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La lettera del Galeota eh’ è del dì 2 gennaio 555 e la minuta di quella del Seripando eh’ è del dì 8 febbraio, si trovano nel manoscritto della Biblioteca Na­

GIORNALE D’ ISTRUZIONE E D’EDUCAZIONE

1 La lettera del Galeota eh’ è del dì 2 gennaio 555 e la minuta di quella del Seripando eh’ è del dì 8 febbraio, si trovano nel manoscritto della Biblioteca Na­

zionale di Napoli, segnato XIII, A A, 51, alle carte 50-52. V. la bellissima prefa­ zione del Prof. Fiorentino alle poesie del Tansillo, Napoli, Morano, 1881. Il Galeota scrisse un’ opera che ha per titolo : T rattato delle fo rtifica zio n i. V. M em oria letta

all'A ccadem ia d i Archeologia, L ettere e Belle a r ti in varie tornate del 1 8 7 6 e 1 8 7 7 dal socio Scipione Volpicella, Napoli, stamp. della Università, 1877.

Da alcuni versi latini del Flaminio ohe mi piace riportare qui appresso, appare la grande stima che quel poeta faceva da Mario Galeota:

Tu ne, docte Mari, tuo sodali P otes consulere, ut suas ineptas Nugas edat, et ora per virorum Vagari sinat ? Actio ne vestro Me contendere vis? ego inquam, amice, Postquam is carmina tam venusta, tamque Polita edidit, audeam libellos

Meos edere? non ne, quaeso, id esset- Olori obstrepere anserem? Sit ergo Satis, si tibi candidisque amicis Lusus putidulae meae Camoenae Ostendo; nihil est mihi timendum, Dum sese mea continet Camoena Istis finibus; at venire in ora Si vulgi audeat, ah nimis misellum Tuum Flaminium, boni poétae

Quem Aquinum, Bavium et sui venenum Saecli, atque opprobrium esse praedicabunt.

Clemente R o m an o , affinchè F ran cesco Torres fosse abilitato a cor­ reggere un brano som igliante ricopiato in una libreria della C alabria. Ma ciò non basta. Il Tansillo ai tempi di Paolo IV era pur esso sospetto sì pe’ suoi versi, specie pel suo V e n d e m m ia to re, e sì p er le sue amicizie, e m assim am ente per l’ intim a fam iliarità che aveva con M ario G aleota, incarcerato a que’ giorni in Roma. Onde non è m e ra ­ viglia che, avendo P ap a Paolo IV ordinato un indice di lib ri, la cui lettu ra fosse, per quel che si riferisse alla m orale e alla religione, vie­ ta ta , vi fossero incluse anche le poesie del Tansillo; il q u ale, pio e timorato, ne fu profondam ante afflitto. Si volse pertanto a quell’ animo m ansueto e benigno del Seripando, pregandolo che gli ottenesse la can­ cellazione del divieto posto a ’ suoi versi. Scipione Volpicella h a pub­ blicato una lettera del Seripando in risp o sta a due del T ansillo, con una delle quali si congratulava della costui prom ozione a C ard in ale, e con 1’ a ltra gli si raccom andava per 1’ annullam ento dell’ anzidetta proibizione. A me piace rip o rtar qui la risposta del Seripando, perchè da essa appare chiaram ente quanto egli aborisse da certe severità intem pestive e da certo zelo indiscreto che nuoce alla ste ssa causa che si vuole difendere. Ecco la le tte ra :

