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L ascia m ia Silvia ingenua, Ahi, da lontana origine, Che occultam ente nuoce, A nche la molle giovine Può divenir feroce. L ascia cotanto orrore

A l’ altre belle stupide E di m ente e di core.

Sai de le donne esimie Onde sì ch iara ottenne Gloria l’ antico Tevere, Silvia, sai tu che avvenne ?

Poi che la spola, e il frigio Ago, e gli studii cari

M al si recaro a tedio, E i pudibondi lari,

E con baldanza im provida, Contro a gli esempii primi, Ad am m irar convennero I saltato ri e i mimi ;

P ria tolleraron facili I nomi di Tereo, E de la m ag a colchica, E del nefario A treo;

Ambito poi spettacolo A i loro immoti cigli F u r ne le orrende favole I trucidati figli.

Onde perv ersa l’ indole, E fatto il cor più fiero, Del finto duol già sazio,

Corse sfrenato al vero. E là dove di Libia L e belve, in g u erra oscena, E m piean d’ urli e di fremito E di sangue l’ arena,

P otè a l’ alte patrizie, Come a la plebe oscura, Giocoso d ar solletico L a soffrente natura.

Che più ? b a c c a n ti, e cupide Di più nefando aspetto,

Sol da l’ um an pericolo Acuto ebber diletto:

E da i gradi e d a i circoli, Co’ m oti e con le voci

Di già m aschili, applausero A i duellanti atro c i;

C reando a sè delizia E de le m em bra sp a rte , E de gli estrem i aneliti, E del m orir con arte.

Copri, m ia Silvia ingenua, Copri le luci, ed odi

Come tu tti passarono Licenziose i modi.

Il gladiator, terribile N el guardo e nel sem biante Spesso fra i chiusi talam i F u rice rca to am ante.

Così, poi che dagli animi Ogni pudor disciolse, V igor da la libidine L a cru d eltà racco lse:

Indi a i veleni taciti Si preparò la m ano, Indi le m adri ardirono Di concepire invano.

T al d a lene principio In fatali rovine

C adde l’ onor, la gloria De le donne latine.

S 1 M1 THI© SALAIÀHO

Leggendo la com m em orazione in m orte del S alaza ro , fa tta dal comm. Giulio M inervini,1 tornam i a m ente l’im m agine del mio diletto a m ic o , come mi si appresentò la prim a volta un vent’ anni fa. Non

1 Comm em orazione di D em etrio S alaza ro , parole pronunziate a ll’A ccadem ia di Archeologia, L ettere e belle arti, nella to rn a ta del 13 giugno 1882, dal socio Giulio Minervini — N apoli, 1882.

