ancor esso alla sua volta. Morto il cuore giovanile con le sue illusioni, è m orta la fede nella loro re a ltà ; rim anessero almeno i fa n ta s m i, le alte specie ! Ma no : anche queste
son destinate a disparire ! C onservasse almeno il cuore la forza di commuoversi ! no : tutto è destinato a perire, e non rim ane altro che
L a fredda morte ed una tom ba ignuda.
C ausa di ta n ta rovina è la considerazione sce ttica della vita. R in negato il di là, disconosciuta la vita d’ oltre tomba, si comincia col dare un’ asso lu ta im portanza alla vita presente , e si finisce col nullismo. Isolata questa d a un’ altra vita, tutto è ombra, illusione, v an ità : sola verità è la m o rte , e la m orte è il nulla. Questa logica trem enda del Leopardi ti lacera e ti schianta il c u o re; m a è s e v e ra , inelu ttabile: il cuore vi si ribella, ma l’ intelletto non vi può resistere ; e il primo a sen tir questo avoltoio che rode 1’ anim a, è il poeta stesso , che di viene carnefice di sè medesimo, o, per dir meglio, vittim a del suo pen siero torm entatore.
Q ueste cose, lo so, le hanno dette anche altri; m a 1’ egregio P ro fessore le h a fatte risultare dalla osservazione coscienziosa e m inuta delle opere leopardiane, e ne h a investigate le cause. N ella su a d isserta zione non si scorge punto quel difetto che spesso gu asta la critica m oder na, ed è il subiettivismo. Senza dubbio, ora si è sm esso il vezzo di giu dicare le opere d’ arte secondo certi preconcetti m o ra li, religiosi e politici ; m a non è men grave il difetto in cui offendono p a r e c c h i, studiando poco o nulla i fatti, o dando loro quel valore che non hanno. Questo subiettivism o, lo ripeto, non è nello studio critico del professor C hiriatti: egli osserva e nota con discrezione e coscienza; e i fatti, da lui esp o sti, ti si presentano da sè nella loro obiettività e con quel significato che veram ente hanno.
Ad alcuni forse p arrà che a questo lavoro del Prof. Chiriatti m an chi quell’ arom a che rende tanto accettevoli i libri m o d ern i, e che meret aera Sosiis, cioè la libertà del pensiero e l’odio della m etafisica. Non c’ è che dire: ogni età h a il suo gusto e la su a idea predom inante. In Atene prevalse un tempo l’ idea della filosofia : ed ecco che quivi