« Alle due vostre lettere b asta eh’ io vi dica che 1’ ho ric e v u te , e che mi sono state c a riss im e , e tanto più c a r e , quanto che mi a - vete dato occasione di r is c a ld a r m i, p iù d i qu el che io ero p e r f a r e n ella m a te ria d e ll’ In d ice . F ra questi signori deputati da Sua Santità a tra tta rla e m o d e ra rla , è s ta ta già conclusa la provvisione che

ra g io n ev o lm e n te deve fa rsi; e sino a questo punto io mi sono tro ­ vato. O r a , non potendo più intervenirvi p er avere a partire tra po­ chi g io rn i, mi b asta dirvi c h e , quando Sua Santità resti soddisfatta della deliberazione presa tra n o i, u scirà decreto tale che n on solo v o i , m a m o lti non sa ra n n o co m p resi n ell’ In dice. M a di questo non posso darvi ce rtezz a, perchè mi conviene p a rtire , re n o n d u m p e r - f e c t a ; m a ve ne do buona sp e ra n z a , perchè ho visto la m ente di Sua B eatitudine piena di ben ig n ità e d esid erio d i g o v e rn a r le cose con s p i r i t o d i l e n i t à. Laonde tutt’ i buoni cristiani hanno a p reg ar Dio per la sua lunga e felice vita; e così vi prego che facciate voi.

« All’ a ltra lettera di gratulazione ci sarebbe troppo che d i r e , e però è meglio non dir altro , se non ringraziarvi che vi siate ra lle­ grato di quel che vi è parso che sia un gran b en e , e pregovi che otteniate con le vostre orazioni da Dio nostro Signore, che quel che pare bene agli occhi degli u o m in i, sia ancora bene in effetto agli occhi della sua Divina M aestà. Di Roma, a dì 17 m arzo 1561 ».

Del coraggio poi del Seripando, che non dubitava di dire in vid io si ve ri anche a’ grandi e a’ p o te n ti, ho una chiarisssim a prova. È un a lettera a Camillo Porzio in d ata del 15 febbraio 1558, p o ssedu ta in

una copia di un antichissim o ms. dal rim pianto Minieri R iccio, ed è la seguente:

« Che volete che io vi dica? N on so dirvi a ltr o , se non che vi esorto a vedere con gli occhi vostri i vostri v a s s a lli, senza fidarvi d’ officiali, de’ quali è g ran difficoltà trovarne pur uno, che sia buono se non fosse quello M esser Giovan P ie tro , del quale tengo certo che sia onoratissim o, e V. S. deve o an d a r lei più volte 1’ anno a Cen- t o l a , o m andarvi persona sim ile, e governarli p atern am en te, perchè i re anticam ente ancora si chiam avano p a d r i , ed ora p are eh ’ ogni titolato o non titolato si sdegni di questo n o m e , con g ra n ragione al p arer m io , perchè non avendone i f a tti, non ne m eritano il nome. M a g ra n consolazione è , che questo nome repudiato dagli uom ini, se 1’ abbia ritenuto per sè il Signore Iddio ecc. »

Il cuore buono e leale del nostro Seripando apparve anco ra nello zelo che m ostrò per m antenere l’arm onia e la concordia tra i letterati di quel tempo. F erv ev a a que’ dì una g a ra tra il Sigonio e il R obertello, accesa, più che d a a ltra cagione, dalla invidia di quest’ ultim o; il quale, ben­ ché professasse i medesimi studi del primo ; nondimeno a lui a gran pezza sotto stava per v arie tà e profondità di cognizioni e per eleganza di stile; e, confidando, come sogliono d’ ordinario gl’ invidiosi, di poter aggiungere al proprio m erito ciò che d etraev a al suo rivale, si diede, in tutti que’ modi che p o tev a, a m etterlo in discredito ed avvilirlo. E quando il Sigonio ebbe notato, con la più grand e m oderazione, alcuni errori nell’ opuscolo del suo em ulo: D e n o m in ib u s R o m a n o ru m ; lo sdegno di costui non ebbe più confini. P e r qualche tempo sem brò so­ pita fra i due letterati quella tenzone; m a ben presto si rinnovellò con grave scandalo e disonore delle n ostre lettere. Quanto questo mal vezzo, eh ’ è stato sem pre tra noi, e che anche oggi d u ra con nostra vergogna, ci riuscisse di danno, ben sei sapeva il Seripando. Onde si ingegnò , per quanto potette, di spegnere quella vituperevole g ara, e gli venne fatto di ricondurre a pace quegli animi concitati.

VII.