dico dell’ a lta e ben form ata p erso n a, dell’ occhio vivace e scin tillante, del piglio risoluto e ardito, delle m aniere franche e co rte si, m a dico dell’ animo pieno d’ a r d o re , di fe d e , di sospirati trio n fi, di splendidi ideali. F ra tanti e varii c a si, di cui era stato gran p a rte ; in tanto m utar d’uomini e di cose; nella v ita tem pestosa scòrsa gran tempo in F rancia, in Inghilterra, nel Belgio, indefesso e caldo propugnatore del risorgim ento italiano ; il Salazaro aveva serbato vergine il cuore, qual è del giovane baldo e confidente nell’avvenire della vita. P arev a che nessun’ am arezza, nessun disinganno l’ avese mai tu rb ato , come nessun segno d’ orgoglio, d’ ambizione o di bram e insoddisfatte tra ­ s p a r s a g li mai dagli atti e dalle parole. E come la prim a volta, cosi giovane di cu o re, di sp eran ze, d’ affetti generosi l’ ho sem pre speri­ m entato ne’ molti e fidati colloquii avuti insieme. P arlav a da inna­ morato, e suoi am ori erano l’ Italia, l ’arte, le glorie antiche, non de­ bitam ente avute in pregio dagl’ incuriosi nipoti. Perciò s’ era m esso specialm ente a disso tterrare i monumenti sepolti nell’ obblio e nella p o lv e re , a illustrarli, a congetturarne le prim e e genuine fo rm e , e a discorrerne i pregi e l’im portanza, rettificando torti giudizii, dovuti o ad ignoranza o a gretto am ore di campanile. Senza toccare delle nu­ merose mem orie pubblicate sull’ A rcheologia e sulla P ittura, b asta alla sua fam a la grandiosa o p era, S tu d ii su i m on u m en ti dell' Ita lia m e ri­ dio n a le d a l I V al X I I I secolo : lavoro felicemente compiuto in vent’anni d’ assidue ed am orose cure. Con quanta passione ne discorreva, e come accorto, vigile, oculato sapea tra r partito da ogni menomo indizio, che facesse al suo disegno ! — « Senti, mi disse una volta : mi son m esso ad *un’ im p re sa , che voi altri direste d a non p ig lia r s i a gabbo. È un tratto di tempo, oscuro, incerto, pieno di rovine, eh’ io ho da c o rre re , e ho da lottare non meno con le difficoltà dei tempi, che con le ingiustizie e le calunnie degli uomini. Ma ho tanto di buono in m ano, eh’ io vin­ cerò la p ro v a , e m ostrerò che la P ittu ra non nacque, come M inerva arm ata di tutto punto dal capo di Giove, secondo le arrisch iate con­ getture del V asari. Molto innanzi che Giotto cacciasse di nido Cimabue e tenesse il cam po, la P ittu ra aveva avuto non pochi cultori nelle nostre p ro v in ce, e lentam ente e per gradi s’ era venuta avviando a quella cim a d’eccellenza e di perfezione, a cui poi toccò più tardi nella gloriosa T oscana. In n atu ra non ci sono salti o voli rapidi e repentini; ma come anche quando l’ ingegno non si appalesa in luminose p a r­ venze e in isplendide creazioni d’ a rte , pur esso vive, m ed ita, te n ta , alm anacca e prova in mille guise la su a virtù ; cosi nella storia della P ittu ra non ci sono nè lacune, nè salti m iracolosi, m a rozzi e incerti principii, passi timidi e m alsicuri, lenta trasform azione, e poi voli r a ­ pidi e diritti. Un grandioso edifizio non sorge a un tratto , nè per opera di un solo; ma a poco a poco, e con gli aiuti, i conforti e le fatiche

di molti. Perciò mi bisogna raccogliere indizii e docum enti, e corro su e giù per le n ostre contrade. C’ è nulla nella tu a provincia ? » — E i pochi avanzi d’ a rte antica gli additai, che sono q u i, e gli affreschi della costiera d’Amalfi, cui esam inò e illustrò diligentem ente.