T utte queste ra re virtù gli m eritarono 1’ affetto e la stim a de’ più illu stri lettera ti del suo tempo, co’ quali si strinse in am ic iz ia , e con alcuni ancora usò assa i fam iliarm ente. Di costoro ci piace ricordare Jacopo Sannazzaro, Pietro B em b o , Camillo P o rz io , Scipione C apece, B ernardino R ota, Giano Anisio, il M inturno, M arco Antonio Flaminio, il poeta spagnuolo G argilasso della V ega, Giano P arrasio , Francesco Puccio, il Tansillo e Girolamo Carbone.

Con Jacopo Sannazzaro ebbe il Seripando per lungo tem po assai grande dim estichezza. F ece ritra rre per sè le sem bianze del poeta in

una tavoletta che si conservava nella fam osa libreria di S. Giovanni a C arbonara: presentò a Clemente VII le opere di lui, e procurò che quel Pontefice gli m andasse un B reve scritto dal Sadoleto , dove ne leva a cielo non meno l’ ingegno che la pietà e la religione ; infine ebbe in tal pregio il poema latino D e P a r tu V irg in is, che dolevasi che non si leggesse e spiegasse a ’ giovani nelle scuole. Del che rende te ­ stimonianza una sua lettera sc ritta a Scipione Am mirato, inserita tra le L ettere M e m o ra b ili stam pate dal Manuzio, Lib. 4, pag. 99, che qui riporto :

« Io mi son doluto , e dorrò sem pre che , avendo voi un poem a tale quale è il Pa r t o d e l l a Ve r g i n e del vostro S in c e ro , ove niente

manca che possa desiderarsi da un artificiosissimo p o eta; ove non è cosa che possa contam inare i buoni e civili costum i; ove solo tra’ poeti si trova la verità della religione; ove il verso h a tutti quei numeri che hanno avuti i più perfetti poeti a n tic h i, da lui prim a avvertiti e poi dal Pontano ancor vostro scritti; ove le finzioni sono dolcissime; ove finalm ente è tutto il vostro De d a l i o n e ( É un dia lo g o

dell'A m m iralo , dove s i tra tta d e l p o e ta ) cioè 1’ ufficio del vero poeta ; mi son doluto e mi dorrò sem pre, che si legga d a’ m aestri della gio - ventù e si veda nelle mani de’ giovani altro poeta. »

Pietro Bembo in una lettera inviata ad Onorato F ascitello monaco cassinese dim orante in V en ezia, e propriam ente nel luogo che qui riporto , p a rla del Seripando con m olta lode : « Ho veduto , così egli dice, la lettera del Rev. P. M aestro Girolamo Seripando : la quale m o­ stra esser vero tutto quello che voi mi scrivete di lui; e parm i di aver fatto senza m ia opera un grande acquisto, avendo un tanto uomo così amico , come veggo che io ho. Di che gliene rendo quelle m aggiori grazie eh’ io posso. E prego voi che mi doniate tutto a lui, acciocché egli conosca eh’ io non sia ingrato a sì chiara cortesia, come la sua è ec. ec. » 1

Il Porzio prese a scrivere la C on giu ra de' B a r o n i, spinto singolar­ mente dalle prem ure che non rifiniva di fa rg li, il S erip an d o , il quale gli m ostrò pure il desiderio, che d ettasse non in latino, m a in italiano quella storia, acciocché to rnasse proficua all’universale. Di tal desiderio del Seripando così scrisse il Soria nelle sue M e m o rie S to ric h e (Tom. II): Cominciò il Porzio ( la C on giu ra de' B a r o n i) da sè solo, e ne mandò i primi squarci al C ardinal Seripando in tempo che trovavasi legato nel Concilio di Trento. Costui ne approvò l’ idea e lo stile, m a avendo consigliato esser meglio porla in italiano , perchè venisse poi g en e­ ralmente l e t t a , obbligò il Porzio a rifare il già fatto. » Il che vien rifermato dalla seguente lettera del Seripando al Porzio :