M entre scrivo, ( 6 di lu g lio ) mi viene a m ente, che proprio oggi rico rre il sesto a n n o , eh’ egli fu qua insiem e con l’ illustre Teodoro Mommsen. Già m e ne av ea dato avviso p er telegrafo : onde li accolsi alla sta z io n e , e li accom pagnai tutto il te m p o , che si ferm arono in Salerno. G rande stim a e am m irazione nutriva il Salazaro p er l’ illu­ stre T ed esco , e di pari benevolenza e rispetto n’ era ricam biato. S ta­ togli più volte compagno di viaggio nelle ricerch e epigrafiche e sto­ riche , il M ommsen ne aveva potuto scorgere la dirittura e 1’ acum e de’ giudizii, la ricca e v aria coltura, l’ operoso e fervido am or dell’ A rte e della P a tr ia , il c a ra tte re onesto e le a le , i modi schietti e garbati. Onde gli voleva del bene e molto pregiava l’ opera e la com pagnia di lui. E il Salazaro p arla v a del dotto straniero con riverente affetto, am m irandone l’ in g e g n o , la profondità degli s tu d ii, la r a r a abilità d’ in terp re tar le iscrizioni a n tic h e , la sicura conoscenza d ella s t o r i a , la vita indefessa e operosa, e 1’ am or costante alle cose rom ane. Non n ’ era p eraltro sì cieco am m iratore da g iu ra re in nerba m a g is tr i, e credeva che gli stra n ie ri, per dotti ed eruditi che sian o , non sem pre intendono pel verso le cose nostre, nè sem pre le giudicano dirittam ente. L a qual cosa non deve m uoverci ad ira o ad ingiurie, disconoscendo i m eriti a ltru i, sì bene spronarci ad em ulare la gloria de’ nostri m al giudicati A vi, e ad im itare gli stran ieri nella persev eran te ferm ezza de’ propositi e nella continua operosità della vita. Tali sentim enti mi m anifestava in quel rincontro, e con tanto bel garbo toccava di m ateria molto delicata. Ricordo bene quell’ arguto e vivace conversare, 1’ alle­ grezza dell’ amico nello scorgere e ad d itare i p ro g ressi civili delle nostre province, e il sorriso tra ingenuo e m alizioso del M ommsen a qualche allusione o m o tto , che si riferisse alla sua p erso na! — T utti e due poi si dolevano che i ricordi dell’arte antica e le sacre reliquie del p assato non si curassero e ben cu sto d issero , e che poco o punto si sentisse oggi am ore p er gli studii d’A rcheologia. F in da allora tentò il Salazaro di far sorgere qui un piccolo Museo di antichità, come per sua opera fu fondato in C aserta (M useo C am p an o ); m a p er ra g io n i, che non accade di dire, i suoi sforzi generosi andarono a vuoto. E ne fu assai m al co ntento, si ritra s s e dalla com m issione arch eo lo g ica, di cui era parte, e a voce e p er lettere disfogava con m e il suo m alum ore.

Intanto proseguiva indefesso le sue peregrinazioni e le ricerche sui m onum enti dell’ Italia m erid io n ale, e il più bel giorno di su a vita fu quando vide pubblicata l’O pera, frutto di lungo studio e di grande am ore, e la vide accolta con sincero plauso dagli Italiani e dagli s tra ­

nieri. Nè re sta v a mai dalle pazienti ricerche e da’ suoi prediletti studii ; chè subito poneva mano ad altro lavoro , che del primo fosse quasi continuazione e schiarim ento. Ne sono pubblicati sei fascicoli, m a re sta il m anoscritto, affidato per volontà del m orente all’ illustre suo collega ed amico com une, comm. Giulio Minervini. Sì operosa scòrse la vita del comm. Salazaro e sì feconda di belle ed im portanti pubblicazioni. L’ ultim a che m’ ebbi da lui, fu una N o ta sto rica su P ie tro C a v a llin i, p itto re, scu lto re ed architetto ro m a n o d e l secolo X I I I , e 1’ ebbi sul co­ m inciare di quest’ anno. Chi mi avrebbe detto che sarebbe l’ultimo ri­ cordo d’ am icizia e 1’ ultimo frutto del suo fecondo ed operoso inge­ gno? N è era troppo in là con gli a n n i, chè nato a Reggio di C ala­ bria il 18 d’ ottobre del 1822, non av ea compiuto i sessan ta *. E poi si giovane di c u o re , sì vigoroso di c o rp o , si fresco e infaticabile di mente, e pieno d’am ore e di fede ne’ destini d’ Italia e dell’ arte?

Questo breve ricordo dell’ amico mio m’ h a suscitato all’ animo e alla m em oria l’affettuosa com memorazione, eh’ io ho letta or ora. Ho lasciato la penna correr difilato, secondo che 1’ affetto e la m em oria guidava, senza studio e senza pretensione di scriver largam ente e de­ gnam ente di Lui. Spero che i molti suoi scritti saranno ordinati e ra c ­ colti insiem e, e che la vita nobile e operosa s a rà convenientem ente descritta dalla diletta sua figlia, Fanny-Zam pini S alazaro , che giovane ancora h a lev ata bella fam a di sè nella Repubblica letteraria.

Salerno, 6 di l u g l i o del 1882. G. Ol i v i e r i.